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Una delle esperienze più note di rigenerazione urbana economica e sociale di un’area degradata, basata sulla comunità all’interno della quale si manifesta, che si serve della cultura e della creatività come driver del cambiamento è senza dubbio l’Ecomuseo del Mare Memoria Viva del quartiere Sant’Erasmo di Palermo. Un esperimento sociale e civile che sta proseguendo nel proprio percorso di trasformazione del contesto culturale all’interno del quale è inserito a partire dal coinvolgimento di coloro i quali quei luoghi li hanno vissuti e di chi li vive attualmente. Un ecomuseo (per la L.R. n.16/2014, All. 5) è:

una forma museale, mirante a conservare, comunicare e rinnovare l’identità culturale di una comunità. Esso costituisce un patto con il quale una comunità si impegna a prendersi cura di un territorio e si attua attraverso un progetto condiviso e integrato di tutela, valorizzazione, manutenzione e produzione di cultura di un territorio geograficamente, socialmente ed economicamente omogeneo, connotato da peculiarità storiche, culturali, materiali ed immateriali, paesistiche ed ambientali.

Il riferimento alla comunità che si impegna a prendersi cura di un territorio implica una qualche forma partecipativa dei cittadini volta alla salvaguardia delle identità dello stesso mediante forme progettuali condivise e integrate. Alla base, infatti, dell’esperienza dell’Ecomuseo del mare di Palermo c’è stato all’origine un percorso partecipativo che ha prodotto i contenuti che animano il museo reperiti grazie al coinvolgimento degli abitanti del quartiere di Sant’Erasmo.

Nel febbraio 2014 l’Ecomuseo del mare ha inaugurato le proprie attività. I principali attori coinvolti nelal sua costruzione sono: Fondazione con il Sud (nota Fondazione che mette insieme le fondazioni di origine bancaria e le più grandi organizzazioni del Terzo Settore, che si occupa di finanziare iniziative nel campo socio-culturale nelle Regioni del Mezzogiorno), l’Amministrazione Comunale di Palermo e CLAC, un’Associazione culturale operante nel palermitano sin dal 2003 e che nacque per lavorare all’ideazione, produzione e promozione di progetti in ambito culturale e turistico.

L’Ecomuseo MMV è il prodotto di politiche che si sovrappongono, che si completano e che a volte si pongono in posizioni di conflitto tra di loro così come è ricorrente nelle esperienze di rigenerazione urbana culture-based, nel senso che tali pratiche riguardano

147 le politiche culturali di una città, ma anche quelle urbanistiche, considerando che si servono dello spazio pubblico, nello specifico di immobili in disuso di proprietà comunale per poi essere “riempiti” di contenuti culturali.

In generale, le attuali policy culturali relative al waterfront palermitano prevedono la realizzazione di un ecomuseo del mare diffuso, costituito da vari punti espositivi e che coinvolge tre immobili pubblici in disuso. La sede di Sant’Erasmo è quella sulla quale ci concentreremo con il nostro lavoro di ricerca, sulla quale insiste l’esperienza dell’Associazione Clac, ed è una delle tre sedi del museo diffuso insieme al Real Arsenale Borbonico e alla Tonnara di Vergine Maria.

Le tre sedi ospitano allestimenti multimediali, video-installazioni e ambienti interattivi che rendono possibile al pubblico la fruizione di fotografie, video, interviste, storie e racconti raccolti in quasi due anni di ricerca partecipata dagli abitanti della città frontemare.

L’ex deposito locomotive Sant’Erasmo è ubicato in via Messina Marine ed è stato inaugurato nel 1886. Si tratta di un padiglione di 1400 mq coperti, più spazi esterni, che si affaccia sul fiume Oreto.

Avevamo questo spazio che l’Amministrazione aveva recuperato e restaurato che era un ex deposito locomotive quindi uno spazio di archeologia industriale che in una prima parte della sua esistenza, subito dopo il restauro era inserita nell’ambito dei luoghi che venivano utilizzati per i c.d. grandi eventi, che qualche tempo fa andavano di gran moda. Si trattava, quindi, di uno spazio molto ampio dove si facevano una serie di attività che andavano dalle mostre di arte contemporanea, performance, concerti. Era diventato un punto di incontro per la città, ma ancora luogo abbastanza anonimo cioè privo di una reale identità e di un reale collegamento con il territorio. Si svolgevano eventi più interessanti altri meno, ma non era un luogo integrato con il territorio [intervista A1].

Oggi, entrando all’interno dell’ex deposito locomotive di Sant’Erasmo si capisce immediatamente che non si è in un museo tradizionale, ma si è in un luogo che è sintesi del lavoro svolto all’interno del laboratorio territoriale attivato prima dell’allestimento. La vision alla base dell’installazione è quella che anche la cultura può essere un bene tutelato attraverso la partecipazione e che può essere conservato e valorizzato con il concorso di memorie, ricordi, narrazioni e rappresentazioni da parte delle persone accomunate in questo caso dal medesimo vissuto.

Entrando si è accolti da una pioggia di fotografie installate in verticale che narrano la vita degli abitanti del quartiere dal dopoguerra ad oggi. Si tratta dello storytelling del luogo costruito con le storie, i ricordi, le fotografie, le voci, i video, i libri, le parole che i

148 cittadini di Palermo hanno donato raccontando il loro rapporto con il mare. L’Ecomuseo MMV ha tentato di ricucire il rapporto tra la città e il mare partendo dalla memoria. Dunque, non attraverso una mera operazione di maquillage estetico e strutturale, ma mediante la riscoperta delle trame che storicamente sottostanno al rapporto tra le persone e la natura, tra la città e il mare.

L’ecomuseo MMV rappresenta come è percepito questo rapporto da coloro che la città l’hanno vissuta e la vivono quotidianamente e in che modo queste rimembranze possono confluire nel processo di immaginazione del futuro di Palermo. Dietro all’obiettivo specificamente culturale, l’attivazione dei processi partecipativi è stato il volano intorno al quale attivare percorsi di inclusione sociale e di riappropriazione del patrimonio pubblico. Prima della gestione da parte dell’Associazione Clac l’ex deposito locomotive fu affidato ad un privato che lo aveva adibito a locale notturno, una discoteca [intervista A2 e A3].

Dunque, un uso privatistico di un bene pubblico volto essenzialmente alla massimizzazione del profitto del precedente gestore. Oggi ci si trova di fronte ad una situazione diametralmente opposta sia per il tipo di approccio orientato alla creazione di impatto sociale sia per l’aver intrapreso un percorso di protezione e fruizione collettiva di un bene comune, mirando ad:

innescare dinamiche di cambiamento in un territorio difficile ad alto tasso di presenza mafiosa, imbruttito, trascurato e svilito dai palermitani stessi.42

Con un’estensione pari a 1200 mq di spazi interni e di 250 mq di area attrezzata da Clac per attività culturali, l’immobile è stato attrezzato con: un’area bimbi dotata di giochi e arredi; un’area destinata ad uffici, portineria e servizi; una biblioteca del mare “Natale Petrucci”; una sala studio; e il wi-fi libero.

L’allestimento multimediale del museo si serve anche di tecnologie open source, come Arduino, che oltre a limitare i costi di produzione dei contenuti, risponde all’idea che è propria anche dei responsabili di progetto, di “condivisione” e di “comunità” che caratterizza i sostenitori del movimento del software libero. Nello specifico tale tipo di tecnologia è rinvenibile nelle installazioni che si servono della realtà aumentata per prendere visioni di immagini e video.

149 Come abbiamo già detto, la costa sud di Palermo è stata in passato oggetto di speculazioni edilizie e le nuove trasformazioni urbane in corso necessitano di presidi di collegamento con gli abitanti del luogo; questo è ciò che sta alla base della visione che motiva gli attori coinvolti in questa esperienza [interviste A1, A2, A3].

Il discrimine tra il modo di agire nei confronti dello spazio pubblico dei decenni passati e il nuovo approccio è sostanzialmente imperniato sul concetto di partecipazione civica. L’ecomuseo MMV rappresenta il frutto della partecipazione e della condivisione di una visione della città che affonda le proprie radici nella narrazione di coloro che l’hanno vissuta.

I materiali dell’Ecomuseo sono stati raccolti nei quartieri della fascia costiera attraverso un progetto di ricerca azione, sono stati incontrati e intervistati gli abitanti e la gente del luogo, sono stati mappati i luoghi significativi del territorio, sono state raccolte fotografie, racconti, video, ricette culinarie, sono stati organizzati eventi e incontri in spazi pubblici e centri di aggregazione. A questo corpus iniziale di contenuti è andato a sommarsi l’insieme di foto e filmati degli archivi del CRID (Centro Regionale per il Catalogo e la Documentazione del Progetto Mare Negato) e di autori abitanti della città che hanno condiviso il proprio lavoro.

Riportiamo qui di seguito una parte del documento di presentazione dell’Ecomuseo per meglio mettere in luce la tipologia di materiali contenuti nel museo e il tipo di approccio:

Le diverse installazioni video, audio, fotografiche, sonore, accompagnate da testi e parole raccontano al visitatore “il patto” ancora possibile tra i palermitani e il proprio mare. È un racconto corale fatto da decine e decine di testimonianze, storie biografiche, pezzi di storia della città, storie dei luoghi. Tante sono infatti le famiglie palermitane che hanno partecipato con fotografie e video o raccontando davanti alle videocamere o ai registratori una storia, un pensiero, una battaglia intrapresa o un desiderio che ha a che fare con il mare di Palermo.

Vi sono installazioni video con monitor dove scorrono immagini in super 8 e 16 mm del loisir balneare negli anni 50 e 60, vi sono interviste video a personaggi che hanno fatto la storia del mare di Palermo come i Petrucci o esperti di cose marinare, appassionati e istrionici, come Pino Aiello e Silvano Riggio, insieme a pescatori, naviganti e ricordi di tanti cittadini. Sugli schermi scorrono foto storiche e contemporanee: una ricostruzione visuale delle trasformazioni della costa dai primi anni del Novecento a oggi.