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Le inchieste principali in tema di rifiuti: comprendere il modus operandi delle consorterie criminal

Sezione IV: Le principali fattispecie sanzionatorie in tema di rifiuti 4.1 Il traffico illecito di rifiuti: cenno e rinvio

6. Le inchieste principali in tema di rifiuti: comprendere il modus operandi delle consorterie criminal

Non sarebbe, evidentemente, possibile in questa sede passare in rassegna le centinaia di indagini che solo negli ultimi anni hanno riguardato i fenomeni di traffico e smaltimento illecito di rifiuti di varia natura.

Si ritine utile, tuttavia, esaminarne alcuni nella convinzione che essi presentino dei tratti periodici ovvero siano in grado di indicare delle costanti e, di conseguenza, ci diano la misura del reale contesto di riferimento.

Operazione denominata “Ragnatela”

Coordinata dalla Procura della Repubblica di Napoli – Direzione Distrettuale Antimafia: l’attività investigativa, avviata nel gennaio 2011 dal Corpo forestale dello Stato, Comando provinciale di Benevento e Comando Stazione di Montesarchio condotta avvalendosi di intercettazioni telefoniche e video riprese oltre che di diversi servizi d’osservazione e controllo del territorio ha permesso di documentare “l’esistenza di una ramificata rete per l’attività

organizzata dedita al traffico illecito di rifiuti speciali pericolosi, solidi e liquidi tombati nei terreni della località “Stazione”, in agro del Comune di Ceppaloni (BN),”. In particolare gli

uomini del Corpo forestale dello Stato hanno rinvenuto sepolti non meno di 10.000 metri cubi di rifiuti pericolosi sanitari a rischio infettivo - siringhe usate, provette, aghi, flebo- mescolati artatamente dai gestori della discarica abusiva con altri rifiuti speciali provenienti, prevalentemente da cantieri edili della vicina Benevento.

I traffici illegali di rifiuti rappresentano, insomma, uno degli aspetti più critici della globalizzazione e più difficili da contrastare, almeno senza mettere in discussione gli stessi fondamenti del commercio globale. Tra i valori in gioco non bisogna inoltre dimenticare al tutela dell’imprenditoria pulita: non vi è chi non veda come le imprese che si liberano di scarti di produzione rivolgendosi al mercato nero dello smaltimento pratichino una delle più insidiose forme di concorrenza sleale nei confronti delle aziende che, invece, operano nella legalità.

Questa emorragia illegale di scarti destinati oltre confine rappresenta uno dei principali nemici di una delle principali filiere della green economy, quella del riciclo. Tutto questo avviene anche a causa di un sistema di controlli ancora incapace di fronteggiare un assalto così massiccio da parte di vere e proprie organizzazioni eco-criminali.360

360Secondo l’Ufficio Antifrode dell’Agenzia delle Dogane, nel suo contributo a Ecomafia 2011 di Legambiente, “il

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Il procedimento a carico del clan « Belforte »

Si tratta di un procedimento particolarmente significativo, iconografico delle modalità di inserimento della criminalità organizzata di stampo camorristico nel settore dei rifiuti e della progressione criminosa che si è registrata nella condotta di tali consorterie, le quali, dall’esercizio di attività estorsive sono poi approdate alla gestione diretta.

L’inserimento del clan Belforte nel settore produttivo della gestione dei rifiuti ha percorso quattro diverse linee guida, così sintetizzate:

- creazione di società che obbligano piccoli e medi imprenditori artigiani operanti nel casertano all’intermediazione nello smaltimento dei rifiuti, i quali vengono poi conferiti presso ulteriori enti giuridici soltanto formalmente distinti dai primi;

- creazione di società prive di impianti e di struttura (società cartiere),aventi come esclusiva finalità quella di dare luogo ad un giro - carosello - di fatture false;

- creazione di società dotate di adeguati impianti e di idonea struttura, attive nel settore produttivo della gestione dei rifiuti, operanti anche in maniera irrispettosa degli obblighi di legge;

- esecuzione di azioni estorsive in danno dei soggetti produttivi posti al di fuori dell’orbita del clan Belforte, operanti nel casertano nel medesimo settore economico della gestione dei rifiuti.

Indagine cosiddetta « Old Iron »

Nel febbraio del 2010 si è conclusa l’operazione denominata «Old Iron», che ha impegnato gli investigatori in una meticolosa attività che ha consentito di sbaragliare un gruppo malavitoso dedito ad un traffico illecito finalizzato alla gestione di ingenti quantitativi di particolari tipologie di rifiuti speciali.

Sono stati sottoposti a sequestro tre impianti siti in Marcianise, Parete e Frattaminore, ove erano smaltite illegalmente tonnellate di veicoli rottamati.

Questo sconcertante smaltimento di rifiuti ha comportato che la Campania felix, famosa per la sua fertilità, abbia visto il proprio terreno martirizzato, letteralmente seviziato e inquinato per anni e anni in profondità. Le analisi svolte hanno mostrato livelli di diossina 10 volte superiori alle normative ed ai valori riportati nella letteratura scientifica internazionale.

sempre più raffinate, che individua percorsi, canali e destinazioni sempre diverse, in alcuni casi in funzione degli interessi della criminalità organizzata transnazionale e, dall’altro, con le esigenze di scorrevolezza dei traffici di merci, di fondamentale importanza per la crescita e lo sviluppo del Paese”.

177 Venne, di conseguenza, disposto l’abbattimento di 27.800 capi di bestiame, tra ovini e bovini: negli organismi di questi animali furono rinvenute tracce di diossina con valori estremamente pericolosi per il consumo da parte dei cittadini.

Questo è un altro aspetto su cui focalizzare l’attenzione: non bisogna mai tralasciare le conseguenze dello smaltimento illecito: rifiuti tossici usati come ammendante per l’agricoltura, bufale dopate ed abbattute, trasporti di alimenti destinati all’alimentazione umana su mezzi utilizzati contemporaneamente anche per l’edilizia o per il trasporto di rifiuti.

La “questione rifiuti” per come analizzata fino a questo punto ci consente alcune considerazioni conclusive: in prima battuta emerge con forza il rapporto patologico e cronicizzato tra il circuito politico e imprenditoriale e quello criminale ovvero tra i vari “capi clan” e alcuni esponenti di spicco dell’imprenditoria e della pubblica amministrazione per la gestione dei rifiuti a carattere sia locale che transregionali.361

Un’altra conclusione cui si può giungere è la sconfortante egemonia della regione Campania con riferimento alle infrazioni ambientali accertate ed alle conseguenti, ormai strutturali, patologizzazioni del territorio dove, in particolare, il cartello dei cd. “casalesi”, per oltre trenta anni ha fatto del «sistema rifiuti» una delle principali fonti di arricchimento.

Tutto ciò emerge, altresì, allegoricamente da un approfondimento tecnico condotto da un autorevole geologo toscano, Giovanni Balestri, per conto della Procura di Napoli che ha rivelato come tutta la zona a nord di Napoli, un tempo fertilissima ed incontaminata, attualmente ancora utilizzata per la produzione agricola – attraverso l’avvenuta predisposizione da parte della criminalità organizzata di discariche abusive in quell’ambito territoriale ed al confine con la provincia di Caserta, nei comuni di Giugliano, Parete, Villaricca, Qualiano, Villa Literno – patisca un gravissimo inquinamento che raggiungerà, secondo le stime del consulente, nel 2064 il culmine di incidenza negativa realizzandosi in pieno la precipitazione nella falda acquifera del percolato e di altre sostanze tossiche derivanti dalle migliaia di tonnellate di rifiuti speciali, solidi urbani e speciali pericolosi sversati, almeno dalla seconda metà degli anni ottanta, da varie aziende del settore controllate dalle organizzazioni camorristiche.

Medesime previsioni possono farsi anche con riferimento alla provincia orientale di Napoli, dove la criminalità organizzata locale ha per anni martoriato il territorio, in special modo dell’agro nolano, al punto da indentificare i comuni di Nola, Acerra e Marigliano come il «triangolo della morte».

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Emblematico è il caso dell’interlocuzione tra Gaetano Cerci - pregiudicato del clan Bidognetti - ed il noto Licio Gelli negli anni 90, che instaurarono una profonda relazione delinquenziale che consentì per anni sistematicamente il trasferimento di sostanze altamente tossiche da altre regioni italiane a Caserta.

178 Queste organizzazioni hanno trasformato un’attività che inquina e avvelena le nostre (e le loro stesse) terre causando danni irreversibili al patrimonio ambientale ma anche alla salute di migliaia di cittadini nel loro core business: attraverso lo smaltimento illecito si ottiene il controllo e la gestione di centinaia di discariche illegali che espongono per decenni a sostanze tossiche migliaia di persone.362

Attuali e pregnanti ricostruzioni investigative hanno potuto inoltre verificare una diversa morfologia dei clan sotto il profilo della proiezione estorsiva territoriale afferente il controllo di fatto della gestione del ciclo dei rifiuti. Infatti è stato accertato il fenomeno delle estorsioni in danno dei gestori degli appalti per la raccolta dei rifiuti solidi urbani operato tramite l’intimidazione effettuata con il sistematico incendio dei cassonetti: i clan arrivano a richiedere fino a diecimila euro al mese, proporzionalmente all’importo oggetto dell’appalto vinto. 363 Una prima, possibile, soluzione per tentare di arginare queste derive negative legate all’acquisizione di soldi pubblici da parte delle organizzazioni criminali potrebbe individuarsi nel potenziamento e perfezionamento degli strumenti di controllo preventivo sulle ditte aggiudicatrici di appalti pubblici attraverso l’imposizione di protocolli che rendano effettivo il monitoraggio dei flussi economici provenienti dai fondi pubblici e diretti alle ditte aggiudicatane.

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Recenti indagini, in particolare, hanno acclarato la presenza di notevoli quantità di amianto e residuati chimici al di sotto del massetto stradale della Statale 268, strategica via di fuga delle popolazioni ivi abitanti in caso di eruzione del Vesuvio. Lo sversamento abusivo di rifiuti di ogni tipo è emerso, altresì, nel corso della cd. Operazione Nolo al termine della quale in data 30 gennaio 2012 personale della Direzione Investigativa Antimafia e della compagnia Carabinieri di Nola ha dato esecuzione a provvedimenti cautelari personali e reali nei confronti di soggetti indagati per le infiltrazioni camorristiche nell’appalto per la realizzazione di una strada a scorrimento veloce per il collegamento del Vallo di Lauro con l’autostrada Caserta – Salerno (A30) affidato dalla Vallo di Lauro Sviluppo SpA ad Impresa s.p.a, con specifico riferimento al tratto ricadente nel comune di Palma Campania. Dalla Relazione trasmessa dalla Direzione investigativa antimafia contenuta nella Relazione territoriale sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti nella Regione Campania approvata dalla Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti nella seduta del 5 febbraio 2013.

363 Si riportano alcuni passaggi dell’audizione da parte della Commissione parlamentare di inchiesta sui rifiuti di

Maurizio Vallone, capocentro DIA di Napoli audito nel corso della missione effettuata nell’ottobre 2012 in Campania contenuta nella Relazione territoriale sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti nella Regione Campania approvata dalla Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti nella seduta del 5 febbraio 2013: «Intercettazione recentissime ci dimostrano come la maggior parte, se non tutte, le ditte che si occupano della raccolta dei rifiuti solidi urbani nei vari comuni siano sottoposte ad attività estorsiva da parte della criminalità organizzata della zona, con tariffe che vanno di 3.000 ai 10.000 euro mensili a seconda dell’importanza dell’appalto. L’intimidazione avviene con gli incendi dei cassonetti, fatto che può sembrare assolutamente banale, ma che comporta, per una ditta che si occupa della raccolta di rifiuti, un costo enorme. Il costo di un solo cassonetto è, infatti, estremamente alto in relazione al valore dell’appalto. Un ruolo estremamente importante, soprattutto di prevenzione, in questo settore – prima si indicavano proprio i controlli come un possibile elemento di deterrenza di questa situazione – è data dalle attività di preventiva antimafia svolte dai gruppi interforze presso le prefetture. I protocolli di legalità stipulati ormai in maniera sistematica sia a Napoli sia a Caserta attraverso le stazioni uniche appaltanti, stanno facendo sì che un appaltatore debba obbligatoriamente, così come anche da previsione legislativa, aprire un conto corrente dedicato all’appalto su cui confluiscono tutti i soldi provenienti dall’appaltatore e da cui è possibile verificare tutte le uscite economiche verso fornitori e subappaltatori, che chiaramente sono autorizzati» L’audito ha sottolineato come, nonostante gli accorgimenti adottati, vi siano gradi difficoltà nell’effettuare il monitoraggio dei conti correnti.

179 Tale effettività è possibile solo attraverso la realizzazione dei conti unici dedicati accesi dalle ditte e dai relativi sub appaltatori all’interno dei quali vengano riversati i soldi pubblici derivanti dall’appalto ed effettuate le spese relative alla gestione dell’appalto stesso.

7. Il traffico internazionale: i paesi recettori di monnezza.

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