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Regime fiscale delle spese (private) per attività di lobbying

L’impianto normativo americano attuale

3. Regime fiscale delle spese (private) per attività di lobbying

Un interessante aspetto di contorno della disciplina del lobbying riguarda il regime fiscale delle spese effettuate per questa attività. Occorre premettere che, secondo la Corte Suprema, la possibilità di dedurre una spesa effettuata per una data attività equivale a un’indiretta sovvenzione statale a quella attività38: la Corte,

secondo un ragionamento largamente condiviso39, considera equivalente ad una di-

37 In particolare, segnalo che il Senatore Michael Bennet propose il 28 aprile 2010 il già ricordato provocatorio progetto di legge S. 3272, poi appoggiato anche dal collega Jon Tester, intitolato Close the Revolving Door Act of 2010, in cui si introduceva – nel quadro di un più generale giro di vite nei confronti della revolving door per tutti quanti lavorano per il governo – un divieto a vita di esercitare la professione di lobbisti per gli ex mem- bri del Congresso (il che sollevava naturalmente subito forti elementi di tensione con la Costituzione, che avrebbero condotto subito una simile disciplina all’attenzione delle corti, il giorno in cui fosse divenuta legge, cosa che non è naturalmente avvenuta). Un’altra pro- posta, invece, H.R. 2259, presentata il 5 maggio 2009 dalla Deputata Suzanne Kosmas, dal titolo Stop the Revolving Door in Washington Act, si limitava a portare a due anni il divieto di revolving door anche per i membri della House.

38 In un caso la Corte, considerando insieme esenzioni e deduzioni, scrive: «sia le esen- zioni fiscali che la deducibilità sono una forma di sussidio che è amministrata attraverso il sistema fiscale. Un’esenzione fiscale ha grossomodo lo stesso effetto che un’elargizione in contanti all’organizzazione dello stesso ammontare delle tasse che dovrebbe pagare sul suo ricavo. I contributi deducibili sono simili a un’elargizione in contanti dello stesso ammon- tare di una porzione dei contributi individuali» (Regan v. Taxation With Representation, 461 U.S. 540, 544).

39 Ad esempio, la Corte di Giustizia delle Comunità Europee ha costantemente affermato, a partire dalla sentenza 15 marzo 1994, C-387/92, Banco Exterior de España, punto 14, che «un provvedimento mediante il quale le pubbliche autorità accordino a determinate impre- se un’esenzione fiscale che, pur non implicando un trasferimento di risorse da parte dello Stato, collochi i beneficiari in una situazione finanziaria più favorevole di quella degli altri soggetti tributari passivi costituisce aiuto statale ai sensi dell’art. 92, n. 1, del Trattato» CE (poi 87, ora 107 del TFUE); v. anche la sentenza 19 maggio 1999, C-6/97, Repubblica ita-

liana contro Commissione delle Comunità europee, punto 16. In precedenza, v. già, in una

causa concernente l’art. 4 C del Trattato CECA, la sentenza 23 febbraio 1961, C-30/59, De

retta attribuzione di fondi pubblici il risparmio derivante dalla riduzione del carico fiscale che graverebbe sul soggetto in assenza della previsione di favore40.

In ogni caso, il fatto che le spese per lobbying siano o meno deducibili è si- gnificativo del modo in cui questa attività viene intesa, ovvero come una normale attività utile a produrre reddito, e quindi deducibile, o invece come un’attività che la legge non può considerare direttamente produttiva di vantaggi economici per chi la pratica, perché ciò equivarrebbe sostanzialmente a riconoscere che più si spen- de in lobbying più aumentano le fonti di guadagno che si riescono ad ottenere dai pubblici funzionari.

La disciplina americana in argomento è in effetti oscillata nel corso del tempo tra i due poli. Fino al 1915, il legislatore non aveva preso in considerazione l’argo- mento. In una decisione appunto del 1915, però, il Department of Treasury negò in modo chiaro la deducibilità delle «lobbying expenses»41.

Il Tesoro ribadì la propria decisione all’art. 143 delle sue Regulations 33, rela- tive al Revenue Act of 1918, escludendo testualmente la possibilità di dedurre dal reddito spese per attività di lobbying (il contenuto di questa disposizione fu poi ripetuto nell’art. 562, Regulations 62, relative al Revenue Act of 1921, nell’art. Art. 562, Regulations 65, relative al Revenue Act of 1924, nell’art. 562, Regulations 69, relative al Revenue Act of 1926, e infine nell’art. 262, Regulations 74, relative al

Revenue Act of 1928).

Tale scelta normativa sopravvisse alle censure di incostituzionalità, ma venne poi ribaltata dal legislatore nel 1962, che con il Revenue Act of 196242 modificò la

sezione 162 dell’Internal Revenue Code (26 USC 162, in particolare lettera (e)) in modo da consentire la deduzione (escludendo soltanto le spese per campagne elet- torali e per grassroots lobbying, come si vedrà).

Tuttavia negli anni ‘90 si fece strada la proposta di tornare ad escludere la de- ducibilità delle spese di lobbying, e Bill Clinton ne fece un punto importante della propria prima campagna presidenziale. Così nel 1993 la Section 162(e) fu nuova- mente modificata, ad opera dell’Omnibus Budget Reconciliation Act of 199343, in

modo da tornare ad escludere la deducibilità, che da allora non è più stata reintro- è [...] più comprensivo di quello di sovvenzione dato che esso vale a designare non soltanto delle prestazioni positive del genere delle sovvenzioni stesse, ma anche interventi i quali, in varie forme, alleviano gli oneri che normalmente gravano sul bilancio di un’impresa e che di conseguenza, senza essere sovvenzioni in senso stretto, ne hanno la stessa natura e producono identici effetti».

40 In realtà, si potrebbero avanzare argomenti per negare che le due misure (deduzione e sovvenzione diretta) siano effettivamente equiparabili dal punto di vista concettuale, ma approfondire questo punto esula decisamente dai confini della presente trattazione.

41 T.D. 2137, 17 Treas. Dec. Int. Rev. 48 (1915). 42 Pub. L. No. 87-834, Oct. 16, 1962, Stat. 960. 43 Pub. L. 103-66, Aug. 10, 1993, 107 Stat. 312.

dotta. Peraltro, nella Section 23 dell’LDA (2 USC 1612), il Senato ha espresso il proprio finding che le spese di lobbying debbano rimanere appunto non deducibili, rilevando espressamente che ai comuni cittadini non è generalmente concesso de- durre i costi delle comunicazioni coi loro rappresentanti, per cui non sarebbe giusto concedere un simile beneficio ad altri.

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