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La protezione dell’ambiente quale tutela dei diritti umani: le evoluzioni della Corte di Strasburgo.

La crescente attenzione riservata al bene ambiente può verificarsi anche sotto un altro profilo: oltre alla conservazione e tutela dell’ambiente in sé promossa dagli ordinamenti nazionali e dalla comunità internazionale si è cominciato ad avere riguardo, altresì, all’ambiente collegato ai diritti umani: è maturata, invero, la considerazione che ogni lesione al bene ambiente costituisse una frustrazione ad un diritto umano.

Il dibattito è quanto mai attuale, se si pensa al notissimo caso del sequestro della più grande acciaieria d’Europa, ovvero l’Ilva di Taranto, con l’accusa di aver determinato una situazione di grave pericolo per la salute e la vita di un numero indeterminato di persone con susseguente condizione di grave tensione popolare che ha riproposto sul tavolo del dibattito politico la delicata questione del bilanciamento tra il diritto alla salute, il diritto ad un’occupazione, e quello della tutela ambientale suscitando accese polemiche sul ruolo della magistratura - il cui intervento risulta il più delle volte tardivo dal momento che si situa in una fase in cui il danno ambientale è già verificato - e, soprattutto, sugli organi amministrativi assolutamente incapaci di porre in essere quelle azioni preventive per la tutela dell’ambiente.

112 Si tratterebbe come ipotizzato da M. Santoloci quasi di reati presupposto dei delitti più rilevanti, così M.

Santoloci, La Legge sui delitti ambientali un giano bifronte: nella prima parte aggrava e nella seconda parte (di fatto) estingue i reati ambientali, cit. pag. 6.

48 Della relazione tra danno ambientale e diritti umani è stata più volte nel corso di questi anni investita la Corte di Strasburgo113 che è giunta ad affermare l’esistenza di un obbligo positivo posto a carico degli Stati di rendere effettivi i diritti garantiti dalla Convenzione e.d.u., statuendo che lo stesso non debba rimanere passivo di fronte agli obblighi assunti, ma sia tenuto ad adottare le misure ragionevoli ed adeguate per proteggere i diritti umani riconosciuti.114 Al riconoscimento di una effettiva tutela del bene ambiente si è giunti, tuttavia, attraverso un percorso lento ed accidentato di cui può essere utile ripercorrere le fasi;

giova ricordare che la Convenzione europea non tutela espressamente l’ambiente e tale dato ha senz’altro accresciuto le difficoltà di individuare un legame tra quest’ultimo e i diritti umani fondamentali.115 Il processo individuato dalla Corte per giungere alla piena affermazione del diritto all’ambiente salubre quale diritto fondamentale è stato quello c.d. par ricochet, ovvero un meccanismo grazie al quale è possibile estendere l’area di tutela di determinati diritti garantiti dalla Convenzione ad altri dalla stessa non direttamente ricompresi riconoscendo protezione al diritto ad un ambiente salubre sotto il profilo del rispetto dapprima del domicilio, poi della vita privata e familiare e, infine, della vita. Ciò dimostra come il diritto europeo sia in costante evoluzione giacché come sostenuto dalla stessa Corte “la Convenzione è uno strumento vivente

ed i diritti in essa riconosciuti devono essere valutati alla luce delle concezioni ai nostri giorni prevalenti negli Stati democratici”.116

Le prime pronunce che segnano un passaggio dalla protezione del domicilio a quella dell’ambiente, riconoscendo l’esistenza di un diritto a vivere in un ambiente calmo, esente da

113 Per una completa disamina sulla giurisprudenza della Corte di Strasburgo cfr. V. Esposito, Danno ambientale e

diritti umani, in Diritto Penale contemporaneo, 12 novembre 2012.

114 Si vedano sul punto Caso Marckx contro Belgio, sent. 13 giugno 1979, par. 31; caso Airey contro Irlanda,

sentenza 9 ottobre 79, par. 31; caso Artico contro Italia, sentenza 13 maggio 1980, par. 36. La Corte di Strasburgo ha, sotto tale formula, raggruppato quegli obblighi positivi, ossia di fare, che la Corte di Karlsrhue aveva tripartito nell’effetto di difesa classico e negli obblighi positivi di attuazione e di tutela dei diritti fondamentali e che le hanno consentito di dare fondamento costituzionale, in Germania, alla teoria degli effetti giuridici dei diritti fondamentali. In altri termini, aderendo alla Convenzione, gli Stati si sono impegnati ad un obbligo di risultato, dato che lo scopo della stessa non è quello di proteggere diritti teorici o illusori, ma effettivi e concreti (sentenza Airey, cit., par. 26). Questa concezione rivoluzionaria (così percepita dalla dottrina francese, ma del tutto trascurata in Italia) del rispetto e della protezione dovuti ai diritti umani, ha condotto la Corte non solo ad attribuire a certi diritti una portata ben maggiore di quella prevista dai Padri fondatori, ma ad estendere l’applicabilità della Convenzione ai rapporti tra privati. Ispirandosi, anche in questo caso, alle teoria tedesca della Drittwirkung (id est effetti nei confronti dei terzi), secondo cui i diritti fondamentali definiti nei testi costituzionali devono essere rispettati sia dai poteri pubblici che dai privati nei confronti di altri privati, la Corte ha attribuito ad alcuni diritti – ed in particolare e soprattutto a quelli previsti dall’art. 8.1. – quella che è stata definita efficacia orizzontale.

115 Anche nella Costituzione italiana, così come in tutte le Costituzioni europee precedenti il 1975, non si rinviene

una norma che espressamente tuteli l’ambiente. A livello comunitario la competenza in materia ambientale è stata introdotta solo nel 1987 con l’Atto Unico Europeo (in coincidenza con quello che fu definito l’anno dell’ambiente). La Carta di Nizza prevede all’art. 37, Un livello elevato di tutela dell’ambiente e il miglioramento della sua qualità devono essere integrati nelle politiche dell’Unione e garantiti conformemente al principio dello sviluppo sostenibile.

116

49 inquinamento e rispettoso della salute risalgono agli anni ‘90 nei casi Lopez Ostra contro Spagna (6 dicembre 1994) e Guerra contro Italia (19 febbraio 1998); il passaggio maggiormente di interesse in queste due decisioni la Corte è quello che riconosce l’esistenza di un obbligo positivo, ossia di un obbligo di fare, da parte dello Stato, che non deve rimanere inerme, ma deve non soltanto prendere le misure idonee a far cessare o ridurre l’inquinamento, ma anche fornire alla popolazione interessata le rilevanti informazioni sui gravi rischi cui è esposta. Ed è attraverso il riconoscimento di quest’obbligo positivo – sussistente anche quando la violazione sia intervenuta nei rapporti tra privati – che la Corte ha reso lo Stato responsabile della situazione di salute dell’ambiente.

L’evoluzione della protezione ambientale quale corollario del diritto alla vita si deve alla sentenza Oneryildiz contro Turchia 117 nella quale viene per la prima volta affermato che la protezione del diritto alla vita può essere invocata in materia di inquinamento ambientale per i potenziali pericoli concernenti la relativa attività. Una aggressione all’ambiente può, quindi, violare il diritto alla vita, garantito e protetto dall’articolo 2 della Convenzione.

Con tale decisione viene estesa al diritto ambientale l’audace giurisprudenza elaborata sull’obbligo positivo a carico dello Stato di prendere tutte le misure necessarie per proteggere la vita delle persone sottoposte alla sua giurisdizione. Tale obbligo – discendente dalla formulazione dell’articolo 2 della Convenzione, secondo cui il diritto alla vita di ogni persona è protetto dalla legge – si concretizza sotto due aspetti, uno sostanziale ovvero l’adozione di misure necessarie per riconoscere ad ogni persona il godimento effettivo del diritto alla vita118 - ed uno processuale - identificabile nel dovere di condurre una inchiesta efficace, tendente alla identificazione ed alla punizione dei responsabili. 119 in sintesi la mancanza di adeguate misure di

corporate governance unitamente all’inottemperanza dell’ obbligo di incriminazione e di

esercizio dell’azione penale possono condurre ad una violazione dell’art 2 Convenzione.

117

Sentenza della Grande Camera del 30 novembre 2004.

118 Per profilo sostanziale si intende il “dovere primordiale dello Stato di dotarsi di un quadro legislativo ed

amministrativo mirante ad una prevenzione efficace e avente una idoneità dissuasiva a mettere in pericolo il diritto alla vita”; così si legge nella Sentenza Osman contro Regno Unito del 28 ottobre 1998 par. 115. Tale dovere secondo la Corte è di sicura applicazione specie nel settore delle attività pericolose dove bisogna, in più, riservare un posto particolare ad una regolamentazione idonea alla specificità dell’attività in gioco, soprattutto al livello del rischio che può risultarne per la vita umana.

119 A proposito del profilo processuale nella nota sentenza Osman già citata al par. 91 la Corte sostiene che “quando

si verifica la morte di un uomo in circostanze suscettibili di coinvolgere la responsabilità dello Stato, l’articolo 2 della Convenzione comporta il dovere dello stesso di assicurare, con tutti i mezzi di cui dispone, una reazione adeguata – giudiziaria o di altra natura – perché il quadro legislativo e amministrativo instaurato al fine della protezione della vita, sia effettivamente messo in opera e, se del caso, le violazioni del diritto in discussione siano represse e sanzionate”.

50 La situazione dell’ordinamento italiano, il più delle volte in ritardo rispetto alle evoluzioni tracciate dalla normativa europea ovvero non rispettoso dei suoi dettami, spiega probabilmente la deriva attuale in cui la magistratura è chiamata (come si diceva all’inizio) sovente a svolgere ruolo di vicario tentando di recuperare ed imporre il rispetto dell’ordine pubblico europeo, delineato dagli organi di Strasburgo, che impone di punire imprese inquinanti e amministratori pubblici e privati per tutelare il diritto di ciascuno di noi a vivere in un ambiente sano.

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CAPITOLO II

La “questione rifiuti” nell'ordinamento italiano: gestione e responsabilità nella filiera. Il sistema informatico per la tracciabilità.

Sommario: Sezione I: la “materia” rifiuti nell’ordinamento interno 1.1 Premessa: evoluzione storico normativa della nozione di rifiuto - 1.2 La disciplina interna della gestione dei rifiuti: principi ispiratori e classificazione - 1.3 La disciplina dei sottoprodotti ed il recupero del rifiuto: le novità introdotte dal D.Lgs 205/2010 - 1.4 Le responsabilità soggettive nella filiera dei rifiuti: produttori e detentori - 1.5 Ultime novità legislative in tema di rifiuti: la combustione illecita -

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