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Il diritto penale ambientale quale tutela di funzioni?

La maggior parte delle disposizioni incriminatrici contenute nel D. Lgs 152/06 possono ricondursi al modello “sanzionatorio puro” ovvero norme la cui concretizzazione è strettamente connessa alla inosservanza di disposizioni di natura amministrativa, originando una sorta di “accessorietà” del diritto penale a quello amministrativo. Il necessario bilanciamento con attività produttive, caratterizzate da un indubbio coefficiente di adeguatezza sociale, rendono le aggressioni all’ambiente rilevanti e punibili solo allorquando si sostanzino nel superamento di specifiche soglie di rischio di volta in volta individuate dalle authorities pubbliche situate sul territorio.

Allo stato attuale, comunque, alla normativa contenuta nel testo unico si affiancano una moltitudine di diposizioni, originando quel caleidoscopio normativo che rende più complessa anche una trattazione unitaria della materia. In questo senso si afferma che il diritto penale dell’ambiente non tutelerebbe beni giuridici bensì funzioni amministrative, ovvero le attività di pianificazione e controllo delle pubbliche amministrazioni nei diversi settori: la “tutela di

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provocherebbe un’anticipazione della tutela penale rispetto a condotte di per sé non offensive del bene finale ma ostative alla conoscenza di determinate attività potenzialmente pericolose per il bene ambiente. A parere di chi scrive, non può mai, ad ogni modo, perdersi di vista il bene giuridico finale e la sua funzione anche in punto di offensività.

E’ possibile, tuttavia, cercare di ricomporre alcuni tratti costanti, presenti in tutti i sotto sistemi di tutela ambientale ovvero individuare nell’atteggiamento del legislatore degli indicatori politico- criminali comuni: il ricorso quasi esclusivo a fattispecie di pericolo astratto, unitamente alla riluttanza al trasferimento delle fattispecie ambientali nel codice penale, onde conferire loro un maggior grado di efficacia general-preventiva, spiegano le difficoltà nell’individuare una dogmatica del diritto penale ambientale.

Prendendo le mosse proprio dalla costruzione del Testo Unico in materia ambientale, che, ai sensi del suo art. 2 “ha come obiettivo primario la promozione dei livelli di qualità della vita

umana, da realizzare attraverso la salvaguardia ed il miglioramento delle condizioni dell’ambiente e l’utilizzazione accorta e razionale delle risorse naturali”, è possibile individuare

differenti tecniche di costruzione degli illeciti:

- un primo tipo, cui fanno riferimento gli illeciti in tema di acqua, aria e rifiuti si incentra sull’esercizio di una determinata attività in assenza di autorizzazione o con autorizzazione sospesa o revocata;

- a questa categoria vanno aggiunti gli illeciti il cui contegno criminoso si concretizza nella mancata segnalazione alle Autorità di dati rilevanti, quando l’obbligo di comunicazione derivi da atti aventi natura amministrativa;87

- vanno, in conclusione, aggiunte le condotte legate al superamento di valori limite di emissione e/o immissione di sostanze nocive per l’ambiente, generalmente ubicate in allegati o in tabelle la cui compilazione e aggiornamento spettano solitamente a organi amministrativi come il Ministro dell’ambiente e che vengono richiamati dalle fattispecie penali incriminatrici, e quelle in cui l’illecito penale si concretizza nella inosservanza di disposizioni di provvedimenti individuali e concreti emanati dall’Autorità di controllo. A tali modelli sfuggono due ipotesi: quella di omessa bonifica e l’attività organizzata per il traffico illecito di rifiuti: si tratta di fattispecie dove prevalgono requisiti squisitamente

86 Sulla tutela di funzioni si veda D. Pulitanò, Diritto Penale, V ed. Torino, 2013, pag. 122 seg.

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Esempi di questa categoria si ritrovano negli artt. 137 comma 7 Cod. Amb., 114 sulla tutela delle acque e 279 comma 3 sulla tutela dell’aria.

36 penalistici (nel caso del traffico illecito il raccordo con la disciplina amministrativa è rappresentato dalla abusività nella gestione dei rifiuti).

Anche se la maggior parte delle fattispecie penali ambientali è strutturata come reato comune, il legame con la disciplina amministrativa, unitamente alle condizioni economiche in cui la criminalità ambientale prospera comportano la qualificazione di numerose fattispecie come reato proprio; emblematico è il settore dei rifiuti, dove le norme penali sanzionano comportamenti posti in essere necessariamente come attività organizzate di mezzi e persone frutto di vere e proprie scelte imprenditoriali; in questo quadro si inserisce, evidentemente, la responsabilità amministrativa degli enti per reati ambientali, introdotta nel nostro ordinamento solo ad opera del D.Lgs 121/2011 ed in ottemperanza alle Direttive CE 2008/99 e 2009/123. Il catalogo dei reati presupposto, contenuto attualmente nell’art. 25 undecies del D.Lgs 231/2001 risulta molto nutrito e fa riferimento a numerose fattispecie in tema di gestione abusiva di rifiuti, inquinamento idrico ed atmosferico;88 pur se la verifica attuale dimostra la scarsa applicazione della disciplina descritta essa, potenzialmente, si presta ad una più massiccia ed efficace azione rispetto alle originarie intenzioni del D.Lgs 231/2001.89

Si auspica che la disciplina così come modificata possa influenzare, altresì, le scelte di politica aziendale e l’adozione (ovvero il miglioramento) dei modelli di organizzazione, che, ove reputati idonei, potranno mandare l’ente esente da responsabilità.90

Si è già detto che l’ordinamento interno in materia ambientale si presenta altamente disorganizzato e frammentato in una serie di disposizioni aventi non solo natura penale o amministrativa ma anche civile che danno vita ad un corpus normativo di difficile lettura, resa ancor più spinosa dalla obbligata integrazione delle fonti di derivazione comunitaria.

A questa frammentarietà ha cercato di porre rimedio, come sovente accade, la giurisprudenza assumendo un ruolo vicariale ed ampliando lo spettro applicativo di alcune disposizioni “mediatamente ambientali” nate per tutelare altri interessi (dominicali o pubblicistici) ed adattate alle necessità che di volta in volta venivano in rilievo. Vi è infatti nel nostro codice

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Restano, tuttavia, inspiegabilmente escluse le fattispecie ambientali più gravi come, ad esempio, il disastro ambientale.

89 Emblematico è il caso dell’ILVA di Taranto dove è stato disposto sequestro preventivo funzionale alla successiva

confisca per equivalente ai sensi degli artt. 53 e 19 co. 2 D.Lgs 231/2001 di beni in disponibilità delle società ILVA s.p.a. e RIVA F.I.R.E. s.p.a. per un totale di 8 miliardi e 100 milioni di euro. Si veda Trib. Di Taranto, Uff. GIP 24 maggio 2013.

90 Strettamente connesso al tema è la responsabilità dei soggetti che rivestano posizioni apicali e la c.d. delega di

funzioni; per un’analisi cfr. T. Vitarelli, Profili penali della delega di funzioni: l’organizzazione aziendale nei settori della sicurezza sul lavoro, dell’ambiente e degli obblighi tributari, Milano, 2008.

37 penale, una cospicua serie di fattispecie create per la tutela di interessi differenti che, attraverso un’interpretazione adeguatrice, possono fornire una copertura anche a quelle condotte lesive del bene ambiente.91Tale ruolo si è reso necessario dal momento che nella nostra carta fondamentale, come noto, non si rinvenivano norme volte direttamente alla tutela ambientale la cui protezione si riconduceva agli articoli ad essa strettamente correlati (art. 9 sulla tutela del paesaggio ed art. 32 sulla tutela della salute); bisognerà infatti attendere la riforma costituzionale del 2001 per vedere apparire il termine ambiente sia pure con riferimento esclusivo al riparto di competenze tra Stato e regioni sulla materia. Alla evoluzione giurisprudenziale si accompagna, invertendo i termini che solitamente andrebbero rispettati, una sempre più crescente produzione normativa destinata di volta in volta a disciplinare singoli sotto settori della materia ambientale.92 Nel corso degli ultimi trenta anni si è assistito al passaggio da una assoluta mancanza di disposizioni penali in materia di ambiente a quello che, è stato correttamente definito un «inquinamento da leggi»;93 tale situazione si spiega, tra gli altri motivi, con il consueto atteggiamento del legislatore italiano, capace di dar vita ad interi corpi normativi destinati alla risoluzione delle emergenze contingenti ed alla soddisfazione delle istanze della società.

La frammentarietà del sistema non può non tradursi anche in una frammentarietà dal punto di vista dell’apparato sanzionatorio composto da un articolato corredo di sanzioni penali, amministrative e civili. Non solo, inoltre, vi è frammentarietà di tutela sotto il profilo sostanziale, dei comandi e dei divieti, e sotto il profilo sanzionatorio, che si articola in sanzioni civili, penali e amministrative, ma vi è disomogeneità di tutela anche sotto il profilo processuale, atteso che ogni sanzione è soggetta a regimi impugnatori e spesso anche a giurisdizioni diverse, con conseguenze che possono portare, paradossalmente, ad una maggiore gravità in concreto dalla sanzione amministrativa rispetto a quella penale, come più avanti verrà evidenziato.

Allo stato attuale, resta da registrare la preminenza delle sanzioni amministrative nella violazione degli illeciti ambientali: esse hanno trovato compiuta sistemazione con la L. 689/1981, relativa

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Si vedano, ad esempio i reati contro l'incolumità pubblica (423 e ss. c.p., incendio, incendio boschivo, danneggiamento seguito da incendio, incendio colposo, inondazione, frana o valanga; 674 c.p., getto pericoloso di cose), contro la salute pubblica (439 c.p. e ss., avvelenamento di acque o di sostanze alimentari, diffusione di una malattia delle piante o degli animali), contro la proprietà e il possesso (632 c.p. e ss., deviazione di acque e modificazione dello stato dei luoghi, danneggiamento, deturpamento e imbrattamento di cose altrui; 733 c.p., danneggiamento al patrimonio archeologico, storico o artistico nazionale; 734 c.p. distruzione o deturpamento di bellezze naturali), contro l'ordine pubblico (650 c.c., inosservanza dei provvedimenti dell'Autorità) o contro la quiete pubblica (659 c.p., disturbo delle occupazioni e del riposto delle persone); reati che però ben si attagliano a colpire condotte consistenti in emissioni inquinanti o tali da modificare specifiche caratteristiche o conformazioni dell'ecosistema.

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Si veda ad esempio la L. 319/1976 in tema di tutela delle acque dall'inquinamento, la L. 431/1985 in tema di tutela delle zone di particolare interesse ambientale e la L. 349/1986 che ha istituito il Ministero dell'ambiente ma, soprattutto, introdotto le prime norme in materia di danno ambientale.

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38 formalmente all'illecito depenalizzato, ma di fatto volta all'introduzione di norme uniformi per tutti gli illeciti amministrativi; il provvedimento in questione ha disciplinato i criteri di responsabilizzazione, le cause di esclusione, i termini di contestazione e di prescrizione, talora in modo identico alle fattispecie contravvenzionali, talora in via del tutto autonoma.

La predilezione del legislatore italiano per la sanzione amministrativa rispetto a quella penale, anche in controtendenza rispetto a quelli che erano gli indirizzi dettati dalle fonti comunitari può spiegarsi con diverse ragioni: in primis il titolo di incriminazione abbraccia indifferentemente dolo e colpa potendo in tal modo porsi a copertura di ipotesi talmente labili da essere situate in contiguità con forme di responsabilità oggettiva; inoltre la sanzione amministrativa risulta essere, sia pure paradossalmente, maggiormente efficace e, soprattutto, certa, rispetto a quella penale - è proprio dell'illecito amministrativo l'essere frutto non già di un processo, volto alla determinazione della pena, come accade invece per l'illecito penale, ma di un procedimento amministrativo, decisamente più snello, nonostante le garanzie specifiche previste per il relativo iter della L. 689/1981. A questi elementi va aggiunto il vantaggio indiscusso per le amministrazioni locali di fare ricorso massiccio alle sanzioni amministrative giacché i proventi da esse derivanti rappresentano un’importante fonte di finanziamento delle attività dell'ente; ciò anche nel caso in cui essi siano vincolati all'espletamento di specifiche attività di miglioramento ambientale.

Da ultimo corre l’obbligo sottolineare la maggiore efficienza del sistema amministrativo rispetto a quello penale che risente di un eccessivo carico di lavoro e di una cronica mancanza di fondi tale da rendere la preparazione e specializzazione dei giudici difficilmente praticabile e lo svolgimento di indagini altamente complesse quali risultano essere quelle in materia ambientale praticamente impossibile. Le difficoltà nell’espletamento di adeguate verifiche sono connesse alla particolarità delle indagini in materia ambientale le cui peculiarità rendono imprescindibile non soltanto una completa conoscenza delle metodiche investigative e della procedura penale, ma anche competenze tecniche richieste dalla natura dei controlli da effettuare.94

Alle suindicate difficoltà sono da aggiungersi la limitazione territoriale imposta dalla legge, e la scarsa collaborazione che si verifica in alcune ipotesi con le amministrazioni locali.

Il regime complesso delle sanzioni ambientali è, in conclusione, complicato dal fatto che, accanto a sanzioni afflittive, con cui viene irrogata una pena pecuniaria, vi sono anche sanzioni

94 Tutto ciò nonostante la presenza di numerosi reparti ad elevata specializzazione costituiti tra le forze di polizia

«tradizionali» (Carabinieri, Corpo forestale, Guardia di Finanza) e il contributo importantissimo, per conoscenza del territorio ed apporto di personale, delle polizie locali otre ad altri soggetti come, ad esempio, i tecnici ARPA.

39 recuperatorie, volte al ripristino dello stato dei luoghi e in genere all'eliminazione della lesione arrecata alla risorsa ambientale tutelata dalla disposizione incriminatrice.95

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