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Sezione I: la “materia” rifiuti nell’ordinamento interno

1.4 Le responsabilità soggettive nella filiera dei rifiuti: produttori e detentor

In materia di rifiuti specifici obblighi, potenzialmente rilevanti ex art. 40 cpv. c.p., gravano in capo ai produttori ovvero ai detentori.165

Stando alla attuale definizione per produttore si intende “chiunque” effettui operazioni legate al ciclo dei rifiuti con ciò aprendo un varco – contrariamente al sistema precedente che individuava la “persona” – alla configurabilità del produttore-persona giuridica; tale ampliamento non riveste esclusiva natura teorica ma comporta l’applicazione delle responsabilità così come individuate dal D.Lgs 231/2001 in capo all’azienda stessa; a confortare tale orientamento è intervenuta altresì la Direttiva 2008/99/CE che ha previsto espressamente una responsabilità in capo alle persone giuridiche qualora, con riferimento alle fattispecie costituenti reato in materia ambientale dal legislatore comunitario, questi vengano commessi a loro vantaggio ovvero dai vertici apicali o, ancora, da soggetti sottoposti alla loro autorità o qualora la carenza di sorveglianza o controllo abbia consentito la commissione di un reato a vantaggio della persona giuridica da parte di un soggetto sottoposto alla sua autorità. Il D.Lgs 121/2011 dando attuazione della sopra citata direttiva e in ottemperanza a quanto disposto dal suo art. 7 ovvero l’obbligo per gli Stati membri di adottare “le misure necessarie affinché le persone giuridiche dichiarate

responsabili di un reato ai sensi dell’art. 6 siano passibili di sanzioni efficaci, proporzionate e dissuasive” ha adottato un catalogo di reati presupposto della responsabilità degli enti ai sensi del

D.Lgs 231/2001.166Corre l’obbligo sottolineare come le sanzioni interdittive siano riservate alla

165 Per le definizioni si rimanda all’art. 183 lett. f) TUA e 183 lett. h) TUA.

166 Dopo l’articolo 25-decies del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, è inserito il seguente: «Art. 25-undecies.

(Reati ambientali) 1. In relazione alla commissione dei reati previsti dal codice penale, si applicano all’ente le seguenti sanzioni pecuniarie: a) per la violazione dell’articolo 727-bis la sanzione pecuniaria fino a duecentocinquanta quote; b) per la violazione dell’articolo 733-bis la sanzione pecuniaria da centocinquanta a duecentocinquanta quote. 2. In relazione alla commissione dei reati previsti dal decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, si applicano all’ente le seguenti sanzioni pecuniarie: a) per i reati di cui all’articolo 137: 1) per la violazione dei commi 3, 5, primo periodo, e 13, la sanzione pecuniaria da centocinquanta a duecentocinquanta quote; 2) per la violazione dei commi 2, 5, secondo periodo, e 11, la sanzione pecuniaria da duecento a trecento quote. b) per i reati di cui all’articolo 256: 1) per la violazione dei commi 1, lettera a), e 6, primo periodo, la sanzione pecuniaria fino a duecentocinquanta quote; 2) per la violazione dei commi 1, lettera b), 3, primo periodo, e 5, la sanzione pecuniaria da centocinquanta a duecentocinquanta quote; 3) per la violazione del comma 3, secondo periodo, la sanzione pecuniaria da duecento a trecento quote; c) per i reati di cui all’articolo 257: 1) per la violazione del comma 1, la sanzione pecuniaria fino a duecentocinquanta quote; 2) per la violazione del comma 2, la sanzione pecuniaria da centocinquanta a duecentocinquanta quote; d) per la violazione dell’articolo 258, comma 4, secondo periodo, la sanzione pecuniaria da centocinquanta a duecentocinquanta quote; e) per la violazione dell’articolo 259, comma 1, la sanzione pecuniaria da centocinquanta a duecentocinquanta quote; f) per il delitto di cui all’articolo 260, la sanzione pecuniaria da trecento a cinquecento quote, nel caso previsto dal comma 1 e da quattrocento a ottocento quote nel caso previsto dal comma 2; g) per la violazione dell’articolo 260-bis, la sanzione pecuniaria da centocinquanta a duecentocinquanta quote nel caso previsto dai commi 6, 7, secondo e terzo periodo, e 8, primo periodo, e la sanzione pecuniaria da duecento a trecento quote nel caso previsto dal comma 8, secondo periodo; h) per la violazione dell’articolo 279, comma 5, la sanzione pecuniaria fino a duecentocinquanta quote. 3. In relazione alla commissione dei reati previsti dalla legge 7 febbraio 1992, n. 150, si applicano all’ente le seguenti sanzioni pecuniarie: a) per la violazione degli articoli 1, comma 1, 2, commi 1 e 2, e 6, comma 4, la sanzione pecuniaria fino

72 sola commissione delle fattispecie ex art. 256 co. 3 e 260 TUA: in particolare, l’interdizione definitiva dall’attività è riservata alla sola ipotesi in cui l’ente venga utilizzato al prevalente scopo di consentire ovvero agevolare la commissione di reati associativi finalizzati al traffico illecito di rifiuti ovvero di sversamento in mare di materiali inquinanti.

La categoria del “detentore” riveste natura residuale essendo identificabile con la persona (fisica o giuridica) che ha il materiale possesso dei rifiuti.

Nella famiglia dei “produttori” sono da ricomprendersi sia quelli “iniziali” ovvero dalla cui attività il rifiuto è generato che quelli “secondari” tra cui si annoverano l’insieme dei soggetti la cui attività comporta in qualche misura la modifica delle composizioni del rifiuto e la conseguente nuova qualificazione dello stesso; tale intervento sul rifiuto è fondamentale per distinguere il produttore secondario dal mero detentore che si limita ad effettuare attività di stoccaggio senza compiere alcuna operazione destinata ad alterare la morfologia dei rifiuti stoccati.

Secondo la disciplina contenuta nell’art. 188 TUA così come modificato dal D.L.vo 3 dicembre 2010, n. 205, questi possono, in alternativa allo smaltimento ovvero al conferimento a soggetti che gestiscono il servizio pubblico di raccolta dei rifiuti urbani, conferire i rifiuti a soggetti specificatamente autorizzati alle attività di recupero e smaltimento.

Inoltre il produttore iniziale o altro detentore conserva un onere di

controllo per l'intera catena di trattamento, restando inteso che qualora il essi trasferiscano i

a duecentocinquanta quote; b) per la violazione dell’articolo 1, comma 2, la sanzione pecuniaria da centocinquanta a duecentocinquanta quote; c) per i reati del codice penale richiamati dall’articolo 3-bis, comma 1, della medesima legge n. 150 del 1992, rispettivamente: 1) la sanzione pecuniaria fino a duecentocinquanta quote, in caso di commissione di reati per cui è prevista la pena non superiore nel massimo ad un anno di reclusione; 2) la sanzione pecuniaria da centocinquanta a duecentocinquanta quote, in caso di commissione di reati per cui è prevista la pena non superiore nel massimo a due anni di reclusione; 3) la sanzione pecuniaria da duecento a trecento quote, in caso di commissione di reati per cui è prevista la pena non superiore nel massimo a tre anni di reclusione; 4) la sanzione pecuniaria da trecento a cinquecento quote, in caso di commissione di reati per cui è prevista la pena superiore nel massimo a tre anni di reclusione. 4. In relazione alla commissione dei reati previsti dall’articolo 3, comma 6, della legge 28 dicembre 1993, n. 549, si applica all’ente la sanzione pecuniaria da centocinquanta a duecentocinquanta quote. 5. In relazione alla commissione dei reati previsti dal decreto legislativo 6 novembre 2007, n. 202, si applicano all’ente le seguenti sanzioni pecuniarie: a) per il reato di cui all’articolo 9, comma 1, la sanzione pecuniaria fino a duecentocinquanta quote; b) per i reati di cui agli articoli 8, comma 1, e 9, comma 2, la sanzione pecuniaria da centocinquanta a duecentocinquanta quote; c) per il reato di cui all’articolo 8, comma 2, la sanzione pecuniaria da duecento a trecento quote. 6. Le sanzioni previste dal comma 2, lettera b), sono ridotte della metà nel caso di commissione del reato previsto dall’articolo 256, comma 4, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152. 7. Nei casi di condanna per i delitti indicati al comma 2, lettere a), n. 2), b), n. 3), e f), e al comma 5, lettere b) e c), si applicano le sanzioni interdittive previste dall’articolo 9, comma 2, del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, per una durata non superiore a sei mesi. 8. Se l’ente o una sua unità organizzativa vengono stabilmente utilizzati allo scopo unico o prevalente di consentire o agevolare la commissione dei reati di cui all’articolo 260 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e all’articolo 8 del decreto legislativo 6 novembre 2007, n. 202, si applica la sanzione dell’interdizione definitiva dall’esercizio dell’attività ai sensi dell’art. 16, comma 3, del decreto legislativo 8 giugno 2001 n. 231.

73 rifiuti per il trattamento preliminare a uno dei soggetti consegnatari tale responsabilità, di regola, comunque permane.167

Essa non è in ogni caso assoluta ma subisce alcune limitazioni, ovvero esclusioni, sancite dai commi seguenti dell’art. 188 TUA; infatti ai sensi del comma 2 “Al di fuori dei casi di concorso

di persone nel fatto illecito e di quanto previsto dal Regolamento (CE) n.1013/2006, qualora il produttore iniziale, il produttore e il detentore siano iscritti ed abbiano adempiuto agli obblighi del sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all'articolo 188-bis, comma 2, lett. a), la responsabilità di ciascuno di tali soggetti è limitata alla rispettiva sfera di competenza stabilita dal predetto sistema.”168

Proseguendo, il successivo comma 3 stabilisce che “Al di fuori dei casi di concorso di persone

nel fatto illecito e di quanto previsto dal regolamento (CE) n.1013/2006, la responsabilità dei soggetti non iscritti al sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all'articolo 188-bis, comma 2, lett. a), che, ai sensi dell'Art. 212, comma 8, raccolgono e trasportano i propri rifiuti non pericolosi è esclusa: a) a seguito del conferimento di rifiuti al servizio pubblico di raccolta previa convenzione; b) a seguito del conferimento dei rifiuti a soggetti autorizzati alle attività di recupero o di smaltimento, a condizione che il produttore sia in possesso del formulario di cui all'articolo 193 controfirmato e datato in arrivo dal destinatario entro tre mesi dalla data di conferimento dei rifiuti al trasportatore, ovvero alla scadenza del predetto termine abbia provveduto a dare comunicazione

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Inoltre, la responsabilità non è esclusa dall’eventuale possesso da parte del terzo di un’autorizzazione relativa a rifiuti diversi da quelli che vengono conferiti: è obbligo del produttore, infatti, controllare la tipologia dei rifiuti per i quali sussiste autorizzazione alla gestione, posto che questa deve essere dettagliatamente specificata al momento dell’iscrizione all’Albo Nazionale dei Gestori Ambientali. Sul punto Sez. 3, Sentenza n. 43849 del 06/11/2007 Ud. (dep. 26/11/2007 ) Rv. 238074 “In tema di gestione dei rifiuti, il trasporto di rifiuti diversi da quelli autorizzati configura il reato di smaltimento di rifiuti senza autorizzazione (art. 256, comma primo, del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152), in quanto l'attività di trasporto costituisce una fase dello smaltimento che richiede un'apposita autorizzazione, valevole solo per quella particolare tipologia di rifiuti indicata nell'atto autorizzatorio. (Fattispecie di smaltimento di reflui trasportati su autospurgo e costituiti da liquami da fossa settica, contrassegnati dal codice CER 200304, diversi dalle "acque chiarificate", contrassegnate dal codice CER 190899, per il cui smaltimento l'impresa di trasporto rifiuti ed autospurgo era autorizzata).”

168

Al riguardo si precisa che fino al 31 dicembre 2015 – nei confronti dei soggetti obbligati ad aderire al SISTRI – non trovano applicazione le sanzioni di cui agli artt. 260-bis e 260-ter, del D.L.vo 152/06, relative agli adempimenti del SISTRI. E’ inoltre previsto un decreto ministeriale, di prossima emanazione, che dovrebbe modificare – fra l’altro – la disciplina delle sanzioni relative al SISTRI. Ad ogni modo, dalla disamina del novellato comma 2 dell’art. 188, parrebbe evincersi che chi è tenuto a (o comunque decide di) aderire al SISTRI non incorre in nessun caso in sanzioni penali, in quanto l’art. 260-bis del Codice dell’ambiente – a parte il comma 6 – prevede solo sanzioni amministrative pecuniarie. Se ciò fosse confermato, tale aspetto potrebbe costituire la spinta all’adesione volontaria al SISTRI – in ipotesi – di quell’ampia platea di soggetti che non vi sarebbero obbligati, nell’ambito di quella che noi avevamo già definito “un’operazione di marketing” realizzata dal legislatore italiano.

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alla provincia della mancata ricezione del formulario. Per le spedizioni transfrontaliere di rifiuti tale termine è elevato a sei mesi e la comunicazione è effettuata alla regione.”169

A ben guardare la formula “la responsabilità è esclusa” appare assai vaga non specificando a quale forma di responsabilità tale esclusione vada riferita; stando al tenore letterale della disposizione chiunque tenga la condotta descritta nel comma sopra citato sarebbe dispensato da qualsiasi attribuzione di responsabilità sia penale che amministrativa.

In realtà il produttore iniziale dei rifiuti compirebbe un errore di valutazione ritenendo che una volta esaurito il proprio ruolo possa disinteressarsi delle fasi successive del trasporto del rifiuto giacché non siamo in presenza di un sistema per così dire “parcellizzato” di responsabilità nel ciclo dei rifiuti bensì, più verosimilmente, ad una staffetta dove tutti i protagonisti coinvolti mantengono in misura differente il dominio sull’intero percorso ciò comportando che l’esaurimento della fase di propria competenza non implichi una totale esenzione di responsabilità per le fasi successive.170 Tale orientamento è, del resto, rinforzato dalla Suprema Corte di Cassazione che con sentenza n. 13363 del 10 aprile 2012171 ha ribadito il principio della corresponsabilità fra tutti i vari soggetti del ciclo della gestione dei rifiuti affermando che “tutti i

soggetti che intervengono nel circuito della gestione dei rifiuti sono responsabili non solo della regolarità delle operazioni da essi stessi posti in essere, ma anche di quelle dei soggetti che precedono o seguono il loro intervento mediante l’accertamento della conformità dei rifiuti a quanto dichiarato dal produttore o dal trasportatore, sia pure tramite la verifica della regolarità degli appositi formulari, nonché la verifica del possesso delle prescritte autorizzazioni da parte del soggetto al quale i rifiuti sono conferiti per il successivo smaltimento. E’ perciò evidente che l’inosservanza degli obblighi imposti dalla legge, oltre ad integrare le fattispecie contravvenzionali previste dal testo unico sull’ambiente, può essere valutata quale elemento indiziario dell’elemento psicologico che integra le ipotesi delittuose previste in detta materia”.

169

Si sottolinea che il disposto dell’art. 188, come risultante dalla novella operata dal D.L.vo n. 205/2010, trae origine dalla normativa comunitaria. Il riferimento, in particolare, è all’art. 15 della Direttiva 2008/98/CE sui rifiuti, il quale: - pone un principio generale ed inderogabile, in virtù del quale “Quando i rifiuti sono trasferiti per il trattamento preliminare dal produttore iniziale o dal detentore ad una delle persone fisiche o giuridiche di cui al par. 1, la responsabilità dell’esecuzione di un’operazione completa di recupero o smaltimento di regola non è assolta” (par. 2); - introduce una sorta di “opzione” per gli Stati membri, che “possono” precisare le condizioni della sopra richiamata responsabilità, nonché decidere in quali casi il produttore originario conserva la responsabilità per l’intera catena di trattamento, o in quali ipotesi la responsabilità del produttore e del detentore può essere condivisa o delegata tra i diversi soggetti della catena di trattamento (par. 3).

170 Sul punto cfr. M. Santoloci, La Cassazione conferma la “responsabilità a catena” tra tutti i soggetti attivi nel

circuito dei rifiuti, in Diritto dell’Ambiente, 26 aprile 2012.

171 Sentenza della III Sezione della Corte di Cassazione. Per approfondimenti V. Paone, Le responsabilità soggettive

75 Sulla responsabilità del produttore si è più volte pronunciata la Corte di Cassazione penale; da ultimo si segnala la sentenza n. 13025 del 20 marzo 2014 con la quale è tornata ad occuparsi dei profili di responsabilità che possono essere ascritti in capo al produttore dei rifiuti.

In particolare, è stato espressamente richiamato il principio di conservazione della responsabilità in capo al produttore iniziale di rifiuti “per l’intera catena di trattamento”, contenuto nell’art. 188, D.L.vo 3 aprile 2006, n. 152. Nella motivazione della sentenza si legge infatti che “trova

applicazione il disposto dell’art. 188, comma 1, del D.L.vo n. 152 del 2006, secondo cui il produttore iniziale dei rifiuti … che consegni tali rifiuti ad un altro soggetto che ne effettui, anche in parte, il trattamento … conserva la responsabilità per l’intera catena di trattamento, restando inteso che essa sussiste anche nel caso in cui i rifiuti siano trasferiti per il trattamento preliminare ad uno dei soggetti consegnatari”. La richiamata sentenza della S.C. è la prima

pronuncia a fare esplicito riferimento al “nuovo testo” dell’art. 188 del D.L.vo n. 152/2006, interamente riscritto dal citato D.L.vo n. 205/2010 in considerazione dell’entrata in funzione del SISTRI, il sistema informatico di tracciabilità dei rifiuti che dovrebbe comportare, una volta a regime, l’abbandono del previgente sistema basato sulla documentazione cartacea (MUD, FIR e registri di carico e scarico).

Prescindendo dal concreto contenuto della disposizione l’art. 188 così come novellato dal D.Lgs 205/2010 si pongono fondati problemi di concreta applicabilità dal momento che la sua entrata in vigore è strettamente connessa alla piena operatività del sistema SISTRI (sul quale si tornerà più diffusamente in seguito) che, nel momento in cui si scrive, non ha ancora raggiunto la compiuta vigenza.

Alla luce d tale complesso contesto normativo, in dottrina si sono sviluppati due diversi orientamenti: secondo un primo l’art. 188 è da considerarsi ad oggi vigente nella sua nuova versione; al contrario, vi è chi sostiene che la versione dell’art. 188 da applicare, allo stato attuale, sia quella ante novella, e che occorrerà riferirsi al nuovo testo solo una volta entrate in vigore anche le relative sanzioni SISTRI .172

172 Secondo S. Maglia si potrebbe prospettare una terza ipotesi “si potrebbe sostenere che ad oggi (ed anche in

futuro), accanto al novellato art. 188, applicabile agli obbligati al SISTRI per i quali il sistema ha già preso avvio (comma 2), permanga in vigore anche, contemporaneamente, la vecchia formulazione di tale articolo. Ciò in quanto le disposizioni del “nuovo” art. 188 sono modellate sul sistema SISTRI, che nelle intenzioni del legislatore avrebbe invece dovuto soppiantare in toto il sistema documentale previgente, imperniato su FIR, MUD e registri di carico e scarico. In realtà, invece, il campo di applicazione del SISTRI risulta ad oggi notevolmente ristretto (in sostanza coinvolge solo i rifiuti pericolosi) ed in prospettiva i soggetti non rientranti nel suo campo di applicazione saranno sicuramente la maggioranza: a tal proposito ci si potrebbe chiedere quale tipo di responsabilità (e in che misura) potrebbe configurarsi in capo ad un soggetto non obbligato ad iscriversi al SISTRI, anche alla luce del fatto che non è affatto chiaro cosa s’intenda per responsabilità estesa all’”intera catena del trattamento”.” Così S. Maglia, Rifiuti. Qual è il testo vigente dell'art. 188 T.U.A. sugli obblighi del produttore di rifiuti?, in lexambiente.it

76 Lecito domandarsi, a questo punto, come sia possibile che la suprema Corte di Cassazione applichi, ritenendolo in vigore, il nuovo art. 188 se non vi è certezza circa la “piena” entrata in vigore del SISTRI? La stessa S.C. infatti, nella già citata sentenza n. 13025 del 20 marzo 2014, dà di fatto per scontato – richiamando tale formulazione dell’art. 188 – che il SISTRI sia da considerarsi, oggi, interamente a regime.173

Profili di criticità emergono, in conclusione, laddove si tratti di individuare responsabilità a titolo di omissione, e contestuale riconoscimento di una posizione di garanzia, nei confronti del proprietario di rifiuti materialmente trasportati da altri o ancora, ad esempio, del proprietario del fondo (e non anche dei rifiuti) dove insista una discarica abusiva; con riferimento a tale ultima situazione non può riconoscersi in capo al proprietario di un fondo un generico obbligo di impedire fatti illeciti altrui; a sostegno di tale opzione interpretativa sembra potersi portare l’art. 192 TUA laddove riconosce una forma di responsabilità concorsuale del proprietario del fondo a patto che gli venga riconosciuta una partecipazione psicologica quantomeno a titolo colposo.174

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