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Acqua di scarico o rifiuto liquido? Dalla definizione del confine terminologico importanti ricadute in tema di disciplina da adottare

Sezione II: le questioni “spinose”

2.2 Acqua di scarico o rifiuto liquido? Dalla definizione del confine terminologico importanti ricadute in tema di disciplina da adottare

Una delle problematiche di maggior rilievo in materia ambientale, e nella specifica tematica dei rifiuti, concerne la esatta delimitazione del discrimine tra il concetto di scarico e quello di rifiuto liquido, ovvero, più in generale tra la normativa sulle acque contenuta nella parte terza del TUA e quella su rifiuti di cui alla parte quarta. Trattasi di questione che per anni ha rappresentato uno dei temi maggiormente dibattuti in dottrina, a partire dal D.Lgs 22/97, passando per il D.Lgs 152/99 ed arrivando alle definizioni contenute nel testo unico ambientale, così come modificato dal D.Lgs 205/2010.191 La tematica è estremo interesse perché consente di analizzare altresì il grosso appeal che la disciplina sui rifiuti liquidi rappresenta per la criminalità specie quella organizzata, certamente attratta dalla possibilità di gestione di un traffico di relativamente semplice sparizione.

Nella versione originaria del D.Lgs 152/2006 l’art. 185 escludeva dall’ambito di applicazione della parte quarta, tra le altre cose, le acque di scarico eccettuati i rifiuti liquidi; detta situazione ha subito un profondo mutamento ad opera della Direttiva 2008/99/CE e del conseguente Decreto legislativo di recepimento che ha modificato l’art. 185 TUA prevedendo l’esclusione dell’applicazione della parte quarta del testo unico alle sole acque di scarico.

Il venir meno della eccezione sui rifiuti liquidi potrebbe far propendere per un ritorno al passato e la sottoposizione di tutti gli scarichi alla normativa in materia di acque. In realtà a ben guardare le cose stanno molto diversamente: un supporto è offerto dalla definizione contenuta nel Tua all’art. 74 comma 1 lett ff) secondo il quale è da considerarsi scarico “qualsiasi immissione

effettuata esclusivamente tramite un sistema stabile di collettamento che collega senza soluzione di continuità il ciclo di produzione del refluo con il corpo ricettore acque superficiali, sul suolo, nel sottosuolo e in rete fognaria, indipendentemente dalla loro natura inquinante, anche sottoposte a preventivo trattamento di depurazione. Sono esclusi i rilasci di acque previsti all'art. 114” mentre per acque di scarico sono da intendersi tutte le acque reflue provenienti da

uno scarico. Come logica conseguenza deve concludersi che tutto ciò che non rientra strettamente nella definizione di acqua di scarico sia da assoggettarsi anche alla parte quarta del TUA.

terzo, del D.Lgs. n. 22 del 1997 (ora art. 256, comma terzo, D.Lgs. n. 152 del 2006), quando l'abbandono è reiterato nel tempo e rilevante in termini spaziali e quantitativi.”

191 Sul tema cfr S. Maglia, Sversamento occasionale di acque reflue: scarico o rifiuto liquido? In Ambiente &

85 In sostanza la parte quarta del testo Unico ambientale disciplina i rifiuti allo stato liquido mentre la terza si occupa delle acque di scarico: la disciplina degli impianti di trattamento dei rifiuti liquidi e le ulteriori operazioni che presuppongono il trasporto non canalizzato delle acque di processo ricade sotto la parte quarta TUA mentre rientreranno nella disciplina delle acque le sole operazioni connesse allo scarico ovvero all’immissione diretta e al trattamento delle stesse poste in essere dallo stesso titolare dello scarico.192

In particolar modo i rifiuti liquidi costituiti da acque reflue saranno sempre assoggettati alla parte IV TUA a partire dalla fase iniziale dello stoccaggio (ovvero deposito temporaneo) fino ad arrivare allo smaltimento passando per il loro trasporto.

Individuare l’esatto discrimine rappresenta un’operazione di straordinaria importanza giacché la parte terza del Codice dell’ambiente prevede un corredo sanzionatorio assai più blando e microcriminalizzato rispetto alla parte quarta, anche da un punto di vista delle autorizzazioni e dei controlli.

Esempio tipico della situazione descritta può essere lo scarico indiretto ovvero quello della immissione delle acque reflue non in maniera diretta bensì tramite autospurgo in impianti di smaltimento di acque reflue urbane: nella situazione de quo l’impianto ricevente tali scarichi conferiti in maniera indiretta riceve in sostanza rifiuti liquidi da smaltire ai sensi dalla normativa in tema di rifiuti ed assoggettati alle autorizzazioni e sistema sanzionatorio previsto. La separazione dell’acqua reflua dallo scarico trasforma automaticamente la stessa in rifiuto.193 Tale orientamento è peraltro confermato dalla Suprema Corte di Cassazione: “Lo sversamento in

acque superficiali di reflui provenienti da frantoi oleari mediante "ruscellamento" integra, in assenza di un sistema di collettamento tra il luogo di fuoriuscita del refluo e quello del recapito, il reato di gestione non autorizzata di rifiuti allo stato liquido, sanzionato dall'art. 256, commi

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Dal volume M. Santoloci V. Vattani Tecniche di polizia giudiziaria ambientale Edizioni giuridiche ambiente 2014. Gli Autori aggiungono che “la costruzione di geografia politica e giuridica del settore presenta il rifiuto liquido della parte quarta del D.Lgs 152/2006 come categoria generale di base; le acque di scarico provenienti solo dallo scarico costituiscono una specie di sottocategoria particolare che esula dal campo regolamentativo delle disposizioni sui rifiuti. Pur tuttavia ove tale scarico cessi di essere diretto (e cioè venga spezzata la linea di riversamento immediato tra ciclo produttivo e corpo ricettore) e venga di conseguenza realizzato uno scarico in vasca o comunque con trasporto altrove dei liquami in via mediata ed indiretta, tale interruzione funzionale del nesso di collegamento diretto ciclo produttivo/corpo ricettore trasforma automaticamente il liquame di scarico in un ordinario rifiuto liquido. (…). Ciò che rileva ai fini dell’individuazione della disciplina da applicare non è dunque lo stato fisico della sostanza bensì l’immissione, diretta o meno, in un corpo ricettore e, in questo secondo caso, se trattasi di rifiuto liquido o di acqua reflua.”

193 A conferma cfr Cass. Pen. Sez. 3, Sentenza n. 15652 del 16/03/2011 Ud. (dep. 20/04/2011 ) Rv. 25000 “Sono da

considerarsi rifiuti allo stato liquido, soggetti alla disciplina dell'art. 256 del D.Lgs. n. 152 del 2006, gli effluenti di allevamento di bestiame che, in luogo di defluire direttamente nelle condotte di scarico, siano raccolti in apposite

vasche a tempo indeterminato”. Nello stesso senso

Sez. 3, Sentenza n. 22036 del 13/04/2010 Ud. (dep. 10/06/2010 ) Rv. 247627 Sez. 3 Sentenza n .35138 del 18/06/2009 Ud. (dep. 10/09/2009 ) Rv. 244783.

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primo e secondo, del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152.”194 Ancora la Suprema Corte ha avuto occasione di sottolineare come in senso giuridico uno scarico possa essere integrato da un qualsivoglia sistema di deflusso in grado di canalizzare senza soluzione di continuità i reflui dal luogo di produzione fino al copro ricettore.195

In materia si segnala la recente modifica in materia ambientale introdotta con legge 9 agosto 2013, n. 98 di conversione, con modificazioni, del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, Disposizioni urgenti per il rilancio dell'economia196 il cui articolo 41197 si è occupato di

194 Sez. 3, Sentenza n. 25037 del 25/05/2011 Ud. (dep. 22/06/2011 ) Rv. 250617. Nella specie, le acque di

lavorazione del frantoio venivano sversate attraverso un tombino, collegato mediante un tubo al frantoio, sul terreno limitrofo e di qui, per effetto di ruscellamento, confluivano in un canale d'acqua.

195 Cass. Pen. Sez. III n. 35888 del 26 ottobre 2006. 196 (G.U. n. 194 del 20 agosto 2013).

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Art. 41 Decreto Legge 2013/69 (Disposizioni in materia ambientale) 1. L'articolo 243 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni, è sostituito dal seguente: «Art. 243. (Gestione delle acque sotterranee emunte) ((1. Al fine di impedire e arrestare l'inquinamento delle acque sotterranee nei siti contaminati, oltre ad adottare le necessarie misure di messa in sicurezza e di prevenzione dell'inquinamento delle acque, anche tramite con terminazione idraulica con emungimento e trattamento, devono essere individuate e adottate le migliori tecniche disponibili per eliminare, anche mediante trattamento secondo quanto previsto dall'articolo 242, o isolare le fonti di contaminazione dirette e indirette; in caso di emungimento e trattamento delle acque sotterranee deve essere valutata la possibilità tecnica di utilizzazione delle acque emunte nei cicli produttivi in esercizio nel sito, in conformità' alle finalità' generali e agli obiettivi di conservazione e risparmio delle risorse idriche stabiliti nella parte terza. 2. Il ricorso al barrieramento fisico è consentito solo nel caso in cui non sia possibile conseguire altrimenti gli obiettivi di cui al comma 1 secondo le modalità dallo stesso previste)). 3. Ove non si proceda ai sensi dei commi 1 e 2, l'immissione di acque emunte in corpi idrici superficiali o in fognatura deve avvenire previo trattamento depurativo da effettuare presso un apposito impianto di trattamento delle acque di falda o presso gli impianti di trattamento delle acque reflue industriali esistenti e in esercizio in loco, che risultino tecnicamente idonei. 4. Le acque emunte convogliate tramite un sistema stabile di collettamento che collega senza soluzione di continuità il punto di prelievo di tali acque con il punto di immissione delle stesse, previo trattamento di depurazione, in corpo ricettore, sono assimilate alle acque reflue industriali che provengono da uno scarico e come tali soggette al regime di cui alla parte terza. ((5. In deroga a quanto previsto dal comma 1 dell'articolo 104, ai soli fini della bonifica, è ammessa la reimmissione, previo trattamento, delle acque sotterranee nello stesso acquifero da cui sono emunte. A tal fine il progetto di cui all'articolo 242 deve indicare la tipologia di trattamento, le caratteristiche qualitative e quantitative delle acque reimmesse, le modalità di reimmissione e le misure di controllo e monitoraggio della porzione di acquifero interessata; le acque emunte possono essere reimmesse anche mediante reiterati cicli di emungimento, trattamento e reimmissione, e non devono contenere altre acque di scarico ne' altre sostanze ad eccezione di sostanze necessarie per la bonifica espressamente autorizzate, con particolare riferimento alle quantità utilizzabili e alle modalità d'impiego. 6. Il trattamento delle acque emunte deve garantire un'effettiva riduzione della massa delle sostanze inquinanti scaricate in corpo ricettore, al fine di evitare il mero trasferimento della contaminazione presente nelle acque sotterranee ai corpi idrici superficiali))». La legge di conversione ha così modificato All'articolo 41: al comma 1, capoverso «Art. 243»: i commi 1 e 2 sono sostituiti dai seguenti: «1. Al fine di impedire e arrestare l'inquinamento delle acque sotterranee nei siti contaminati, oltre ad adottare le necessarie misure di messa in sicurezza e di prevenzione dell'inquinamento delle acque, anche tramite conterminazione idraulica con emungimento e trattamento, devono essere individuate e adottate le migliori tecniche disponibili per eliminare, anche mediante trattamento secondo quanto previsto dall'articolo 242, o isolare le fonti di contaminazione dirette e indirette; in caso di emungimento e trattamento delle acque sotterranee deve essere valutata la possibilità tecnica di utilizzazione delle acque emunte nei cicli produttivi in esercizio nel sito, in conformità alle finalità generali e agli obiettivi di conservazione e risparmio delle risorse idriche stabiliti nella parte terza. 2. Il ricorso al barrieramento fisico è consentito solo nel caso in cui non sia possibile conseguire altrimenti gli obiettivi di cui al comma 1 secondo le modalità dallo stesso previste»; i commi 5 e 6 sono sostituiti dai seguenti: «5. In deroga a quanto previsto dal comma 1 dell'articolo 104, ai soli fini della bonifica, e' ammessa la reimmissione, previo trattamento, delle acque sotterranee nello stesso acquifero da cui sono emunte. A tal fine il progetto di cui all'articolo 242 deve indicare la tipologia di trattamento, le

87 confermare la assimilazione delle acque reflue industriali che provengano da scarico indiretto ai rifiuti liquidi sottoposti quindi alla disciplina sui rifiuti. Su tale novella si è espresso altresì il Consiglio di Stato con sentenza del 6 dicembre 2013 n. 5857.

Per completezza si ricorda l’art. 127 - Fanghi derivanti dal trattamento delle acque reflue come modificato dal Decreto Legislativo 16 gennaio 2008, n. 4. “Ferma restando la disciplina di cui

al decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 99, i fanghi derivanti dal trattamento delle acque reflue sono sottoposti alla disciplina dei rifiuti, ove applicabile e alla fine del complessivo processo di trattamento effettuato nell'impianto di depurazione. I fanghi devono essere riutilizzati ogni qualvolta il loro reimpiego risulti appropriato. 2. E' vietato lo smaltimento dei fanghi nelle acque superficiali dolci e salmastre.”

Sotto un profilo di prevenzione e repressione delle ipotesi delittuose nell’ambito dei rifiuti liquidi va operata la netta distinzione tra un’operazione di smaltimento di rifiuti liquidi mediante riversamento all’esterno e le altre ipotesi in apparenza contigue di scarico di liquami di acque reflue non autorizzato: si deve osservare, infatti, come un rifiuto liquido rientrante nella parte quarta TUA non potrà in alcun modo divenire acqua reflua oggetto di qualsiasi forma di smaltimento; nel caso in cui, quindi, dovesse verificarsi tale riversamento saremmo di fronte ad un’autentica operazione di smaltimento illecito di rifiuti come tale regolamentata dalla parte quarta TUA.

In conclusione pare opportuna una riflessione sulla esatta natura di un componente estremamente particolare ovvero il “percolato di discarica” definito ad opera del D.Lgs 36/2003198

come il “liquido che si origina prevalentemente dall’infiltrazione di acqua nella massa di rifiuti o dalla

decomposizione degli stessi”. Tale sostanza necessita di una puntuale e precisa regolamentazione

in assenza della quale rischieremmo di vedere riversata la massa enorme di liquidi provenienti dalla decomposizione dei rifiuti ovvero dal loro deposito presso le discariche nei vicini affluenti, ovvero nelle falde, laddove la discarica non fosse provvista degli adeguati sistemi di

caratteristiche qualitative e quantitative delle acque reimmesse, le modalità di reimmissione e le misure di controllo e monitoraggio della porzione di acquifero interessata; le acque emunte possono essere reimmesse anche mediante reiterati cicli di emungimento, trattamento e reimmissione, e non devono contenere altre acque di scarico ne' altre sostanze ad eccezione di sostanze necessarie per la bonifica espressamente autorizzate, con particolare riferimento alle quantità utilizzabili e alle modalità d'impiego. 6. Il trattamento delle acque emunte deve garantire un'effettiva riduzione della massa delle sostanze inquinanti scaricate in corpo ricettore, al fine di evitare il mero trasferimento della contaminazione presente nelle acque sotterranee ai corpi idrici superficiali».

198 Decreto Legislativo 13 gennaio 2003, n. 36 Attuazione della direttiva 1999/31/CE relativa alle discariche di

rifiuti pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 59 del 12 marzo 2003 - Supplemento Ordinario n. 40. L’allegato I del suddetto decreto si occupa della definizione dei criteri costruttivi e gestionali degli impianti di discarica indicando i requisiti di ubicazione, modalità del deposito e gestione del percolato.

88 impermeabilizzazione e di raccolta e gestione del percolato. L’inquadramento del percolato all’interno degli scarichi ovvero dei rifiuti liquidi consente di poter contestare, in presenza di un accertato riversamento, rispettivamente uno scarico abusivo ovvero la fattispecie, decisamente più grave, di smaltimento illegale di rifiuti liquidi.

A parere di chi scrive è proprio la normativa di riferimento ovvero il sopra indicato Decreto ad individuare nel percolato un rifiuto liquido199 con tutte le conseguenze che ne derivano sostenendo che “devono essere adottate tecniche di coltivazione e gestionali atte a minimizzare

l'infiltrazione dell'acqua meteorica nella massa dei rifiuti. Per quanto consentito dalla tecnologia, tali acque meteoriche devono essere allontanate dal perimetro dell'impianto per gravità, anche a mezzo di idonee canalizzazioni dimensionate sulla base delle piogge più intense con tempo di ritorno di 10 anni. Il percolato e le acque di discarica devono essere captati, raccolti e smaltiti per tutto il tempo di vita della discarica, secondo quanto stabilito nell'autorizzazione, e comunque per un tempo non inferiore a 30 anni dalla data di chiusura definitiva dell'impianto. Il sistema di raccolta del percolato deve essere progettato e gestito in modo da:

- minimizzare il battente idraulico di percolato sul fondo della discarica al minimo compatibile con i sistemi di sollevamento e di estrazione;

- prevenire intasamenti ed occlusioni per tutto il periodo di funzionamento previsto; - resistere all'attacco chimico dell'ambiente della discarica;

- sopportare i carichi previsti. Il percolato e le acque raccolte devono essere trattate in impianto tecnicamente idoneo di trattamento al fine di garantirne lo scarico nel rispetto dei limiti previsti dalla normativa vigente in materia. La concentrazione del percolato può essere autorizzata solo nel caso in cui contribuisca all'abbassamento del relativo battente idraulico; il concentrato può rimanere confinato all'interno della discarica.”200

Che il percolato sia da considerarsi rifiuto liquido non già scarico è del resto un orientamento condiviso dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione.201

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Dello stesso avviso M. Santoloci “Nel campo dei liquami tutti va rilevato che il principio generale di base trasversale e preliminare è certamente la disciplina giuridica del confine tra scarico e rifiuto liquido che vede nel riversamento diretto senza soluzione di continuità l’elemento principale di discrimine per l’applicazione dell’una o dell’altra disciplina. (…) sembra molto più logico ipotizzare che quando il liquame del percolato si origina e nasce all’interno della discarica, legale o abusiva, per decomposizione fisiologica dei rifiuti ivi smaltiti, sia comunque un rifiuto liquido da considerare tale a tutti gli effetti gestionali ed anche sanzionatori.” In M- Santoloci, V. Vattani, Rifiuti e non rifiuti, cit. pag. 112.

200 Art. 2.3 Allegato 1 Decreto legislativo 36/2003. 201

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