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La tutela dell’ambiente nell’ordinamento interno: il “Testo Unico” quale tentativo di sistemazione della materia.

Mai come nella materia dei rifiuti è possibile registrare una singolare ostinazione nel susseguirsi di diversi interventi legislativi tesi alla spasmodica ricerca di soluzioni adeguate alla risoluzioni delle problematiche. Il D.P.R. 10 settembre 1982 n. 915,73 da subito oggetto di ripetuti interventi correttivi, il Decreto Legislativo 5 febbraio 1997, n. 2274 che dette attuazione delle direttive

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Esemplificando, nel caso forse più frequente di gestione abusiva di rifiuti non pericolosi (art. 256, co. 1, lett. a) il soggetto apicale potrà “chiudere” la sua vicenda penale pagando 13.000 euro a titolo di oblazione, o magari potrà tentare la via statisticamente non impossibile della prescrizione della contravvenzione; mentre l’ente rischierà una sanzione amministrativa pecuniaria da 25.800 a 387.250 euro, senza possibili vie di fuga quali l’oblazione o la prescrizione. La nuova disciplina dovrebbe dunque spingere le aziende a dotarsi di efficaci modelli di prevenzione dei reati ambientali, al fine di evitare prevedibili notevoli costi di “gestione” del rischio penale. Il condizionale dipende dall’immobilismo che ha caratterizzato la gran parte delle Procure italiane nell’affrontare la affine responsabilità degli enti da lesioni gravi e omicidi colposi”. Così C. Ruga Riva, Il Decreto Legislativo di recepimento delle Direttive comunitarie sulla tutela penale dell’ambiente: nuovi reati, nuova responsabilità degli enti da reato ambientale, cit., p. 17.

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DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 10 settembre 1982, n. 915 Attuazione delle direttive (CEE) n. 75/442 relativa ai rifiuti, n. 76/403 relativa allo smaltimento dei policlorodifenili e dei policlorotrifenili e n. 78/319 relativa ai rifiuti tossici e nocivi. (GU n.343 del 15-12-1982).

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32 91/156/CEE sui rifiuti, 91/689/CEE sui rifiuti pericolosi e 94/62/CE sugli imballaggi e sui rifiuti di imballaggio ed il D. M. 25 ottobre 1999, n. 47175 in materia di bonifica e ripristino ambientale dei siti inquinati sono solo tasselli di un mosaico estremamente articolato.

Più in generale, la “questione ambientale” a far data dalla seconda metà degli anni ’70 è stata affrontata in maniera sempre più energica come testimoniato dalla mole di interventi a tutela degli elementi fondamentali costituenti l’ambiente e come, del resto, si è potuto constatare in tutti gli altri paesi appartenenti all’occidente industrializzato.

La legge istitutiva del Ministero dell’Ambiente76

individuava tra i suoi compiti quello della “promozione, conservazione e recupero delle condizioni ambientali conformi agli interessi della

collettività ed alla qualità della vita, nonché la conservazione e la valorizzazione del patrimonio naturale nazionale e la difesa delle risorse naturali dall’inquinamento” lasciando trasparire

come l’ambiente fosse da considerarsi, al contempo, diritto fondamentale della persona ed interesse della collettività.77

La tutela penale dell’ambiente78

nel nostro sistema è frutto di un impianto estremamente composito e disorganizzato - uno degli ultimi interventi in materia sì è avuto con la Legge 22 maggio 2015, n. 68 recante Disposizioni in materia di delitti contro l'ambiente;79 Il provvedimento in esame, sul cui oggetto e le cui novità saranno oggetto di trattazione diffusa in seguito, trae origine da un testo risultante dall’unificazione dei disegni di legge di iniziativa parlamentare A.C. 342 (Realacci), A.C.957 (Micillo) e A.C.1814 (Pellegrino).80

75 D. M. 25 ottobre 1999, n. 471: “Regolamento recante criteri, procedure e modalità per la messa in sicurezza, la

bonifica e il ripristino ambientale dei siti inquinati, ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, e successive modificazioni e integrazioni”.

76 Legge 8 luglio 1986, n. 349.

77 Per Antolisei esso è “il complesso degli elementi che caratterizzano l’habitat dell’uomo venendo incontro ai suoi

interessi sia materiali che spirituali” in Antolisei, Manuale di diritto penale. Leggi complementari II, Milano, 2008, pag. 416. In giurisprudenza esso è considerato “un insieme, che pur comprendendo vari beni e valori, quali la flora e la fauna, il suolo e l’acqua, si distingue ontologicamente da questi in quanto si identifica in una realtà priva di consistenza materiale, ovvero in un contesto senza forma” - Cass. Civ., 9 aprile 1992, n. 4362, in Giust. Civ. Mass., 1992, fasc. 4 - ovvero il contesto delle risorse naturali e delle stesse opere più significative dell’uomo protette dall’ordinamento perché la loro conservazione è ritenuta fondamentale per il pieno sviluppo della persona. L’ambiente è una nozione, oltre che unitaria, anche generale, comprensiva delle risorse naturali e culturali, veicolata nell’ordinamento italiano dal diritto comunitario, Cass. pen., sez. III, 15 giugno 1993, in Cass. pen., 1995, pag. 1936.

78 Per una rassegna completa sul tema si veda F. Giunta, Il diritto penale dell’ambiente in Italia: tutela di beni o

tutela di funzioni?, in Rivista italiana di diritto e procedura penale, Milano, 1997, pag 1100; M. Pelissero (a cura di), Reati contro l’ambiente e il territorio, Trattato teorico-pratico di Diritto Penale, Torino, 2013, passim; C. Ruga Riva, Diritto Penale dell’Ambiente, Torino, 2013, passim.

79 Testo e documentazione consultabili sul sito www.senato.it

80 Dell’introduzione di un titolo dei «delitti contro l’ambiente» nel codice penale si discute ormai da tempo; per il

dibattito in dottrina si veda: V. Fimiani, Delitti ambientali: qualcosa si muove, in Rifiuti. Bollettino di informazione normativa, Luglio 2007, pag. 2 e segg; L. Ramacci, Introduzione nel codice penale dei delitti contro l’ambiente.

33 Con lo scopo dichiarato di porre mano alla legislazione ambientale onde renderla organica e razionale, veniva promulgata la Legge 15 dicembre 2004, n. 308;81 come sottolineato da più parti si trattò di una vera e propria delega in bianco che originò un nutrito numero di critiche.82 Nonostante le indicazioni della legge delega in realtà poco o nulla è dato sapere sulle modalità attraverso le quali si è giunti alla redazione del testo unico ambientale.83 Le polemiche possono sintetizzarsi in quanto espresso dal WWF in una lettera aperta dove si legge “i documenti

deliberatamente non vengono fatti circolare, con confronti che vogliono dare l’illusione del confronto e che affrontano solo i temi generali mentre altri in segreto lavorano su articoli e commi. A 9 mesi dall’approvazione della legge delega ambientale solo pochi privilegiati hanno potuto vedere e studiare i testi di riforma predisposti dal Ministero dell’Ambiente. Le Camere hanno ricevuto informazioni generiche e formali, le consultazioni con le Associazioni Ambientaliste (obbligatorie per disposizione della stessa legge delega) di fatto non esistono. Gli stessi 24 “saggi” voluti dal Ministero dell’Ambiente come propria commissione consultiva, non sono stati coinvolti nella stesura materiale dei testi.”84 La relazione illustrativa di accompagnamento, ad ogni modo, evidenziava negli intenti l’adozione di particolari strategie ovvero: l’accorpamento delle disposizioni concernenti settori omogenei di disciplina; l’integrazione nei vari disposti normativi della pluralità di previsioni precedentemente disseminate in testi eterogenei; l’abrogazione espressa delle disposizioni non più in vigore. Il tentativo di sistemazione sfociò nel D. Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, cosiddetto Testo Unico dell’ambiente o Codice Ambientale85

dal momento che regola organicamente i principali istituti, le discipline ed i settori della tutela ambientale anche se formalmente non si tratta di un autentico testo unico non essendovi ricompresa la trattazione di alcune materie (es. inquinamento acustico, ogm).

Ricordi e una proposta, in Rapporto Ecomafia 2007, reperibile in www.lexambiente.it.; A.L. Vergine, Sui «nuovi» delitti ambientali e sui «vecchi» problemi delle incriminazioni ambientali (parte I e II), in Ambiente & Sviluppo, 2007, n. 8, pag. 677 e segg., e n. 9, pag. 777 e seg.

81 Delega al Governo per il riordino, il coordinamento e l’integrazione della legislazione in materia ambientale e

misure di diretta applicazione.

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Le materie oggetto di intervento erano: a) gestione dei rifiuti e bonifica dei siti contaminati; b) tutela delle acque dall’inquinamento e gestione delle risorse idriche; c) difesa del suolo e lotta alla desertificazione; d) gestione delle aree protette, conservazione e utilizzo sostenibile degli esemplari di specie protette di flora e fauna; e) tutela risarcitoria contro i danni all’ambiente; f) procedure per la valutazione di impatto ambientale (VIA), per la valutazione ambientale strategica (VAS) e per l’autorizzazione ambientale integrata (IPPC); g) tutela dell’aria e riduzioni delle emissioni in atmosfera.

83 Suscitava inoltre polemiche è curiosità la votazione predisposta on line su un testo così complesso da parte dei 24

saggi costituenti la commissione istituita in ossequio alla legge delega.

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Riserve della stessa natura e critiche per la mancata collaborazione venivano espresse dal Presidente della Conferenza Stato-Regioni.

85 Il D. Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, si occupa unicamente – e comunque non in modo completo – di disciplinare le

materia di rifiuti, acqua e suolo, dovendosi rimandare per gli altri beni oggetto di tutela ad altre e separate normative.

34 Il testo si compone di 318 articoli, 47 allegati ed è articolato in sei parti: la prima contiene disposizioni comuni, la seconda disciplina le procedure per la valutazione ambientale strategica e per l’autorizzazione integrata; la terza riguarda la difesa del suolo e la lotta alla desertificazione, la tutela delle acque dall’inquinamento e la gestione delle risorse idriche; la quarta tratta la gestione dei rifiuti e la bonifica dei siti contaminati, la quinta disciplina la tutela dell’aria e la riduzione delle emissioni in atmosfera e la sesta dispone sulla tutela risarcitoria contro i danni all’ambiente (molte altre fattispecie sono situate all’interno del codice penale, perlopiù frutto di elaborazioni giurisprudenziali tese ad ampliare il significato di una singola condotta fino a farvi ricomprendere i contegni offensivi più in generale il bene ambiente). Il quadro di tutela che emerge è quanto mai variegato potendosi individuare tre interessi tutelati: la qualità dell’ambiente, la salute umana e gli usi legittimi dell’ambiente (economici, agricoli etc), essendo rimessa alla singola fattispecie l’individuazione di quello che è il bene giuridico concretamente protetto; occorre altresì sottolineare come lo scopo della complessa normativa tracciata ben possa divergere con gli scopi di tutela assegnati al diritto penale, il quale, come noto, potendo limitare la libertà dei cittadini, deve limitarsi a fronteggiare le manifestazioni più gravi di offesa a bene tutelato.

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