• Non ci sono risultati.

Le prime forme di regolamentazione

Il quadro costituzionale e regolatorio americano dalle origini alle prime leggi sul lobbying

2. Le prime forme di regolamentazione

I primissimi esempi di regolazione del lobbying in senso stretto negli Stati Uniti risalgono agli anni ‘50 del XIX secolo: nel 1852, la House approvò uno statute che vietava di accedere al floor della House stessa agli emissari di un quotidiano che avevano il compito di perseguirne gli interessi davanti al Congresso (divieto poi esteso nel 1867 a tutti gli ex parlamentari interessati a una qualche questione in di- scussione davanti al Congresso). Due anni dopo, nel 1854, sempre la House istituì un comitato con il compito di verificare se fosse stato offerto del denaro a membri del Congresso allo scopo di ottenere il loro appoggio nel sostenere o bocciare un progetto di legge11. Successivamente, nel 1876, la House approvò una risoluzione

(rimasta in vigore, però, solo durante il 44° Congresso), che imponeva alle persone fisiche o giuridiche che avevano alle loro dipendenze dei lobbisti di registrare i loro nomi presso il Clerk della House stessa12.

11 W. Eskridge, Jr., Federal Lobbying Regulation: History Through 1954, capitolo 1 di W. Luneburg, T.M. Susman, R. Gordon (Eds.), The Lobbying Manual, American Bar Association, Chicago, IL, Usa, 20094, 5-21; nelle note a seguire designerò (anche) in forma

sintetica come The Lobbying Manual questo lavoro, che è stata una fonte assolutamente imprescindibile per la ricostruzione del quadro giuridico del lobbying negli Usa, e da cui ho tratto quindi moltissimi spunti. V. anche, sullo specifico punto richiamato nel testo, il

Report del servizio studi del Congresso, il Congress Research Service (CRS), realizzato

nel 1986, durante il 99° Congresso, Congress and Pressure Groups: Lobbying in a Modern

Democracy, spec. 1-10.

12 La risoluzione, 4 Cong. Rec. 3230 (May 20, 1876), non impiegava il termine lobbyist, bensì faceva riferimento ai «counsel or agents» che rappresentassero gli interessi dei loro datori di lavoro «in regard to any measure pending at any time before this House, or any

Contemporaneamente, vista la maggiore importanza sia a livello legislativo che a livello regolatorio dei singoli Stati rispetto al governo federale, ci furono notevoli passi avanti nell’adozione di alcune significative misure in materia13 che supera-

rono la tradizionale riconduzione del lobbying alle sanzioni contro la corruzione. In primo luogo, possiamo ricordare le disposizioni che tre Stati, l’Alabama, la Georgia e la California giunsero addirittura ad inserire nelle rispettive Costituzioni (ad essi ne seguirono poi degli altri, ma gli Stati che optarono per l’inclusione di disposizioni sul lobbying nelle loro Costituzioni rimasero una minoranza).

Mentre alcune Costituzioni più risalenti (New Hampshire, 1792; Vermont, 1793; Rhode Island, 1842) si erano limitate a vietare ai membri delle rispettive assemblee legislative di ricevere compensi per promuovere, o per agire come rappresentanti in, qualunque questione pendente davanti alle stesse assemblee, nel 1873 in Alabama avvenne una prima tappa significativa, pur ancora senza un espresso riferimento al lobbying in quanto tale. Questo Stato infatti modificò la propria Costituzione includendovi una disposizione del seguente tenore: «il reato di sollecitazione cor- rotta di membri dell’Assemblea Generale, o di pubblici funzionari di questo Stato, o di qualsiasi suddivisione municipale dello stesso, e ogni occupazione o pratica di sollecitazione di tali membri o funzionari per influenzare i loro atti ufficiali deve essere vietato dalla legge e punito con una multa o la reclusione».

La prima Costituzione che incluse un riferimento testuale al lobbying fu invece quella della Georgia, cui nel 1877 fu aggiunta una disposizione (Art. I, Section 2,

Paragraph 5) secondo cui «il lobbying è un crimine e l’Assemblea Generale farà ri-

spettare questa disposizione tramite sanzioni adeguate»14. Due anni dopo, nel 1879,

la California seguì l’esempio della Georgia, includendo nella propria Costituzione questa disposizione: «qualsiasi persona che cerchi di influenzare il voto di un mem- bro dell’assemblea legislativa tramite corruzione, promesse di ricompensa, o qual- siasi altro mezzo disonesto, dovrà essere colpevole di lobbying, che è qui dichiarato essere un reato».

Va inoltre ricordata la legge che il Massachusetts approvò nel 189015, intro-

ducendo per i lobbisti l’obbligo di registrarsi in un apposito elenco e di rendere pubbliche le spese da loro effettuate. Questa legge funse da modello per altri Stati, tra cui il Maryland (1900) e il Wyoming, che nel 1905 approvò una legge che san-

committee thereof».

13 Cfr. E. Lane, Lobbying, cit., spec. 25-29; v. anche il Report per il CRS di D.P. Mulhollan,

History of House Consideration, 1852-1927 (22 gennaio 1985), 15ss.

14 L’anno seguente, fu approvata una legge (codificata in Ga. Code Ann. § 28-7-1) che definiva il lobbying come qualunque sollecitazione di un membro della General Assembly a sostenere o ad opporsi, a votare a favore o contro qualunque atto normativo da parte di una persona che lavori per una persona o una società che abbiano un interesse nell’atto norma- tivo in questione; tale attività era passibile di reclusione da uno a cinque anni.

zionava penalmente il lobbista retribuito che teneva la condotta di «avvicinare un legislatore privatamente o personalmente riguardo qualsiasi materia che sia sogget- ta a legiferazione»16.

Fin da questi primi tentativi, quindi, sono già delineate le tre strategie lungo le quali ancora oggi si muove la disciplina del lobbying: i divieti di pratiche ritenute inaccettabili; gli obblighi di registrazione; gli obblighi di disclosure.

Nei decenni successivi, crebbe la consapevolezza dell’incidenza sempre mag- giore delle attività di lobbying sul procedimento legislativo, e con essa la con- vinzione di molti che fosse pertanto urgente introdurre una regolamentazione di questa pratica. A partire dal 1913, si succedettero numerose indagini del fenomeno da parte di apposite commissioni investigative del Congresso, e furono presentate numerose proposte di legge per disciplinare il lobbying.

A lungo, però, nessuna di queste proposte riuscì a tradursi in legge. Gli unici in- terventi che si ebbero furono settoriali, principalmente in materia di lobbying eser- citato da parte dei funzionari dell’esecutivo. Così, nel 1913 in una legge di spesa17

fu inserito il divieto per le agenzie dell’esecutivo di usare i fondi assegnati da quella legge per pagare qualunque «publicity expert», cioè sostanzialmente lobbisti, ma la legge rimase lettera morta perché le agenzie continuarono ad assumerne, sotto un diverso nome18.

Nel 1919, il Congresso approvò un’apposita legge in materia di lobbying da par- te dell’esecutivo, il Lobbying With Appropriated Moneys Act, c.d. Anti-Lobbying

Act of 191919. Sostanzialmente, questa legge prevedeva un divieto generale, penal-

mente sanzionato, per i funzionari dell’amministrazione, di impiegare fondi pub- blici per pagare attività di lobbying, diretto o indiretto, nei confronti di membri del Congresso; la richiamerò più avanti.

Disposizioni settoriali, consistenti sostanzialmente in obblighi di registrazione, furono introdotte anche nel Public Utility Holding Company Act of 193520, a segui-

to di uno scandalo scoppiato quando si scoprì che i lobbisti ingaggiati dall’asso- ciazione di categoria delle holding delle utilities avevano inviato centinaia di falsi telegrammi a nome di ignari elettori, chiedendo ai Senatori di opporsi a una legge che avrebbe imposto alle holding di scindersi in società con quota di mercato mino- 16 Cfr. D.P. Mulhollan, History, cit., 17-19.

17 63° Congresso, C. 32, Oct. 22, 1913, 38 Stat. 208, 212, An Act Making appropriations

to supply urgent deficiencies in appropriations for the fiscal year nineteen hundred and thirteen, and for other purposes.

18 Cfr. T.M. Susman, Lobbying by Executive Branch Officials, Cap. 14 di The Lobbying

Manual, 337-348, 337.

19 66° Congresso, C. 6, § 6, Jul. 11, 1919, 41 Stat. 68, 18 USC 1913.

20 74° Congresso, C. 687, titolo I, Aug. 26, 1935, 49 Stat. 803, 15 USC 79 et seq.; in par- ticolare, la disposizione che viene in rilievo è la Section 12(i), 15 USC 79l(i).

re, nonché nel Merchant Marine Act of 193621 (in parallelo, molti Stati adottarono

leggi che imponevano obblighi di disclosure)22.

I vari tentativi di introdurre una riforma organica ebbero infine successo solo dopo la Seconda Guerra Mondiale, quando nel 1946 fu approvato il Federal

Regulation of Lobbying Act (FRLA), che costituiva il titolo III del più ampio Legislative Reorganization Act of 194623. L’FRLA (che si applicava solo al lob-

bying del Congresso, e non a quello dell’esecutivo) prevedeva obblighi di registra-

zione e disclosure; rinvio l’analisi delle disposizioni più rilevanti al Capitolo III, dove tratterò del fondamentale caso Harriss (§ 4.1.) che ne fornì un’interpretazio- ne, potremmo dire con terminologia italiana, “costituzionalmente orientata”.

Basti dire qui che l’FRLA fu un risultato molto significativo per i sostenitori della necessità di nuove regole, anche se si trattò per loro di una vittoria prevalen- temente limitata al piano simbolico. Infatti, fin dall’inizio questa legge fu larga- mente disapplicata, prima di tutto per via del fatto che non prevedeva meccanismi adeguati per l’indagine delle violazioni né per l’irrogazione delle sanzioni previste. Inoltre, essa conteneva una definizione non molto precisa e eccessivamente restrit- tiva di ciò che costituiva lobbying, non si applicava al grassroots lobbying, non im- poneva ai lobbisti di rendere pubblica l’identità di tutti coloro che davano loro del denaro, e non si applicava al lobbying nei confronti dei collaboratori dei membri del Congresso (oltreché, come detto, nei confronti dell’esecutivo)24.

Come accennato e come si vedrà, l’FRLA dovette fronteggiare presto delle cen- sure di illegittimità; la Corte infine le respinse, ma per farlo interpretò l’FRLA in modo molto restrittivo, fin quasi sostanzialmente a riscriverlo25. L’FRLA godette

quindi di scarsa fortuna, e con il passare del tempo si intensificarono nel dibatti- to pubblico le prese di posizione a favore della riforma della disciplina del lob-

bying, in direzione di un rafforzamento delle troppo deboli previsioni dell’LDA.

Nuovamente, però, dovettero trascorrere molti anni prima che le proposte riuscis- sero a tradursi in legge, per via degli ostacoli di ordine pratico e costituzionale26 che

21 74° Congresso, C. 858, Jun. 29, 1936, 49 Stat. 1985, 46 App. USC 1101 et seq.. 22 Per queste informazioni, v. R.C. Byrd, The Senate, 1789-1989, GPO, Washington, D.C., vol. II, 1991, cap. 22, 491-508, e in particolare 504-505.

23 79° Congresso, C. 753, Aug. 2, 1946, 60 Stat. 812. Il Federal Regulation of Lobbying

Act, 60 Stat. 839, come modificato, fu codificato come 2 USC 261-270 (1994) fino all’abro-

gazione da parte del Lobbying Disclosure Act of 1995.

24 Cfr. T.M. Susman, W.V. Luneburg, History of Lobbying Reform Proposals Since 1955, cap. 2 di The Lobbying Manual, 23-42, 23.

25 Come obiettò il giudice Douglas nel suo dissent in Harriss, 347 U.S. 628, 629, su cui v. ampiamente al § 4.1. del prossimo Capitolo.

26 Su cui cfr. M.K. Vanderbeck, Note, First Amendment Constraints on Reform of the

Federal Regulation of Lobbying Act, 57 Tex. L. Rev. 1219 (1979); v. anche G.P. Land, Note, Federal Lobbying Disclosure Reform Legislation, 17 Harv. J. on Legis., 295 (1980) (en-

rendevano molto difficile il raggiungimento di un accordo sul concreto contenuto della riforma da adottare.

Si succedettero molti progetti di legge27, tra cui si possono ricordare il Legislative

Activities Disclosure Act of 195728 e, sull’onda dello scandalo Watergate, che in-

crementò gli sforzi per giungere ad una nuova legge, il Public Disclosure Lobbying

Act del 197629. Nessuno di questi progetti, però, riuscì ad essere approvato, e l’FR-

LA rimase pertanto in vigore fino al 1995, quando senza un solo voto contrario il Congresso approvò infine la principale legge che tuttora regola la materia, se pur dopo esser stata sottoposta a varie modifiche: il Lobbying Disclosure Act of 1995 (LDA)30.

trambi sono richiamati da T.M. Susman, W.V. Luneburg, History, cit., rispettivamente note 2 e 4).

27 Per un’approfondita ricostruzione, cfr. T.M. Susman, W.V. Luneburg, History, cit., 25-30.

28 85° Congresso, S. 2191. 29 94° Congresso, H.R. 15.

30 L’LDA ha sostituito la precedente disciplina contenuta nel Federal Regulation of

Lobbying Act (FRLA) del 1946 (Pub. L. 79-601, Aug. 2, 1946, 60 Stat. 812). Per un com-

mento fra i moltissimi, si ricorda A. Mikva, E. Lane, Legislative Process, Wolters Kluwer, New York, NY, Usa, 20093, 490-518. V. anche The Lobbying Manual, in particolare i capito-

li da 3 a 6 della Part. IA, The Lobbying Disclosure Act of 1995: Reform Efforts and Current

La giurisprudenza americana in materia di lobbying (e

Outline

Documenti correlati