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Il Comitato Economico e Sociale

3.3 “Verso una cultura di maggiore consultazione e dialogo”: la comu nicazione del

4. I Trattati europei, in particolare dopo Lisbona

4.2. Il Comitato Economico e Sociale

Un’analisi sulle istituzioni europee e il lobbying deve necessariamente riser- vare quanto meno un cenno al Comitato Economico e Sociale, organo istituito dai Trattati con funzioni consultive. Esso era inteso come strumento per garantire una cinghia di trasmissione tra le istituzioni legiferanti e la società civile, e ciò si riflet- teva nella sua composizione: esso era infatti stato pensato per essere «composto di rappresentanti delle varie categorie della vita economica e sociale, in particolare dei produttori, agricoltori, vettori, lavoratori, commercianti e artigiani, nonché del- le libere professioni e degli interessi generali» (così l’art. 193 del Trattato di Roma). Il CES doveva essere consultato nell’ambito di talune procedure, ma senza che il suo parere fosse mai di tipo vincolante. Questa impostazione è sostanzialmente sopravvissuta fino ad oggi: l’art. 304 TFUE stabilisce infatti che «Il Parlamento europeo, il Consiglio o la Commissione consultano il Comitato nei casi previsti dai trattati. Tali istituzioni possono consultarlo in tutti i casi in cui lo ritengano oppor- tuno. Il Comitato, qualora lo ritenga opportuno, può formulare un parere di propria iniziativa».

Attualmente, l’art. 300(2) TFUE stabilisce poi che esso sia «composto da rap- presentanti delle organizzazioni di datori di lavoro, di lavoratori dipendenti e di altri attori rappresentativi della società civile, in particolare nei settori socioecono- mico, civico, professionale e culturale». Ma il ruolo decisamente marginale svolto da questo organo sul piano dell’incidenza pratica sul processo decisionale europeo, e l’ancor minore capacità di offrire un reale canale di trasmissione delle istanze della “società civile” presso i centri decisionali europei88, ne fanno un soggetto

C-403/12 P, e C-404/12 P e C-405/12 P, disponibili su http://curia.europa.eu/. 86 Citato supra, nota 14.

87 D. Ferri, European Citizens, cit., 70.

essenzialmente trascurabile ai fini della presente indagine.

In effetti, il CES viene naturalmente consultato tutte le volte in cui i Trattati lo prescrivono, ed esso stesso ha tentato di accreditarsi come il luogo per eccellenza della partecipazione delle organizzazioni della società civile, almeno a partire dalla sua Opinione del 1999 su The role and contribution of civil society organisations

in the building of Europe. Tuttavia, come è stato osservato in modo a me pare

condivisibile, «[e]scaping the rethoric which sorrounds EESC’s talks, the EESC

is a participatory tool in the sense that it allows CSOs to participate in EU deci- sion-making and synthesises different components of European society. It plays the role of intermediary between citizens and EU institutions. However, even though it is undoubtedly pluralistic, it is not open, since members are pre-selected at nation- al level»89.

Di qualche anno dopo è invece l’elaborazione di alcuni criteri di ammissibilità che le varie organizzazioni devono rispettare per poter accedere al cosiddetto “dia- logo civile”90. Il CES stabilì in particolare che «[p]er essere considerata rappresen-

tativa su scala europea, un’organizzazione deve essere organizzata stabilmente a livello comunitario; consentire l’accesso diretto alle esperienze dei propri membri, permettendo quindi consultazioni rapide e costruttive; rappresentare interessi gene- rali, coincidenti con quelli della società europea; comporsi di organi riconosciuti dagli Stati membri come portatori di interessi specifici; avere organizzazioni affi- liate nella maggior parte degli Stati membri dell’Unione; garantire la responsabilità die propri membri; avere un mandato di rappresentanza e di azione a livello euro- peo; essere indipendente, disporre di un mandato vincolante e non essere sottoposta a istruzioni provenienti dall’esterno; risultare trasparente soprattutto in termini di finanziamento e di strutture decisionali». Se si considera però che sullo stesso CES è possibile avanzare dei dubbi di rappresentatività, come detto un istante fa, questa restrizione del campo appare alquanto paradossale.

Lo sviluppo più recente è stato l’accordo interistituzionale concluso con il Comitato delle Regioni il 5 febbraio 2014, con l’obiettivo di rafforzare il proprio ruolo nel processo decisionale dell’Unione, ma anche in questo caso non sembra che l’impatto sia stato particolarmente rilevante.

tempted to measure, through an empirical analysis, the influence of the EESC and the Committee of Regions and concluded that both of them do have influence on policy-making, even though their recommendations are not binding on the addressee (Hönnige and Panke

2013). They nevertheless concluded that this influence is still restricted» (il riferimento è a C. Hönnige, D. Panke, The Committee of the Regions and the European Economic and

Social Committee: How Influential are Consultative Committees in the European Union?,

51(3) Journal of Common Market Studies 452 (2013). Il Comitato delle Regioni non rientra nell’ambito di interesse del presente lavoro.

89 D. Ferri, op.loc.ult.cit..

In conclusione, non pare che fosse così ben riposta la notevole fiducia riposta dalla Corte di Giustizia di Atlanta e a. c. Comunità Europea (v. supra, § 2.1.) nel CES come organo in grado di assicurare un sufficiente coinvolgimento delle organizzazioni della società civile. Per i giudici di Lussemburgo, come si è visto, l’esistenza del CES vale (pur insieme ad altri elementi) ad escludere la necessità di riconoscere un generale diritto di partecipazione dei singoli soggetti interessa- ti all’adozione di un atto da parte delle istituzioni dell’Ue, ma il coinvolgimento assicurato dal CES appare davvero troppo scarsamente incisivo perché l’esigen- za di consentire ai soggetti interessati di far ascoltare la propria voce possa dirsi soddisfatta.

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