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Esiti delle interazioni tra dimensione formale e informale

Il rapporto tra i principali attori che sorreggono il progetto dell’Ecomueseo MMV è regolato dall’istituto giuridico del partenariato pubblico-privato costruendo in questo modo un sistema di pesi e contrappesi in cui ciascun attore mette a disposizione ciò che detiene in misura prevalente e che salvaguarda l’operato degli attori da possibili straripamenti di competenze, ma anche da sovraesposizioni a potenziali conflitti legati ad interessi politici, non essendovi in campo risorse pubbliche tali da sollevare proteste o situazioni di contrasto. In questo progetto dai principali attori il partenariato è vissuto come un “chi fa cosa”, quindi volto a definire compiti e responsabilità secondo un equilibrio accettato pacificamente dalle parti, dopotutto è stato sottoscritto, ma che in realtà mostra uno sbilanciamento di oneri nei confronti del Terzo Settore ed una maggior tutela dell’attore pubblico.

Il Terzo Settore agisce da intermediario nell’area territoriale e si comporta come se fosse un sostituto del Government. Il Comune di Palermo interviene, sapendo di non poterlo fare esso stesso poiché manca delle competenze e della volontà di investire risorse più ingenti, sia mediante interventi regolatori che modificano il profilo strutturale del

171 territorio sia accogliendo le istanze di partecipazione dei cittadini organizzando e supportando presidi ponendo le elìte culturali altamente qualificate al servizio dei cittadini dell’area.

L’autonomia dell’impresa sociale è fatta salva in questo caso rispetto all’attore pubblico solo nella fase di realizzazione del progetto poiché Clac si è servita di capitali che possiamo definire privati, quali quelli della Fondazione Con il Sud verso la quale ha potuto progettare e costruire secondo le proprie valutazioni, interessi, principi e valori un progetto che valorizzasse il patrimonio storico e artistico e vedendoselo approvare senza limitazioni.

Da contratto, Clac, nei confronti del Comune, è vincolata a chiedere l’approvazione di volta in volta, le attività che intende svolgere all’interno dell’ex deposito locomotive, ma allo stesso tempo è al vaglio dell’Associazione Clac ogni proposta che provenga dall’amministrazione comunale per l’uso dell’immobile, che si vedrà rigettata la richiesta qualora le attività proposte non fossero confacenti con le modalità d’uso, dei contenuti e dei principi previsti dalla programmazione che triennalmente Clac effettua. In questo caso si è di fronte ad un sistema di contrappesi.

Il più grande squilibrio che si rinviene dalle interviste effettuate è che all’Associazione Clac è richiesto un impegno economico nei confronti del comune trimestrale del 10% del totale dei ricavi così come viene richiesto anche alle attività analoghe della Galleria d’Arte Moderna.

In questo caso lo scambio che fa da fulcro al protocollo d’intesa consiste nell’impiego di risorse “alla pari” in cui ciascuno contribuisce con ciò di cui dispone maggiormente, l’attore pubblico risorse umane, immobiliari (bene in disuso) ed economiche (contributo annuale per i primi due anni di attività pari a 10.000 euro annui, che difficilmente verranno erogati il prossimo anno) e l’Ente no Profit con il proprio lavoro altamente qualificato e con i beni prodotti grazie all’impiego di conoscenze e competenze, oltre che con interventi di facilitazione nel quartiere per la produzione di un impatto sociale che sia coesivo e partecipato.

Servono competenze che non sono quelle tipiche di chi eroga un mero servizio espositivo, dietro questa esperienza ci sono anni di attività di ricerca, di conoscenza del tessuto sociale e culturale del quartiere, di conoscenza delle moderne tecnologie di presentazione di contenuti culturali, di impiego di saperi legati al settore pedagogico per le attività rivolte all’infanzia, di capacità di rendicontazione economica, di progettazione di interventi complessi, di engagement, di intrattenimento di relazioni a livello nazionale e

172 internazionale, di intermediazione e di facilitazione dei rapporti con gli abitanti del luogo, di intercettazione di finanziamenti di ogni livello per la ricerca della sostenibilità economica di esperienze come questa che necessariamente sono chiamate a intraprendere la sfida dell’indipendenza ed autonomia finanziaria, sempre più spesso traguardo non molto realistico.

I profili professionali del team dell’Ass. Clac confermano la lunga esperienza e l’alta specializzazione degli operatori nel campo del management delle attività culturali e del management d’impresa sociale, ma non nel settore educativo. Si tratta, infatti, di professionisti laureati che da circa un decennio lavorano nel campo della cultura, dei servizi innovativi alle imprese e nel settore dell’arte e della creatività. Sono rilevanti le capacità relazionali e di mettersi in rete con i principali centri di studio e promozione dell’innovazione Sociale.

Per tale ragione in maniera non troppo sorprendente si chiede a Clac di fare le veci dell’attore pubblico che non riesce ad arrivare laddove invece il privato sociale può. Durante l’intervista A3 si apprende che sin dall’inizio del progetto Clac non è riuscita a effettuare nessun contratto di lavoro subordinato e che tutti i soci dell’Associazione contribuiscono al progetto attraverso il loro lavoro autonomo regolato dal regime delle Partita IVA. Ci si avvale per la realizzazione degli interventi di due Spin Off: SensibiliAmbienti, che si occupa degli allestimenti artistici e l’Associazione Mare Memoria viva che si occupa principalmente di servizi educativi.

Sicuramente, l’attore pubblico svolge un ruolo preponderante, ha delle prerogative come è naturale che sia, che l’attore del privato sociale non ha, ma comunque i rapporti tra i due soggetti principali della partnership si svolgono su un piano di parità e questo è stato confermato da entrambe le parti, nel senso che l’attore pubblico, in questo caso il funzionario responsabile del progetto, permette che il legame fiduciario vada oltre il mero contratto. A più riprese, infatti, il Dirigente intervistato fa emergere il desiderio di voler fare di più per questo progetto, poiché consapevole sia della mancanza di risorse economiche sia dell’esistenza di un gap di competenze nell’ambito del welfare culturale presso la struttura amministrativa nella quale opera ed entrambi i deficit rappresentano un ostacolo al lavoro degli operatori coinvolti, ma anche alla sostenibilità nel tempo dell’esperienza stessa.

Un aspetto importante delle interazioni tra gli attori è l’estrinsecarsi di queste sulle due dimensioni alternative, ma molto spesso complementari: quella formale e quella informale. Riveste un ruolo molto importante l’informalità della fase inziale utile per gestire i contatti preliminari sul territorio che solo in un secondo momento si trasformano

173 in rapporti più strutturati disciplinati da precisi accordi. Ciò non significa che la dimensione formale sia trascurata, anzi c’è una cura molto attenta di ruoli, responsabilità, contributi che sono specificati in più di un protocollo di intesa, ma comunque ciò che si fa all’interno del territorio è spesso frutto di contatti informali. Per riuscire a stare sul territorio è fondamentale non irrigidire eccessivamente i processi con norme e procedure, anche perché diverrebbe, altrimenti, complicata la gestione della platea di persone che partecipano alle attività dell’Ecomuseo con le quali i rapporti si basano su un regime fiduciario.