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L’Ecomuseo è un’esperienza che esiste grazie al lavoro degli operatori che vi impiegano il proprio know-how e lo hanno potuto fare per una serie di elementi favorevoli: la collaborazione con Fondazione Con il Sud; le relazioni di intesa con la Giunta Comunale; il background degli operatori frutto della possibilità che hanno avuto di accedere ad una formazione di alto livello, alcuni formandosi in importanti centri di ricerca, altri

178 rimanendo in Sicilia, che ha permesso loro di avere un tipo di preparazione adeguata alla possibilità di intercettare e interpretare gli input dei Finanziatori in maniera valida e vincente.

Il quartiere di Sant’Erasmo rimane una porzione di città sulla quale si stanno sperimentando modi e forme ascrivibili all’Innovazione Sociale in quanto i fattori impiegati hanno:

- introdotto un nuovo modello di gestire la cultura (pubblico-privata che si serve del coinvolgimento dei cittadini per la produzione di contenuti culturali),

- erogando servizi, soprattutto educativi, che supportano le famiglie nel delicato compito dell’educazione dei propri figli (non è dato sapere se i servizi sono migliori rispetto a quelli delle alternative esistenti, ma senza dubbio è un servizio in più in un quartiere difficile e questo va a incidere sull’eventualità di dover far spostare le persone per accedere ai medesimi servizi in altre parti della città;

- creando nuove relazioni, oltre le mere collaborazioni locali, anche a livello nazionale e internazionale con soggetti che operano nel medesimo settore accrescendo il potenziale di diffusione dell’esperienza (l’Ecomuseo è un’esperienza molto nota nel panorama della Social Innovation italiano);

- rappresentando potenzialmente un luogo del quale servirsi per esercitare pratiche partecipative, ma che stentano ad affermarsi per difficoltà che Clac rintraccia nella scarsa adesione dei cittadini al progetto o per una difficoltà di strategia iniziale dell’Associazione stessa che ha poi modificato coinvolgendo le scuole.

Tutti questi effetti degli interventi dell’Ecomuseo occupano uno spazio limitato nel più ampio quadro dei bisogni del territorio, tuttavia esistono e sono facilmente riconoscibili, è solo, però, un modo di approcciarsi al problema dell’esclusione sociale e della deprivazione culturale che non è definitivo. Nell’intervista A5 emerge un termine coniato appositamente dall’intervistato che è “Fuffa Town”52, per rappresentare il fatto che le pratiche che si iscrivono nell’alveo dell’Innovazione sociale mainstream sono pratiche che stentano ad affermarsi, che servono sì a far lavorare professionalità ibride quali quelle dei community manager, dei project manager, degli operatori culturali, di coloro che si occupano di start-up di impresa sociale, ma non vengono considerate seriamente dalle Istituzioni, che continuano su canali tradizionali dando risposte obsolete all’emergere di problemi e bisogni nuovi.

52 Fuffa [fùf-fa] s.f “Roba che non vale niente. Argomentazione inconsistente, senza capo né coda” da

179 Ce la cantiamo e ce la suoniamo da soli. Non importa niente a nessuno

quello che facciamo. Te lo dico dopo 20 anni di esperienza. Il lavoro che stanno facendo i ragazzi dell’Ecomuseo è incredibile e straordinario, per fortuna hanno trovato un Dirigente che li supporta, ma per il resto sono soli [intervista A5].

I gravi problemi ambientali, urbanistici, economici dell’area non possono essere risolti nel breve e forse nemmeno nel lungo periodo con questo tipo interventi così come la retorica sull’innovazione sostiene eppure le risorse economiche sono state investite, le relazioni tra il pubblico ed il privato sono state curate, le professionalità impiegate sono altamente qualificate. È solo una questione di differenti settori di intervento nel senso che i soggetti agenti afferiscono ad un settore che non può risolvere i problemi degli altri campi di intervento? Gli interventi complessi necessitano oltre che di integrazione tra i vari settori d’azione e necessitano anche di un certo grado di contemporaneità, le progettualità spot che non si armonizzano con gli interventi di più ampia portata rischiano di non produrre impatti duraturi. Questa esperienza ci dimostra come alla base delle politiche per l’Innovazione sociale ci siano dei modelli di governance che hanno la capacità di impattare su limitate porzioni del più vasto quadro dei bisogni sociali e che se non accompagnate da politiche di impatto ambientale, urbanistico e di sviluppo economico rischiano di essere non riconosciute e non legittimate dal contesto all’interno delle quali si sviluppano.

Rappresentano senz’altro un modo per dire che alla partecipazione si è badato nei più ampi processi di trasformazione fisica dell’area, ma la natura di queste progettualità per alcuni versi elitaria esclude una fetta importante delle persone che in quei quartieri vivono, a meno che non si tratti di un tipo di partecipazione volta alla mera narrazione del vissuto proprio o del quartiere che è comunque una forma di partecipazione, che produce consapevolezza e conoscenza, ma che rimane fine a se stessa. Pertanto, se il Government si avvale di questi sistemi di assegnazione di risorse da parte di Fondazioni private per coprire il gap partecipativo dei processi di riqualificazione della costa sud di Palermo di fatto cede parte delle proprie prerogative nell’ambito della gestione degli spazi e dei beni pubblici

Il tipo di network relativo all’equilibrio iniziale dei processi di trasformazione urbana nell’area Sud Est della costa palermitana può essere rappresentato come facilmente permeabile poiché alla fase di perdita di legittimazione dovuta all’inefficacia della progettazione degli interventi di riqualificazione fisica dell’area è seguita una fase caratterizzata dalla sollecitazione da parte dell’impresa sociale Clac in relazione alla

180 quale si è manifestato un ampliamento del network stesso. Le pressioni esercitate da Clac e il malcontento generale diffuso all’interno degl assetti della governance hanno fatto sì che il network includesse un nuovo attore, l’impresa sociale appunto. Questo tipo di network ha costitutito le condizioni entro le quali produrre mutamento non solo in termini di reti tra attori, ma anche di risposte a bisogni sociali insoddisfatti mediante risorse inutilizzate generando innovazione sociale.

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Il caso studio Rural Hub: una comunità epistemica

e le politiche per il contrasto alla marginalità delle

aree svantaggiate.