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4. Processi di globalizzazione e criminalità trans-nazionale: il diritto comunitario quale strumento complementare alla normazione penale nazionale.

4.3 Segue Il recepimento della Direttiva: un’occasione mancata

Il 7 luglio 2011 il Consiglio dei Ministri, assolvendo il compito individuato nella sopra indicata legge delega, ha varato il Decreto Legislativo n. 121/2011, entrato in vigore il 16 agosto 2011.68 Rispetto agli auspici e all’ottimismo che accompagnava le Direttive europee può sostenersi che il Decreto di recepimento abbia puntualmente disatteso la maggior parte degli obiettivi prefissati. Lungi dallo stravolgere l’attuale architettura della disciplina penale dell’ambiente, esso si limita ad introdurre due nuove fattispecie penali - uccisione, distruzione, cattura ecc. di esemplari di specie animali o vegetali selvatiche protette, art. 727-bis c.p., distruzione o deterioramento di habitat, art. 733-ter - e ad inserire nel corpo del d.lgs. 231/2001 (all’art. 25-undecies) un nuovo catalogo di reati ambientali presupposto, idonei a fondare la responsabilità dell’ente.

Volendo analizzare brevemente le novità introdotte, la contravvenzione di cui all’art. 727 bis c.p., risulta frutto di un bilanciamento, ancora una volta, tra esigenze legate alla produzione e necessità di protezione del bene ambiente, inteso come composto di flora e fauna, anche se

67 Allo stesso modo, considerando che la direttiva restringe l’area della punibilità alle sole condotte dolose o

commesse con negligenza grave, occorrerà precisare i casi in cui la violazione delle regole di diligenza dovrà ritenersi “grave”; sul punto G. M. Vagliasindi, La direttiva 2008/99/CE e il trattato di Lisbona: verso un nuovo volto del diritto penale ambientale italiano?, cit. p. 461, sostiene che l’obbligo di adeguarsi alla direttiva potrebbe fornire un contributo risolutivo al dibattito sul ruolo della colpa grave nel nostro sistema penale. La dottrina è divisa tra chi interpreta l’espressione nel senso di una colpa con previsione come A. L. Vergine, Nuovi orizzonti del diritto penale ambientale?, cit., e chi, invece, legge nelle parole del legislatore comunitario solamente una colpa generica nel senso della volontà di riferirsi “esclusivamente ai casi di omesso compimento qualificato (ossia, «grave») di un’azione doverosa (grave negligenza), che equivale a dire: irrilevanza delle ulteriori ipotesi di imprudenza (…) e di imperizia (…) di cui all’art. 43 cod. pen.” Così M. Benozzo, La direttiva sulla tutela penale dell’ambiente tra intenzionalità, grave negligenza e responsabilità delle persone giuridiche, in Dir. e giur. agr., alim. e dell’ambiente, 2009, n. 5, p. 301.

68 Per una completa analisi del provvedimento si veda C. Ruga Riva, Il Decreto Legislativo di recepimento delle

Direttive comunitarie sulla tutela penale dell’ambiente: nuovi reati, nuova responsabilità degli enti da reato ambientale, in Diritto Penale contemporaneo, 8 agosto 2011; A. Scarcella, Con le poche norme necessarie all’adeguamento un’occasione perduta per ripensare il sistema, in Guida Dir., 2011, 38, 30 e s..

29 sembra essersi data prevalenza alla tutela della prima delle esigenze citate. Il reato è punibile in via sussidiaria stante la riserva prevista, che introduce una clausola di illiceità espressa, individuata nella necessità che trattasi di un numero di animali consistente e tale da provocare un impatto sulle possibilità di conservazione della specie; la ratio di tale clausola va individuata nel rispetto del principio di offensività (anche se poi la mancanza di un parametro per individuare quale sia l’entità “non trascurabile” pone dei problemi di rispetto del principio di tassatività). Dunque sembra potersi ritenere che il bene giuridico tutelato dalla norma sia da individuare più che nella tutela dell’esemplare protetto, nella garanzia di conservazione e sopravvivenza della sua specie, onde garantire, indirettamente, la tutela dell’intero habitat di riferimento.69 All’art. 733 bis del codice penale viene introdotto il reato di distruzione o deterioramento di habitat all’interno di un sito protetto. La collocazione nel titolo II del libro III del codice penale, dedicato alle “contravvenzioni concernenti l’attività sociale della pubblica amministrazione” appare per certi versi criticabile. Non si punisce, infatti, una violazione formale, né si tutelano le funzioni di pianificazione e controllo della pubblica amministrazione ma si introduce un reato di danno avente un oggetto materiale di tutela particolarmente delicato ovvero l’habitat all’interno di un sito protetto; si definisce “habitat all’interno di un sito protetto” “qualsiasi habitat di specie

per le quali una zona sia classificata come zona a tutela speciale a norma dell’art. 4, paragrafi 1 o 2 della direttiva 2009/147/CE, o qualsiasi habitat naturale o un habitat di specie per cui un sito sia designato come zona speciale di conservazione a norma dell’articolo 4, paragrafo 4, della direttiva 92/43/CE”. La novità di maggiore rilievo è senza dubbio rappresentata

dall’introduzione della responsabilità degli enti per taluni reati ambientali commessi a vantaggio o nell’interesse dello stesso: l’art. 7 della direttiva 2008/99/CE, intitolato “Sanzioni per le persone giuridiche”, impone agli Stati membri di adottare “le misure necessarie affinché le

persone giuridiche dichiarate responsabili di un reato ai sensi dell’articolo 6 siano passibili di sanzioni efficaci, proporzionate e dissuasive”. Il riferimento era ad una vasta gamma di

fattispecie di pericolo concreto e di danno, vuoi per le matrici ambientali, vuoi per la salute e integrità fisica delle persone. Il provvedimento di delega, tuttavia, anziché prevedere l’introduzione di nuovi reati ambientali di pericolo concreto o di danno, si è limitato a prefigurare illeciti penali puniti con la sanzione dell’arresto e/o dell’ammenda, ovvero illeciti

69 Trattasi di fattispecie a condotta plurima, di pericolo concreto; il reato è comune, a forma libera ed istantaneo nel

caso di uccisione - mentre può essere anche permanente per le condotte di detenzione e cattura - possibile in forma attiva ed omissiva e punibile indifferentemente a titolo di dolo o colpa, trattandosi di contravvenzione, pur se, per la formulazione della fattispecie e la clausola di illiceità espressa, pare potersi concludere che il più delle volte si tratterà di condotta dolosa attiva. Resta salva la possibilità del concorso con i reati previsti al Titolo IX bis c.p. L’art. 733-bis, co. 2 c.p., precisa che “ai fini dell’applicazione dell’articolo 727-bis c.p. per specie animali o vegetali selvatiche protette si intendono quelle indicate nell’allegato IV della direttiva 92/43/CE e nell’allegato I della direttiva 2009/147/CE”.

30 contravvenzionali storicamente costruiti, nel nostro ordinamento, nella forma (e struttura) dei reati di pericolo astratto. Di conseguenza, il legislatore delegato, con le mani, evidentemente, “legate”, si è visto costretto a fare riferimento, per la responsabilità degli enti, a fattispecie contravvenzionali e di pericolo astratto già presenti nel nostro ordinamento penale.70

Volendo puntare l’attenzione su alcune incongruenze del provvedimento di attuazione delle Direttive, ovvero sugli obiettivi mancati o i possibili eccessi di delega viene in rilievo l’inserimento, all’interno dei reati presupposto della responsabilità a carico dell’ente di una serie di reati di falso richiamati dall’art. 2, co. 3 lett. c) del decreto in commento e contenuti nell’art. 3-bis, co. 1 l. 150/1992 che recita “alle fattispecie previste dall’articolo 16, paragrafo 1, lettere

a), c), d) ed l) del regolamento (CE) n. 338/97 in materia di falsificazione o alterazione di certificati, licenze, notifiche di importazioni, dichiarazioni, comunicazioni (…) si applicano le pene di cui al libro II, titolo VII, capo III del codice penale”. Tale categoria di reati, il cui bene

giuridico è da individuarsi nella fede pubblica, potrebbero far supporre un eccesso di delega ed una violazione dell’art. 76 Cost, dal momento che essi non sono in alcun modo richiamati dall’art. 3 della Direttiva europea sulla tutela ambientale.71

Il legislatore delegato, contravvenendo a quanto indicato nelle due Direttive europee ha, inoltre, introdotto nel catalogo dei reati presupposto esclusivamente fattispecie di pericolo astratto, non già di danno ovvero di pericolo concreto per l’ambiente ovvero la salute e l’integrità fisica delle persone.

70

Per quello che qui ci occupa può essere utile l’elencazione del catalogo dei reati presupposto nel settore dei rifiuti: - gestione abusiva di rifiuti non pericolosi (art. 256, co. 1 lett. a) e deposito temporaneo presso il luogo di produzione di rifiuti sanitari pericolosi (art. 256, co. 6): sanzione pecuniaria fino a 250 quote;

- gestione abusiva di rifiuti pericolosi (art. 256, co. 1 lett. b); realizzazione e gestione di discarica abusiva di rifiuti non pericolosi (art. 256, co. 3, primo periodo); miscelazione di rifiuti (art. 256, co. 5): sanzione pecuniaria da 150 a 250 quote;

- realizzazione e gestione di discarica abusiva di rifiuti pericolosi (art. 256, co. 3, secondo periodo); sanzione pecuniaria da 200 a 300 quote; le pene in relazione a tali reati sono ridotte della metà nel caso il reato consegua all’inosservanza delle prescrizioni contenute o richiamate nelle autorizzazioni (art. 2, co. 6 decreto in commento); - omessa bonifica di sito contaminato da rifiuti non pericolosi (art. 257, co. 1) e pericolosi (art. 257, co. 2): rispettivamente sanzione pecuniaria fino a 250 quote e da 150 a 250 quote;

- trasporto di rifiuti pericolosi senza formulario e mancata annotazione nel formulario dei dati relativi (art. 258, co. 4 secondo periodo): sanzione pecuniaria da150 a 250 quote; - spedizione illecita di rifiuti (art. 259. co. 1): sanzione pecuniaria da 150 a 250 quote;

- attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti: sanzione pecuniaria da 300 a 500 quote; da 400 a 800 se si tratta di rifiuti ad alta radioattività;

- per la violazione delle prescrizioni in materia di SISTRI (art. 260-bis) sono previste sanzioni pecuniarie da 150 a 250 quote o, rispettivamente, da 200 a 300 a seconda della tipologia di prescrizione violata.

Da ultimo è prevista la sanzione dell’interdizione definitiva dall’esercizio dell’attività se l’ente o una sua unità organizzativa vengono stabilmente utilizzati allo scopo unico o prevalente di consentire o agevolare la commissione dei reati di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti (art. 260 d.lgs. n. 152/2006) e di inquinamento marino doloso (art. 8 d.lgs. n. 202/2007).

71 L’unico vago appiglio potrebbe forse trovarsi nell’art. 2, lett. g) della legge delega n. 96/2010, secondo il quale

“nella predisposizione dei decreti legislativi si tiene conto delle esigenze di coordinamento tra le norme previste nelle direttive medesime e quanto stabilito dalla legislazione vigente”.

31 Una palese incongruenza deve, inoltre, registrarsi in ordine alla disparità di trattamento tra le persone fisiche autrici di reati di pericolo concreto (disastro ambientale, getto pericoloso di cose) o di danno (danneggiamento idrico) destinatarie delle menzionate fattispecie penali, e gli enti rispetto ai quali le medesime fattispecie non state inserite nei reati presupposto della responsabilità.

L’omessa introduzione nell’ordinamento di nuove fattispecie di recepimento dei reati di pericolo concreto e di danno di matrice europea nel catalogo dei reati fondanti la responsabilità dell’ente costituisce una chiara violazione delle Direttive citate, con contestuale violazione dell’obbligo comunitario e dell’art. 117, co. 1 Cost.

Il risultato complessivo risulta squilibrato con, da una parte, i reati ascrivibili alle persone fisiche – numerosi ma scarsamente efficaci poiché di natura contravvenzionale e, quindi, improntati ad una scarsissima severità e, da un altro, i reati ascrivibili all’ente, connotati da maggior rigore e da sanzioni pecuniarie (come non oblazionabili e soggette alla più lunga prescrizione civilistica) tutt’altro esigue (di regola da 100 a 250 quote, ovvero da un minimo di 25.800 ad un massimo di 387.250 euro) in presenza di reati presupposto che continuano ad appartenere alla categoria del pericolo astratto.72

5. La tutela dell’ambiente nell’ordinamento interno: il “Testo Unico” quale tentativo

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