• Non ci sono risultati.

Sezione IV: Le principali fattispecie sanzionatorie in tema di rifiuti 4.1 Il traffico illecito di rifiuti: cenno e rinvio

4. La competenza delle indagini per il delitto di attività organizzate per il traffico illecito

La peculiare delicatezza della materia trattata dall’art. 260 D.Lgs 152/2006 ha indotto il legislatore a prevedere una competenza ad hoc in fase di indagini preliminari; è infatti previsto, ai sensi dell’art. 51 comma 3 bis del c.p.p. che “Quando si tratta dei procedimenti per i delitti,

consumati o tentati, di cui (…) all’articolo 260 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, le funzioni indicate nel comma 1 lettera a) sono attribuite all'ufficio del pubblico ministero presso il tribunale del capoluogo del distretto nel cui ambito ha sede il giudice competente.”341

Quanto alla competenza territoriale essa va radicata nel luogo in cui avviene la reiterazione delle condotte illecite in quanto la stessa è elemento costitutivo del reato.

Le ragioni per le quali si è approdati a radicare nella Direzione Distrettuale antimafia la competenza per il reato di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti possono agevolmente rinvenirsi già nella istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti ad opera della Legge 6 febbraio 2009, n. 6;342

al legislatore erano, in realtà, note da tempo le ragioni per le quali le indagini connesse al traffico dei rifiuti dovessero essere affidate ad organi inquirenti non soltanto specializzati ma al

341Comma aggiunto dall’art. 3, primo comma D.L. 20 novembre 1991, n. 367 convertito con modificazioni la L. 20

gennaio 1992, n. 8 e poi così modificato dal n. 1) della lettera a) del comma 1 dell’art. 5 L. 1 ottobre 2012, n. 172.

342 L’art. 1 della legge recita “Istituzione e funzioni della Commissione 1. E' istituita, per la durata della XVI

legislatura, ai sensi dell'articolo 82 della Costituzione, una Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti, di seguito denominata «Commissione», con il compito di: a) svolgere indagini atte a fare luce sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti, sulle organizzazioni in esse coinvolte o ad esse comunque collegate, sui loro assetti societari e sul ruolo svolto dalla criminalità organizzata, con specifico riferimento alle associazioni di cui agli articoli 416 e 416-bis del codice penale; b) individuare le connessioni tra le attività illecite nel settore dei rifiuti e altre attività economiche, con particolare riguardo al traffico dei rifiuti tra le diverse regioni del Paese e verso altre nazioni; c) verificare l'eventuale sussistenza di comportamenti illeciti da parte della pubblica amministrazione centrale e periferica e dei soggetti pubblici o privati operanti nella gestione del ciclo dei rifiuti, anche in riferimento alle modalità di gestione dei servizi di smaltimento da parte degli enti locali e ai relativi sistemi di affidamento; d) verificare l'eventuale sussistenza di attività illecite relative ai siti inquinati nel territorio nazionale; e) verificare la corretta attuazione della normativa vigente in materia di gestione dei rifiuti pericolosi e della loro puntuale e precisa caratterizzazione e classificazione e svolgere indagini atte ad accertare eventuali attività illecite connesse a tale gestione. 2. La Commissione riferisce al Parlamento annualmente con singole relazioni o con relazioni generali e ogniqualvolta ne ravvisi la necessità e comunque al termine dei suoi lavori. 3. La Commissione procede alle indagini e agli esami con gli stessi poteri e le stesse limitazioni dell'autorità giudiziaria. La Commissione non può adottare provvedimenti attinenti alla libertà e alla segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione nonchè alla libertà personale, fatto salvo l'accompagnamento coattivo di cui all'articolo 133 del codice di procedura penale. GU n.39 del 17-2-2009 )”

164 contempo preparati ed attrezzati rispetto a fatti di reato che si sviluppano in un ambito territoriale più vasto; in conseguenza è intervenuto mediante la Legge 13 agosto 2010, n. 136343 che all’art. 11 comma 1 recita “All'articolo 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale, le parole: «e

dall'articolo 291-quater del testo unico approvato con d.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43» sono sostituite dalle seguenti: «dall'articolo 291-quater del testo unico approvato con d.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43, e dall'articolo 260 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152,»”; la

previsione normativa rappresenta un momento storico di svolta nell’economia di contrasto al crimine organizzato ambientale.

Infatti la peculiare attitudine investigativa propria della Direzione Distrettuale Antimafia con tecniche e prospettive particolarmente pregnanti è, potenzialmente, un’arma vincente per affrontare il fenomeno dell’illecito traffico organizzato di rifiuti.

La medesima legge si incarica di annoverare la fattispecie criminosa tra quelle per le quali è possibile far operare agenti sotto copertura secondo quanto stabilito dall’art. 9 legge 146/2006 come integrata e modificata dall’art. 8 legge 136/2010.344

In sostanza il legislatore prende chiaramente posizione sostenendo e riconoscendo che l’attività organizzata per il traffico illecito di rifiuti rappresenta solitamente campo proprio della criminalità organizzata;345

L’Autorità giudiziaria antimafia, all’indomani della modifica normativa, ha iniziato a sollecitare le strutture territoriali del Corpo Forestale dello Stato ad intervenire nel campo info- investigativo; così con Legge 3 febbraio 2011, n.4, questo si è stabilmente insediato nelle Sezioni di Polizia Giudiziaria di ogni Procura della Repubblica su tutto il territorio nazionale.346

343

Legge 13 agosto 2010 , n. 136 Piano straordinario contro le mafie, nonché delega al Governo in materia di normativa antimafia, pubblicata nella G.U. n. 196 del 23 agosto 2010. Per una diffusa disamina su aspetti innovativi e rilievi critici della normativa cfr A. Pierobon, Le spedizioni illegali e il traffico di rifiuti da “colletti bianchi” (e la normativa antimafia), in Diritto e Giur Agraria Alimentare e dell’ambiente, cit. p. 231 ss.

344

Con riferimento alle operazioni sotto copertura osserva G. Di Leo che “non si può non cogliere l’occasione per rilevare che mentre per le operazioni di copertura in materia di antidroga, antiterrorismo, antisequestro, e contrasto all’immigrazione clandestina viene individuata una catena di comando e di possibili deleghe al fine di autorizzare le operazioni sotto copertura nulla si dice per i restanti reati presi in considerazione dall’art. 9 della legge 146/2006 come modificata. Ciò non può non comportare, di fatto, o la pratica non applicazione della norma, o rilevanti rischi per l’agente sotto copertura che, autorizzato in modo estensivo e non formale al compimento di atti in astratto costituenti reato per individuare le prove e gli autori di tali delitti, potrebbe vedersi esposto al rischio della negazione da parte del giudice della applicazione della scriminante” in Relazione di G. Di Leo, Il reato di attività organizzata per il traffico di rifiuti. Modifiche in tema di competenza, Incontro di studi sul tema Nuove frontiere di contrasto al crimine ambientale, Enna, 12 aprile 2011.

345 Viene, inoltre, novellato il codice di procedura penale(art. 497) e le relative disposizioni di attuazione (artt. 115 e

147-bis) con la finalità di garantire l’anonimato dei soggetti impegnati in attività sotto copertura; in particolare, viene previsto che tali soggetti, chiamati a testimoniare nei relativi processi penali, indichino le stesse generalità di copertura, estendendo ai medesimi l’applicazione dell’esame dibattimentale a distanza, così come previsto per i collaboratori di giustizia.

346

Evoluzione naturale di tale percorso è stata la definizione di un Protocollo d’Intesa, firmato il 23 aprile 2012, tra la Direzione Nazionale Antimafia ed il Corpo forestale dello Stato nella quale il C.F.S. si impegna a fornire alla D.N.A. ed alle D.D.A. ogni utile supporto informativo in ordine ai fenomeni criminali collegati con il mondo

165 La Direzione Distrettuale antimafia a far data dal 2010, anno in cui si è verificata l’attribuzione della competenza, ha potuto analizzare gli elementi sintomatici ed i classici modus operandi nelle associazioni dedite al traffico; a tal proposito le modalità più di frequente adottate si snodano attraverso i passaggi sinteticamente di seguito illustrati:

- declassificazioni dei rifiuti (specie, evidentemente di quelli pericolosi), sì da coprirli di una diversa veste con una semplice operazione che falsifica la documentazione cartacea; - ricorso al sistema c.d. del “girobolla” che conduce anch’esso al risultato finale della

declassificazione dei rifiuti, ma con un meccanismo maggiormente articolato in fasi distinte tali da far risultare falsamente operazioni di trattamento dei rifiuti medesimi in realtà mai poste in essere;

- sversamento diretto dei rifiuti, quasi esclusivamente speciali e pericolosi, nel territorio; - scarico degli oli esausti in mare da parte delle navi;

- ricorso al meccanismo del riutilizzo nelle energie rinnovabili (biomasse, ovverosia scorie di legname, scarti delle imprese agricole), attuato attraverso l’aggiunta alla trasformazione delle biomasse stesse di rifiuti diversi, non consentiti, previa falsa declassificazione o certificazione;

- predisposizione di una filiera di società senza impianti al solo fine di creare fatture false, nonché di altre società dotate di impianti per recupero, trasporto e smaltimento rifiuti, con imposizione ai produttori di avvalersi di tali filiere o aggiudicandosi commesse pubbliche per gestire i relativi servizi;

- massiccio ricorso alla spedizione all’estero (Cina, Hong Kong, Malesia, Nord Africa) da porti come Gioia Tauro, Taranto, Catania, Napoli, Venezia, La Spezia di rifiuti pericolosi, principalmente materiali ferrosi, carta da macero, gomma (pneumatici) e politilene (teloni agricoli trattati in serra con fitofarmaci e antiparassitari spediti in Cina e restituiti in Europa sotto forma di prodotti in plastica come giocattoli, biberon, utensili ecc.).

Tale esemplificazione rende evidente come occorra, invece che riferirsi alle classiche modalità investigative, impiegare personale altamente specializzato (e coordinato) che si dedichi

agroalimentare ed ecomafioso compreso personale direttamente assegnato alla D.N.A. per la gestione delle informazioni investigative e per lo studio e l’analisi dei fenomeni e tecnologia e strumentazione avanzata, al fine di migliorare il contrasto ai crimini posti in essere dalla malavita organizzata. L’Autorità Giudiziaria antimafia si impegna a: analizzare i dati e le informazioni depositate dalla Forestale; restituire al Corpo, nei limiti del segreto istruttorio, le analisi e gli studi definiti sul fenomeno criminalità organizzata, curare la formazione e l’aggiornamento del personale impegnato negli specifici settori info-investigativi. Inoltre, in sede di definizione del Nuovo Codice Antimafia – Decreto Legislativo 6 settembre 2011, n. 159 – il Governo ha inserito in modo strutturale il Corpo forestale dello Stato nei ruoli della Direzione Investigativa Antimafia.

166 principalmente alle indagini finanziarie, ovvero a seguire le tracce lasciate del denaro.347 È assai probabile che anche le attività illecite svolte nella materia indicata siano di norma effettuate mediante società lecitamente - e talvolta appositamente - costituite che contemporaneamente operano sia nel rispetto sia in violazione della legge.

Il quadro, già di per sé complesso, non migliora allorquando si tratta di appalti pubblici o subappalti tramite i quali vengono gestiti servizi pubblici di raccolta, trasporto o smaltimento di rifiuti, ovvero allorché attività estorsive impongono ai produttori di servirsi esclusivamente di filiere di imprese per il trattamento dei rifiuti in mano alla criminalità organizzata.

A fronte della indubbia utilità di usufruire degli strumenti investigativi più pregnanti (si pensi alla durata delle intercettazioni telefoniche ed ai presupposti per richiederle) vi è però il rischio che, presso la procura distrettuale, composta da magistrati che si sono dedicati per anni a tutt’altro tipo di indagini, non vi sia l’esperienza specifica necessaria e si finisca quindi con il co- delegare un magistrato della sezione ambiente. Ulteriore problema è quello relativo alla trattazione dei reati contravvenzionali previsti dal testo unico ambientale. Trasferire solo l’articolo 260 del decreto legislativo n. 152 del 2006 alla competenza della direzione distrettuale antimafia fa sì che si rischi di trascurare tutti i reati contravvenzionali, o comunque minori, previsti nel codice ambientale.

In conclusione meritano un cenno anche le nuove possibilità di apprensione dei patrimoni illeciti derivanti dal traffico illecito dei rifiuti ovvero le innovazioni della normativa in tema di misura di prevenzione antimafia - legge n. 575 del 1965 - e la confisca ex articolo 12 sexies decreto legge n. 306 del 1992.

L’effetto si deve al combinato delle leggi n. 125 del 2008, n. 94 del 2009 e n. 136 del 2010. La previsione, ex articolo 10, comma 1, lett. A) della legge n. 125 del 2008, dell’azione di prevenzione patrimoniale nei confronti dei soggetti indiziati «di uno dei reati di cui all’articolo 51 co 3-bis c.p.p.» e la successiva inclusione della norma di cui all’articolo 260 TUA nel catalogo dei delitti di competenza della DDA, comporta la diretta applicazione della misura di prevenzione anche ai trafficanti di rifiuti;

347 Per le funzioni di coordinamento previste dall’art. 371-bis c.p.p. con particolare riferimento al delitto di cui

all’art. 260 d.lgs. 152/2006 in materia di traffico illecito di rifiuti, anche in considerazione della formulazione legislativa della specifica ipotesi delittuosa prevista al predetto art. 260 d.lgs. 152/2006, si rileva che appare indispensabile, per la Direzione nazionale antimafia, disporre delle informazioni relative ai procedimenti e agli indagati per alcuni degli altri reati previsti in materia di rifiuti e, più precisamente, perlomeno, per quelli previsti dagli artt. 256 (Attività di gestione di rifiuti non autorizzata) e 259 (Traffico illecito di rifiuti) del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152.

I reati in questione (artt. 256 e 259) appaiono i più significativi reati-spia che possono sottendere alla sussistenza del più grave delitto di cui all’art. 260 d.lgs. 152/2006.

167 non è stato introdotto il reato ex articolo 260 TUA tra quelli che legittimano il procedimento per la confisca ex articolo 12-sexies decreto legge n. 306 del 1992, ma si tratta di uno strumento di contrasto patrimoniale che viene applicato nelle indagini concernenti i traffici di rifiuti, spesso connessi a reati, quali quelli ex articolo 416- bis, 648-bis e ter c.p., che consentono il ricorso a questo provvedimento ablatorio.

Da ultimo occorre ricordare il sequestro per equivalente o di valore: prima dell’inclusione dei reati ambientali quali reati-presupposto per l’avvio della responsabilità amministrativa degli enti e delle persone giuridiche (decreto legislativo n. 231 del 2001) era possibile ricorrere alla confisca per equivalente nel caso in cui il traffico illecito dei rifiuti fosse aggravato dal carattere transnazionale del crimine, ex articolo 4 legge 146 del 2006. In caso di crimine transnazionale, infatti, è prevista la confisca per equivalente dei proventi e dei profitti illeciti, ai sensi degli articolo 10 e 11 legge 146 del 2001. La previsione dei crimini ambientali nell’ambito del decreto legislativo n. 231 del 2001 consente, oggi, di effettuare la confisca per equivalente dei proventi del reato ai sensi dell’articolo 19 del citato decreto legislativo.

Outline

Documenti correlati