La disciplina del lobbying a livello europeo (UE e Consiglio d’Europa): uno strumento per promuovere la democrazia
1. Una comparazione asimmetrica (anche sul piano linguistico)
2.3. Il lobbying in alcune argomentazioni delle parti (senza risposta sul punto dai giudici europei)
Infine, un ultimo gruppo di casi merita di essere menzionato perché, nel riferire gli argomenti delle parti, queste pronunce contengono interessanti riferimenti al 38 Sentenza del Tribunale di primo grado (Quarta Sezione) del 14 giugno 2001, Causa T-143/99, disponibile su http://curia.europa.eu/.
39 A differenza di quello italiano, il testo inglese parla espressamente di attività di lob-
bying, riferendosi al pagamento di «una fattura da Cedarcliff, datata 11 gennaio 1993 per
ECU 29.280 per attività di lobbying nei confronti della Commissione per conto del pro- getto: l’attività di lobbying di Cedarcliff non è un’operazione prevista nella [decisione di concedere assistenza] e non costituisce una spesa idonea».
40 La sentenza fu poi confermata dalla Corte di Giustizia, in una sentenza che non si oc- cupò più della questione qui riferita (sentenza della Corte (Terza Sezione) del 12 febbraio 2004, Causa C-330/01 P, disponibile su http://curia.europa.eu/.
lobbying: i giudici non prendono espressamente posizione su tali argomenti, ma
cionondimeno essi sono rivelatori del modo di intendere il lobbying di alcuni sog- getti rilevanti. In alcuni casi (i primi tre che considererò), si tratta di un approccio tendenzialmente negativo, per certi versi affine a quello emerso nei due casi di cui al paragrafo precedente; in altri, invece (gli ulteriori due), la visione del lobbying che ne emerge è all’opposto positiva.
La prima pronuncia da considerare è Mondiet c. Armement Islais41, relativa ad
una domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Tribunal de Commerce di La Roche-sur-Yon in Francia. Il giudice francese aveva sollevato «varie questio- ni pregiudiziali relative alla validità dell’art. 1, punto 8, del regolamento (CEE) del Consiglio 27 gennaio 1992, n. 345, recante undicesima modifica del regola- mento (CEE) n. 3094/86 che istituisce misure tecniche per la conservazione del- le risorse della pesca [...] nell’ambito di una controversia tra la Établissements Armand Mondiet SA (in prosieguo: la “Mondiet”), con sede in Francia, e la società Armement Islais, anch’ essa con sede in Francia, in ordine al pagamento di duecen- to reti da posta derivanti per la pesca del tonno, che quest’ultima aveva ordinato alla prima nell’ agosto 1991».
La questione che viene in rilievo qui è quella del punto 4.2., che chiedeva alla Corte di giustizia di valutare «se il regolamento possa essere adottato in modo altrettanto valido, anche su basi ecologiche prive di fondamento scientifico, ma in funzione, a quanto pare, della pressione di talune multinazionali dell’ecologia, do- tate di grandi mezzi finanziari e di lobbies importanti, come sottolineato dal signor Marin, membro della Commissione delle Comunità europee, preposto alla pesca, quando non è per niente dimostrato che la loro azione sia fondata, anche in minima parte, su elementi razionali e che altre associazioni ecologiche prendono la difesa degli operatori che chiedevano» una regolamentazione meno stringente rispetto a quella adottata.
Come anticipato, la Corte non prese espressamente in esame questa censura, ma respinse il ricorso, ritenendo dunque che la validità del regolamento impugnato non fosse inficiata da alcun elemento, e così affermando implicitamente che un’even- tuale attività di lobbying ad esso relativa non era stata decisiva nel determinarne il contenuto.
In tempi più recenti, un’altra pronuncia da ricordare è l’ordinanza del Tribunale di primo grado nel caso Schmoldt e a. c. Commissione42, avente ad oggetto una do-
manda di annullamento di una decisione della Commissione che aveva approvato delle specifiche tecniche «relative ai prodotti per l’isolamento termico, ai geotessi- li, agli impianti fissi di estinzione degli incendi e ai blocchi di gesso».
41 Sentenza della Corte (Sesta Sezione) del 24 novembre 1993, Causa C-405/92, disponi-
bile su http://curia.europa.eu/.
42 Ordinanza del Tribunale di primo grado (Terza Sezione) del 25 maggio 2004, Causa T-264/03, disponibile su http://curia.europa.eu/.
Una delle censure promosse dai ricorrenti era che, «per effetto della decisio- ne impugnata, la terza ricorrente [«un’associazione che rappresenta gli interessi dell’industria della costruzione in Germania»] perde la possibilità di intervenire, nell’interesse delle imprese da essa rappresentate, a favore di un nuovo concetto o, quanto meno, di un miglioramento delle norme comunitarie in materia di prodot- ti per l’isolamento termico»43. Anche in questo caso, il Tribunale non si pronun-
ciò in modo diretto su questa censura, ma implicitamente, nel ritenere addirittura inammissibile il ricorso, la rigettò, escludendo quindi, almeno nel caso di specie, che si potesse ravvisare un diritto al lobbying in capo all’associazione di categoria ricorrente44.
Infine, in una sentenza del 2010, Whirlpool Europe c. Consiglio dell’Unione
europea45, la questione del lobbying emerse con ancor maggior pregnanza nelle
argomentazioni dei ricorrenti. Questo caso riguardava l’istituzione di dazi antidu- mping sull’importazione di alcuni tipi di frigoriferi dalla Repubblica di Corea. In una prima versione provvisoria, il Consiglio, sulla base di una determinazione della Commissione, aveva stabilito di applicare il dazio ad una certa categoria di frigo- riferi, rigettando la tesi della LG, una società coreana produttrice di frigoriferi, che aveva sostenuto che occorresse definire i prodotti in questione in modo diverso, e conseguentemente applicare il dazio in misura più ristretta.
Nelle fasi successive del procedimento, però, la Commissione aveva accolto l’opinione della LG, e così il regolamento definitivo del Consiglio si era adeguato. In questo modo, la Whirlpool, che aveva dato originariamente avvio all’indagine della Commissione, si era vista negare il rimedio cui mirava, e pertanto promosse ricorso contro il regolamento definitivo, chiedendo di annullarlo perché non copri- va tutte le categorie dovute.
Tra gli argomenti, la Whirpool sostenne che, «ad eccezione di due lettere e di una nota dell’amministrazione americana che il Consiglio ha allegato al controri- corso per dimostrare il «lobbying» cui la definizione del prodotto in esame era stata soggetta sino all’ultimo momento, nessuno dei documenti e delle comunicazioni telefoniche che hanno influito sulle conclusioni finali alle quali la Commissione è pervenuta sono stati allegati alla versione non riservata del suo fascicolo e in 43 Anche in questo caso, il testo inglese parla espressamente di lobbying: «secondo i ricorrenti, la decisione contestata priva il terzo ricorrente dell’opportunità di fare lobbying nell’interesse delle imprese che rappresenta, per una nuova versione, o almeno un migliora- mento, degli standard comunitari per i prodotti di isolamento termico».
44 Anche in questo caso, la pronuncia fu impugnata, e la Corte, con una nuova ordinanza di inammissibilità, la confermò, senza riprendere in considerazione il punto ricordato nel testo: ordinanza della Corte del 16 settembre 2005, Causa C-342/04 P, disponibile su http:// curia.europa.eu/.
45 Sentenza del Tribunale (Sesta Sezione) del 13 settembre 2010, C-314/06, disponibile
tal modo portati a conoscenza delle parti interessate. Perciò, il Consiglio avreb- be violato i diritti della difesa della ricorrente. Il Consiglio avrebbe altresì violato l’equità processuale e la parità delle armi in quanto non avrebbe divulgato tutti i documenti che si riferivano alle attività di «lobbying» esercitate nei confronti della Commissione».
In altri termini, la ricorrente osservò che la definizione sarebbe stata oggetto di un’attività di lobbying molto intensa, ma su questo le istituzioni europee non avrebbero garantito adeguata trasparenza, violando così il diritto di partecipazione della Whirlpool. Il Tribunale, però, ritenne che il diritto di difesa di quest’ultima non fosse stato violato, perché non vi era prova di tale attività, soltanto asserita dalla ricorrente senza prove a suffragio, e perché in ogni caso la procedura seguita non escludeva la possibilità per l’interessata di essere sentita dalla Commissione e così influire sul procedimento.
Ma l’attività di lobbying viene in considerazione anche sotto un diverso profilo: un altro argomento della ricorrente è l’affermazione che «la “brusca” inversione di tendenza delle istituzioni sia stata causata da un «“lobbying” dell’ultimo minuto», gli elementi del quale tuttavia non compaiono nella motivazione del regolamen- to impugnato». Il Tribunale, però, respinse anche questo (così come gli ulteriori) motivi di ricorso, affermando che «risulta che il regolamento impugnato espone in modo giuridicamente sufficiente gli elementi di fatto e di diritto pertinenti ai fini della valutazione che vi viene svolta», e così in definitiva respinse il ricorso.
In definitiva, anche in questa sentenza i giudici europei non prendono espressa- mente in esame il merito della questione sollevata dai ricorrenti con riferimento al
lobbying, limitandosi ad affermare che non vi erano prove dell’attività in questione,
ma senza prendere posizione sulla questione se la loro decisione sarebbe stata la medesima, in presenza di prove che dimostrassero effettivamente che tale opera di pressione si era positivamente esercitata.
Da questa, e dalle due precedenti pronunce, nonché da quelle citate al paragrafo 2.1, si ricava quindi che, nella giurisprudenza dei giudici europei, il diritto di fare
lobbying nei confronti dei propri rappresentanti non è attualmente configurato in
Europa come un diritto fondamentale. Naturalmente, ciò non toglie che l’attività di
lobbying rimanga per le corti europee un’attività perfettamente lecita, e anzi proprio
su questa sua indubbia liceità hanno fatto leva le argomentazioni di alcuni ricorrenti nell’ambito di procedimenti in materia di concorrenza. In particolare, vanno ricor- dati due giudizi di impugnazione di sanzioni irrogate dalla Commissione in merito ad intese restrittive della concorrenza nel mercato europeo del cemento.
Nel primo, Cimenteries CBR e altri c. Commissione46, una linea di difesa che ha
accomunato le società ricorrenti è stata quella di sostenere che le attività svolte di concerto con i concorrenti non avevano determinato un’intesa anticoncorrenziale, 46 Sentenza del Tribunale di primo grado (Quarta Sezione ampliata) del 15 marzo 2000, T-25/95 e altri, disponibile su http://curia.europa.eu/.
ma si erano limitate ad una legittima attività di lobbying nei confronti di una politi- ca essa sì anticoncorrenziale adottata dal governo greco.
Il Tribunale nella sua sentenza non risponde sul punto agli argomenti dei ricor- renti, le cui sanzioni vengono poi in alcuni casi annullate e in altri ridotte all’esito di un’analisi estremamente lunga e articolata che si fonda su tutta una serie di altri elementi, tuttavia è interessante notare che quasi tutti i ricorrenti puntarono, tra gli altri argomenti difensivi, anche sul fatto di sostenere che gli accordi raggiunti con i concorrenti non miravano ad attività illecite, ma soltanto a fare lobbying in modo congiunto e coordinato, e quindi più efficace.
L’argomento in questione fu riproposto da una delle società ricorrenti nell’ap- pello47, ma anche in questo caso la Corte non lo prese direttamente in esame, e la
sanzione nei suoi confronti fu confermata.
Il tema si ripropose alcuni anni dopo, se pur a ruoli invertiti. Nella sentenza
EMC Development c. Commissione48, il Tribunale si trovò a decidere in un ricorso
presentato da un’impresa contro la decisione della Commissione di archiviare la de- nuncia di quest’ultima contro delle presunte nuove condotte anticoncorrenziali da parte delle principali industrie europee del cemento. Nella sentenza emerge come la Commissione avesse ritenuto che le attività svolte di concerto dalle imprese del cemento non eccedessero, tra le altre cose, la normale e lecita attività di lobbying, e il Tribunale (il cui giudizio fu poi confermato dalla Corte49) mostrò di ritenere tale
impostazione condivisibile, rigettando il ricorso della EMC Development.