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Il lobbying: «as American as apple pie»

Il quadro costituzionale e regolatorio americano dalle origini alle prime leggi sul lobbying

1. Il lobbying: «as American as apple pie»

Nel corso di questo e del seguente Capitolo, si traccerà il percorso che ha con- dotto all’affermazione di un autentico diritto costituzionale al lobbying in terra americana. Come si vedrà, il lobbying non godette da subito di protezione costi- tuzionale negli Usa, ma anzi a tale risultato si giunse solo all’esito di un lungo processo interpretativo della Corte Suprema, che era partita da posizioni opposte.

Di per sé, nel diritto anglo-sassone il lobbying è un fenomeno con radici molto risalenti. Più precisamente, questa pratica si evolvette storicamente da antiche isti- tuzioni, quale su tutte il diritto di petizione al sovrano, che trovò espressa tutela già nella Magna Carta del 12151.

1 Con una disposizione che consentiva di chiedere al re la riparazione di torti procurati da lui o da un suo funzionario. L’esempio più antico di petizione risale comunque a due secoli prima, al 1013, quando i nobili inglesi ottennero dal Re Etelredo lo Sconsigliato (Aethelred

La pratica di rivolgere petizioni al governo era in effetti ampiamente consolidata nella vita politica americana già ai tempi della guerra d’indipendenza, tuttavia an- cora si era molto lontani dall’esistenza di un fenomeno quale è il lobbying odierno. Ciò si collega anche alle specificità istituzionali della nuova federazione americana, che si configurava ancora come un fenomeno pre-statuale con potestà legislativa e capacità di intervenire nella società e nell’economia molto limitate2.

Ancor più lontani, nella fase delle origini della democrazia americana, si era dalla riconduzione del lobbying alla protezione costituzionale del diritto di rivolge- re petizioni al governo. Per lunghi decenni dall’indipendenza americana, infatti, il fenomeno che oggi è universalmente noto come lobbying si confuse con la corru- zione, più o meno diretta, dei pubblici funzionari. Per questo motivo, a lungo non vi sono state leggi specificamente rivolte al lobbying, che appunto ancora non esisteva in quanto tale, e gli eccessi dell’esercizio del diritto di petizione venivano sanzio- nati riconducendoli alle regole appunto contro la corruzione, previste dal common

law e poi anche da apposite leggi3.

In America, il diritto di petizione fu codificato la prima volta nel Body of

Liberties adottato dalla Massachusetts Bay Colony Assembly nel 1641, e divenne,

progressivamente, un elemento tipico del costituzionalismo in epoca coloniale4,

venendo incluso in molti dei documenti di rilievo costituzionale pre-rivoluzionari5.

Fu quindi abbastanza naturale la scelta di includere il diritto di petizione nel

Bill of Rights6 aggiunto alla nuova Costituzione nel 1791. In particolare, esso trovò

posto in quello che divenne poi il celeberrimo Primo Emendamento, una disposi- zione così formulata: «il Congresso non potrà approvare alcuna legge che riguardi l’istituzionalizzazione di una religione, o che ne proibisca il libero esercizio; o che limiti la libertà di espressione, o della stampa, o il diritto del popolo di riunirsi paci- ficamente, e di rivolgere petizioni al governo per il ristoro dei torti subiti».

the Unready) la promessa che avrebbe prestato ascolto e rimedio alle loro doglianze.

2 Cfr. L.M. Bassani, Dalla rivoluzione alla guerra civile. Federalismo e stato moderno

in America 1776-1865, Rubbettino, Soveria Mannelli, 2009.

3 E. Lane, Lobbying and the Law, University of California Press, Berkeley, Los Angeles, CA, Usa, 1964, 18ss.

4 Cfr. R.C. Bailey, Popular Influence Upon Public Policy: Petitioning in Eighteenth

Century Virginia, Greenwood Press, Westport, CT, 1979, 29-31.

5 V. ad es. la Constitution of the Commonwealth of Massachusetts, che all’art. XIX stabi- liva che «Il popolo ha un diritto di riunirsi, in un modo ordinato e pacifico, per consultarsi sul bene comune; di dare istruzioni ai propri rappresentanti, e di richiedere al corpo legisla- tivo, tramite indirizzi, petizioni o rimostranze, il ristoro dei mali che gli sono stati inflitti, e dei torti che patisce».

6 V. l’approfondita ricostruzione di S.L. Fatka, J.M. Levien, Protecting the Right to

Petition: Why a Lobbying Contingency Fee Prohibition Violates the Constitution, 35 Harv. J. on Legis. 559, 562ss. (1998).

Questa disposizione tutela quindi in generale la libertà di espressione, e vieta poi specificamente al Congresso (e lo fa con un divieto tout-court, apparentemente senza eccezioni: “no law”) di approvare leggi che limitino «il diritto che hanno i cittadini […] di inoltrare petizioni al Governo per la riparazione di torti subiti»7

(naturalmente, là dove la Costituzione dice “government”, e noi non possiamo che tradurre “governo”, si intende non solo quello che per noi è il governo in senso stretto, ovvero l’esecutivo, ma anche il Congresso e più in generale qualunque de- cisore pubblico).

Come vedremo, la giurisprudenza costituzionale ha finito con l’interpretare la nozione di «riparazione dei torti subiti», contenuta in questa disposizione, in modo piuttosto ampio, cosicché ogni cittadino ha diritto di rivolgersi al governo non solo per chiedere un ristoro di ingiustizie che abbia subito, come vuole la lettera, ma per convincerlo ad adottare una decisione di qualunque tipo: qui sta la chiave di tutto il discorso costituzionale americano in materia di lobbying.

Il lobbying è dunque tutelato dalla Costituzione americana stessa come una spe-

cies del più ampio genere della libertà di parola, ossia come la libertà di parlare per convincere un decisore pubblico. E poiché a sua volta il Primo Emendamento,

in tutte le sue clausole, è una delle disposizioni più “sacre” del sistema giuridico americano, ne discende che l’attività di lobbying gode a sua volta di una tutela co- stituzionale estremamente marcata8.

Il Primo Emendamento protegge poi anche espressamente la libertà di stampa e la libertà religiosa, che esulano dai confini della presente trattazione, e la libertà di associazione, che invece ai nostri fini viene in rilievo perché alcune restrizioni e alcuni obblighi di disclosure appositamente previsti per le attività di lobbying e finanziamento elettorale svolte da gruppi sono state oggetto di censure, come ve- dremo, proprio per asserita violazione indiretta del diritto ad associarsi in gruppi con la più ampia libertà9.

Secondo un’opinione tradizionale, probabilmente errata10, il termine lobby

sarebbe passato a designare questa attività per opera del Presidente americano 7 La traduzione è di E. Palici di Suni, F. Cassella, M. Comba (a cura di), Le Costituzioni

dei Paesi dell’Unione europea, CEDAM, Padova, 20012, 903.

8 In generale, v. H. Eastman, Lobbying, cit.; più in generale, a fini ricostruttivi, si segnala tra i moltissimi un breve volume risalente, ma che mantiene tutta la sua centralità, di un gigante degli studi comparati, con particolare riferimento al diritto costituzionale ameri- cano, ovvero G. Bognetti, La libertà di espressione nella giurisprudenza nord-americana, Milano, Cisalpino, 1958.

9 Cfr. S.A. Browne, The Constitutionality of Lobby Reform: Implicating Associational

Privacy and the Right to Petition the Government, 4 Wm. & Mary Bill Rts. J. 717 (1995).

10 In effetti, sono stati riscontrati usi precedenti del sostantivo lobbyist, e ancor più del ver- bo to lobby: cfr. l’indagine compiuta da D. Gelak, Lobbying and Advocacy, TheCapitolNet, Washington, D.C., 2008, 7-9.

Ulysses Grant (in carica dal 1869 al 1877), che per primo avrebbe definito lobbyists i soggetti che stazionavano appunto nella lobby dell’hotel Willard, a Washington, a pochi passi dalla Casa Bianca.

In ogni caso, quand’anche non sia questa la reale origine del vocabolo, si tratta comunque di un fenomeno che – almeno nella forma attuale, di cui mi occuperò – è nato effettivamente nell’America di quegli anni, e si è sviluppato in parallelo in altri ordinamenti con il progressivo avvento delle moderne democrazie di massa. In particolare in America, questa attività conobbe poi, anche grazie alla copertu- ra costituzionale che si giunse a riconoscerle, uno sviluppo senza pari, al punto che oggi è oggi talmente connaturata al sistema politico-costituzionale statunitense che spesso si dice, con un’espressione ricorrente nel linguaggio americano, che è «as American as apple pie», al pari del Primo Emendamento nel cui alveo viene ricondotta.

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