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Letteratura e innovazione sociale: tre tipi di approccio

3.1 Individuare e definire l’Innovazione sociale

3.1.1 Letteratura e innovazione sociale: tre tipi di approccio

L’accelerazione subita dal concetto di innovazione sociale in termini di diffusione all’interno del lessico politico e scientifico ha concorso a generare una proliferazione di definizioni e significati che ha comportato un problema teorico di delimitazione del campo semantico dell’espressione (Pirone, 2012).

“La polisemia del termine ha, inoltre, comportato una crescente ambiguità anche dell’estensione empirica del concetto e, quindi, un certo margine di indeterminatezza nella individuazione dei casi concreti ai quali l’innovazione sociale si può riferire” (ibidem).

71 Tenteremo di delimitare il campo semantico del concetto presentando tre tipi di approccio all’innovazione sociale. Il primo approccio che presenteremo terrà conto dell’evoluzione del termine all’interno del dibattito scientifico sul tema e ci permetterà di comprendere le modalità attraverso le quali l’innovazione sociale è stata considerata negli ultimi decenni. Cambieremo approccio e la osserveremo anche secondo le principali teorie che popolano la letteratura sul tema. Infine, considereremo l’innovazione sociale a partire da un approccio sistemico che la pone in relazione a due paradigmi: quello tecnocratico e quello democratico. Abbiamo deciso di affrontare l’esplorazione del tema tenendo in considerazione la storia del dibattito scientifico sul tema, i tipi di approcci teorici e i principali paradigmi interpretativi per conoscere le modalità attraverso le quali il fenomeno è stato osservato e quali spazi rimangono inesplorati.

I.

Un approccio storico-evolutivo del concetto di innovazione sociale

Negli ultimi anni l’innovazione sociale è diventata centrale anche all’interno nella dimensione dei policy discourse, sia a livello nazionale che a livello sovranazionale. È stato persino istituito un ufficio presso la Casa Bianca e le maggiori Università Stanford, Oxford, Cambridge, Duke, hanno istituito centri di ricerca dedicati all’innovazione sociale all’interno di importanti Social Business School.

Gran parte della letteratura è rinvenibile in riviste di business management, come Harvard Business Review e Stanford Social Innovation Review.

Le principali riviste di policy hanno pressoché ignorato il concetto, sebbene questo trend possa cambiare in seguito all’investimento che l’Ue ha attivato in questo ambito attraverso il Settimo Programma quadro (FP7) e Horizon 2020.

Probabilmente la riluttanza in particolare dei social policy researchers di impegnarsi in tale ambito potrebbe essere parzialmente attribuibile alla sua imprecisione concettuale (Pol e Ville, 2009; Massey e Johnston-Miller, 2014).

A ciò si aggiunge un’ulteriore incertezza dovuta al fatto che esistono diversi modi di intendere il termine “sociale” in riferimento al concetto (Nicholls e Murdock, 2010) includendo: nuove forme di cooperazione sociale; approcci collettivi nella produzione dell’innovazione; il ruolo del settore sociale (o della società civile) ai differenti stadi del processo socialmente innovativo; impatti sociali positivi.

Da notare che in ogni caso è più o meno evidente la tendenza ad assegnare una connotazione positiva al concetto (Evers e al. 2014), consentendo così, molto spesso, attraverso i discorsi dei policy maker di mascherare un’agenda politica fatta di ulteriori

72 liberalizzazioni e di riduzione di servizi pubblici (Sinclair e Baglioni, 2014). Tuttavia, il fatto che l’innovazione sociale sia un concetto controverso non deve dissuaderci dall’impegnarci nella sua esplorazione.

Il concetto di innovazione sociale è stato usato per primo dai sociologi per spiegare come l’aumento delle reti delle società siano stimolate dalle innovazioni tecnologiche (Tarde, 1899), ma anche per indagare sull’impatto sociale delle innovazioni (Hoggan,1909). La successiva letteratura sulla social innovation attraversa tre temi principali che sono identificati con i primi studi, ossia quelli legati a:

1. Technological innovation 2. Social relations

3. Social impact

Prima del 1999 non ci sono schemi chiari riferiti allo sviluppo del concetto. Molta della letteratura deriva dalle ricerche sociologiche sulle relazioni sociali. Una minoranza di pubblicazioni è concentrata sui processi innescati dall’introduzione di innovazioni di tipo tecnologico. Per indagare sulle evoluzioni dell’innovazione sociale nel corso del tempo ci sarà utile ripercorrere gli studi principali del settore negli ultimi decenni. Per farlo utilizzeremo la metanalisi condotta da Ayob, Teasdale e Fagan 2016 che hanno effettuato, mediante un approccio bibliometrico, un’analisi della letteratura tenendo in considerazione gli ultimi 25 anni di contributi sulla social innovation.

Si è tenuto in considerazione una review della letteratura degli ultimi 25 anni non perchè nessuno fino agli anni Novanta si fosse occupato di innovazione sociale (basta pensare a Ogburn, Tarde, Weber, Schumpeter, oppure al gruppo di intellettuali francesi nel “Temps de cerises” organizzarono un dibattito, nel 1970 dal grande valore sociale e politico incentrato sulla trasformazione della società e sul ruolo delle rivolte degli studenti, degli intellettuali e dei lavoratori (MacCallum 2009) ma perché sono gli anni in cui l’innovazione sociale diventa un concetto mainstream.

a. 1989-1993: Una casuale emersione del concetto.

Nel quinquennio che va dal 1989 al 1993 il termine social innovation era un termine abbastanza diffuso, ma non vi era consenso all’interno del dibattito scientifico su una definizione univoca. All’interno dei diversi studi Handerson risultava essere sicuramente l’autore più citato (1993).

73 Egli analizzò le relazioni sociali tra gruppi etnici e gruppi autoctoni all’interno di una comunità e dimostrò che da queste interazioni, messe sotto pressione dalle classi dominanti, emergeva una qualche forma di innovazione sociale che si manifestava a partire dalla generazione di nuove idee. Lo studio di Handerson è uno dei primi contributi a mettere in evidenza il legame tra innovazione sociale e movimenti sociali. Nel 1991 due ricerche risultano interessanti nel percorso di ampliamento del campo applicativo dell’innovazione sociale. La prima è da ricondurre allo studio di Kraan che collocò l’innovazione sociale in un contesto di mutamento socio-politico concentrandosi sullo sviluppo di innovazioni all’interno della società civile. Kraan pose attenzione sulle modalità attraverso le quali i processi di co-produzione nell’assistenza domiciliare, come per esempio i gruppi di auto-aiuto (in UK) e l’aiuto proveniente dalla famiglia (Svezia), potrebbero tendenzialmente trasformare il raggio dei servizi sanitari. La seconda ricerca dello stesso anno è quella di Westley che fornì una dettagliata analisi sulla produzione di innovazione sociale a partire dall’industria musicale. Egli osservò il noto artista Bob Geldof che da attivista sfruttò la sua notorietà per la lotta contro la povertà. La sua leadership sociale visionaria influenzò la social innovation globale. Nel 1992 con la ricerca di Bunker e Alban si fece un ulteriore passo in avanti nell’esplorazione del raggio d’azione dell’innovazione sociale. Essi misero in chiaro l’aspetto secondo il quale l’innovazione sociale attenga alle relazioni sociali più che alle organizzazioni inter- organizzative.

b. 1994-1998: Relazioni sociali Vs. innovazioni tecnologiche

Sono tre i contributi più noti all’interno dell’arco di tempo che va dal 1994 al 1998. Il primo è quello di Sabel del 1996. In riferimento al contesto sociale irlandese di metà anni Novanta, egli sostenne che la trasposizione di forme di lavoro basate sul modello industriale giapponese imperniate sul decentramento produttivo, all’interno di contesti di lavoro pubblico genera forme innovative di interazioni sociali tra settore pubblico, società civile e autorità locali. Anche, il secondo contributo deriva dall’osservazione del mercato del lavoro ed è da attribuire ad Aichholzer che nel 1998 concettualizzò attraverso l’osservazione dei centri di telelavoro come le innovazioni sociali all’interno di questi centri possano sviluppare nuovi schemi di soddisfazione dei bisogni e nuovi stili di vita. Approcciandoci all’innovazione sociale secondo la prospettiva legata alla gender equality e alla technological innovation e considerando gli studi di Gershuny (1983), Smeds et al. (1994) giungiamo alla conclusione secondo la quale l’innovazione tecnologica (gli autori per spiegare la loro teoria si servirono del caso di un piccolo elettrodomestico: l’aspirapolvere) introduce una maggiore possibilità di condivisione dei compiti

74 all’interno delle mura domestiche. L’impatto sociale dell’innovazione tecnologica e la ristrutturazione delle relazioni di potere rientravano quindi sotto l’etichetta di innovazione sociale.

c. 1999-2003: I primi segni di contestazione

Questo quinquennio segna, finalmente, all’interno della letteratura, l’introduzione delle prime forme di contestazione nei confronti delle visioni definitorie dominanti del concetto di social innovation.

Wadden nel 1999 si concentrò sul fatto che l’innovazione sociale essendo un processo di apprendimento può generare mutamento sociale, attraverso nuovi schemi mentali e abitudini, anche derivando dalle relazioni inter-settoriali tra business, governo e non profit.

Queste relazioni erano considerate come potenzialmente portatrici di innovazione sociale. Mumford nel 2002 definì l’innovazione sociale come la generazione e implementazione di nuove idee mediante le quali le persone dovrebbero organizzare le proprie attività interpersonali, o interazioni sociali, per raggiungere uno o più obiettivi comuni.

Così come Wadden, Mumford ipotizzò che la generazione di idee richiedesse un attivo scambio di informazioni ed elaborazioni attraverso l’interscambio con altri in un clima favorevole.

Hazel e Onaga nel 2003 collegarono l’innovazione sociale alla co-produzione di idee. Essi avevano una derivazione proveniente dal campo della psicologia, infatti osservarono il modo in cui persone affette da problemi sociali avessero sviluppato soluzioni per migliorare il loro status.

Introna et al. nel 1999 sostennero che le innovazioni tecnologiche non possono essere considerate tali se non producono in qualche modo innovazione sociale.

d. 2004-2008: La progressiva concorrenza: la sfida si estende alle relazioni di

potere o alla creazione di valori sociali utilitaristici.

Gallie nel 1956 sostenne che i concetti controversi dal punto di vista definitorio che suscitano una qualche forma di contestazione portano col tempo alla progressiva concorrenza delle differenti visioni. Così è infatti per l’innovazione sociale.

Phills et al. nel 2008, furono esponenti della scuola di pensiero legata alle business school che si approcciò al tema dell’innovazione sociale considerandolo in due modi interrelati: l’innovazione è una nuova soluzione, a problemi sociali, più efficace, efficiente e

75 sostenibile, ma è anche il prodotto derivante da soluzioni esistenti il cui valore creato deriva principalmente dalla società piuttosto che dalla sfera privata, dagli individui. L’enfasi in questo caso, come possiamo notare, è posta sull’impatto sociale creato dall’innovazione sociale.

Mulgan et al. nel 2007 e lo stesso Mulgan nel 2006 descrissero l’innovazione sociale come un insieme di attività e di servizi innovativi motivati dal raggiungimento di obiettivi che soddisfano bisogni sociali e che sono prevalentemente sviluppati e diffusi attraverso le organizzazioni che hanno finalità sociali (2007).

Non tutti coloro che scrivono di innovazione sociale mettono da parte l’aspetto più radicale del termine ossia quello coincidente con le relazioni sociali.

Le conseguenze dei ragionamenti introdotti da Mulgan e Phills et al. divennero il simbolo del pensiero neoliberale all’interno degli schemi interpretativi della social innovation. Moulaert et al. (2005; 2007) introduce una più radicale visione dell’innovazione sociale oltre a individuare un potenziale rischio del discorso neoliberale di incorporare la critica e diventare un paradigma egemonico.

Se, quinidi, da un lato si ha l’approccio utilitaristico adottato da Mulgan, Phills che rafforzò l’interpretazione neoliberale dell’innovazione sociale; dall’altro lato, si ha l’interesse di Moulaert verso quell’innovazione sociale intesa come un set di pratiche radicali che nel complesso portano a processi socialmente inclusivi e a alla realizzazione di percorsi di giustizia sociale, attraverso la trasformazione delle relazioni sociali esistenti, in particolare di quelle basate sul potere.

Il contributo di Moulaert riguardo le relazioni sociali non solo indica il verso cui protende l’innovazione sociale, ma considera le conseguenze delle innovazioni come coincidenti con l’inclusione sociale di gruppi emarginati.

Altri autori si collegarono a tale prospettiva (Gerometta et al., 2005; Novy and Leubolt, 2005). Similmente Tapsell e Woods (2008) applicando l’interpretazione schumpeteriana alla social innovation affermando che essa dovrebbe essere considerata come un processo di mutamento dinamico – includendo la riconfigurazione della cooperazione tra gruppi (o forme di relazioni sociali).

Molta letteratura di quel periodo fu il riflesso del consenso verso nuove forme di relazioni sociali introdotte dai mutamenti in atto.

Jegou e Manzini nel 2008 si concentrarono sulla collaborazione locale e sulla mutua assistenza all’interno delle comunità per risolvere problemi o per generare nuove opportunità, così come il car-sharing, le sartorie comunitarie e le case-ristorante. Allo stesso modo seguono lo stesso approccio Wheatley and Frieze (2006), Drewe et al.,

76 (2008), Leadbeater (2007), Regalia (2006), Manzini (2007), Morelli (2007), Pot and Vaas (2008) and Marcy and Mumford (2007). Essi si concentrarono sui network delle relazioni di potere per creare mutamento sociale e/o per introdurre soluzioni per problemi sociali.

e. 2009-2013: L’innovazione sociale apparentemente definita

Uno dei principali contributi di questo periodo è quello di Murray et al. (2010) che definì l’innovazione sociale come: innovazioni che sono sociali sia nei fini che nei mezzi. Le innovazioni sociali sono nuove idee (prodotti, servizi e modelli) che allo stesso tempo soddisfano bisogni sociali e creano nuove relazioni e collaborazioni sociali.

In altri termini, sono innovazioni che sono positive per la società poiché generano dei benefici, ma allo stesso tempo accrescono la capacità della società di agire.

In questa definizione è possibile scorgere in maniera evidente la fusione tra gli approcci delle relazioni sociali e dell’impatto sociale per l’innovazione in quello che è ormai diventato un discorso di stampo normativo.

Tuttavia, sorprendentemente Pol e Ville nel 2009 non sostennero questa fusione dei due approcci, infatti, nella loro visione si ha che:

“an innovation is termed a social innovation if the implied new idea has the potential to improve either the quality or the quantity of life”.

Il loro approccio utilitaristico proviene dall’analisi sulla letteratura esistente che risulta avere un unico comune denominatore ossia: l’innovazione sociale migliora la qualità della vita.

Molti sociologi in questo periodo seguirono le orme di Moulaert. Egli insieme a MacCallum et al. nel 2009 posero la loro attenzione su una dimensione di empowerment dei cittadini inteso come elemento necessario per la soddisfazione dei loro stessi bisogni e per far sì che essi possano integrarsi all’interno del mercato del lavoro con l’aiuto di partnership locali con i gruppi della società civile.

Moulaert et al. (2010) sostennero che le collaborazioni radicali potrebbero trasformare le relazioni sociali e migliorare i sistemi di governance nei quartieri urbani.

Moore and Westley (2011) e Antadze e Westley nel 2010 adottarono un simile approccio al mutamento sociale inteso come la ristrutturazione delle relazioni sociali e intendendo l’innovazione sociale come l’insieme dei processi, prodotti e iniziative che sfidano profondamente il sistema generatore dei problemi sociali.

77 La collaborazione tra governo, imprese sociali e altre organizzazioni del terzo settore è volta alla creazione di innovazione sociale e questa visione fu sostenuta da Goldenberg et al. (2009), Goldsmith et al (2010). Murray et al. (2010) and Ellis (2010).

II.

Innovazione sociale: approcci teorici

Abbiamo presentato lo sviluppo del concetto di innovazione sociale attraverso il susseguirsi degli studi sul tema e ci apprestiamo a presentare, qui di seguito, una serie di approcci teorici che considerano l’innovazione sociale all’interno delle relazioni sociali, in risposta ai fallimenti del mercato e come strettamente connesso con il concetto di resilienza. Queste tre sfere concorrono a costituire quella che molto spesso viene identificata come retorica dell’innovazione sociale.

La gran parte dei tentativi definitori più recenti sembrano condurre all’assimilazione del concetto di innovazione sociale all’idea che sia espressione di risposte all’accelerazione delle crisi globali e dei c.d. wicked problems (Rittel e Webber 1973; Rayner 2006; Mulgan et al 2007, Murray et al 2010).

Sono un esempio di wicked problems i cambiamenti climatici, le fratture sociali, l’allungamento dell’aspettativa di vita e conseguente crescita dei costi di cura sanitari e sociali, l’aumento delle diversità culturali intra e inter statali, le crescenti disuguaglianze (o addirittura gli alti indici di povertà assoluta), la crescita dei problemi comportamentali legati all’agiatezza (Offer 2006), la difficoltà di transizione verso l’età adulta, l’endemica riduzione della felicità individuale e dell’indice di benessere (Nicholls, Simon, Gabriel, 2015).

I cambiamenti demografici e sociali combinati con la precarietà delle realtà economiche, con l’aumento dei costi di welfare e con il peggioramento delle finanze pubbliche hanno caratterizzato le radicali innovazioni nell’erogazione di beni e servizi di welfare negli ultimi anni (Leadbeater, 1997).

In molti casi ci troviamo di fronte al passaggio da un modello basato sulla centralità dello Stato regolatore verso nuovi modelli di partnership sia in ambito privato che in quello della società civile. L’obiettivo chiave è stato quello dell’aumentare l’efficienza economica, anche attraverso schemi di trasposizione delle logiche aziendalistiche di mercato in contesti pubblici, per meglio soddisfare i bisogni (basti pensare al New Public Management o al contracting-out inglese) (Bartelett, 2009).

78 Invece, per quanto riguarda le dinamiche di crisi di legittimazione dei meccanismi democratici l’innovazione sociale è stata utilizzata come un set di processi volto a coinvolgere i cittadini all’interno delle arene di policy.

Essa viene pertanto considerata come un processo di ridefinizione delle relazioni sociali per la massimizzazione della produttività, dello sviluppo economico spesso configurando l’aspettativa (ottimistica) secondo la quale i benefici derivanti da tali trasformazioni saranno equamente distribuiti in tutta la società.

In tale contesto l’impresa sociale diviene la riconciliazione della storica contrapposizione tra settore pubblico e privato nel meccanismo di crescita della produttività (Drayton, 2002).

L’innovazione sociale non è un concetto nuovo, ma sembrerebbe essere entrato in una nuova fase. Una fase nella quale è sempre più vista come capace di offrire soluzioni non solo per problemi localizzati, ma anche per questioni più sistemiche e strutturali.

Alcuni sostengono che essendo un ambito nuovo e mancando di legittimità necessita di significativi investimenti a supporto (Nicholls, Simon, Gabriel 2015).

Nelle sue ricerche Nicholls individua una serie di definizioni che mettono in risalto le diverse sfaccettature del concetto di innovazione sociale e che riportiamo qui di seguito e che ci tornano utile in quanto sintesi delle diverse scuole di pensiero:

1. La social innovation può essere vista come “nuove idee che funzionano volte a soddisfare bisogni insoddisfatti (Mulgan, 2007 p.2).

2. La social innovation apporta mutamenti nelle relazioni sociali e spesso ha un focus sul ribilanciamento dei poteri da cui derivano disparità e disuguaglianze economiche all’interno della società (Moulaert et al, 2014).

3. Mumford (2002) suggerisce che la social innovation è volta alla generazione e all’implementazione di nuove idee e suggerisce il modo in cui le persone dovrebbero organizzare le attività interpersonali, o le interazioni sociali, per incontrare uno o più obiettivi comuni.

4. Westley and Antadze (2010) sostengono che la social innovation sia un processo complesso di introduzione di nuovi prodotti, processi o programmi che cambiano profondamente la routine, le risorse e il flusso di autorità o le credenze nei sistemi sociali all’interno dei quali essa si sviluppa. Così la social innovation ha successo e riesce ad avere una sua durata e un forte impatto.

5. La social innovation può essere vista come risposta al fallimento del mercato sociale nell’erogazione di beni pubblici essenziali. Questo è il riflesso nella

79 definizione dell’OECD di innovazione sociale, che include anche un riferimento alle dimensioni di processo dell’innovazione sociale (2011 p.1): l’innovazione sociale è distinta dall’innovazione economica non riguarda l’introduzione di nuovi tipi di produzione o l’esplorazione di nuovi mercati, ma è volta a soddisfare nuovi bisogni non soddisfatti dal mercato (anche se il mercato intervieni più tardi) o creare nuovi percorsi più soddisfacenti di intervento nel dare alle persone un posto ed un ruolo nella produzione.

Inoltre, Nicholls tripartisce i cluster di ricerca in tema di innovazione sociale in base all’approccio

1. L’innovazione sociale nelle relazioni sociali.

Tali studi sono composti da ulteriori sottocategorie analitiche che privilegiano differenti visioni:

• studi che hanno avuto avvio nell’ambito delle scienze del comportamento con particolare riguardo al paradigma del mutamento sociale (Fairweather, 1967).

• studi riferiti al cambiamento strutturale delle società. Hämäläinen ed Heiskala (2007) sostengono che l’innovazione sociale coincida con il cambiamento della cultura, delle strutture normative o regolative della società, accrescendo le risorse collegate al potere collettivo e incidendo sul miglioramento delle sue performance economiche e sociali.

• studi che si focalizzano sul cambiamento nelle strutture del lavoro (innovazione nei luoghi di lavoro), introdotti grazie al lavoro di Holt (1971). • studi relativi al cambiamento sociale e ai movimenti sociali. All’interno di questi studi i movimenti sociali vengono considerati come catalizzatori dell’innovazione sociale in quanto diversi nell’approccio dalle norme della cultura dominante e posizionati fuori dalle convenzionali strutture della società.

• studi Urbani all’interno dei quali l’innovazione sociale viene considerata la risposta all’esclusione sociale all’interno delle città. Questi studi tengono molto in considerazione gli approcci dello sviluppo integrato. Nel 2007 Moulaert et al descrissero l’innovazione sociale come una sorta di

80 costellazione polimorfica di movimenti e iniziative anti – egemoniche coinvolti in processi attivi di lotta e mutamento sociale.

2. L’innovazione sociale orientata ai fallimenti del mercato