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Sezione IV: Le principali fattispecie sanzionatorie in tema di rifiuti 4.1 Il traffico illecito di rifiuti: cenno e rinvio

4.4 Responsabilità amministrativa degli enti in materia ambientale

Con il Decreto Legislativo del 7 luglio 2011, n. 121 il Governo ha previsto l'estensione delle responsabilità amministrative da reato degli enti, introdotta dal D.Lgs. 231/2001, anche alle ipotesi di illeciti commessi in violazione delle norme a protezione dell'ambiente. Tale estensione è avvenuta mediante l'inserimento dell'art. 25 decies nel d.lg. 8.6.2001, n. 231. Il provvedimento in esame è stato emanato per ottemperare a quanto imposto dalle direttive comunitarie 2008/99/CE e 2009/123/CE260

La Direttiva n. 2008/99/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 19.11.2008 sulla tutela penale dell'ambiente riteneva ormai indifferibile l'esigenza di garantire una maggiore e migliore tutela dell'ambiente, in considerazione del preoccupante aumento dei reati ambientali e delle loro conseguenze negative che molto spesso si estendono ben oltre i confini del singolo Stato membro. Al fine di arginare il dilagare degli illeciti in campo ambientale la direttiva ha invitato

259 Cass. Pen., Sez. III, 29 luglio 2013 (c.c. 18 marzo 2013), n. 32797 con commento di A. D’Avirro, Ancora dubbi

sulla portata della permanenza del reato di gestione abusiva di discarica, in Dir. Pen. e Processo, 2013, 11, p.1325 ss.

260 La l. 4.6.2010, n. 96 recante «Disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia

alle Comunità europee» (Legge Comunitaria 2009, entrata in vigore dal 10 luglio u.s.) ha, infatti, delegato il Governo a recepire la Direttiva 2008/99/CE sulla tutela penale dell'ambiente entro il 9.4.2011. Il decreto di recepimento già nel suo schema è stato realizzato in coordinamento con il d.lg. 8.6.2001, n. 231, in materia di responsabilità amministrativa delle persone giuridiche delle società e delle associazioni anche priva di personalità giuridica. In particolare, il 2° co., lett. a) e b) dell'art. 19 della suindicata legge delega dispone l'introduzione tra i reati di cui alla sezione III del capo I del d.lg. n. 231/2001, e successive modificazioni, delle fattispecie criminose ipotizzate dalle Direttive 2008/99/CE e 2009/123/CE e prevede adeguate e proporzionate sanzioni amministrative pecuniarie, di confisca, di pubblicazione della sentenza ed eventualmente anche interdittive, nel rispetto dei limiti massimi previsti dal d.lg. n. 231/2001 nei confronti degli enti nell'interesse o a vantaggio dei quali è stato commesso uno dei reati in questione.

114 gli Stati membri ad introdurre nei propri ordinamenti nuove fattispecie di reati ambientali e le rispettive sanzioni.

Le predette sanzioni penali devono essere dirette anche alle persone giuridiche: gli artt. 6 e 7 prevedono l'introduzione di un regime di responsabilità e di sanzioni adeguate e dissuasive, allorquando si considerino responsabili penalmente le persone che ricoprono un ruolo di vertice al loro interno (potere di rappresentanza, potere di decisione, potere di esercitare un controllo), o qualora il reato sia commesso da un sottoposto all'altrui controllo e vigilanza. In particolare, alla responsabilità penale dell'autore materiale del reato si aggiunge la responsabilità amministrativa dell’ente, se dalla commissione dell’illecito lo stesso ha tratto un vantaggio.

Per quanto riguarda il coordinamento tra la Direttiva n. 2008/99/CE e il d.lgs. n. 231/2001 che la legge comunitaria impone, si evidenzia come lo schema di responsabilità adottato dalla Direttiva n. 2008/99/Ce è sostanzialmente analogo a quello previsto dagli artt. 6 e 7 d.lgs. n. 231/2001. Infatti l'imputazione di responsabilità dell'ente ha ad oggetto gli illeciti commessi da soggetti posti al vertice della realtà aziendale o dell'ente o da sottoposti a potere di controllo o vigilanza da parte dei soggetti tenuti ad esercitare le funzioni di controllo. La direttiva prevede l'imputazione di responsabilità alla società anche nel caso di istigazione o favoreggiamento alla commissione di un illecito gravante sull'ambiente. Si sottolinea, inoltre, che essa dispone che venga estesa alle persone giuridiche la responsabilità per gli illeciti ambientali anche in caso di grave negligenza, armonizzando la disciplina prospettata con quella prescritta per i reati sulla tutela della sicurezza dei lavoratori.

Attualmente il testo unico ambientale (d.lg. n. 152/2006) all'art. 192 contiene un generico rinvio alla disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni, introdotta dal decreto n. 231 del 2001. Il medesimo articolo dispone che se gli amministratori o i rappresentanti legali di una persona giuridica abbandonano o depositano rifiuti sul suolo o immettono rifiuti nelle acque sono responsabili penalmente insieme alla persona giuridica che rappresentano, come previsto dal d.lgs. n. 231/2001.

Al fine di estendere la responsabilità degli enti anche agli illeciti penali, il D.Lgs 121/2011 prevedeva da un lato il recepimento della direttiva europea sulla tutela penale dell'ambiente, con l'introduzione di specifiche condotte illecite ambientali, dall'altro ne disponeva il coordinamento con il d.lgs. n. 231/2001. In sede di attuazione, tuttavia, il sistema sanzionatorio penale

115 ambientale non è stato riorganizzato in modo sistematico e si è cercato di trovare un equilibrio tra gradazione dell'elemento soggettivo del reato e obbligo di vigilare sui dipendenti e sottoposti. Due sono, quindi, le direttrici lungo le quali si muove il provvedimento in oggetto: da una parte l'introduzione di reati che pur previsti dalla normativa comunitaria non sono presenti nella disciplina penale italiana; dall'altra l'estensione della responsabilità delle persone giuridiche ai reati contro l'ambiente.

Nell'individuare i reati che possono far scattare la responsabilità dell'ente, sono stati assunti a modello le fattispecie societarie, le uniche che ammettono la responsabilità con specifico riferimento alle contravvenzioni. Nel testo del decreto tutti i comportamenti illeciti vengono suddivisi in tre grandi aree a seconda della rilevanza ed il sistema adottato è articolato in misure pecuniarie per quote (l'importo di ciascuna quota è stabilito tra un minimo di 258 euro ed un massimo di 1.549), in maniera tale da lasciare un maggiore margine di manovra all'autorità giudiziaria che dovrà stabilire la “pena” in rapporto alla reale gravità della condotta.

In particolare sarà comminata una sanzione pecuniaria fino a 250 quote per i reati sanzionati con l'ammenda o con la pena dell'arresto fino a un anno oppure dell'arresto fino a due anni alternativa alla pena pecuniaria; la sanzione pecuniaria da 150 a 250 quote per i reati sanzionati con la reclusione fino a due anni e con l'arresto fino a due anni; la sanzione pecuniaria, infine, da 200 a 300 quote per i reati sanzionati con la reclusione fino a tre anni e con la pena dell'arresto fino a tre anni.

L'unica eccezione, stante la gravità della condotta, è rappresentata dal reato previsto dall'art. 260 del Codice dell'ambiente che sanziona le attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti: in tale ipotesi la sanzione può arrivare fino a 500 quote ed un picco di 800 quanto si tratta di scarti radioattivi. Il traffico illecito di rifiuti è punito, infine, con una sanzione che può arrivare fino a 250 quote, la stessa, nel massimo prevista per il trasporto di rifiuti senza il formulario e per le violazioni sulla bonifica dei siti. Per le infrazioni al codice dell'ambiente e per quelle provocate da navi è prevista anche l'applicazione delle sanzioni interdittive che possono arrivare fino al commissariamento dell'ente, al blocco della sua attività, al divieto di pubblicità ed alla sospensione delle autorizzazioni pubbliche per una durata massima di sei mesi.

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CAPITOLO III

Il delitto di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti: efficacia dissuasiva e repressiva

Sommario: 1. Il delitto di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti: “Ci getti monnezza

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