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Sezione IV: Le principali fattispecie sanzionatorie in tema di rifiuti 4.1 Il traffico illecito di rifiuti: cenno e rinvio

6. Il complesso inquadramento del bene giuridico

Il tema del bene giuridico tutelato nel delitto di attività organizzate per il traffico illecito non risulta di agevole individuazione: si contrappongono, infatti, diversi orientamenti;

un primo colloca la fattispecie nel novero di quelle lesive della pubblica incolumità ciò anche supportato dalla constatazione che i diversi progetti di legge tesi ad introdurre la materia ambientale nel codice penale individuano la sede più opportuna nel Titolo VI dedicato, appunto, alla incolumità pubblica.278

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La Corte costituzionale ha avuto modo anche in seguito di pronunciarsi sul medesimo tema: si veda, per tutte, sentenza n. 247/1997. Sul punto si è espressa anche la Suprema Corte di Cassazione, cfr Sez. 3, Sentenza n. 358 del 20/11/2007 Cc. (dep. 08/01/2008 ) in Ced Cass. Rv. 238558 “È manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 53 bis D.Lgs. n. 22 del 1997, ora art. 260 del D.Lgs. n. 152 del 2006, per violazione dell'art. 25 Cost. sul presupposto dell'asserita indeterminatezza del concetto di "ingente quantità di rifiuti", essendo al contrario senz'altro possibile definire l'ambito applicativo della disposizione tenuto conto che tale nozione, in un contesto che consideri anche le finalità della norma, va riferita al quantitativo di materiale complessivamente gestito attraverso una pluralità di operazioni, anche se queste ultime, considerate singolarmente, potrebbero essere di entità modesta.”

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Cfr S. Maglia, Gestione rifiuti: cenni sull’apparato sanzionatorio nel D.Lgs 152/2006, in Rifiuti, 2008, 7, pag. 632. Per la giurisprudenza si veda Cass. Sez. III Sent. N. 25992 del 9.04.2004 “un sostanziale implicito riferimento alla lesione o messa in pericolo della pubblica incolumità, che in ragione appunto della sua entità e della aggressione ambientale connessavi, l’organizzata attività di gestione deve determinare per integrare il delitto”. La prima sentenza della Corte di Cassazione, che ha qualificato il reato in esame come reato posto a tutela della pubblica incolumità risale al 2004. In tale occasione, riferendosi all’art. 53-bis del cd. Decreto Ronchi, predecessore

129 L’esperienza applicativa dei delitti contro l’incolumità è condizionata dalla progressiva espansione e dalla crescente importanza assunta dalla legislazione complementare ed accessoria che si interseca con la disciplina codicistica. E’ possibile ricavare l’interesse tutelato dall’art. 260 d.lgs.152/2006 riconoscendo la valenza di attività di pubblico interesse alla gestione dei rifiuti, da svolgersi in modo da assicurare un’elevata protezione dell’ambiente e controlli efficaci. Nella condotta delittuosa oggetto del lavoro, la tutela dell’incolumità pubblica viene valutata tenendo conto della nozione evolutiva del bene ambiente la lesione del quale incide sulla sicurezza della vita e l’integrità della salute delle persone.

Un secondo orientamento individua nella norma la massima tutela del bene ambientale inteso nella sua più ampia accezione:279 in questo senso non si rinuncia alla salvaguardia della pubblica incolumità ma se ne sostiene la sua intima connessione con l’ambiente che, data la natura superindividuale, non può che riguardare la sfera giuridica di più soggetti.280

Anche secondo la Suprema Corte di Cassazione il bene giuridico non è da individuarsi “solo” nella tutela della pubblica incolumità, ma la messa in pericolo della stessa attiene certamente, sia pure non ontologicamente ed in modo indiretto, al bene giuridico ambiente. Così “la minaccia di

un grave danno ambientale o lo stesso danno ambientale, non sono presenti in modo oggettivo ed assoluto, ma, eventualmente, possono accedere alle attività del colpevole, sicché non costituiscono condizioni di punibilità, dovendo essere (come conseguenze eventuali del reato), accertati caso per caso. Il fatto che il legislatore preveda la riduzione in ripristino e la eliminazione del danno o del pericolo per l’ambiente nel d.lgs. 22/1997, art. 53-bis, comma 4, non trasforma il reato in reato di danno o di pericolo concreto e non riduce le sanzioni amministrative in un obbligo automatico per il giudice. Opportunamente il legislatore introduce la clausola se possibile”.281 Ciò non toglie, tuttavia, che il reato in questione riguardi anche l’interesse ad uno svolgimento efficace della P.A. preposta ai controlli e all’esercizio delle funzioni ad essa spettanti.

In base a questa lettura del reato parrebbe lecito ipotizzarne la plurioffensività aggiungendo alla tutela dell’ambiente e della pubblica incolumità anche “la protezione dell’interesse ad uno

della norma oggi in esame, la Corte ha affermato che la norma esprime “un sostanziale implicito riferimento alla lesione o messa in pericolo della pubblica incolumità, che l’organizzata attività di gestione deve determinare per integrare il delitto, in ragione della sua entità e della aggressione ambientale connessavi”. Cass. Pen., sez. III, sent. N. 30373/2004.

279 Per C. Ruga Riva il bene giuridico protetto è da individuarsi nell’ambiente non già nella pubblica incolumità

atteso che le attività oggetto di incriminazione per la loro stabilità e per la pluralità di operazioni illecite sono astrattamente idonee ad offenderlo, in Diritto Penale dell’Ambiente, Torino, 2013, pag. 150.

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Non è mancato un ulteriore orientamento secondo il quale il reato avrebbe natura plurioffensiva e oltre a riguardare la pubblica incolumità ed il bene ambiente si occuperebbe anche di tutelare l’efficace e regolare svolgimento dell’azione della Pubblica Amministrazione, così L. Ramacci, Delitto di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti: nuovi chiarimenti dalla Corte di Cassazione, cit. pag. 186.

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svolgimento ordinato, decoroso ed efficace della pubblica amministrazione preposta ai controlli ed all’esercizio delle funzioni attinenti la programmazione e l’organizzazione della gestione dei rifiuti”. Non va taciuto, inoltre, come vi siano buoni motivi per ritenere che la norma in

questione sia posta a presidio non solo dell’ambiente e dell’incolumità pubblica, ma altresì – e soprattutto – dell’ordine pubblico (ammesso che sia possibile individuare un discrimen tra gli stessi, considerati i labili confini del bene ”ordine pubblico”, che, laconicamente, Karl Binding definiva “Ruppelkammer von Begriffen” ovvero “ripostiglio di concetti”).

Quest’ultima tesi poggia le basi su alcune considerazioni difficilmente opinabili: la minuziosità nella descrizione della condotta, 282 il dolo specifico del profitto e l’assoluta assenza di riferimento all’eventuale messa in pericolo del suolo, ovvero della salute umana, unitamente all’assenza di criteri per coordinare la nozione di “ingente quantità” con la natura radioattiva dei rifiuti, da cui discende un aggravamento di pena farebbero propendere per la riconduzione della fattispecie quale mero reato di azione.

In relazione alla finalità specifica che accompagna l’elemento psicologico la condotta paleserebbe una pericolosità di per sé sufficiente a giustificare l’incriminazione nella forma del delitto: specularmente a quanto si registra nell’associazione a delinquere ex art. 416 c.p. dove l’ordine pubblico risulta minacciato dall’accordo finalizzato alla commissione di più delitti da parte di tre persone, nell’art. 260 t.u.a. viene ritenuta sufficientemente pericolosa la condotta di uno o più soggetti che si organizzano, attraverso strutture continuative stabili, per gestire illecitamente una quantità ingente di rifiuti, allo scopo di trarne un ingiusto profitto.

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