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Sezione I: la “materia” rifiuti nell’ordinamento interno

1.5 Ultime novità legislative in tema di rifiuti: la combustione illecita

Con Legge 6 febbraio 2014, n. 6175 convertendo il Decreto Legge 10 dicembre 2013, n. 136176 il Parlamento ha voluto affrontare, tendando di risolverla, una problematica in realtà assai radicata,

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Si richiama a tal proposito il parere originariamente espresso dalla S.C. nella rel. n. III/03/2011, ove si legge che “il far dipendere l’entrata in vigore di alcune disposizioni operative fondamentali per l’avvio del sistema di tracciabilità dei rifiuti (art. 188, 188-bis, 188-ter, 189, 190 e 193) dal giorno successivo alla scadenza del termine previsto dal D.M. 17 dicembre 2009, ha determinato un sostanziale sovvertimento della gerarchia delle fonti, in quanto si demanda ad una fonte secondaria (il D.M. 17 dicembre 2009), il dies a quo per l’applicazione delle fattispecie, alcune aventi rilevanza anche penale”.

174 Articolo 192 Divieto di abbandono 1. L'abbandono e il deposito incontrollati di rifiuti sul suolo e nel suolo sono

vietati. 2. è altresì vietata l'immissione di rifiuti di qualsiasi genere, allo stato solido o liquido, nelle acque superficiali e sotterranee. 3. Fatta salva l'applicazione della sanzioni di cui agli articoli 255 e 256, chiunque viola i divieti di cui ai commi 1 e 2 è tenuto a procedere alla rimozione, all'avvio a recupero o allo smaltimento dei rifiuti ed al ripristino dello stato dei luoghi in solido con il proprietario e con i titolari di diritti reali o personali di godimento sull'area, ai quali tale violazione sia imputabile a titolo di dolo o colpa, in base agli accertamenti effettuati, in contraddittorio con i soggetti interessati, dai soggetti preposti al controllo. Il Sindaco dispone con ordinanza le operazioni a tal fine necessarie ed il termine entro cui provvedere, decorso il quale procede all'esecuzione in danno dei soggetti obbligati ed al recupero delle somme anticipate. 4. Qualora la responsabilità del fatto illecito sia imputabile ad amministratori o rappresentanti di persona giuridica ai sensi e per gli effetti del comma 3, sono tenuti in solido la persona giuridica ed i soggetti che siano subentrati nei diritti della persona stessa, secondo le previsioni del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, in materia di responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni.”

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Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 10 dicembre 2013, n. 136, recante disposizioni urgenti dirette a fronteggiare emergenze ambientali e industriali ed a favorire lo sviluppo delle aree interessate (GU n.32 del 8-2-2014). Per un primo commento A. Alberico, Il nuovo reato di “Combustione illecita di rifiuti”, in Diritto Penale Contemporaneo, 17 febbraio 2014; R. Bertuzzi, Abbruciamento di rifiuti: terra dei fuochi è legge, sul sito www.lexambiente.it.

77 specie in certi territori, ma venuta alla ribalta solo di recente grazie anche al crescente eco mass mediatico che si accompagna al fenomeno conosciuto come piaga della “terra dei fuochi” che desta un reale allarme sociale; la locuzione descrive la vastissima area comprendente oltre 80 comuni tra il litorale domizio-flegreo, agro-aversano e vesuviano da anni flagellato dall’appiccamento di roghi dei rifiuti e che cela uno dei più redditizi business gestiti dalla criminalità organizzata locale.

Volendo focalizzare l’analisi al cuore del provvedimento giova soffermarsi sul nuovo delitto introdotto dall’art. 3 comma 1 della Legge citata rubricato all’art. 256 bis del c.d. Codice dell’Ambiente “Combustione illecita di rifiuti” che al suo primo comma recita: “Salvo che il

fatto costituisca più grave reato, chiunque appicca il fuoco a rifiuti abbandonati ovvero depositati in maniera incontrollata è punito con la reclusione da due a cinque anni. Nel caso in cui sia appiccato il fuoco a rifiuti pericolosi, si applica la pena della reclusione da tre a sei anni. Il responsabile è tenuto al ripristino dello stato dei luoghi, al risarcimento del danno ambientale e al pagamento, anche in via di regresso, delle spese per la bonifica.” Si tratta di un delitto

“comune”, come evidenziato dall’incipit “chiunque”: la nota modale è integrata dall’appiccamento di un fuoco a cumuli di rifiuti “abbandonati ovvero depositati in maniera incontrollata”;177

non è, evidentemente, richiesta la propagazione del fenomeno incendiario potendosi quindi configurare la fattispecie anche alla presenza di un singolo e circoscritto rogo individuale178.

Considerando che la pericolosità viene astrattamente e preordinatamente ritenuta dal legislatore siamo di fronte ad una fattispecie di pericolo astratto, non richiedendosi, oltretutto, alcuna soglia minima di rifiuti; purtuttavia, posto che la nuova norma non ha un ambito di validità territorialmente circoscritto ma è applicabile sull’intero territorio nazionale, qualche riserva può esprimersi sulla sua effettiva offensività, non essendo dimostrato che il mero appiccamento del fuoco su un rifiuto generi un serio pericolo per l’integrità dell’ambiente terrestre ed aereo. L’elemento soggettivo è il dolo e, nella specie, il dolo intenzionale: l’impiego del verbo “appiccare” lascia, infatti, trasparire l’intenzione del legislatore di accertare una volontà precisa e

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Cfr A. Di Tullio D’Elisiis, Il delitto di combustione illecita di rifiuti, in www.lexambiente.it; C. Ruga Riva, Il decreto “Terra dei fuochi”: un commento a caldo... sul sito www.lexambiente.it.; in senso critico V. Paone, Bruciare i rifiuti è reato, ma sulla carta! In www. lexambiente.it; A. L. Vergine, Tanto tuono`....che piovve! A proposito dell’art. 3, D.L. n. 136/2013, in Ambiente & Sviluppo, 2014,1, p. 7.

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Intendendosi per rifiuto elemento normativo della fattispecie per la cui definizione si rimanda all’art. 183, comma 1, lett. a) D.lgs. 152/2006 e che ricomprende qualunque genere di rifiuto urbano, artigianale od industriale.

178 La condotta non deve necessariamente dar luogo ad un incendio. Sul punto S. Corbetta, Art. 424, in E. Dolcini,

G. Marinucci (a cura di), Codice penale commentato, 2ª ed., 2006, p. 3203, secondo cui l’appiccamento del fuoco «si verifica quando il bene in tutto o in parte comincia a bruciare, pur senza sprigionare fiamme».

78 diretta a dare alle fiamme i rifiuti. Lo stesso trattamento sanzionatorio è riservato al comma 2 “a

colui che tiene le condotte di cui all’articolo 255, comma 1, e le condotte di reato di cui agli articoli 256 e 259 in funzione della successiva combustione illecita di rifiuti”, introducendo in tal

modo la punibilità di un atto preparatorio o del responsabile dell’attività illecita organizzata una responsabilità per omessa vigilanza179.

Infine, coerentemente con quanto già disposto con riferimento all’attività di traffico illecito di rifiuti, è prevista la confisca dei mezzi impiegati e dell’area sulla quale i rifiuti siano stati bruciati, salvo si dimostri l’appartenenza degli stessi a terzi estranei che non abbiano concorso alla commissione del reato180.

Corre l’obbligo sottolineare come, tuttavia, già in base alla disciplina previgente, la condotta sopra descritta si prestava ad integrare una delle modalità attraverso la quale si verificavano gli estremi del reato di smaltimento illecito di rifiuti pur se la risposta sanzionatoria era da considerarsi blanda trattandosi di reato punito in via contravvenzionale con la pena dell’arresto da tre mesi a un anno o con l’ammenda da 2.600 a 26.000 euro in caso di rifiuti non pericolosi, con la pena dell’arresto da sei mesi a due anni e con identica ammenda in ipotesi di rifiuti pericolosi.

Pur se il Decreto Legge va accolto favorevolmente esso non rappresenta la panacea al problema dell’appiccamento di roghi e non è corretto, quindi, sostenere che prima della sua emanazione la condotta era da ritenersi assolutamente lecita, posto che rientrava nell’ambito dello smaltimento illecito di rifiuti (mediante incenerimento) di cui all’art. 256 Codice dell’Ambiente, consentendo comunque l’attivarsi di tutti quegli strumenti preventivi e repressivi, quali denunce e sequestri

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Scorrendo il testo della nuova norma si individuano delle circostanze aggravanti, integrate: - dalla pericolosità dei rifiuti (comma 1): trattasi di autonoma ipotesi di reato che si atteggia a norma a fattispecie alternative accomunate dalla similitudine delle condotte; il bene giuridico tutelato giustifica l’aggravamento sanzionatorio; le immissioni e i fumi originati dall’incendio compiuto su rifiuti tossici dispiegano, in effetti, un grado di lesione di gran lunga superiore all’ipotesi in cui tale evento abbia ad oggetto rifiuti non pericolosi; - dall’aver tenuto la condotta in territori che, al momento del reato e comunque nei 5 anni precedenti, siano o siano stati interessati da dichiarazioni di stato di emergenza nel settore dei rifiuti ai sensi della legge n. 225 del 1992; - dall’aver commesso il fatto nell’ambito dell’attività di un’impresa o comunque di un’attività organizzata: la locuzione si presta a due letture giacché l’aggravamento potrebbe legarsi allo smaltimento all’interno della stessa azienda ovvero applicarsi a quelle prestazioni a carattere imprenditoriale che si sostanziano in un illecito smaltimento dei rifiuti mediante loro combustione; rispetto a quest’ultima circostanza la legge di conversione introduce, altresì, a carico del titolare dell’impresa.

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Cfr. sul punto quell’orientamento nomofilattico secondo cui « il proprietario del veicolo è tenuto a conoscere l’identità dei soggetti ai quali ne affida la conduzione, onde dell’eventuale incapacità di identificare detti soggetti necessariamente risponde a titolo di colpa per negligente osservanza del dovere di vigilare sull’affidamento in modo da essere in grado di adempiere al dovere di comunicare l’identità del conducente», Corte di Cassazione, sezione VI civile, sentenza 10 maggio 2013 n. 16952, in Diritto & Giustizia, 2013, 8 luglio.

79 delle aree interessate.181 Non può non rilevarsi in conclusione il rischio che la novella possa tradursi nell’ennesima legge manifesto emanata per placare l’eco mediatico che si accompagnava al dilagare del fenomeno; il rischio della incapacità di non sortire alcun effetto è reso ancora più concreto se si considera che a fronte delle condotte indicate non è stato praticamente predisposta alcuna intensificazione dei controlli. Considerando che il modus operandi dei gruppi criminali consiste solitamente nell’appiccamento di decine (se non centinaia) di piccoli roghi sparsi nel territorio si può agevolmente immaginare la estrema difficoltà nella repressione pratica del fenomeno.

In materia di terre e rocce da scavo si segnala il decreto-legge n. 69 del 2013 che ha modificato la disciplina che consente il loro utilizzo al di fuori della normativa sui rifiuti, chiarendo i casi in cui si applica il D.M. 161/2012, con cui sono stati stabiliti i criteri qualitativi da soddisfare affinché i materiali di scavo siano considerati come sottoprodotti e non come rifiuti.

Ai sensi dell’art. 41, comma 2, del decreto-legge, il D.M. 161/2012 si applica solamente nell’ambito di attività o opere soggette a VIA (valutazione di impatto ambientale) o ad AIA (autorizzazione integrata ambientale). Negli altri casi la normativa da rispettare è quella dettata dai commi 1-4 dell’art. 41-bis del D.L. 69/2013.182

181 Il fenomeno specifico della “terra dei fuochi” è previsto, inoltre, come reato dall’art. 6 del D.L. n. 210/2008,

convertito dalla L. n. 210/2008, il quale però presuppone l’avvenuta dichiarazione dello stato di emergenza in materia di rifiuti, non si estende ai rifiuti urbani ed è punito meno severamente del reato de quo. In argomento, V. Altare, Sulla differenziazione territoriale delle norme penali, in Giur. merito, 2010, p. 1391 ss.

182 Tale disciplina alternativa si applica quindi ai piccoli cantieri (vale a dire quelli la cui produzione non superi i

6.000 metri cubi di materiale, che comunque erano già esclusi dall’applicazione del D.M. 161/2012 in virtù di una specifica disposizione contenuta nell’art. 266, comma 7, del D.Lgs. 152/2006), nonché ai cantieri di grandi dimensioni non assoggettati né a VIA né ad AIA. Ulteriori esclusioni per l’applicazione del D.M. 161/2012 sono state introdotte dalD.L. 69/2013 e riguardano le ipotesi disciplinate dall’art. 109 (vale a dire: materiali di escavo di fondali marini o salmastri o di terreni litoranei emersi; inerti, materiali geologici inorganici e manufatti; materiale organico e inorganico di origine marina o salmastra, prodotto durante l'attività di pesca effettuata in mare o laguna o stagni salmastri; fondali marini movimentati durante l'attività di posa in mare di cavi e condotte). Inoltre il D.M. 161/2012 non si applica, fino al 31 dicembre 2014, nei territori di Emilia, Lombardia e Veneto colpiti dal sisma del maggio 2012 (art. 17-bisdel D.L. n. 74/2012). Ulteriori disposizioni sui materiali da scavo sono state dettate dai commi da 3 a 3-terdell’art. 41 del D.L. 69/2013 per modificare le regole di utilizzo delle matrici materiali di riporto (per le quali viene prevista la sottoposizione a test di cessione onde escludere rischi di contaminazione) e per consentire l’utilizzo dei materiali di scavo provenienti dalle miniere dismesse o esaurite, collocate all'interno dei siti di interesse nazionale (SIN), per la realizzazione, nell'ambito delle medesime aree minerarie, di interventi sui terreni (es. reinterri, riempimenti, rilevati, miglioramenti ambientali, ecc.).

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