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La tutela ambientale quale iconografia del processo di armonizzazione comunitaria: la tenuta del principio di riserva di legge

4. Processi di globalizzazione e criminalità trans-nazionale: il diritto comunitario quale strumento complementare alla normazione penale nazionale.

4.1 La tutela ambientale quale iconografia del processo di armonizzazione comunitaria: la tenuta del principio di riserva di legge

Il carattere polidimensionale del bene ambiente e la sua natura complessa che involge necessariamente molteplici aspetti della vita dell’uomo hanno reso necessario una tutela multilivello che coinvolgesse anche le istituzioni sovranazionali; in particolare l’Unione Europea ha riconosciuto nel diritto ambientale il paradigma di una protezione giuridica unitaria trascendente le diversità dei singoli stati membri. Secondo Sicurella l’ambiente è “sintesi di un

coacervo di situazioni soggettive scaturenti da alcune norme dei trattati e meritevoli di tutela, strettamente collegato alle varie modalità di attuazione delle diverse politiche europee ma meritevole di autonoma tutela”.50

Potrebbe sostenersi che è possibile verificare lo studio dell’evoluzione dei processi di armonizzazione ed integrazione europea anche per il tramite dell’evoluzione e dell’accrescimento della tutela – multilivello - in materia ambientale fino a lasciare intravedere una, certamente limitata, potestà punitiva comunitaria.51 La tutela unitaria e sovranazionale si è

49 Sul punto si veda M. Donini, Un nuovo medioevo penale? Vecchio e nuovo nell’espansione del diritto penale

economico, in Diritto penale comparato, europeo e internazionale: prospettive per il XXI secolo in Cass. Pen., n. 6/2003, n. 511.1, pp. 1808-1822.

50

Sicurella, Diritto penale e competenze dell’Unione europea, Milano, 2005, pag. 347.

51 Si avverte sempre maggiore la necessità di una pena sovranazionale, ovvero promanante dall’ordinamento

comunitario ed espressione di una sua diretta potestà repressiva di natura penale. L’intervento dell’ente sovranazionale poggerebbe le sue basi sul principio di sussidiarietà comunitaria, e su maggiore efficienza di un intervento di tal genere rispetto ad una risposta repressiva di carattere esclusivamente nazionale, la cui efficacia

21 resa inevitabile in materia ambientale anche per le peculiari caratteristiche degli illeciti in tale campo, contraddistinti dalla capacità di trascendere il territorio nazionale e di provocare conseguenze negative che per essere contrastate in maniera efficace presuppongono azioni di cooperazione intergovernativa: paradigmatico di tale situazione il fenomeno di traffico illecito di rifiuti, gestito il più delle volte da gruppi criminali organizzati di natura transnazionale e che coinvolge l’economia dei numerosi paesi implicati nei traffici. Gli effetti transnazionali di tale tipo di criminalità si riverberano su tutti i Paesi membri dell’Unione; la risposta decisa ed univoca si rende dunque assolutamente necessaria e deve operare su due livelli: da un punto di vista spaziale prevedendo il superamento di una dimensione esclusivamente nazionale mentre da un punto di vista di strumenti di tutela potenziando le risposte autoritative e repressive non soltanto da parte degli attori istituzionali, ma altresì dalle altre componenti sociali ed economiche contribuendo così ad accrescere il livello di formazione delle politiche pubbliche anche attraverso meccanismi di incentivi e disincentivi. Tali azioni di cooperazione sono state attuate nell’ambito del terzo pilastro dell’Unione.

Inoltre la costruzione degli illeciti ambientali è sovente elastica e ciò favorisce l’adattamento in relazione alle variazioni della normativa di fonte comunitaria, o dalla stessa derivante. Si può sostenere, dunque, una progressiva comunitarizzazione della materia, che lascia emergere, tuttavia, ulteriori problemi connessi alle modalità di ingerenza delle Istituzioni europee nella formulazione del precetto e della sanzione; la fattispecie penale ambientale, inoltre, spesso devolve il suo completamento a norme extrapenali: oltre alla integrazione da parte del diritto comunitario si verifica infatti una commistione con il diritto amministrativo; se questa elasticità consente il rapido adattamento della norma penale alle esigenze contingenti non possono non sollevarsi perplessità in ordine al rispetto dei principi fondamentali dell’ordinamento penale ovvero legalità,52 riserva di legge e determinatezza delle fattispecie.

potrebbe essere ulteriormente inficiata dalla diversità di trattamento esistente tra uno Stato e l’altro nell’ambito dello spazio territoriale dell’Unione.

52La presenza di una serie di disposizioni che incentrano il proprio nucleo precettivo sulla violazione di normative

di natura tecnica o su provvedimenti amministrativi concreti originando spazi in bianco la cui concretizzazione è spesso affidata a fonti secondarie provocano un vulnus al principio di legalità. I modelli di integrazione all’interno dei reati ambientali possono suddividersi in diverse categorie sulla base della tecnica normativa impiegata: in un primo gruppo rientrano quelle norme che incriminano la violazione di minute regolamentazioni di natura tecnica contenute in normative extrapenali di settore, per il tramite di clausole sanzionatorie finali o attraverso forme di rinvio implicite o esplicite; in altri casi il rinvio è operato ad atti o provvedimenti di natura amministrativa che non corrispondono ai requisiti di generalità ed astrattezza ma presentano contenuti dettagliati e puntuali, risultando un ulteriore ostacolo alla conoscibilità e determinatezza della norma. Problemi di compatibilità maggiori con il principio di riserva di legge si verificano in relazione alle ipotesi di rinvio a norme subordinate, in cui la disciplina legislativa non è affatto esaustiva ma lascia ampi margini di discrezionalità all’autorità amministrativa. Da ultimo vi sono quelle fattispecie incentrate sulla violazione dei limiti tabellari, ovvero norme tese a verificare il rispetto di

22 Un rilevante tassello all’accrescimento della competenza comunitaria in materia penale si deve al Trattato di Lisbona, entrato in vigore il 1 dicembre 2009. In particolare l’art. 69B dispone che il Parlamento europeo ed il Consiglio “possono stabilire norme minime relative alla definizione di

reati e delle sanzioni in sfere di criminalità particolarmente grave che presentano una dimensione transnazionale derivante dal carattere o dalle implicazioni di tali reati o da una particolare necessità di combatterli su basi comuni”. Il nuovo Trattato pone le basi istituzionali

per la promozione di interventi destinati ad attenuare progressivamente la maggior parte dei dislivelli sanzionatori rinvenibili tra i singoli ordinamenti degli stati membri, almeno per i reati che offendono interessi comuni. Se è vero che si è ancora molto lontani dalla realizzazione di un autonomo diritto penale europeo, l’introduzione di standard di pena maggiormente vincolanti rispetto a quelli del passato e soggetti a controllo giurisdizionale originano una competenza penale decisamente rafforzata.53

Gli strumenti delle Direttive e dei Regolamenti così come le accresciute competenze che si evincono nei trattati ripropongono più attuale che mai il tema dell’armonizzazione e, soprattutto, della compatibilità tra la penalizzazione ad opera del diritto comunitario e i principi cardine del nostro ordinamento, in primis quello di legalità nella fattispecie del corollario della riserva di legge (tendenzialmente) assoluta in materia penale. La vigenza del principio di legalità, nelle sue diverse accezioni (formale e sostanziale) va senza dubbio affermata con forza ma necessariamente rivisitata alla luce dei nuovi sviluppi sovranazionali al fine di comporre il nuovo equilibrio istituzionale creatosi tra ordinamento comunitario ed ordinamento interno. Dal punto di vista nazionale, il mancato rispetto del principio di legalità, sotto l’aspetto della riserva di legge e di quello della determinatezza si pone come ostacolo all’applicazione diretta delle norme comunitarie al fine di comminare una sanzione penale, quasi ad integrare un vero e proprio “controlimite”. Se da una parte la normativa sovranazionale si inserisce nell’ordinamento nazionale in forza del principio di prevalenza del primo sul secondo, e considerando altresì che la potestà legislativa deve esercitarsi, ex art. 117 Cost., nel rispetto “dei vincoli derivanti

dall’ordinamento comunitario” deve, tuttavia, tenersi in considerazione il complesso di principi

fondamentali dell’ordinamento nazionale che qualsiasi norma deve rispettare, nella forma di un controlimite nella limitazione della sovranità accettata dallo Stato in base all’art. 11 Cost.: 54

si

standard e limiti di accettabilità attraverso la previsione di sanzioni penali per l’esercizio di attività in violazione degli stessi.

53

Sul punto cfr A. Bernardi, Sull’opportunità di un’armonizzazione europea delle scelte sanzionatorie nazionali, in Annali dell’Università di Ferrara, 2005, p. 289.

54 Il diritto penale europeo, viene definito “dall’incontro tra il principio di prevalenza del diritto comunitario e

quello di riserva di legge del diritto penale, che determina un universo giuridico paradossale, composto per un verso da norme, quelle comunitarie, prevalenti ma incompetenti e per altro verso da altre norme, quelle penali

23 rende, evidentemente, necessaria una compressione della riserva di legge quantomeno da un punto di vista sostanziale.

Le scelte di penalizzazione d’ora in avanti saranno anche, e con sempre maggiore incisività, frutto di derivazione comunitaria: ne residuerà il rispetto del principio di riserva di legge da un punto di vista formale essendo pur sempre posto in capo al legislatore nazionale il compito di penalizzare in concreto i contegni individuati a livello comunitario. Qualora gli atti normativi richiamati siano Direttive le disposizioni di rinvio dovranno essere recepite in una legge statale: di conseguenza l’eventuale rimando al diritto amministrativo opererà per il tramite di una fonte interna ovvero la legge statale; situazione parzialmente diversa nel caso dei regolamenti laddove almeno in astratto, non sussisterebbero rimedi contro il vulnus arrecato al principio di legalità, considerando che ognuna delle due tipologie di rinvio indicate – a disposizione del legislatore nazionale per la creazione delle norme interne – sarebbe esposta a insuperabili limiti costituzionali.

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