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Il traffico internazionale: i paesi recettori di monnezza La posizione della Cina ed i materiali privilegiati dal mercato

Sezione IV: Le principali fattispecie sanzionatorie in tema di rifiuti 4.1 Il traffico illecito di rifiuti: cenno e rinvio

7. Il traffico internazionale: i paesi recettori di monnezza La posizione della Cina ed i materiali privilegiati dal mercato

Quello dei traffici internazionali di scarti è un fenomeno che affonda le sue radici nel recente passato quando le spedizioni verso i Paesi del sud del mondo di navi stracariche di veleni erano la norma e il dumping ambientale uno dei modi più usati per risolvere il problema dello smaltimento delle scorie prodotte dalle industrie senza incidere sui bilanci delle aziende e senza turbare il regolare andamento degli affari.

L’industria mafiosa poteva agevolmente sfruttare a proprio vantaggio instabilità politiche, corruzione e carenze di legislazione e controlli dei paesi destinatari dei veleni.

Tale sostanziale deregulation ha permesso il proliferare di broker e trafficanti di professione che velocizzavano e moltiplicavano i viaggi e gli scarichi senza timore alcuno di finire nei guai con la giustizia, di qualunque livello e grado.

Tra i paesi maggiormente coinvolti si segnalano l’Africa, i paesi dell’est e centro Europa ma, in particolar modo, i paesi orientali con particolare attenzione alla Cina: l’allarme sui traffici illeciti che ci legano al Gigante d’oriente venne lanciato dall’allora Procuratore Nazionale Antimafia Pietro Grasso: “Ci sono container pieni di rifiuti che partono dai nostri porti, da Venezia,

Taranto, Gioia Tauro, diretti a Hong Kong e in Cina dove vengono riciclati, ritrattati e restituiti in Europa attraverso giocattoli o altro materiale plastico. Quindi noi forniamo la materia prima per autoinquinarci di ritorno. Noi ci muoviamo con le procure ordinarie mentre la criminalità organizzata fa import/export con la Cina”.364

Uno dei settori merceologici maggiormente appetibili, soprattutto per le organizzazioni criminali italo-cinesi, è quello dei rifiuti plastici, in particolare quelli a base di polietilene, come i teli usati in agricoltura, nelle serre, impregnati di fitofarmaci, pesticidi e fertilizzanti chimici. Materiali che dovrebbero essere smaltiti in impianti speciali, essendo necessari ben 7 lavaggi prima di essere destinati a riciclo.

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La prima grande inchiesta dedicata a questi traffici illegali è quella denominata “Grande muraglia” (11 luglio 2006), con il sequestro di 135 container (con all'interno 740 tonnellate di rifiuti di plastica, 1.570 tonnellate di metalli, 150 tonnellate di contatori elettrici, 700 tonnellate di carta, 10 tonnellate di pezzi di automobili e pneumatici usati) in partenza da Gioa Tauro, con destinazione la Cina (insieme a India, Russia, Liberia e Nigeria).

180 Nei percorsi criminali che hanno come meta finale la Cina, invece, container carichi di questi teli inquinati arrivano direttamente nelle aziende clandestine che, senza particolari accortezze, li tagliano e li mischiano con altri materiali plastici per farli diventare nuova materia prima con cui realizzare manufatti che verranno poi spediti in giro per il mondo.

Tra i rifiuti sequestrati figurano spesso quelli di apparecchiature elettriche ed elettroniche, i Raee, che invadono paesi come Cina, India e vari stati africani, da diverso tempo;365 un’altra tipologia di scarti molto apprezzata dai trafficanti internazionali che operano nel mercato asiatico sono gli pneumatici fuori uso. 366

Per fronteggiare l’emergenza la Cina si è dotata nel 2011 di una nuova normativa che esclude le importazione di rifiuti solidi urbani pericolosi e non e di rifiuti solidi urbani destinati al recupero energetico, prevede il divieto all’importazione ai fini della trasformazione o dell’immagazzinamento in grande quantità di rifiuti solidi non ancora idonei a ottenere la piena utilizzabilità nonché controlli più stringenti anche sulle modalità di trattamento e liste da aggiornare costantemente in cui sono elencanti le tipologie di rifiuti di cui è vietata l’importazione.

Ma la vera novità della legge è rappresentata dall’estensione alle Amministrazioni autonome delle procedure applicate all’ingresso di rifiuti previste per gli altri Paesi, mettendo una stretta alle importazioni illegali di rifiuti. L’art.54, infatti, prevede che “le importazioni di rifiuti solidi

dalle regioni amministrative speciali cinesi di Hong Kong e Macao nonché dalla regione cinese di Taiwan sono operate in conformità alla presente legge”. Si tratta di una norma destinata a

incidere in maniera significativa sui traffici illegali.

In generale si è potuto osservare un generalizzato disinteresse degli Stati, ciò almeno fino a quando le comunità locali (insieme ai loro rappresentanti politici) dove avvenivano gli sversamenti selvaggi – come quella libanese o somala – non si sono ribellate, costringendo la Comunità internazionale a prendere provvedimenti e mettere al bando il famigerato dumping

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Come denunciato in particolare da Greenpeace, anche ad Accra, la capitale del Ghana: qui la situazione è diventata semplicemente apocalittica. Ogni giorno affluiscono, senza alcun controllo, migliaia di tonnellate di rifiuti elettronici, proveniente in prevalenza da Paesi occidentali: a smaltirli provvedono giovani che vivono tra veleni e fumi tossici. Lavorando in condizioni disumane.

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Si veda in proposito il dossier redatti da Legambiente, in collaborazione con la società consortile Ecopneus, al fine di gettare un fascio di luce sull’ampio ricorso all’illegalità in questo settore intitolato “Copertone selvaggio. I numeri e le storie del traffico e dello smaltimento illegale di pneumatici fuori uso (Pfu) in Italia” Dossier dai quali è emerso che i traffici organizzati di Pfu si muovono, per l’appunto, prevalentemente su scala globale, lungo le rotte oceaniche, verso Cina, Hong Kong e in genere Sud est asiatico. Recentemente la problematica dello smaltimento dei pneumatici è stata regolamentata mediante il decreto ministeriale 11 aprile 2011 n. 82 del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare. Il decreto ministeriale ha dato il via alla costituzione di società consortili che hanno l’obbligo di intercettare e smaltire una quantità di PFU (Pneumatici Fuori Uso) corrispondente almeno a quella immessa sul mercato nazionale nell’annualità precedente.

181 ambientale.367 Gli strumenti internazionali adottati, primo fra tutti la convenzione di Basilea, se hanno consentito la riduzione dell’asservimento selvaggio dei paesi del terzo mondo al traffico di rifiuti non hanno tuttavia eliminato il fenomeno alla radice: le imprese criminali hanno infatti messo a punto tecniche sempre più sofisticate basate sulla triangolazione tra diversi paesi368 ovvero ricorrendo al c.d. giro bolla falsificando in tal modo la documentazione di accompagnamento dei carichi e rendendone difficoltosa la tracciabilità.

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Nel 1989 viene firmata la Convenzione di Basilea, entrata in vigore nel 1992 e ratificata fino a oggi da 138 Paesi – gli Stati Uniti sono ancora inadempienti – che regolamenta i movimenti transfrontalieri di rifiuti, vietando in linea generale l’esportazione verso i Paesi in via di sviluppo (quelli che non fanno parte dell’Ocse) e prevedendo un sistema di accordi bilaterali per disciplinarne i movimenti. In particolare, la Convenzione consente le spedizioni in questi paesi solo di alcune tipologie di rifiuti destinate al recupero, mai al mero smaltimento. Questa la regola, la prassi è sempre stata un’altra.

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Italia-Germania-Olanda-Hong Kong-Cina, ad esempio, secondo un percorso che è diventato un classico dei traffici illegali. Cinque, sei, sette passaggi per ogni carico: questa è la regola.

Solitamente nel nostro Paese il percorso criminale transfrontaliero inizia dalle grandi piattaforme logistiche che rastrellano ogni genere di scarto, anche quelli provenienti dalla raccolta differenziata, per destinarli all’estero.

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Conclusioni

Giunti al momento delle considerazioni conclusive si ritiene di poter rappresentare, in maniera allegorica, il rapporto tra lo Stato - qui inteso come apparato che pone in essere le azioni preventive e repressive nei confronti dei contegni criminosi presi in esame - ed eco-criminali prendendo in prestito alcune figure dal mondo animale.

Si potrebbe infatti raffigurare, non senza un po’ di immaginazione, tale rapporto come un costante, instancabile inseguimento di una tartaruga nei confronti di una sorta di epica creatura che possiede l’astuzia e le capacità di sofisticazione di una volpe, le attitudini di dissimulazione di un camaleonte e la velocità di una lepre.

Il paragone, ancorché azzardato, rende di immediata percezione la necessità di un deciso mutamento nelle tecniche e negli strumenti con i quali lo Stato tenta di fronteggiare le evenienze criminali che proliferano sul territorio nazionale provocando la devastazione di cui si è già dato atto.

Per l’aspetto che in questa sede maggiormente interessa, ovvero il traffico illecito di rifiuti, oltre a rafforzare e realizzare le buone pratiche sul fronte della prevenzione l’Italia dovrebbe svolgere un ruolo capofila nel panorama internazionale per sollecitare e attrarre l’attenzione anche dei paesi più riluttanti sull’importanza di contrastare i traffici illeciti attraverso adeguate politiche di coordinamento, ciò sul molteplice piano dei controlli, investigativo e prettamente giudiziario. Un ruolo che il nostro paese, in possesso di un importante know how investigativo in questo settore, dovrebbe giocare innanzitutto in Europa ma anche al di fuori di essa.

Come già evidenziato oggi i trafficanti di rifiuti si muovono agevolmente dentro i circuiti della globalizzazione e finanziarizzazione dell’economia sfruttando altresì le carenze e le estreme articolazioni normative della materia: senza il concorso di tutti i paesi - o della maggior parte di questi - le attività repressive avranno ben poche possibilità di essere realmente incisive.

Per irrobustire l’azione di controllo e repressione oggi è necessario, inoltre, rafforzare e semplificare allo stesso tempo il quadro sanzionatorio in materia di tutela penale dell’ambiente in tutta l’Unione europea seguendo la strada già tracciata dalla direttiva comunitaria 2008/99/CE. Al contempo appare opportuno e necessario migliorare la collaborazione tra gli stati rafforzando il ruolo degli organismi europei (Europol, Eurojust) ed internazionali (Interpol).

Volgendo la sguardo al contesto interno una situazione quale quella attuale non può che auspicarsi, in primis, l’intervento di una politica “coscienziosa” che sappia rappresentare e

183 divenire portavoce delle reali e concrete istanze di tutela e delle necessità rispetto ai diversi fenomeni più gravi ed urgenti;

così, ad esempio, con riferimento alla Terra dei fuochi, dopo il primo seppur parziale intervento a livello nazionale ad opera del decreto legge del 10 dicembre 2013, n. 136 (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale - serie generale - n. 289 del 10 dicembre 2013) così come coordinato con la legge di conversione del 6 febbraio 2014, n. 6 recante: «Disposizioni urgenti dirette a

fronteggiare emergenze ambientali e industriali ed a favorire lo sviluppo delle aree interessate»

che si incarica, tra le altre cose, della sicurezza agroalimentare nella Regione Campania e di bonifica delle aree inquinate si dovrebbe procedere in maniera spedita rafforzando l’attività di repressione dei fenomeni di smaltimento illegale, dando piena attuazione ai programmi di prevenzione sanitaria e di analisi epidemiologica e procedendo alla delimitazione e alla successiva bonifica delle aree contaminate.

Bisogna, in maniera parallela, combattere con forza il fenomeno corruttivo che non impoverisce soltanto l’economia nazionale (con ricadute pratiche sui i bilanci delle famiglie) ma rappresenta anche una minaccia, indiretta ma devastante, per l’ambiente e la salute pubblica. Lo scioglimento di numerosissime amministrazioni pubbliche per condizionamento mafioso ed il fallimento di molti commissariamenti dimostrano come, sempre più sovente, le attività legate al ciclo illegale dei rifiuti o a quello dell’edilizia si accompagnino ad un sistematico ricorso alla corruzione di amministratori pubblici e rappresentanti politici, funzionari incaricati di rilasciare autorizzazioni o di effettuare controlli.

E’ improcrastinabile, inoltre, rendere pienamente operativa la nuova classificazione del delitto di attività organizzata di traffico illecito di rifiuti, prevedendo, come per tutti gli altri delitti di competenza delle Procure distrettuali antimafia, l’utilizzo di intercettazioni telefoniche e ambientali in presenza di sufficienti indizi di reato e prolungando i termini per le indagini preliminari.

Un esempio che rende emblematicamente la fallacia del sistema preventivo e di monitoraggio è costituito dalla possibilità di operare attraverso le procedure semplificate: ciò ha consentito il rapido sviluppo di aziende che lavoravano sulla base di autocertificazioni, sganciate da un controllo «a monte».

In diversi casi si è osservato come le strutture imprenditoriali siano destinate sin dall’origine ad operare in maniera illecita.

184 La dottoressa Ribera, della Procura Distrettuale Antimafia di Napoli, ha dichiarato che l’80 per cento delle denunce di inizio attività in Campania sono false, così come le autocertificazioni che danno la possibilità di iscriversi all’albo delle procedure semplificate.

Sussiste quindi il problema dell’accertamento dell’illiceità dei provvedimenti autorizzativi fondati sull’autocertificazione: da un lato, è necessario semplificare, per cui sono ammesse le autocertificazioni con le connesse responsabilità per chi le redige, dall’altro però, ha sottolineato il magistrato, esistono contesti come quello campano in cui buona parte delle certificazioni nel settore dei rifiuti sono false.

Proprio con riferimento al sistema dei controlli, nell’attuale sistema normativo si evidenzia come quelli riguardanti le attività di gestione rifiuti siano affidati a differenti strutture della pubblica amministrazione spesso non coordinate tra loro.

Ciò comporta, da un lato, che ciascun ente preposto al controllo non ha una visone unitaria dell’attività sottoposta al controllo, limitandosi a prendere contezza del solo settore di competenza: ne consegue una conoscenza parcellizzata dell’attività; dall’altro che, a causa della sovrapponibilità, parzialità, ed interferenza formale dei troppi e diversi controlli si creano zone grigie in cui abilmente si insidiano gli eco-criminali per eludere le regole dell’agire corretto. Si può, verosimilmente, affermare che l’apparato amministrativo ha finito per fare oggetto delle valutazioni comparative, in cui si sostanzia il cuore dell’azione amministrativa, in larga parte interessi sostanzialmente illeciti.

Ed infatti, gli interessi che risultano coinvolti nelle valutazioni ambientali sono stati svuotati dall’interno, divenendo figure prive di consistenza, teleologicamente orientate a rendere possibile, come una sorta di cavallo di troia, l’intromissione di interessi puramente economici e di profitto ed anche, sempre più spesso, legati a contesti criminali, che finiscono quindi per essere gli unici di cui finisce inevitabilmente per occuparsi l’azione della pubblica amministrazione.

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