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tu che risuoni, messaggera dell'odorosa primavera

rondine azzurra

Fonte: Schol. in Ar. Av. v. 1410b, II, 3, pp. 207-208 Holwerda. Metro: interpretazione metrica incerta2.

Questa invocazione alla rondine, con cui verisimilmente un coro di vergini potrebbe aver salutato l'avvento della primavera, ci restituisce una sintesi interessante di come lirica corale fosse un evento estetico totale, con una partecipazione di tutti i sensi non soltanto a livello performativo, ma anche sul piano più strettamente letterario. In tre versi, infatti, è evidente la compresenza di aggettivi uditivi (kluto,j)3, olfattivi (h`du,odmoj) e visivi (kua,neoj). La cultura orale dell'uditorio, in questo caso,

contribuisce a sortire l'effetto desiderato dal poeta, di richiamare con varie sensazioni mentali l'insieme degli elementi che caratterizzano la primavera: le rondini che tornano a garrire, i fiori che spandono le loro fragranze nell'aria, e la natura che si riveste di varî colori. La cultura arcaica, e più in particolare i poeti lirici, sembrano essere stati affascinati da questo tipo di rievocazioni multisensoriali. Si pensi innanzitutto ai versi in cui Omero descrive Procne, trasformata in usignolo4

1 In questo caso, il sintagma "reti inestricabili" (a;peira di,ktua) non è termine incontestabilmente marino, ma in virtù dell'associazione con Afrodite, la dea nata dalla spuma del mare, è facile intendere le reti in senso "ittico" ed associarle all'idea di minacciosità insita del mare. Wilkinson 2013, p. 33, si chiede se le immagini dei frr. 286 e 287 PMGF di Ibico (a cui aggiunge una simile metafora dell'amore che giugne come il vento nel fr. 47 V. di Saffo) possano essere considerate metafore "vive" o "morte".

2 Vd. Page 19834, p. 304. Poltera 2008, pp. 242, 553-554 dispone diversamente i cola, intendendovi una successione

di cretici e un itifallico. Sugli aspetti problematici dell'interpretazione metrica dei canti di Simonide, vd. Lomiento, 2014, pp. 425-437.

3 Per quanto riguarda la caratterizzazione sonora della rondine, si portino a confronto Stesich. fr. 211 PMGF: o[te h=roj w[ra| keladh|/ celidw/n, e Anacr. fr. 394a PMG = 112 Gentili: h`dumele.j cari,essa celidoi/. Per quest'ultimo, vd. commento a p. 71 sgg.

(Od. XIX, vv. 518-519):

clwrhi>j avhdw,n

kalo.n avei,dh|sin e;aroj ne,on i`stame,noio

Anche Simonide, con tutta probabilità ispirandosi al modello omerico, canta dell'usignolo richiamando le sue caratteristiche acustiche e visive (fr. 586 PMG)1:

eu=t v avhdo,nej polukw,tiloi clwrau,cenej eivarinai,

Rispetto a questi due esempî, nel fr. 597 PMG l'invocazione alla rondine, accompagnata da caratteristiche sonore e visive ad essa pertinenti, è completata dall'elemento olfattivo precipuo della primavera: gli odori dei campi fioriti. Questa ricostruzione suscita nella memoria dell'uditorio le principali sensazioni provate a primavera, ed ha come punto focale la rondine. Un illustre passo dell'Inno omerico XIX (vv. 16-18) potrebbe forse esprimere in nuce la complessità di queste sensazioni:

ouvk a;n to,n ge paradra,moi evn mele,essin o;rnij h[ t v e;aroj poluanqe,oj evn peta,loisi

qrh/non evpiproce,ousa( ce,ei meli,ghrun avoidh,n)

In questo inno, con grande enfasi (e forse attraverso un'iperbole), il poeta chiede alla Musa di voler celebrare Pan (v. 1). Questi trae dalla sua siringa un suono sereno (vv. 15-16: dona,kwn u[po mou/san avqu,rwn Õ nh,dumon), e intona «un canto dolce dalla voce di miele» (meli,ghrun avoidh,n) che non riuscirebbe a superare nella melodia neanche «l'uccello che effonde il lamento fra le foglie della fiorita primavera» (vv. 16-18). L'uccello a cui si fa allusione tramite perifrasi è, quasi certamente, l'usignolo, anche alla luce del confronto con i citati versi dell'Odissea2. Tuttavia, l'interscambiabilità

fra usignolo e rondine, per quanto riguarda gli epiteti ed i contesti, potrebbe avere indotto Simonide a variare il modello a lui precedente. Il poeta, ispirato dall'evocazione dei fiori primaverili nell'Inno omerico, sottolineerebbe il loro valore "olfattivo" completando così il quadro sensoriale, al cui centro colloca la rondine.

Infine, riteniamo necessario motivare la nostra interpretazione – e la conseguente traduzione - dell'aggettivo kluto,j. Esso è presente già in Omero con il suo significato di "famoso". Si pensi, fra i molti esempî, al v. 320 di Iliade XX (o` klu,toj ))) vAcilleu,j). In una "società di vergogna" come quella degli eroi che combatterono a Troia, la gloria è data dal sentire parlare di sé, dal fare risuonare il proprio nome nella bocca dei cantori3. Le stesse Muse, in Esiodo, "lanciando" la loro

voce immortale, danno gloria col canto alla stirpe veneranda degli dei, fin dall'origine (Th., vv. 43- 45)4:

ai` d v a;mbroton o;ssan i`ei/sai qew/n ge,noj aivdoi/on prw/ton klei,ousin avoidh|/

evx avrch/j(

Nel VI-V secolo a.C. il termine kle,oj e tutti i suoi derivati sembrano ormai ancorati al significato secondario, formalizzatosi molto presto, di "gloria, fama"5. La chiusa dell'ode a Policrate di Samo,

1 Per un confronto fra i versi omerici e quelli di Simonide, si rimanda al commento di Simon. fr. 586, p. 74 sgg. 2 Cf. Càssola 1975, p. 575.

3 Cf. Chantraine s.v. Kle,oj, pp. 519-520.

4 Secondo Pucci 2007, p. 81, il chiasmo dw,mata t v avqana,twn ))) a;mbroton o;ssan punta l'accento sull'eternità degli dei e del loro kle,oj. Per il senso del verbo kle,w, vd. ibid. p. 82.

celebrato da Ibico per la sua bellezza, ne è una valida testimonianza (151S PMGF, vv. 47-48): kai. su,( Polu,kratej( kle,oj a;fqiton e`xei/j

w`j kat v avoida.n kai. evmo.n kle,oj)

Il kle,oj immortale che Policrate potrà vantare è dovuto alla sua bellezza (cf. pe,da ka,lleoj, v. 46)1.

La sua esaltazione è, secondo il genere dei paidika, ibicei, di tipo omoerotico2. La sua fama è

strettamente legata al canto (avoidh,) ed al kle,oj dello stesso poeta di Reggio3, e in quest'ultimo verso

avoidh, e kle,oj rappresentano due entità distinte, piuttosto che un'endiadi. Questa breve analisi sul significato di kle,oj, porterebbe ad intendere l'aggettivo kluto,j di Simon. fr. PMG 597 come mero epithetus ornans - così lo intendeva Wilamowitz nel 19134 -, e a tradurre l'invocazione iniziale con

«celebre messaggera» invece che con «tu che risuoni, messaggera».

Tuttavia, il confronto con alcuni frammenti in cui, fra gli altri elementi, viene messo in evidenza il valore sonoro dell'usignolo e della rondine in contesti primaverili, può avvalorare l'interpretazione "etimologica" di kluto,j = «sonora»5. Con questa accezione, Simonide potrebbe aver rivitalizzato

l'epiteto, riprendendo il suo significato originario ed associandolo ad un essere che, nella sua funzione di nunzio di primavera, non può che "risuonare". West 1992c, p. 254, caldeggia questa

ipotesi esegetica, portando ad esempio Ibyc. fr. 303bPMGF:

a=moj a;upnoj kluto.j o;rqroj evgei,rhsin avhdo,naj

In questo frammento lo studioso inglese intende un'alba sonora ed insonne che desta degli usignoli6.

L'aggettivo kluto,j è presente anche in Pindaro, spesso posto in relazione alla voce e al suono di strumenti musicali7. In alcuni di questi esempî, anche il poeta tebano potrebbe averlo usato nel

significato di "risonante", "sonoro"8. È inoltre da rilevare come Esichio riferisca il sintagma kluto.j

o;rnij al gallo9, uccello la cui funzione è senz'altro quella di farsi sentire. Si ricordi, infine, l'incipit

dell'Epinicio I di Bacchilide, ad Argeo di Ceo (vv. 1-3):

⸤Klutofo,rmiggej Dñ@io.j u`Ä#

yime,dontoj parqe,noi(⸥

– ∪ ∪ Pi#eñri,dej

L'aggettivo con cui il poeta dà inizio all'ode, epiteto riferito alle Pieridi, richiama certamente il consueto ruolo della Musa eternatrice delle gesta attraverso il canto ispirato al poeta. Tuttavia, il significato di questo epiteto doppio, e la sua stessa posizione enfatica ad inizio del canto, potrebbero

1 Questa, per lo meno, è l'interpretazione più probabile che si deduce dal senso globale del frammento, mancante della parte iniziale. Per gli elementi che corroborano questa interpretazione, vd. Sisti 1967, p. 74, Cavallini 1997, pp. 114-115. Cf. Hutchinson 2001, p. 237, e Wilkinson 2013, pp. 53-55.

2 Cf. Cavallini 1997, pp. 17-25, importanti anche per una trattazione dei generi poetici (non soltanto paidika,) che Ibico sembra aver coltivato, come si evince dal giudizio degli antichi, ma anche dall'analisi dei versi a nostra disposizione.

3 Cf. Wilkinson 2013, p. 85. Cf. Cavallini 1997, pp. 116-117 per la trattazione dei problemi esegetici, legati anche alla punteggiatura, dei vv. 46-48, in cui secondo la studiosa si porrebbero in rapporto omologo la fama per il canto (di Ibico) e la fama per la bellezza (di Policrate). La chiusa di quest'ode dà modo ad Hutchinson 2001 pp. 254-255 di riflettere sulla personalità e sul ruolo del poeta Ibico in relazione al suo laudandus.

4 Vd. Wilamowitz p. 127 nella ristampa di Sappho und Simonides, Zürich/Hildesheim, 1985. 5 Di questo avviso è Poltera 2008, p. 554, che a p. 243 traduce: «Tönende».

6 Diversamente, Wilkinson 2013, p. 276 intende l'aggettivo nel suo significato di "glorioso". Cavallini 1997, p. 91 traduce questo verso – filologicamente controverso – «quando l'inclita alba ecciti al canto gli insonni usignoli», motivando le scelte testuali a p. 153.

7 Cf. Slater 1969 s.v. Kluto,j, p. 282. 8 Cf. West 1992c, p. 254.

suggerire una polisemica ambiguità. Lo si potrebbe infatti intendere secondo diverse sfumature: a) "Famose attraverso la fo,rmigx, figlie di Zeus che domina dall'alto, ... Pieridi"1;

b) "Voi che conferite la fama attraverso la fo,rmigx, etc..."; c) "Vergini dalla fo,rmigx famosa, etc..."2;

d) "Famose suonatrici di fo,rmigx, etc..."3;

e) "Sonore attraverso la fo,rmigx, etc...";

f) "Voi che fate risuonare (le gesta di eroi) con la fo,rmigx, etc...";

Crediamo che in questo caso non vi sia un'unica soluzione interpretativa, ma che al contrario le molte sfumature che siamo costretti a rendere in italiano con perifrasi, nella lingua greca potessero coesistere nel medesimo composto, che formalmente si presenta come associazione di un aggettivo originariamente percettivo kluto,j (< klu,w), con il sostantivo designante lo strumento fo,rmigx. Il valore etimologico (cf. interpretazioni e) ed f)) di questa associazione deve essere stato certamente minoritario, in quanto nel 454/452 a.C., data probabile della vittoria istmica di Argeo e dell'esecuzione di B. I e II4, il valore di kluto,j = "famoso" doveva essersi ormai consolidato (cf.

interpretazioni a), b), c) e d)), soprattutto in un contesto compositivo convenzionale e formalizzato come quello dell'epinicio. Tuttavia, l'intento dell'ode, insieme alle sue caratteristiche performative, rimangono legati all'azione del cantare per celebrare Argeo, e a tale scopo vengono invocate le Muse, per di più con un epiteto molto raro (klutofo,rmiggej), forse di neoformazione, che mette a stretto contatto una radice anticamente percettiva con il tipico strumento musicale dell'accompagnamento canoro5. Bacchilide avrà certamente chiesto alle Muse di eternare la vittoria

istmica di Argeo nel pugilato, assicurandogli la fama (cf. il valore causativo nelle interpretazioni b) ed f)). Ma la gloria non sarebbe possibile senza che le Muse facciano sentire il loro canto, accompagnandolo con la fo,rmigx6.

1 Cf. Maehler 1982, I, p. 49, che traduce «Leierberühmte Töchter des Zeus», chiarendo (II, p. 10) che i composti kluto- sono da intendere "berühmt durch", così come, secondo lo stesso studioso, in Pi. Pae. VI, v. 2 (kluto,mantij). 2 Cf. Sevieri 2007, p. 31: «Vergini dalla cetra famosa, etc...».

3 Cf. Campbell 20062, p. 115 «Famous lyre-players,, etc...».

4 Cf. Maehler 1982, II, pp. 3-4, e Sevieri 2007, p. 127.

5 Una seconda occorrenza di questo aggettivo è forse in B. XXIXd, v. 21. Non è da escludere, in B. II, vv. 1-3, che l'immagine della Fama invocata per portare il gioioso messaggio della vittoria dello stesso Argeo di Ceo nel pugilato, intendesse rifunzionalizzare un termine (fh,mh) ormai formalizzatosi, soprattutto nel lessico delle odi trionfali.

6 Similmente, è forse possibile leggere un richiamo all'aspetto sonoro dell'arco (cf. Hom. Od. XXI, v. 411) ed, allo stesso tempo, alla fama che lega quest'arma ad Apollo, nell'epiteto (ricostruito secondo le integrazioni di Maehler 2003, p. 5) attribuito al dio da Bacchilide nello stesso Epinicio I, vv. 147-148: kluto,#to& | xoj vApo,Îllwn. Lo stesso Bacchilide attribuisce ad Artemide l'epiteto toxo,klutoj, in XI, v. 39. Anche in questo caso, noi crediamo, un'ambiguità fra il senso di "glorioso" ed il senso di "sonoro" potrebbe adattarsi, sebbene con meno evidenza rispetto a klutofo,rmigx, anche ad un composto lessicale che lega l'arco all'aggettivo kluto,j. Dal punto di vista più morfologico, e leggendo un "concetto di testa" differente in ciascuno dei due composti (in base all'ordine greco

determinante/determinato, che viene invertito nella traduzione italiana), potrebbe infine esservi una distinzione fra

kluto,toxoj e toxo,klutoj: il primo, infatti, potrebbe più significare "dall'arco famoso", o "dall'arco sonoro", e il secondo "famoso per l'arco" o "sonoro nell'arco" ("sonoro grazie all'arco"). Per un'analisi morfologica sintetica dei composti nella lingua greca, cf. Grandi-Pompei 2010, soprattutto pp. 222-223.

B. Ep. IV, vv. 7-10

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