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La scelta di rappresentare la rigenerazione urbana economica e sociale attraverso un approccio spaziale che consideri le aree urbane, quelle rurali e quelle interne è un modo per osservare le forme attraverso le quali i diversi tipi di territorio reagiscono alle trasformazioni economiche, sociali e culturali.

Il presente caso studio è riconducibile al contesto rurale soprattutto per i temi di cui si occupa e verrà osservato in maniera differente rispetto agli altri poiché non si tratta di un singolo progetto dai confini definiti frutto di politiche pubbliche riconoscibili, ma si caratterizza per un’elevata variabilità di approcci e metodi. Vi è, però, un unico aspetto che rimane costante nella miriade di approcci e interazioni con altri attori che è l’ambito di azione e quindi la filosofia dichiarata che sottende gli interventi. Da un punto di vista spazio-temporale vedremo che questo caso studio si sviluppa in più tempi e che poggia su reti di relazioni che vanno dal livello locale a quello internazionale. Infine, al termine della trattazione, potremo scorgere nell’attore di imprenditoria sociale che osserveremo delle modalità di azione molto simili a quelle dei policy makers che attraverso le politiche puntano a costruire modelli capaci di ridurre l’incertezza e mirano a individuare soluzioni a problemi di rilevanza collettiva. Riportiamo qui di seguito un elenco delle peculiarità del caso studio oggetto del presente capitolo, che:

• si compone di una molteplicità di interventi, nasce come Rural Hub svolgendo le attività tipiche di un incubatore di imprese rurali, ma successivamente si dirama generando una nuova realtà associativa, Rural Hack che è un collettivo di ricercatori e studiosi che svolge principalmente attività di advocacy;

182 • si sviluppa in varie forme nel corso del tempo: ninjamarketing nel 2003, Rural

Hub nel 2012, prosegue come Rural Hack dal 2016.

• Il settore di riferimento è quello rurale e tutto ciò che a tale dimensione si collega (questo aspetto rimane nel tempo una costante);

• non ha una collocazione spaziale definita e circoscritta, nasce in un piccolo comune della Campania, ma opera sia nel contesto locale che a livello nazionale ed internazionale;

• è presente l’autorità governativa nell’arena di policy solo nella prima fase, in quanto attore finanziatore e regolatore (quando è Rural Hub), ma procede nelle proprie attività (come Rural Hack) a prescindere dalla presenza o meno dell’attore istituzionale.

• si propone di far dialogare mondi apparentemente inconciliabili quello della tecnologia 4.0 e quello dell’agricoltura, al fine di contrastare la marginalità delle aree rurali ed interne costruendo inconsciamente un modello parallelo e complementare alla Strategia Nazionale delle Aree Interne.

Assumeremo in maniera convenzionale come riferimento territoriale in parte il Comune di Calvanico sede della sperimentazione Rural Hub e la Campania come area più ampia delle attività senza tralasciare le reti nazionali e internazionali che supportano le attività di Rural Hack.

2.

Contesto

La valle dei mulini di Calvanico (Salerno) è l’area all’interno della quale si è sviluppata una delle esperienze più note in Italia nell’ambito dell’innovazione sociale nel settore rurale. Rural Hub è una rete di ricercatori, attivisti, studiosi e manager che a partire dal contesto all’interno del quale operano sono animati dall’interesse di individuare modelli di sviluppo alternativi a quelli attuali per rispondere in maniera più efficace ai bisogni alle imprese rurali emergenti. L’obiettivo principale di Rural Hub è di creare un collegamento tra le realtà innovative, gli investitori e le associazioni di categoria, svolgendo attività sostanzialmente di incubazione al fine di innescare meccanismi di rinnovamento della filiera agroalimentare. Si è scelto il Comune di Calvanico per realizzare il progetto per una serie di fattori, uno su tutti la disponibilità della Residenza Rurale Incartata.

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“La signora Incartata che è di una famiglia nobile di Napoli è la proprietaria di questa residenza, fa l’artista a Milano. Quando le raccontammo il nostro progetto si convinse immediatamente a darcelo in affitto. I primi mesi ci fece usare la struttura gratis e poi ce la fittò ad un prezzo veramente agevolato. Si trattava di una struttura con 20 posti letto, contornata da molti ettari di terreno insomma 1500 euro al mese erano veramente pochi per il valore della struttura e del posto” [Intervista B1].

Calvanico è un piccolo comune del salernitano di circa 1500 abitanti a 600 m s.l.m. con un’estensione di 14,91 kmq che ha attirato su di esso l’attenzione per un certo periodo di tempo grazie a questa sperimentazione che si proponeva come una sfida al paradigma dominante secondo il quale l’innovazione si manifesta esclusivamente nelle grandi città. Calvanico come riportato nel documento di classificazione delle aree rurali proposto dal Ministero per le Politiche Agricole, Ambientali e Forestali fa parte di una macroarea della strategia Leader di tipo D, ossia è un’area rurale con problemi di sviluppo poiché zona svantaggiata in quanto totalmente montana come stabilito dall’art. 18 del Reg. Ce 1257/1999. Il Comune di Calvanico fa parte del Gal “Terra è Vita”.

Questa, quindi, è un’area che, oltre alle sue caratteristiche e condizioni geomorfologiche anche per alcuni fattori insediativi, può essere considerata un’area svantaggiata.

“Il tema delle aree svantaggiate e marginali è stato oggetto non solo di una letteratura scientifica sempre più estesa e spesso di matrice interdisciplinare, ma anche di numerosi provvedimenti legislativi e normativi. Il rapporto tra questi provvedimenti e le riflessioni e le elaborazioni condotte dalle diverse discipline, non sempre si è rivelato efficace e convincente, non solo per la specificità o la parzialità degli angoli visuali di volta in volta assunti dal legislatore nazionale (o comunitario), ma anche per la carenza delle informazioni e per la conseguente insufficiente operabilità del sistema informativo assunto a supporto degli interventi”53.

Nonostante le prospettive e le angolature dalle quali si osserva il contesto territoriale all’interno del quale opera Rural Hub è certa la marginalità che le comunità che vi vivono risentono. Questa condizione di marginalità è aggravata ulteriormente dal fenomeno dello spopolamento che si manifesta in questa come in altre aree simili nel resto del Mezzogiorno.

Partendo dunque dalla constatazione della tipologia di territorio oggetto d’osservazione tenteremo di indagare sui problemi relativi al contesto all’interno del quale viene a prodursi l’innovazione sociale, a quali bisogni sociali si rivolge, che tipo di meccanismi

184 comunitari attiva, che tipo di impatto produce e in che modo gli attori partecipano e quali condizioni ne favoriscono l’emersione.

Cominciamo col ragionare sui caratteri principali del contesto in cui nasce l’esperienza oggetto della nostra indagine. L’area della Valle dei Mulini, ai piedi dei monti Picentini, è un territorio caratterizzato da comunità depositarie di professionalità e saperi legati alla tradizione agricola. Come tutte le aree interne soffre lo spopolamento, fenomeno, questo, che genera la perdita di gran parte della popolazione più giovane. Tuttavia, quell’area sta assistendo, dalla fine degli anni dieci del duemila, quindi nel pieno del manifestarsi degli effetti della crisi economico-finanziaria del 2008, ad un fenomeno di c.d. “ritorno” di coloro che si erano spostati, nelle città più vicine o verso il più ricco nord Italia, per motivi di studio o di lavoro.

“Ad un certo punto ho avuto una fortuna nel momento in cui avevo intuito una cosa avevo visto che c’era intorno al 2010 silentemente un poco di ritorno alle aree interne. Come a Detroit in cui stavano succedendo cose simili anche qua la maggior parte dei miei amici ritornavano a fare i mestieri di una volta con delle derive di passatismo che spingevano però a guardare indietro. Allora ho pensato che c’era bisogno di dare una mano ai progetti dei miei amici che sostanzialmente erano progetti di innovazione sociale, ma che in una prima fase erano progetti individuali mossi dalla volontà di cambiare la loro vita, ma avevano degli impatti sociali e ambientali fortissimi.” [intervista B1].

Il fenomeno di re-embedding54 che si è manifestato dal 2010 in poi è un meccanismo di aggiustamento funzionale alle condizioni socio-economiche che erano mutate anche all’interno delle grandi città. Il ritorno nei paesi di origine di molti giovani emigrati è una delle risposte all’emergere dei nuovi bisogni sociali che nel frattempo si erano acuiti anche nelle aree più ricche del Paese. La reazione di alcuni emigrati di rifugiarsi nelle attività economiche di famiglia nei paesi di origine o persino nelle dinamiche di welfare familiare è un fenomeno esistente che evidenzia la difficoltà di raggiungere autonomia e indipendenza in contesti altamente competitivi come quelli urbani.

“Il problema qual è? Essendoci una forte spinta di risposta alle deviazioni del capitalismo e quindi di una certa globalizzazione, c’era molto cuore nelle scelte di questi giovani, molto entusiasmo, molto coraggio e ancora ce n’è, ma se non fosse stato sostenibile ambientalmente, socialmente ed economicamente tutto questo sarebbe stato destinato a spegnersi e così di fatto è stato per alcuni. Perché quando vedi che a Milano guadagni 5000 € al mese e qui non hai i soldi per pagarti le bollette con la pensione sociale dei genitori il sistema non regge. Allora ho capito che fargli avere successo economico era l’unico modo per stargli vicino, per aiutarli” [intervista B1].

185 Il problema di rilevanza collettiva al quale si tenta di dare risposta con il progetto Rural Hub ha a che fare con questo fenomeno di “rientro” ossia con lo scollamento tra risorse umane altamente qualificate che rientrano nei territori di origine e il tipo di mercato in quegli stessi luoghi incapace di assorbirle. Si scelse di puntare sui processi di rigenerazione economica e sociale delle aree rurali per valorizzare le potenzialità inespresse delle risorse inutilizzate.

A Calvanico all’inizio c’era diffidenza poi quando hanno capito che non ci interessava entrare in politica le persone hanno cominciato a collaborare. Ad uno di noi hanno anche proposto di fare l’Assessore. In molti posti c’è conflittualità. Noi cerchiamo di performare un’alternativa, ma noi facciamo il gioco della vita nostra, questo è quello che ci interessa” [intervista B1].

L’individuazione delle possibili soluzioni a tale problema poggia essenzialmente su una logica sistemica, ossia, puntare ad apportare miglioramenti su un piano collettivo per poterne beneficiare tutti nella sfera individuale. Il nucleo originario di lavoro era costituito da cinque professionisti del campo della comunicazione, dell’agricoltura, dell’accademia, del marketing e del management culturale. Ciascuno contribuì con il proprio background e da tale collaborazione scaturì il progetto con cui si partecipò e vinse il bando del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca emanato proprio in quegli anni che si presentò come una novità assoluta in termini di innovazione anche sul piano amministrativo. Questa del Bando ministeriale in realtà si rivelò uno dei più grandi ostacoli mai affrontati proprio perché venne disattesa quella potenzialità innovativa sul piano amministrativo.

3.

Contenuti del progetto

Come già accennato nel paragrafo precedente l’origine del progetto Rural Hub è da rintracciare nella partecipazione ad un Avviso Pubblico che era la risultante di politiche nazionali di derivazione europea volte all’attivazione di progetti socialmente innovativi. Pertanto, nel 2012 il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (con Decreto Direttoriale n. 84/Ric del 2 marzo 2012) attivò due linee di intervento: la prima, dedicata alle “Smart Cities e Communities”; la seconda all’Innovazione Sociale”. L’Avviso pubblico era volto alla raccolta di proposte progettuali nelle Regioni Convergenza (Puglia, Sicilia, Calabria e Campania) al fine di sviluppare “idee innovative

186 dal punto di vista tecnologico per la soluzione, nel breve-medio periodo, di specifiche problematiche presenti nel tessuto urbano di riferimento”55. Sottende questo tipo di

intervento pubblico la scelta di coinvolgere giovani under 30 per individuare bisogni sociali ed elaborare progetti socialmente innovativi. Gli ambiti di riferimento del bando erano i seguenti:

• Smart mobility • Smart health • Smart education

• Cloud computing technologies for smart government • Smart culture and Turism

• Renewable energy and smart grid

• Energy Efficiency and low carbon technologies • Smart mobility and last-mile logistic

• Sustainable natural resources (waste, water, urban biodiversity).

I progetti presentati furono 188 e ne vennero finanziati 56. Le risorse messe a disposizione ammontavano complessivamente a 40.000.000.00 €. Nonostante i propositi e gli ambiziosi obiettivi si trattò di una politica che deluse clamorosamente le aspettative non tanto dal lato del Ministero quanto di quello dei vincitori. Il bando si propose sin da subito altamente innovativo sul piano burocratico e politico (si parlò dell’adozione del Programma Ritardi Zero). In realtà si rivelò una vera chimera per i vincitori per una serie di gravi disfunzioni procedurali e per il ricorso a continui aggiustamenti che misero a dura prova le finanze delle novelle imprese, ma su questo aspetto torneremo in seguito. Rural Hub dal punto di vista giuridico è una società a responsabilità limitata che opera in un’ex casa colonica di proprietà privata nella quale sperimenta la propria idea di innovazione sociale a partire dal 2012. Si tratta della Residenza Rurale Incartata sita nel Comune di Calvanico, in Provincia di Salerno, alle pendici del Monte San Michele. Tuttavia, la sede legale della società è a Napoli. Nella sostanza Rural Hub è un collettivo di ricerca volto all’individuazione di collegamenti tra start-uppers, investitori e associazioni di categoria del settore agroalimentare.

187 L’idea alla base del progetto è la sperimentazione delle forme e dei modi dell’innovazione sociale applicate alla ruralità, attraverso l’individuazione e l’erogazione di servizi di supporto a coloro i quali hanno avviato o hanno intenzione di avviare un’impresa che abbia a che fare con il mondo rurale.

Rural Hub è anche un luogo fisico di vita e lavoro condiviso, infatti, oltre ad essere un co-living è anche uno spazio di coworking. La promessa di questa realtà imprenditoriale è quella di volersi proporre, a differenza di altre realtà che possono sembrare simili, come portatrice di “innovazione rurale autentica”, attraverso il recupero dei saperi e della tradizione contadina italiana con l’impiego delle nuove tecnologie [intervista B1]. Rural Hub lavora servendosi della piattaforma hardware Arduino ideata nel 2003 da alcuni membri dell’Interaction Design Institute di Ivrea. Con Arduino è possibile creare dei dispositivi, in questo caso specifico, che possono efficientare il lavoro delle macchine agricole. Anche in questo caso studio così come con l’Ecomuseo del Mare Memoria Viva vi è l’impiego di software e hardware a corredo libero. È una scelta ben precisa che conferma la loro visione imperniata sul concetto di condivisione. Tra i vari aspetti in comune quest’ultimo rimarca ulteriormente la matrice movimentista di Rural Hub e di Rural Hack che in maniera ricorrente si ripropone negli articoli di giornale, nei blog, nei libri in cui si parla della loro esperienza.

Ancora di più lo è il loro bisogno di non fermarsi all’azione locale, ma di estendere l’impatto dei loro interventi a livello internazionale, al fine di rivendicare la difesa della cultura rurale contro il paradigma dominante colmo di pregiudizi secondo i quali l’innovazione e il progresso non riguardano queste aree.

Per gli ideatori di questo progetto l’obiettivo principale dell’innovazione rurale:

“non coincide con il lavorare sulla necessità finanziaria di un solo soggetto

(azienda o multinazionale), ma sulla creazione e redistribuzione di valore nel territorio, sull’autenticità dei singoli progetti, sul senso di comunità, sull’etica del lavoro e dell’abnegazione sul campo”(Pavesi, 2014).

L’esempio del colpo gobbo è ricorrente all’interno della narrazione che i creatori di Rural Hub propongono all’esterno:

“L’etica delle star-up spesso viene traslata nell’etica del colpo gobbo. ovvero, un ragazzo inventa un’app, ha successo, la rivende. E chi se ne frega degli altri”.

188 Questo è un esempio che Rural Hub usa spesso per spiegare che dietro la retorica del nuovo ecosistema delle start up in Italia si nasconde una reiterazione degli errori dell’economia tradizionale. Essi sostengono che vi sia molta ideologia dietro questo mondo, probabilmente da imputare al fatto che si guardi eccessivamente all’economica d’oltreoceano, quella della Silicon Valley che però ha ben poco a che vedere con il modello di sviluppo di cui in Italia si ha bisogno. Per i fautori di questa iniziativa il modello del colpo gobbo è esattamente il contrario di ciò che serve, è il contrario del concetto di lavoro di passione, di impegno.

Per Rural Hub l’innovazione sociale coincide con il fatto che le idee di business divengano sostenibili dal punto di vista sociale, ambientale ed economico e che persistano a lungo termine nel luogo in cui sono state generate. Di conseguenza le start up rurali per essere davvero innovative devono essere capaci di innescare meccanismi di redistribuzione economica sulle comunità locali, in virtù di quella appartenenza di cui sopra, per costruire un sistema plurale, in cui la tecnologia è al servizio di finalità sociali. L’agricoltura per essere moderna, sostenibile e di qualità deve essere legata alle comunità locali e capace di essere in connessione con il mondo. Il paradigma dell’agire localmente e pensare globalmente è un topos che ritorna in vari aspetti di questa esperienza come vedremo in seguito. Per i fautori di Rural Hub:

“La cosa interessante è riuscire a guardare indietro, con l’ausilio dei vecchi contadini, per capire come si fa il lavoro. Ma dall’altro lato c’è una nuova generazione che conosce le dinamiche della connessione e i processi di sharing, che può lavorare in rete e fare sistema. In un mondo interconnesso come il nostro le barriere spazio-temporali si annullano e, di conseguenza, non esiste più una “modernità metropolitana” contrapposta ad “aree rurali arretrate ed ancorate al passato”57.

Dalla loro filosofia risultano molto importanti le alleanze sul territorio e quella con Libera Terra che assegna un valore intrinsecamente politico all’uso dello spazio pubblico. Libera Terra è un’organizzazione che mira a recuperare su un piano sociale e produttivo i beni confiscati alla criminalità organizzata, attraverso la realizzazione di prodotti di qualità e la creazione di cooperative autonome. Ha curato per Rural Hub nel 2016 alcune attività formative all’interno del macro-obiettivo volto alla realizzazione di un centro servizi diffuso per “change maker rurali”.

189 Le attività di identificazione di imprese, attori e organizzazione del Terzo Settore che si occupano di ruralità secondo i modi e le forme dell’innovazione sociale oltre che passare attraverso la diretta conoscenza dei creatori di Rural Hub si serve di uno dei modi tipici della retorica dell’innovazione sociale: le call. Infatti, Rural Hub per reclutare i propri interlocutori ha “lanciato” diverse call, per agricoltori resilienti e per esperti di tecnologie, al fine di far incontrare i due mondi apparentemente inconciliabili.