• Non ci sono risultati.

La svolta: la European Transparency Initiative del

3.3 “Verso una cultura di maggiore consultazione e dialogo”: la comu nicazione del

3.4. La svolta: la European Transparency Initiative del

Anche la comunicazione del 2002 non condusse comunque ancora ad un decisi- vo esame della questione del se e come regolamentare l’attività di lobbying nell’U- nione europea. La svolta decisiva avvenne soltanto tre anni dopo, con il lancio da parte della Commissione dell’Iniziativa Europea per la Trasparenza (ETI)70, che

portò nel 2006 alla pubblicazione dell’omonimo libro verde71. Tra le altre cose, esso

si concentrava proprio sull’«esigenza di un quadro più strutturato per le attività dei rappresentanti dei gruppi di interesse (lobbisti)».

Il libro verde descriveva quindi quello che secondo la Commissione era «il qua- dro di base per disciplinare i rapporti tra le istituzioni UE e i lobbisti». Si tratta di un passaggio estremamente significativo per gli scopi di questo lavoro, per cui è opportuno riportarlo per intero:

1. Il lobbismo rappresenta una componente legittima dei sistemi democratici, a prescindere se sia svolto da singoli cittadini o società, da organizzazioni della società civile e altri gruppi di interesse o ditte che lavorano per conto di terzi (esperti di affari pubblici, centri di studi e avvocati).

2. I lobbisti possono contribuire a richiamare l’attenzione delle istituzioni europee su alcuni problemi importanti; in alcuni casi, la Comunità offre un sostegno finanziario per garantire 68 «Per potere figurare nella base, le organizzazioni devono essere rappresentative, strut- turate a livello europeo (ovvero presenti con propri membri in almeno due paesi dell’Unio- ne o paesi candidati) e non avere scopi di lucro, essere operanti e in possesso di esperienza in uno o più settori di competenza della Commissione, avere un certo assetto formale o istituzionale, nonché essere disposte a fornire alla Commissione informazioni al proprio riguardo ragionevolmente sufficienti per essere integrate nella base dati o a sostegno della propria domanda di inserimento nella base».

69 Consultation, the European Commission and Civil Society. Su CONECCS, v. il libro verde del 2006, citato tra un momento nel testo.

70 SEC(2005) 1300, 9 November 2005.

che i pareri di taluni gruppi di interesse siano efficacemente rappresentati a livello europeo (ad esempio gli interessi dei consumatori e dei disabili, gli interessi in campo ambientale, ecc.).

3. Nel contempo, è opportuno evitare che venga esercitata una pressione indebita sulle isti- tuzioni europee attraverso un uso scorretto delle pratiche lobbistiche.

4. Qualora dei gruppi di pressione intendano contribuire allo sviluppo delle politiche dell’UE, è necessario illustrare chiaramente all’opinione pubblica l’apporto che essi danno alle istituzioni europee. È inoltre necessario descrivere chiaramente la missione e le moda- lità di finanziamento di tali gruppi e precisare le categorie che essi rappresentano.

5. L’obbligo delle istituzioni europee di identificare e salvaguardare “l’interesse generale della Comunità”72 implica il loro diritto di adottare deliberazioni interne senza interferenze

da parte di interessi esterni.

6. Le misure adottate nel settore della trasparenza devono essere efficaci e proporzionate. Sono almeno due gli aspetti di questo elenco a dover essere particolarmente rimarcati ai nostri fini. Il primo è l’estrema apertura nei confronti del lobbying di cui la Commissione dà prova. Certamente, la trasparenza è importante, e i requisiti di disclosure e le regole di integrità (come spiegato più avanti nel documento) sono determinanti per ottenere questo obiettivo; tuttavia, in queste fondamentali parole della Commissione, non emerge alcuna particolare preoccupazione per il pericolo che il lobbying corrompa l’integrità del processo democratico, un rischio che ad esempio i giudici dissenzienti in Harriss avevano invece ravvisato73.

Il secondo punto degno di rilievo è che non vi è alcun tipo di richiamo alla liber- tà di espressione (o a quella di associazione, che pure compariva – come si è visto – nel documento del 2002). Il lobbying, quindi, viene evidentemente interpretato in questa fondamentale comunicazione in un modo molto diverso dalla sua ricondu- zione alla libertà individuale di rivolgere petizioni al governo per la riparazione di torti subiti, così come era già evidente nei precedenti documenti esaminati, e come tornerò ad evidenziare nel capitolo conclusivo: il lobbying, per la Commissione, è prima di tutto uno strumento che può «contribuire a richiamare l’attenzione delle istituzioni europee su alcuni problemi importanti».

Ma vi è un ulteriore aspetto da mettere in luce del libro verde, ed è l’affer- mazione in esso contenuta che la Commissione, dopo aver preso attentamente in esame la disciplina sul lobbying di altri ordinamenti, tra cui quello americano, per il momento

non ritiene che un sistema di registrazione obbligatoria rappresenti la soluzione adegua- ta e privilegerebbe piuttosto un sistema più rigoroso di autoregolamentazione. Tuttavia, dopo un certo periodo sarebbe opportuno effettuare un’analisi per verificare l’efficacia di

72 Il riferimento qui era all’art. 213 del TCE (ora art. 245 del TFUE, in cui però non è più contenuta questa dicitura).

tale sistema. Qualora i risultati fossero negativi, si dovrebbe prendere in considerazione un sistema di misure obbligatorie, ossia un codice di condotta obbligatorio con registrazione obbligatoria.

Pertanto, almeno in via di principio, la Commissione espresse nel 2006 una netta preferenza per la “regolamentazione” del lobbying tramite un sistema di re- gistrazione non obbligatoria: pur considerando il caveat finale del passo appena riportato, sarebbe quindi un errore ritenere questa scelta un mero primo passo, o una forma incompleta di regolamentazione, se comparata al modello americano. Al contrario, la Commissione chiariva al di là di ogni dubbio che, se il modello scelto avesse prodotto risultati apprezzabili, sarebbe stato per lei soddisfacente, senza che si ponesse necessariamente l’esigenza di una registrazione obbligatoria.

Il libro verde fu poi seguito l’anno successivo da una nuova comunicazione della Commissione, Seguito del Libro Verde “Iniziativa europea per la trasparen-

za”74, che lanciò una road map per l’adozione di un codice comune di condotta e

di un nuovo registro per i lobbisti, che andasse a sostituire il precedente database CONECCS75. Inoltre, questo documento ritenne ancora una volta «opportuno ricor-

dare che la definizione del termine “lobbismo” data dalla Commissione non impli- cava alcun giudizio negativo» e «l’utilità e la legittimità delle attività di lobbismo nei sistemi democratici» (anche se, per evitare fraintendimenti, la Commissione scelse di chiamare il registro “Registro dei rappresentanti di interessi”, evitando la parola “lobbisti”).

Infine, nel 2008, fu pubblicato un ulteriore policy paper, sempre nell’ambito dell’Iniziativa Europea sulla Trasparenza, Quadro di riferimento per le relazioni

con i rappresentanti di interessi (registro e codice di condotta)76. Questa nuova

comunicazione conteneva il codice di condotta per i rappresentanti d’interessi o lobbisti, e prevedeva che le infrazioni allo stesso da parte dei rappresentanti di un soggetto registrato potessero portare alla sospensione o all’esclusione di quel soggetto dal registro; inoltre, si stabiliva che «i [...] contributi [degli organismi regi- strati] alle consultazioni pubbliche vengono pubblicati su Internet con l’indicazione dell’identità dell’autore del contributo, a meno che questi si opponga alla pubblica- zione dei dati personali in quanto ritiene che la loro pubblicazione potrebbe ledere i suoi legittimi interessi».

Il registro dei rappresentanti di interessi presso la Commissione fu così aperto il 23 giugno 2008, ma va notato come a questo risultato si sia giunto sempre tramite documenti di carattere non vincolante come le comunicazioni, seguendo l’imposta- 74 COM(2007) 127 def., SEC(2007) 360, 21 marzo 2007.

75 Questa banca dati, l’unica esistente sino ad allora, raccoglieva i contributi ricevuti dai gruppi d’interesse durante una consultazione su un’iniziativa della Commissione. La comu- nicazione in esame ne prefigurava il superamento.

zione illustrata dalla comunicazione del 2002:

La Commissione resta [...] convinta che un’impostazione giuridicamente vincolante vada evitata nel caso di una consultazione, per due motivi: anzitutto va tracciata una chiara linea di separazione tra le consultazioni che la Commissione avvia di propria iniziativa, prima di adottare una proposta, e il successivo processo decisionale istituzionalizzato e obbliga- torio, stabilito dai trattati; in secondo luogo, occorre evitare che vengano a determinarsi situazioni in cui una proposta della Commissione possa essere impugnata dinanzi alla Corte di giustizia per una presunta insufficienza di consultazione delle parti interessate. Un ap- proccio iperlegalistico del genere risulterebbe incompatibile con l’esigenza di elaborare tempestivamente gli orientamenti politici e con le aspettative dei cittadini, i quali dalle istituzioni europee si attendono interventi di merito, anziché un’attenzione eccessiva agli aspetti procedurali. [...]

Inoltre il timore espresso da alcuni partecipanti al processo di consultazione, che i principi e gli orientamenti possano rimanere lettera morta per la loro natura non giuridicamente vinco- lante, deriva da un malinteso. È infatti evidente che, se la Commissione decide di applicare determinati principi e orientamenti, i suoi servizi sono tenuti ad agire di conseguenza.

Il carattere non vincolante dei documenti di “regolazione” della materia, e di conseguenza delle regole in essi contenute, è dunque frutto di una precisa scelta della Commissione, rimasta invariata fino a tempi recentissimi (v. infra, § 5.5.). Quanto al Parlamento, come si vedrà al § 5.1., già da qualche anno questo organo si è invece dichiarato favorevole ad un’impostazione diversa da quella fatta stori- camente propria dalla Commissione, e in particolare all’adozione di un sistema di registrazione obbligatoria, in linea con la sua visione del lobbying connotata da toni di maggiore preoccupazione per il potenziale di corruzione del processo democrati- co europeo che questa pratica può determinare.

Outline

Documenti correlati