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Sezione I: la “materia” rifiuti nell’ordinamento interno

1.3 La disciplina dei sottoprodotti ed il recupero del rifiuto: le novità introdotte dal D.Lgs 205/

Le categorie dei sottoprodotti e delle materie prime secondarie sono state oggetto di modifiche incisive ad opera del D.Lgs 205/2010 che ne ha ridefinito parametri e condizioni. Resta fermo che il riferimento ad essi possa farsi solo qualora non si rientri nella definizione del rifiuto. La famiglia dei sottoprodotti è, in seguito al recepimento della Direttiva Ce 2008/98, dal 2010, disciplinata dall’art. 183 qq TUA che li definisce come “qualsiasi sostanza od oggetto che

soddisfa le condizioni di cui all’art. 184 bis co. 1 o che rispetta i criteri stabiliti in base all’art. 184 bis co. 2 162”. Il regime attuale non coincide con quello precedente: pertanto, trattandosi di

norme definitorie integratrici della fattispecie penale in materia di rifiuti, considerando che ciò che viene definito sottoprodotto non rientra nella categoria dei rifiuti, le condotte riguardanti sostanze una volta qualificate come rifiuti ed oggi rientranti nella categoria del sottoprodotto saranno considerate come ipotesi di abilitio criminis.

Il sottoprodotto, secondo la nuova definizione, coincide con l’oggetto o la sostanza che può essere riutilizzato non soltanto dal produttore originario responsabile del ciclo produttivo originario ma anche da altri produttori: esso deve in ogni caso essere parte di un processo produttivo il cui scopo principale sia la produzione di un altro prodotto.

Da ultimo l'art. 41 del Decreto-Legge 21 giugno 2013, n. 69 2-bis, ha stabilito che “Il decreto

del Ministro dell'ambiente e della tutela del Territorio e del Mare di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti 10 agosto 2012, n. 161, adottato in attuazione delle previsioni di cui all'articolo 49 del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, si applica solo alle terre e

162 Articolo 184-bis Sottoprodotto 1. E' un sottoprodotto e non un rifiuto ai sensi dell'articolo 183, comma 1, lettera

a), qualsiasi sostanza od oggetto che soddisfa tutte le seguenti condizioni: a) la sostanza o l'oggetto è originato da un processo di produzione, di cui costituisce parte integrante, e il cui scopo primario non è la produzione di tale sostanza od oggetto; b) è certo che la sostanza o l'oggetto sarà utilizzato, nel corso dello stesso o di un successivo processo di produzione o di utilizzazione, da parte del produttore o di terzi; c) la sostanza o l'oggetto può essere utilizzato direttamente senza alcun ulteriore trattamento diverso dalla normale pratica industriale; d) l'ulteriore utilizzo è legale, ossia la sostanza o l'oggetto soddisfa, per l'utilizzo specifico, tutti i requisiti pertinenti riguardanti i prodotti e la protezione della salute e dell'ambiente e non porterà a impatti complessivi negativi sull'ambiente o la salute umana. 2. Sulla base delle condizioni previste al comma 1, possono essere adottate misure per stabilire criteri qualitativi o quantitativi da soddisfare affinché specifiche tipologie di sostanze o oggetti siano considerati sottoprodotti e non rifiuti. All'adozione di tali criteri si provvede con uno o più decreti del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, in conformità a quanto previsto dalla disciplina comunitaria. Articolo introdotto dall'Art. 12 del Decreto Legislativo 3 dicembre 2010, n. 205, recante "Disposizioni di attuazione della direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 novembre 2008 relativa ai rifiuti e che abroga alcune direttive", pubblicato nella GU n. 288 del 10- 12-2010 - Suppl. Ordinario n.269. La facoltà di cui al comma 2 è stata esercitata in relazione alle terre e rocce da scavo con d.m. Ambiente, del Territorio e del Mare, 10 agosto 2012, n. 161; sul punto si veda Sanna, sottoprodotti e terre e rocce da scavo. Decreto 10 agosto 2012, n. 161 in www.industrieambiente.it.

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rocce da scavo che provengono da attività o opere soggette a valutazione d'impatto ambientale o ad autorizzazione integrata ambientale. Il decreto di cui al periodo precedente non si applica comunque alle ipotesi disciplinate dall'articolo 109 del presente decreto”.163

La materia delle cessazione della qualifica di rifiuto è attualmente disciplinata dall’art. 184 ter TUA introdotto dall’articolo dall'Art. 12 del Decreto Legislativo 3 dicembre 2010, n. 205 che così recita “1. Un rifiuto cessa di essere tale, quando è stato sottoposto a un'operazione di

recupero, incluso il riciclaggio e la preparazione per il riutilizzo, e soddisfi i criteri specifici, da adottare nel rispetto delle seguenti condizioni: a) la sostanza o l'oggetto è comunemente utilizzato per scopi specifici; b) esiste un mercato o una domanda per tale sostanza od oggetto; c) la sostanza o l'oggetto soddisfa i requisiti tecnici per gli scopi specifici e rispetta la normativa e gli standard esistenti applicabili ai prodotti; d) l'utilizzo della sostanza o dell'oggetto non porterà a impatti complessivi negativi sull'ambiente o sulla salute umana. 2. L'operazione di recupero può consistere semplicemente nel controllare i rifiuti per verificare se soddisfano i criteri elaborati conformemente alle predette condizioni. I criteri di cui al comma 1 sono adottati in conformità a quanto stabilito dalla disciplina comunitaria ovvero, in mancanza di criteri comunitari, caso per caso per specifiche tipologie di rifiuto attraverso uno o più decreti del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400. I criteri includono, se necessario, valori limite per le sostanze inquinanti e tengono conto di tutti i possibili effetti negativi sull'ambiente della sostanza o dell'oggetto. 3. Nelle more dell'adozione di uno o più decreti di cui al comma 2, continuano ad applicarsi le disposizioni di cui ai decreti del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio in data 5 febbraio 1998, 12 giugno 2002, n. 161, e 17 novembre 2005, n. 269 e l'Art. 9-bis, lett. a) e b), del decreto-legge 6 novembre 2008, n. 172, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 dicembre 2008, n. 210. La circolare del Ministero dell'ambiente 28 giugno 1999, prot. n 3402/V/MIN si applica fino a sei mesi dall'entrata in vigore della presente disposizione. 4. Un rifiuto che cessa di essere tale ai sensi e per gli effetti del presente articolo è da computarsi ai fini del calcolo del raggiungimento degli obiettivi di recupero e riciclaggio stabiliti dal presente decreto, dal decreto legislativo 24 giugno 2003, n 209, dal decreto legislativo 25 luglio 2005, n. 151, e dal decreto legislativo 120 novembre 2008, n. 188, ovvero dagli atti di recepimento di ulteriori normative comunitarie, qualora e a condizione che siano

163 in S.O. n. 50/L alla G.U. n. 144 del 21 giugno 2013, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n.

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soddisfatti i requisiti in materia di riciclaggio o recupero in essi stabiliti. 5. La disciplina in materia di gestione dei rifiuti si applica fino alla cessazione della qualifica di rifiuto.”

Un profilo particolarmente problematico emerge dalla lettura del primo passaggio del comma secondo dal quale si evince che un rifiuto possa cessare di essere considerato tale anche all’esito di una mera attività di controllo che attesti il possesso dei requisiti per poter essere annoverato in una delle altre categorie.

Le operazioni di recupero del rifiuto differiscono dal sottoprodotto sotto diversi aspetti: in

primis, l’oggetto del trattamento, nel caso del sottoprodotto, non è un rifiuto bensì un residuo

dotato delle caratteristiche ex art. 184 bis mentre nell’ipotesi del recupero il rifiuto dovrà perdere tale natura essendo destinato a divenire altro. A ciò va aggiunto che le operazioni compatibili con il riutilizzo del sottoprodotto, per opinione giurisprudenziale, sono quelle minime tali da mutare l’identità dell’oggetto ovvero della sostanza mentre il recupero del rifiuto potrà, eventualmente, avvenire anche mediante operazioni di trasformazione merceologica ovvero manovre che abbiano minima incidenza sulle caratteristiche dello stesso.

In conclusione un passaggio d’obbligo e chiarificatore si rende necessario sulla base di teorie che propongono l’equivalenza tra sottoprodotto e rifiuto suscettibile di commercializzazione: l’eventuale presenza di un valore di mercato infatti non basta a far sì che una sostanza o un oggetto di cui il detentore si disfi o abbia l’obbligo o intenzione di disfarsi non venga considerato rifiuto; lo status è, dunque, strettamente connesso ai requisiti dettati dall’art. 183: se il produttore avvia la sostanza verso il ciclo della gestione dei rifiuti, considerando anche il recupero dello stesso, esso può avere ancora un valore commerciale ma tanto non basta ad escluderlo dalla categoria dei rifiuti. Tale orientamento è stato altresì confermato dalla Corte Europea che, pronunciandosi sulla nozione di rifiuto ai sensi delle Direttive CEE, stabilì che esso “non deve

intendersi nel senso che se esclude le sostanze e gli oggetti suscettibili di riutilizzazione economica. Una normativa nazionale che adotti una definizione della nozione di rifiuti che esclude le sostanze e gli oggetti suscettibili di riutilizzazione economica non è compatibile con le Direttive CEE”.164

164 Sentenza del 25/06/1997 sezione VI Tombesi che accolse il ricorso della Pretura di Terni promosso dal Dott.

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