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Sezione IV: Le principali fattispecie sanzionatorie in tema di rifiuti 4.1 Il traffico illecito di rifiuti: cenno e rinvio

2. I numeri delle ecomafie

Dopo aver trattato delle diverse componenti della questione rifiuti nel nostro paese, aver osservato le evoluzioni a livello interno e sovranazionale della tutela ambientale e la sempre crescente attenzione verso i fenomeni delittuosi che fanno dei rifiuti il loro core business, quest’ultima parte del lavoro si propone un taglio marcatamente diverso, al limite del saggio, una sorta di esplorazione virtuale all’interno del circuito criminale per tentare di comprendere i concreti funzionamenti di ogni singolo anello della catena che compone l’imponente macchina del traffico e smaltimento illecito di rifiuti.

Si tenterà, inoltre, di evidenziare le caratteristiche dei personaggi e le modalità concrete attraverso cui tutti i protagonisti coinvolti entrano in contatto: a parere di chi scrive, infatti, la “conoscenza del nemico” dovrebbe porsi quale base di partenza per qualsiasi strategia politico- criminale che si auguri un minimo di efficacia deterrente.

Il fenomeno ha un nome, “ecomafia”: nella lingua italiana, un neologismo coniato dall'associazione ambientalista italiana Legambiente per indicare le attività illegali delle organizzazioni criminali, generalmente di tipo mafioso, che arrecano danni all'ambiente. La definizione deriva, tuttavia, da un linguaggio giornalistico quasi sempre riferito a settori particolari della tutela ambientale, che richiama le attività gestite illegalmente dalla criminalità organizzata, in rapporto al contesto ambientale, con particolare riferimento allo smaltimento dei rifiuti;

i numeri dell’impresa vengono sovente offerti dagli studi statistici condotti dalle associazioni di tutela ambientale maggiormente dedite alla osservazione e repressione del traffico illecito di rifiuti unitamente alle elaborazioni fornite dalle forze di polizia giudiziaria che già nel 2005 - e con riferimento quindi alla vigenza della vecchia formulazione del delitto così come tracciata dal decreto Ronchi - vedevano 40 inchieste che, dal 2002, contestavano il delitto di organizzazione di traffico illecito di rifiuti, 251 persone arrestate, 817 denunciate, mentre 247 erano le aziende coinvolte in ben 19 regioni.328

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Nel 2004 sono state accertate 4.073 infrazioni, più di 11 al giorno, mentre sono stati effettuati 1.702 sequestri, circa 5 al giorno. Il 38,3% delle violazioni è stato riscontrato nelle quattro regioni a tradizionale presenza mafiosa, ovvero Campania (che guida la classifica delle regioni, con 550 reati, pari al 13,5% del totale nazionale), Puglia (seconda con 498 infrazioni, il 12,2% del totale), Calabria e Sicilia. Dal rapporto di Legambiente sui dati dell’ecomafia del 2005.

155 Nel rapporto dell’associazione Legambiente, datato 2011,329

si osserva la crescita esponenziale del fenomeno condensato nella duplicazione dei numeri e nell’aggiunta, accanto al traffico illecito di rifiuti in Italia, del traffico internazionale: “I rifiuti sequestrati solo in 12 delle 29

inchieste per traffico illecito messe a segno dalle forze dell’ordine nel 2010, sono 2 milioni di tonnellate. Una montagna enorme di immondizia e rifiuti tossici, che per essere trasportata avrebbe bisogno di 82.181 tir, che incolonnati fanno 1.117 chilometri, più o meno da Reggio Calabria a Milano. Una strada impressionante eppure ancora sottostimata, perché i quantitativi sequestrati sono disponibili per meno della metà delle inchieste ma anche perché, com’è noto, viene normalmente individuata solo una parte delle merci trafficate illegalmente” fa notare

l’associazione ambientalista.

Se si aggiungono i circa 6.000 illeciti accertati relativi al ciclo dei rifiuti, si registra più o meno un reato ogni 90 minuti.

Gli studi statistici svelano, con ogni evidenza, come tra gli affari più redditizi per i gruppi malavitosi, specie collocati nel sud del paese, vi sia l’illecita costruzione e gestione delle discariche di R.S.U., la raccolta dei rifiuti urbani e il traffico organizzato dei rifiuti speciali, talvolta anche speciali pericolosi per la salute dell’uomo e per l’ecosistema in genere.

Attualmente, sulla base di stime investigative, il “Sistema Rifiuti” illecitamente gestito dalla criminalità organizzata si posiziona al quarto posto della graduatoria degli affari illegali, subito dopo il narcotraffico, il traffico di armi ed il riciclaggio.330

Non bisogna trascurare un importante mutamento nella morfologia della criminalità organizzata attuale non più “rozza” come un tempo: essa oggi si giova di esperti in campo economico in grado di individuare sempre nuovi business; a questo ultimo proposito si è, ad esempio, osservato un crescente interessamento alle energie rinnovabili: sono numerose le investigazioni e gli atti giudiziari che segnalano uno stretto rapporto tra le cosche malavitose ed una quota parte della Green Economy (fonti energetiche alternative provenienti dall’eolico, dal fotovoltaico, dalle biomasse, dai rifiuti, ecc.).

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Il Rapporto Legambiente del 2011 attribuisce, poi, rilevanza alla modifica al codice di procedura penale a seguito del nuovo assetto di competenze configurate dall’art. 11 l. 13 agosto 2010, n. 136, perché nelle ipotesi di contestazione del delitto di attività organizzate del traffico di rifiuti previsto dall’art. 260 d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 le funzioni inquirenti sono state attribuite all’ufficio del pubblico ministero presso il tribunale del capoluogo del distretto nel cui ambito ha sede il giudice competente. Si veda inoltre Grasso P., Le storie e i numeri della criminalità ambientale, introduzione in Rapporto Ecomafie, in Edizione Ambiente, 2011.

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Dato tratto da S. Costa, Nuove forze in campo contro l’ecomafia, Il Corpo forestale dello Stato entra a far parte della Direzione Investigativa Antimafia. La naturale evoluzione dei compiti di istituto verso i nuovi confini della criminalità organizzata, in Il Forestale, 2012, 71 pag. 5 e ss. Nell’articolo si osserva che “i Rifiuti Solidi Urbani prodotti annualmente in Italia ammontano a poco più di 32,5 milioni di tonnellate. Dallo studio dei Modelli Unici di Dichiarazione – MUD – depositati dalle aziende, si rinviene che i rifiuti speciali, sempre a livello nazionale, sono 138,4 milioni di tonnellate su base annua. Gli atti giudiziari e le operazioni di polizia condotte ci dicono che il dato MUD è parzialmente significativo, in quanto non risulterebbero circa 30 milioni di tonnellate di rifiuti speciali ordinari e pericolosi.”

156 Tutto ciò rivela una, evidentemente ambigua, connessione tra i grossi gruppi imprenditoriali ed i clan i quali, puntando altresì sulla tradizionale forza intimidatoria unitamente alla prospettiva di ingenti guadagni, moltiplicano i loro introiti economici avvalendosi, come sovente accertato, anche di sovvenzionamenti pubblici ottenuti con la connivenza con i pubblici funzionari.

Alla staticità di una inerme politica fa da contraltare il dinamismo degli ecocriminali, come attestato, ancora una volta, dai dati del rapporto Ecomafia dell’associazione legambiente.

Non deve illudere il calo dei reati accertati nel 2013, ovvero 29.274 (in flessione di circa 14% rispetto all’anno prima), merito soprattutto del crollo degli incendi boschivi. Né, tantomeno, la leggera contrazione del business che, pur sceso di circa 1,5 miliardi di euro, si attesta comunque alla considerevole cifra di quasi 15 miliardi, in particolare, 14,9: la responsabilità è da individuarsi prevalentemente nella minore circolazione di soldi pubblici nelle quattro regioni a tradizionale presenza mafiosa, che contrae sì l’acqua sporca dove si muovono i clan, ma riduce, al contempo, i servizi in favore della collettività.331

La conferma che non vi sia alcun decremento dell’economia mafiosa discende dall’osservazione delle entrate negli altri settori “roccaforte” che caratterizzano l’azione ecocriminale (ciclo del cemento e dei rifiuti, agroalimentare, racket animali e archeomafia) che rimane sostanzialmente identico, con un volume d’affari di ben 9 miliardi.

Dopo essersi radicate nei territori di origine e poi nel resto del paese una pericolosa deriva vede il sistema mafioso infiltrarsi negli ambienti delle pubbliche istituzioni originando una drammatica commistione che rischia di sfumare i contorni tra la figura istituzionale e quella del criminale. Nel 2013 le amministrazioni comunali sciolte per condizionamento mafioso sono state 16 a cui vanno sommate le 5 del 2014 (aggiornamento al 10 aprile): dal 1991 ad oggi il totale di amministrazioni commissariate si attesta così a quota 248. Quasi sempre l’ombra delle cosche si è allungata sulla gestione del territorio, principalmente nei settori del cemento e dei rifiuti.

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Dati tratti dal Rapporto Ecomafia, Le storie e i numeri della criminalità ambientale 2014 di Legambiente, Edizioni Ambiente. È da segnalare il deciso incremento dei reati accertati dalle Capitanerie di porto, ben 11.139, seguite dal Corpo forestale dello stato, 10.201, dalla Guardia di finanza, 2.061, dai Corpi forestali delle regioni a statuto speciale, 2.625, dalle 30 Polizie provinciali. Nelle quattro regioni a tradizionale insediamento mafioso (Campania, Puglia, Calabria e Sicilia) sono stati commessi quasi il 47% degli ecocrimini (ancora in crescita rispetto al 2012, quando era del 45,7%), a sottolineare il ruolo tutt’altro che marginale delle famiglie mafiose nel controllo del territorio. È la Campania, come ogni anno, la regina assoluta della classifica per numero di reati ambientali, avendone qui contati ben 4.703, raggiungendo da sola più del 16% di quanto è stato accertato in tutto il paese; questa regione mantiene pure il poco invidiato record di persone denunciate, 4.072, di arresti, 51, e di sequestri effettuati, 1.339. Seguono la Sicilia con 3.568 reati accertati, la Puglia con 2.931, la Calabria con 2.511. Il Lazio è la regione del Centro Italia con più ecocrimini, con 2.084 reati, 1.828 denunce, 507 sequestri e 6 arresti, subito dopo la Toscana con 1.989 infrazioni e la Sardegna con 1.864. La prima regione del Nord è la Liguria con 1.431 reati, seguita da vicino dalla Lombardia, dal Veneto e dall’Emilia Romagna.

157 Il palcoscenico degli attori che riveste un ruolo fondamentale nelle diverse forme di aggressione al bene ambiente è, tuttavia, sempre stato affollato da una vera e propria imprenditoria ecocriminale che si avvale di professionisti e funzionari pubblici corrotti, colletti bianchi, banchieri, uomini politici ed esponenti istituzionali;

la corruzione in campo ambientale è proprio uno dei tratti maggiormente rappresentativi delle nuove modalità di rapina al territorio: agevolata anche da una legislazione articolata e spesso ambigua, che poggia su un apparato burocratico chiamato a valutarne il rispetto e la coerenza che, nei fatti, si è rivelato assai permeabile alle pratiche corruttive, la criminalità organizzata ha potuto, nel tempo, sfruttare le contingenze favorevoli legate alla collusione con i pubblici apparati: la stessa Avvocatura dello Stato ha incidentalmente potuto constatare nei procedimenti in cui ha avuto modo di costituirsi parte civile per la Presidenza del Consiglio dei Ministri, per il Ministero dell’ambiente e per la struttura commissariale, la fitta trama di intrecci sottesi al profitto che i clan camorristici (soprattutto nell’area casertana332

) hanno posto in essere, del tutto incuranti del disastro ambientale che andavano a concretizzare e di tutte le inevitabili conseguenze che ne derivavano per la salute pubblica.333

La criminalità organizzata non è, lo si ribadisce, solo quella che sfacciatamente sfida le istituzioni ed intimorisce i cittadini; essa ha intuito le enormi potenzialità di rivestire i panni del libero imprenditore che entra in contatto con la pubblica amministrazione, contraente dotato di altissima affidabilità e solvibilità nei pagamenti.

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