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Brevi note di diritto costituzionale americano, con particolare ri guardo alla First Amendment Jurisprudence

La giurisprudenza americana in materia di lobbying (e finanziamento elettorale)

1. Brevi note di diritto costituzionale americano, con particolare ri guardo alla First Amendment Jurisprudence

Questo Capitolo ha lo scopo di mostrare come il ruolo più importante nell’e- voluzione del lobbying negli Stati Uniti da un fenomeno quasi sotterraneo ad un tratto distintivo dell’assetto istituzionale e costituzionale americano è stato quello giocato dalla Corte Suprema, la quale, passando da un iniziale atteggiamento di netta condanna del lobbying al riconoscimento della sua protezione costituzionale, intorno alla metà del secolo scorso ha contribuito a far assumere al lobbying in terra americana una natura e un peso del tutto peculiari.

Partirò quindi dall’analisi delle pronunce più importanti della Corte, per poi evidenziare, nei Capitoli seguenti, come esse si siano affiancate, e spesso abbiano preceduto, l’attività legislativa federale, nel dar forma al fenomeno che ci occupa.

Come ho anticipato nell’Introduzione, questo Capitolo dedica altresì ampio spazio alla giurisprudenza costituzionale americana in materia di finanziamento elettorale, per via dello strettissimo legame che vi è con le pronunce in materia di

lobbying (v. più ampiamente supra sul punto).

Al fine di agevolare la lettura di questo e dei prossimi Capitoli, ritengo utile in via preliminare riassumere qui sinteticamente il tipo di scrutinio compiuto dalla Corte Suprema quando le è sottoposta una questione di costituzionalità. Nel corso dell’analisi cercherò di mettere in luce alcune peculiarità del ragionamento giuridi- co nordamericano, alcuni passaggi argomentativi davvero tipici di quella tradizio- ne giuridica, che nella giurisprudenza sul Primo Emendamento si manifestano in modo particolarmente significativo. Qui riepilogherò soltanto alcune nozioni chia- ve cui farò più volte riferimento nel testo.

In particolare, occorre richiamare la celeberrima nota a piè di pagina numero 4 del caso U.S. v. Carolene Products Co., del 19381. Da questa nota dell’opinion del

giudice Stone, infatti, si è ricavata la fondamentale idea dell’esistenza di tre livelli di controllo di costituzionalità, a cui corrispondono diversi requisiti che un atto normativo o un comportamento deve avere per poter essere ritenuto legittimo. Si va, in ordine decrescente, da uno strict scrutiny, a un intermediate scrutiny, a una

rational basis review2.

Lo standard dello strict scrutiny è particolarmente rilevante per la nostra inda- gine, perché, come già anticipato e come vedremo diffusamente, la Corte Suprema americana è giunta a ricondurre l’attività di lobbying alla sfera di libertà costitu- zionalmente protette dal Primo Emendamento, e quindi le limitazioni poste a tale pratica debbono soddisfare lo standard di legittimità più rigoroso in assoluto3.

2 Su questi concetti cardine del diritto costituzionale americano, con particolare riferimen- to alla free speech doctrine, v. ampiamente in K.M. Sullivan, G. Gunther, Constitutional

Law, Foundation Press, New York, NY, Usa, 200716, passim, in particolare 741-753, e L.H.

Tribe, American Constitutional Law, Foundation Press, New York, NY, Usa, 19882, pas-

sim, in particolare 789-794. Entrambi questi testi (di cui v. anche le indicazioni bibliografi-

che) ricostruiscono l’importante disputa che si ebbe negli anni ‘60 dello scorso secolo negli Stati Uniti, tra chi sosteneva che i diritti garantiti dal Primo Emendamento andavano inter- pretati come “absolute” e chi invece affermava la necessità di sottoporli al “balancing” con altri interessi concorrenti (nella Corte Suprema, la prima posizione fu espressa dal giudice Black, mentre la seconda dai giudici Frankfurter e Harlan).

In ogni caso, tendenzialmente, si deve applicare lo standard più rigoroso (si dice che una determinata legge o azione “triggers strict scrutiny”, cioè lo “fa scattare”) in due ordini di situazioni: quando sia stato leso o limitato (infringed) un diritto costituzionale fondamen- tale (“a fundamental constitutional right”), cioè tipicamente i primi dieci Emendamenti (il c.d. Bill of Rights) e poi gli altri che la Corte abbia ritenuto tali; oppure quando sia stata compiuta una classificazione sospetta (“suspect classification”), che dà motivo di ipotiz- zare una discriminazione contraria al principio di uguaglianza (le suspect classifications includono le distinzioni sulla base della razza, dell’origine nazionale, della religione, della nazionalità, dello stato di povertà).

Quando l’atto normativo o il comportamento impugnato ricade in una di queste due ipo- tesi, allora per superare il vaglio di costituzionalità deve soddisfare contemporaneamen- te tre requisiti (c.d. prongs): dev’essere giustificato da un prevalente interesse pubblico (“compelling governmental interest”); dev’essere disegnato in modo restrittivo (“narrowly

tailored”); deve impiegare il mezzo che determina la minor restrizione possibile (“least restrictive means”) dell’interesse costituzionalmente protetto.

3 Per completezza, dirò ancora che l’intermediate scrutiny ha invece due applicazioni principali: le classificazioni, che si asserisca essere contrarie al principio di uguaglianza, ef- fettuate sulla base del sesso (le discriminazioni di genere non rientrano quindi tra le suspect

classifications che trigger strict scrutiny, e vengono quindi definite quasi-suspect classifi- cations) , e determinati casi relativi al Primo Emendamento. In particolare, riguardo a questi

ultimi, esso si applica quando la legge o l’azione dei pubblici poteri non limiti in modo diretto la libertà di parola, ma abbia comunque un effetto significativo su un dato discorso, o in altri termini quando sia indifferente al contenuto (“content-neutral”) e non imponga un

Nella storica sentenza Buckley, che considererò nel dettaglio, la Corte Suprema americana ha poi fatto riferimento a un’ulteriore categoria di particola- re importanza ai nostri fini, in quanto tipicamente riferita proprio alle limitazioni ai diritti garantiti dal Primo Emendamento, l’exacting scrutiny. In base a questo standard, i criteri rilevanti sono che l’interesse pubblico alla regolazione sia com-

pelling, che il peso degli interessi garantiti dalla regolazione sia maggiore del peso

delle libertà del Primo Emendamento che vengono così limitate, e che la regolazio- ne sia narrowly tailored per perseguire l’interesse governativo: si tratta quindi di uno standard molto vicino allo strict scrutiny4.

divieto assoluto, ma regoli solo tempo, luogo e modalità (“time, place and manner”) in cui un discorso può essere tenuto.

Quando si deve applicare l’intermediate scrutiny, il test da effettuare consiste nel verificare se la restrizione persegua un “importante interesse pubblico” (“important governmental

interest”); i mezzi impiegati devono essere significativamente collegati (“substantially re- lated”) al suo conseguimento di tale interesse.

Infine, la terza categoria, la rational basis review, si applica tendenzialmente alle questioni di legittimità per violazione del due process o del principio di uguaglianza, quando non venga però coinvolto un diritto fondamentale, e non si ravvisi una suspect o una quasi-su-

spect classification (un esempio di classificazione non sospetta è quella tra criminali e non

criminali), e quindi sia ammissibile una maggiore discrezionalità del legislatore.

Per superare il rational basis test, una legge o un comportamento devono essere ragionevol- mente collegati (“rationally related”) alla realizzazione di un “legittimo interesse pubblico” (“legitimate governmental interest”). Peraltro, in questo caso l’interesse pubblico non deve necessariamente essere quello realmente perseguito dai pubblici poteri, ma è sufficiente che la loro azione o la legge possano astrattamente perseguire un legittimo interesse pubblico. 4 Ancora a proposito di giustizia costituzionale, le censure di illegittimità possono essere, secondo un’altra classificazione, di due tipi: esse possono consistere in una facial challenge o in una as-applied challenge. Nella prima, i ricorrenti contestano la legittimità della di- sposizione impugnata in quanto tale (per se), in assoluto (on its face), ovvero in qualunque possibile applicazione, sostenendo che non è possibile trovarne un’interpretazione costitu- zionalmente legittima: se essa viene accolta, determina l’annullamento della disposizione. Per converso, una censura as-applied è rivolta solo al modo in cui la disposizione colpisce i singoli ricorrenti, e se accolta lascia in piedi la disposizione per i casi diversi da quelli riconducibili a quello in cui si trovavano i ricorrenti.

Specificamente in materia di Primo Emendamento, una species delle facial challenges sono le censure che lamentano la overbreadth di una legge, ovvero la sua eccessiva estensione: la giurisprudenza ha infatti stabilito che alcune categorie di discorso pubblico sono escluse dalla protezione del Primo Emendamento (come i discorsi osceni, obscenity, o equiparabili a una violenza verbale, fighting words), ma se nel regolare queste categorie una legge si estende anche a categorie invece protette essa sarà illegittima perché “overly broad”, cioè troppo ampia. Strettamente collegata alla overbreadth doctrine è la vagueness doctrine, per la quale una legge è illegittima se è troppo indeterminata perché un cittadino medio sia in grado di comprenderne il contenuto.

In conclusione, preciso ancora che, a seconda dei casi, talvolta ho scelto di mantenere l’originale inglese e talaltra invece di tradurre un passo citato in italiano (in alcuni casi mettendo tra parentesi alcune espressioni inglesi significative): le traduzioni italiane, ove non diversamente specificato, sono mie. Molti termini tec- nici sono inoltre stati mantenuti, là dove la traduzione con un termine italiano non perfettamente equivalente rischiava di ingenerare confusione o equivoci (per fare un esempio, ho mantenuto committee, che talvolta designa le commissioni parla- mentari e talaltra i gruppi d’azione politica, più simili ma non coincidenti coi nostri comitati)5. Altre volte ho fatto ricorso a una traduzione necessariamente imperfetta

per assenza di alternative, come nel già ricordato caso di government, termine con cui gli americani designano com’è noto tutti e tre i poteri, e che era inevitabile ren- dere con “governo”.

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