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La progeny di Buckley in materia di disclosure

La giurisprudenza americana in materia di lobbying (e finanziamento elettorale)

5. I principi fondamentali sul finanziamento elettorale

5.3. La progeny di Buckley in materia di disclosure

Venendo invece a considerare le pronunce successive a Buckley che si sono occupate della legittimità o meno degli obblighi di trasparenza, una prima pronun- cia da ricordare è Brown v. Socialist Workers ‘74 Campaign Committee100, relativa

ad una legge dell’Ohio che imponeva ai candidati di rendere pubblici i nomi e gli indirizzi di coloro che effettuavano e ricevevano contributi elettorali. Un piccolo partito di orientamento socialista, che tradizionalmente era stato oggetto nel tempo 97 546 U.S. 410 (2006)

98 V. ad es. su Le Monde, C. Lesnes, Etats-Unis : les entreprises peuvent à nouveau

financer les campagnes électorales (21 gennaio 2010); sul sito della BBC, M. Mardell, Campaign funding free-for-all? (21 gennaio 2010); sul Corriere della Sera, v. la notizia, non

firmata, dal titolo Finanziamenti elettorali, Obama boccia la Corte suprema (22 gennaio 2010, 19).

99 558 U.S. 50 (2010). 100 459 U.S. 87 (1982).

di pesanti molestie e discriminazioni nel settore pubblico e privato101, contestava la

legittimità di tali obblighi as applied alle attività di raccolta fondi e di spesa svolte dal PAC di una piccola forza politica di minoranza con le caratteristiche, ora ricor- date, che la contraddistinguevano102.

La Corte riconobbe fondate le ragioni di questo partito, confermando il divieto, già stabilito in Buckley, di imporre obblighi di disclosure quando coloro che inten- dono effettuare un contributo potrebbero con ragionevole probabilità (continuare ad) essere soggetti a minacce, molestie o ritorsioni, per via del fatto che la disclo-

sure ha reso pubblico il loro sostegno per una forza politica da sempre vista con

sospetto. La Corte estese poi l’holding di Buckley in materia, riconoscendo la tutela della privacy a quanti ricevono i contributi elettorali.

Un’ulteriore pronuncia da ricordare è il caso Buckley v. American Constitutional

Law Foundation (ACLF)103, che era invece relativo ad una legge del Colorado, sot-

toposta ad una censura on its face da parte di un ente non-profit, la quale imponeva ai promotori di un referendum di fornire dettagliate informazioni mensili su nome, indirizzo e importo pagato e dovuto a coloro che si occupavano di diffondere la proposta.

Lo Stato del Colorado riconosceva il limite posto dalla legge ai diritti di parola e di associazione dei propri cittadini, ma ne sosteneva la necessità al fine di per- seguire l’interesse pubblico alla trasparenza su come viene speso denaro per delle campagne elettorali, e così promuovere un «informed public decision-making» e scoraggiare la corruzione.

Tuttavia la Corte, applicando l’exacting scrutiny di Buckley, ritenne incostitu- zionale l’obbligo di disclosure per quanto riguarda coloro che effettuavano i contri- buti, riconoscendolo la legittimità di tale obbligo solo con riferimento ai promotori dell’iniziativa (la conclusione era rafforzata dal fatto che si trattava di un referen- dum, e per di più delle sue fasi iniziali, e quindi il rischio di corruzione appariva particolarmente tenue104).

Infine, il caso McIntyre v. Ohio Elections Commission (1995)105 verteva su una

legge dell’Ohio che vietava la distribuzione di materiale di propaganda elettorale anonimo, imponendo di indicarne sempre l’autore. La sua legittimità era contestata da una mamma di un bambino la cui scuola aveva imposto un determinato tri- 101 Di cui la Corte acquisisce abbondante documentazione, ponendo poi i riscontri fattuali così ottenuti alla base della propria decisione.

102 La censura verteva sulle libertà di parola e di associazione, protette dal Primo Emendamento, ma trattandosi di legge statale tali libertà venivano in questione per il trami- te del Quattordicesimo.

103 525 U.S. 182 (1999).

104 La Corte richiama al riguardo il proprio precedente Meyer v Grant, 486 U.S. 414 (1988).

buto, contro l’approvazione del quale questa signora106 aveva distribuito volantini

anonimi.

La Corte individua nella storia politica americana una lunga e gloriosa tradi- zione di «advocacy and dissent» realizzatasi con la diffusione di pamphlet anoni- mi: il precedente più illustre sono i Federalist Papers, che furono infatti pubbli- cati da Hamilton, Madison e Jay con il comune pseudonimo di Publius. Il Primo Emendamento, per il tramite del Quattordicesimo, garantiva anche a questa signora il diritto di svolgere, nel solco di questa tradizione, dell’«anonymous pamphle-

teering»: l’anonimità viene infatti vista dalla Corte addirittura come «uno scudo

contro la tirannide della maggioranza», un esempio tipico degli scopi perseguiti dal Bill of Rights e in particolare dal Primo Emendamento, che protegge «persone impopolari da ritorsioni e le loro idee dalla soppressione a portata di mano di una società intollerante».

La legge limitava i diritti della signora, per cui Buckley imponeva di sottopor- la a exacting scrutiny. La Corte riconosce la rilevanza dell’interesse pubblico ad impedire la diffusione di affermazioni fraudolente e diffamatorie e a fornire agli elettori informazioni sulla base delle quali valutare il valore del messaggio, tuttavia ritiene eccessivo (non narrowly tailored) e quindi costituzionalmente illegittimo il divieto generale di pubblicazioni anonime, essendo già state previste molte misure per impedire frodi e diffamazioni e per la scarsa utilità del nome di una persona nel valutare il peso di un messaggio.

La Corte peraltro compie un approfondito distinguishing di questo caso rispetto a Buckley: quest’ultima pronuncia riguardava l’obbligo di disclosure di spese per campagne elettorali, non di materiale di propaganda anonimo. Per di più, le attività della signora erano state svolte in modo del tutto indipendente, e l’interesse a co- noscere chi ne fosse l’autore non era in alcun modo paragonabile all’interesse degli elettori a conoscere la provenienza e il modo d’impiego dei fondi ricevuti dai can- didati: nel primo caso, a differenza che nel secondo, non si poneva alcuna esigenza di evitare la corruzione o le sue manifestazioni.

Inoltre, la Corte mise anche in evidenza la distinzione tra l’obbligo di rendere pubbliche, oltre una certa soglia, anche le independent expenditures (ritenuto legit- timo da Buckley) e l’obbligo di autoidentificarsi in qualunque scritto collegato ad un’elezione. Infatti i materiali relativi ad un’elezione, e in particolare i volantini, sono spesso realizzati personalmente da chi intende manifestare il proprio punto di vista, e in questo caso l’obbligo di identificazione è particolarmente invasivo, a differenza del denaro, che, quand’anche possa “parlare”, è «meno specifico, meno 106 La famosa lady from Ohio poi spesso citata come esempio del cittadino comune che non avrebbe realisticamente modo di conoscere tutte le restrizioni previste in materia elet- torale, e vedrebbe quindi violati i propri diritti del Primo Emendamento se venisse punito per il loro mancato rispetto (o fosse comunque costretto ad astenersi da una forma di libera manifestazione del pensiero per la paura di incorrere in qualche sanzione).

personale e meno provocatorio di un volantino», e quindi meno suscettibile, rispetto a questo, di ritorsioni quando impiegato a sostegno di un punto di vista impopolare.

Infine, anche in questo caso si sottolinea la differenza tra i limiti previsti dal FECA e ritenuti legittimi da Buckley, relativi ad elezioni con candidati, rispetto ai referendum che venivano in questione in quel caso; per di più, Buckley aveva stabilito che le restrizioni relative alle independent expenditures dovevano appli- carsi solo alle spese che esplicitamente sostenessero l’elezione o la sconfitta di un candidato precisamente identificato, ma queste spese non potevano per definizione aversi nelle campagne per un referendum.

Per completezza, va ancora citato il già ricordato caso McConnell v. FEC (2003)107. Insieme a molte altre questioni, alcune delle quali richiamate poco più

in alto, McConnell affronta anche il tema della legittimità di alcuni obblighi di

disclosure introdotti dal BCRA, ovvero quelli relativi alle electioneering commu- nications (Section 201 del BCRA) e alla fonte da cui derivano i fondi per tutte le

comunicazioni elettorali in generale (Section 311 del BCRA).

Fondandosi su Buckley, la Corte ritenne queste previsioni giustificate dall’esi- genza di gettare un fascio di luce («shed the light of publicity») sulla disciplina del finanziamento elettorale, respingendo così le facial challenges cui i ricorrenti le avevano sottoposte.

5.4. Citizens United (2010): massima libertà di finanziamento, ma con-

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