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Sezione II: le questioni “spinose”

2.1 La gestione dei rifiuti: problematiche connesse al “deposito temporaneo”

Con la mutazione dell’approccio al tema della gestione corretta dei rifiuti si è assistito al passaggio dal concetto di smaltimento, idoneo ad assorbire qualsiasi attività essi riguardante, ad un più complesso ed integrato sistema di amministrazione degli stessi, articolato e suddiviso in fasi distinte il cui fil rouge è costituito dall’assorbimento nella disciplina della gestione.

Volendo operare una prima partizione fondata su un criterio di progressione cronologica viene in rilievo in prima battuta la raccolta definita dall’art. 183 co. 1 lett. o) TUA ed identificabile come quell’attività finalizzata al trasferimento dei rifiuti in un impianto di trattamento: essa a sua volta si articola nel prelievo, nella cernita e nel deposito dei rifiuti.

La fase transitoria è rappresentata del trasporto che può condure il rifiuto differentemente alle diverse fasi del recupero ovvero (qualora questo non sia possibile) dello smaltimento definitivo: tutte queste attività, in particolar modo quelle di trasporto, sono oggi gestite da una rete di professionisti che operano nel campo del commercio ed intermediazione di rifiuti e sono sottoposti ad una rigida disciplina di controllo e certificazione che prevede, in primis, la loro iscrizione all’Albo Nazionale dei Gestori Ambientali, previa verifica del possesso delle condizioni e dei requisiti necessari per poter ottenere l’autorizzazione.

Giova ribadire come in tema di responsabilità nel ciclo della gestione dei rifiuti vi sia una un onere spalmato su tutti i soggetti che in qualche maniera partecipano a tale circuito183: a tal proposito è lo stesso art. 178 comma 1 TUA così come modificato dal D.Lgs 205/2010 a ribadire che “La gestione dei rifiuti è effettuata conformemente ai principi di precauzione, di

prevenzione, di sostenibilità, di proporzionalità, di responsabilizzazione e di cooperazione di tutti i soggetti coinvolti nella produzione, nella distribuzione, nell'utilizzo e nel consumo di beni da cui originano i rifiuti, nonché del principio chi inquina paga. A tale fine la gestione dei rifiuti è effettuata secondo criteri di efficacia, efficienza, economicità, trasparenza, fattibilità tecnica ed economica, nonché nel rispetto delle norme vigenti in materia di partecipazione e di accesso alle informazioni ambientali.”

183 Sez. 3, Sentenza n. 24723 del 15/05/2007 Ud. (dep. 22/06/2007 ) Rv. 236886 “In tema di rifiuti, la natura

personale dell'autorizzazione all'esercizio di una delle tipiche attività di gestione (raccolta, trasporto, recupero, smaltimento, commercio ed intermediazione) non consente al titolare dell'autorizzazione di delegare l'esercizio dell'attività a terzi che ne siano privi. (Fattispecie nella quale il titolare di autorizzazione all'esercizio dell'attività di recupero di rifiuti speciali non pericolosi ne aveva delegato lo svolgimento a terzi non autorizzati che si avvalevano di materiali ed attrezzature di proprietà del titolare dell'autorizzazione).”

81 La esatta delimitazione del concetto di deposito temporaneo non rappresenta una mera esercitazione filosofica o dottrinale ma è il banco dove si fronteggiano le sottili differenze per l’applicazione dell’intera disciplina in materia di rifiuti e si registrano confini estremamente labili artatamente ed abilmente strumentalizzati dalle consorterie criminali per aggirare il sistema sanzionatorio.

Come categoria, quella del deposito viene intesa quale deroga posta, di volta in volta, rispetto alla vera gestione e caratterizzata dal raggruppamento dei rifiuti effettuato, prima della raccolta, nel luogo ove essi sono prodotti, ferma restando la verifica di alcune condizioni tecniche: per poter costituire deposito temporaneo, oggi facoltà concessa a solo produttore del rifiuto, occorre, infatti, rispettare le condizioni stabilite dall’art. 183 TUA,184

in particolar modo le norme tecniche per la configurazione del deposito temporaneo e quelle che disciplinano il deposito delle sostanze pericolose in esso contenute.185

Il deposito temporaneo raffigura quella fase intermedia - e se vogliamo ibrida - in cui il rifiuto è stato già originato dall’attività produttiva ma non è ancora immesso nel ciclo della gestione: ne deriva che esso, ai sensi dell’art. 208 co. 17 TUA, è esente dal regime autorizzatorio. Va da sé che tale fuga dal sistema rappresenti un richiamo nei confronti di tutti coloro i quali vogliano sottrarsi alla disciplina in materia.

L’aspetto cruciale, sul quale si è sviluppato un lungo dibattito, è rappresentato dalla possibilità o meno di effettuare il deposito temporaneo in un sito diverso da quello della materiale produzione del rifiuto e, potenzialmente, molto distante dalla stessa: in tal caso anche tutta la fase del trasporto sarebbe sottratta al rispetto della normativa svuotando, di fatto, quella che era la ratio

ispiratrice della nascita del deposito temporaneo ovvero favorire le piccole imprese nella

gestione delle modeste quantità di rifiuti derivanti dal processo produttivo e temporaneamente allocate nel perimetro dell’azienda.

184

In particolare ai sensi dell’art. 183 TUA “il «deposito temporaneo» deve essere effettuato per categorie omogenee di rifiuti e nel rispetto delle relative norme tecniche, nonché, per i rifiuti pericolosi, nel rispetto delle norme che disciplinano il deposito delle sostanze pericolose in essi contenute; 4) devono essere rispettate le norme che disciplinano l'imballaggio e l'etichettatura delle sostanze pericolose; 5) per alcune categorie di rifiuto, individuate con decreto del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministero per lo sviluppo economico, sono fissate le modalità di gestione del deposito temporaneo”; A proposito delle categorie omogenee cfr Sez. 3, Sentenza n. 11258 del 11/02/2010 Ud. (dep. 24/03/2010 ) Rv. 246459 “L'abbandono di rifiuti "alla rinfusa" e non per categorie omogenee, come invece previsto dall'art. 183, comma primo, lett. m) D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152 (e, in precedenza, dall'abrogato art. 6, comma primo, lett. m) D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22), esclude la configurabilità del cosiddetto deposito temporaneo o regolare e integra il fatto criminoso di gestione di discarica abusiva.”

185 Il catalogo delle prescrizioni tecniche è contenuto nella deliberazione del Comitato interministeriale del 27 luglio

82 A parere di chi scrive, muovendosi in senso di contiguità a quanti sostengono che il deposito temporaneo si insinui in una fase antecedente l’ingresso del rifiuto nel ciclo della gestione,186

il concetto di deposito temporaneo era e continua ad essere ispirato dalla medesima finalità e dunque non può essere ritenuta tale un’attività comunque di stoccaggio, magari effettuata a chilometri di distanza dal sito di produzione: in tale evenienza, rendendosi necessario un trasporto, siamo già indiscutibilmente nella fase della gestione del ciclo del rifiuto.

Sul punto è di conforto in una certa misura l’opera della giurisprudenza che ha affermato come “In tema di gestione illecita dei rifiuti, il luogo di produzione rilevante ai fini della nozione di

deposito temporaneo ai sensi dell'art. 183 del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152 non è solo quello in cui i rifiuti sono prodotti ma anche quello che si trova nella disponibilità dell'impresa produttrice e nel quale gli stessi sono depositati, purché funzionalmente collegato al luogo di produzione.”187

Anche se la Suprema Corte mostra un’apertura rispetto alla possibilità di impiegare un’altra sede va comunque sottolineato come questa debba essere contigua e funzionalmente collegata al luogo principale di produzione del rifiuto e posta quindi all’interno del medesimo perimetro aziendale senza soluzione di continuità rispetto all’esterno.188

Per poter correttamente definire quale area possa integrare il luogo di produzione prima dell’intervento abrogativo ad opera del D.Lgs 205/2010 poteva agevolmente riferirsi alla definizione fornita dalla previgente versione dell’art. 183 TUA ovvero “uno o più edifici o

stabilimenti o siti infrastrutturali collocati tra loro all’interno di un’area delimitata in cui si svolgono le attività di produzione dalle quali sono originati i rifiuti”; pur nell’attuale assenza di

una definizione, e non potendo costatare orientamenti interpretativi differenti, si ritiene di poter ancora oggi sostenere che per aversi deposito temporaneo debba sussistere un legame funzionale e topografico imprescindibile rispetto alla materiale produzione del rifiuto stesso. Tale assunto pare assolutamente inderogabile: a voler ammettere il contrario ne deriverebbe quale conseguenza una totale ed assoluta impossibilità di applicare al trasporto verso il sito di deposito

186 Nello stesso senso e per approfondimenti sull’evoluzione storica del deposito temporaneo cfr M. Santoloci, V.

Vattani, Rifiuti e non rifiuti, cit. pag. 65 ss.

187

Sentenza n. 8061 del 23/01/2013 Ud. (dep. 20/02/2013 ) Rv. 254754. Si veda inoltre Sez. 3 Sentenza n. 17460 del 17/01/2012 Cc. (dep. 10/05/2012 ) Rv. 252539 “Integra gli estremi del reato previsto dall'art. 256, comma quarto, D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152 il trasporto di rifiuti senza l'osservanza delle prescrizioni contenute nell'autorizzazione dal luogo di produzione all'area individuata per il deposito temporaneo, non potendo la gestione dei rifiuti farsi decorrere dall'inizio di quest'ultimo.”

188 La stessa Corte ha precisato che “la contiguità tra luogo di produzione del rifiuto e luogo che sia comunque nella

disponibilità dell’impresa produttrice dello stesso, ancorché il primo e non il secondo sia recintato, consente di estendere al secondo, ove funzionalmente legato al primo, la qualificazione utile per la individuazione della nozione di deposito temporaneo”. Cass. Sez. III 27 settembre 2007, n. 35622.

83 temporaneo la normativa Sistri ed è evidente come ciò favorirebbe il traffico illecito dei rifiuti sulle strade del nostro paese.

Il deposito temporaneo “irregolare” rappresenta una vera e propria discarica abusiva di rifiuti prodromico a tutte quelle operazioni successive di trasporto e smaltimento illecito dei rifiuti. Va sottolineata una pericolosa deriva nella repressione di tale fenomeno: nel nostro sistema, infatti, non è prevista una sanzione espressa per il deposito temporaneo irregolare proprio perché, dovendosi esso configurare quale deposito interno all’azienda, eccezionale rispetto allo stoccaggio, non è suscettibile di essere inquadrato in quei contegni che appartengono al ciclo della gestione dei rifiuti; accade così che gli organi di vigilanza contestino non già il deposito temporaneo irregolare ma la fattispecie, assai più blanda, di deposito incontrollato ex art. 192 TUA (costituito da un modesto e temporaneo accumulo di rifiuti che non rispetti le regole del deposito).

Va sostenuto con fermezza che la verifica di un deposito temporaneo che non rispetti le caratteristiche previste ex lege integri gli estremi delle fattispecie connesse alla gestione dello stoccaggio189: si può di conseguenza verificare un deposito preliminare ovvero una messa in riserva dei rifiuti qualora essi siano diretti al recupero.

La valutazione della situazione di fatto è sempre comunque rimessa agli operatori di p.g. che intervengono; è evidente, infatti che l’eventuale accertamento che i rifiuti detenuti all’interno del deposito siano presenti da lungo tempo unitamente ad altre circostanze che facciano presumere come in realtà all’interno dell’azienda sia stata costituita una vera e propria discarica origineranno una responsabilità per l’illecito di realizzazione di discarica abusiva. 190

189 L’art. 183 TUA definisce lo stoccaggio come “le attività di smaltimento consistenti nelle operazioni di deposito

preliminare di rifiuti di cui al punto D15 dell'allegato B alla parte quarta del presente decreto, nonché le attività di recupero consistenti nelle operazioni di messa in riserva di rifiuti di cui al punto R13 dell'allegato C alla medesima parte quarta”. Si veda Sez. 3, Sentenza n. 11802 del 29/01/2009 Ud. (dep. 18/03/2009 ) Rv. 243402 “Il reato di deposito incontrollato di rifiuti si configura ogniqualvolta si accerti un'attività di stoccaggio e smaltimento di materiali, costituiti anche in parte da rifiuti, abusivamente ammassati su una determinata area rientrante nella disponibilità del reo. (La Corte, nell'enunciare tale principio, ha precisato che non v'è alcun obbligo per il giudice di pronunciare assoluzione parziale nel caso in cui parte dei materiali depositati in maniera incontrollata siano esclusi dal novero dei rifiuti).”

190 Cfr Sez. 3, Sentenza n. 49911 del 10/11/2009 Ud. (dep. 30/12/2009 ) Rv. 245865 ”In tema di gestione dei rifiuti,

allorché il deposito degli stessi manchi dei requisiti fissati dall'art. 6 lett. m) D.Lgs. n. 22 del 1997 (ora art. 183 D.Lgs. 3 aprile 2006 n. 152) per essere qualificato quale temporaneo, si realizzano, secondo i casi: a) un deposito preliminare, sanzionato dall'art. 51 D.Lgs. n. 22 del 1997 (ora art. 256, comma primo, D.Lgs. n. 152 del 2006), se il collocamento dei rifiuti è prodromico ad una operazione di smaltimento; b) una messa in riserva in attesa di recupero, sanzionata dall'art. 51, comma primo, del D.Lgs. n. 22 del 1997 (ora art. 256, comma primo, del D.Lgs. n. 152 del 2006), che, quale forma di gestione, richiede il titolo autorizzativo; c) un deposito incontrollato od abbandono, sanzionato, amministrativamente o penalmente, secondo i casi, dagli artt. 50 e 51, comma secondo, del D.Lgs. n. 22 del 1997 (ora artt. 255 e 256, comma secondo, D.Lgs. 152 del 2006), quando i rifiuti non sono destinati ad operazioni di smaltimento o di recupero; d) una discarica abusiva, sanzionata dall'art. 51, comma

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2.2 Acqua di scarico o rifiuto liquido? Dalla definizione del confine terminologico

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