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Abstract – Questo lavoro si propone di esporre la dannosa combinazione tra l’incapacità del paziente di riconoscere le ingannevoli informazioni proposte dal web e il fenomeno della cybercondria, secondo cui le continue, quasi ossessive, ricerche in Internet accrescano l’ansia, con il rischio di peggiorare la salute fisica e psichica e di formulare autodiagnosi sbagliate. L’obiettivo è quello di sensibilizzare i pa- zienti a limitare le suddette ricerche online, imparando a distinguere le fonti attendibili e cercando un confronto più diretto con il medico che dovrà fornire risposte esaustive e competenti e instaurare col paziente un rapporto basato sull’ascolto e sulla fiducia reciproci.

Keywords – informazioni, cybercondria, salute, ansia, Internet, autodiagnosi. Introduzione

Oggigiorno sempre più individui si affidano al web per documentarsi, informarsi e/o semplicemen- te per poter accrescere la propria cultura. Taluni, invece, usufruiscono delle risorse online proprio per sviluppare una preparazione adeguata all’incontro con il medico, per poter discutere coscientemente di una possibile diagnosi. D’altro canto accade che proprio l’insoddisfazione del rapporto con quest’ultimo intensifichi il desiderio di trovare risposte e di formulare autodiagnosi. È stato dimostrato infatti che tal- volta il paziente senta la necessità di approfondire eccessivamente la propria conoscenza in merito, mosso dalla crescente preoccupazione e dalla conseguente esigenza di esercitare il controllo sulla propria condi- zione di salute che molto spesso si perpetua nel tempo, sviluppando così una vera e propria dipendenza anche verso i gruppi di supporto che popolano il web.

Cybercondria

Grazie anche all’introduzione della multicanalità del web, che rende ancor più immediato l’accesso al sapere, lo stato di ‘ipocondria’ (termine psichiatrico che indica la morbosa preoccupazione per il proprio stato di salute), associato alla condizione sopra descritta, contribuisce alla nascita di un vero e proprio di- sturbo mentale chiamato ‘cybercondria’. Il termine, coniato per la prima volta negli anni Novanta e ridefinito da Microsoft nel novembre 2008, nasce dall’unione della parola ‘cyber’, che indica tutto ciò che riguarda il mondo virtuale, e ‘ipocondria’, già precedentemente citata. Questo neologismo indica quindi una paura in- fondata, alimentata dall’incertezza e dalla quasi ossessiva ricerca sul web, verso i propri sintomi, che vengono esasperati e classificati quindi come gravi disordini patologici. È stato dimostrato infatti che il paziente che interroga il web, digitando nella banda di ricerca un termine che indichi un sintomo o il suo stato di salute, mosso dall’abnorme quantità di risultati trovati e dalla gravità della patologia che questi suddetti sintomi po- trebbero potenzialmente caratterizzare, è stimolato ad andare sempre più a fondo nella ricerca, rimanendone molto spesso intrappolato e sviluppando uno stato sempre più crescente di ansia e di preoccupazione. In questo contesto inoltre gioca un ruolo fondamentale l’incapacità da parte dell’individuo di riconoscere una fonte attendibile, che decide di affidarsi piuttosto alla frequenza con cui le pagine del web vengono cliccate. Come sappiamo infatti, il ranking, ovvero l’ordine dei risultati, si basa sul numero di visualizzazioni effettuate dagli utenti, piuttosto che sull’attendibilità delle fonti. Per voler fare un esempio, basti pensare che digitando le parole ‘dolore muscolare’ nella banda di LiveSearch, il motore di ricerca ufficiale di Microsoft, si ottengo- no risultati che conducono maggiormente ad un’ipotesi di patologia importante, come potrebbe essere la SLA, piuttosto che a semplici disagi come una contrazione muscolare o uno stiramento1. Il processo di cui

A tal proposito è stato dimostrato, attraverso uno studio del dottor T:A. Fergus, effettuato nell’anno 2013, che lo stato di ansia sopra descritta si palesi e si amplifichi conducendo i soggetti presi in esame a sviluppare un’intolleranza nei confronti dell’incertezza derivante dall’attesa dell’incontro con i medici specialisti e dalle risposte talvolta poco esaustive di quest’ultimi. La sopra citata condizione di Intolleranza dell’Incertezza (IU, Intolerance of Uncertainty) non solo non porta quindi il paziente a una soluzione certa, bensì acuisce il sen- so di insoddisfazione e la conseguente convinzione di trovarsi effettivamente in uno stato patologico grave2. Conseguenze

Recenti studi hanno provato che l’individuo che si trova in uno stato ansioso e preoccupato, croni- cizzatosi poi nel tempo, può essere soggetto ad una compromissione del sistema nervoso centrale, che si manifesta con l’inibizione delle funzioni della corteccia prefrontale. Quest’ultima controlla la capacità di prendere decisioni e di agire in maniera controllata, oltre che a interferire con la memoria a breve termine. Parallelamente si verifica un’iperattività dell’amigdala, quella parte del sistema limbico del cervello che ge- stisce le emozioni e in particolar modo la paura, e che porta quindi l’individuo ad agire in maniera impul- siva e incontrollata. Oltre che a livello psichico, l’intero organismo del paziente in questione può risentire dello stress emotivo provocato dall’ansia, che può causare a sua volta un indebolimento del sistema immu- nitario. Prendendo in esame i dati ottenuti dagli studi analizzati e le recenti analisi effettuate da Eurisko nel 2011, è dimostrato che il soggetto cybercondriaco, a causa dell’atteggiamento impulsivo e incontrollato di cui sopra, della convinzione di trovarsi effettivamente in uno stato patologico, del perpetuo stato di incer- tezza e del conseguente bisogno, quasi ossessivo, di ottenere la guarigione, è portato a formulare autodia- gnosi e ad adottare cure e rimedi, spesso fai-da-te, sulle basi dei risultati ottenuti sul web. Le cure proposte e spesso seguite conducono i soggetti sopra descritti verso conseguenze realmente dannose. Volendo citare un semplice esempio concreto, basti pensare al fatto che la frequente tendenza ad evitare di recarsi dal me- dico per un semplice mal di testa porti la maggior parte delle persone a sperimentare cure naturali o ancor più spesso ad abusare di farmaci OTC, i tipici farmaci da banco, che vengono ampiamente pubblicizzati e distribuiti sul web, proprio per il fatto che non necessitano di prescrizione medica e sono più immediati da ottenere. Questo atteggiamento non solo non elimina il problema del mal di testa, ma rischia di esserne addirittura causa di peggioramento, poiché

chi ricorre continuamente a un farmaco contro la cefalea fa sì che i recettori del dolore nel corpo perdano la sensibilità nei confronti di tale sostanza, che trasmettano in modo del tutto incontrollato gli impulsi dolorifici al cervello e che reagiscano solamente se viene aumentata la dose del farmaco. Le cau- se di questo meccanismo sono molteplici. Per prima cosa, l’ignoranza delle esatte modalità di dosaggio dei farmaci per determinate cefalee induce ad un errato uso dei medicinali. Alcuni pazienti hanno una tale paura del loro mal di testa, che ricorrono profilatticamente al farmaco prima ancora che compaiano i dolori. […] Problemi vengono causati anche dai preparati combinati, dunque da quei farmaci per le cefalee contenenti diversi principi attivi come l’ASA, il Paracetamolo o l’Ibuprofene, ai quali vengono aggiunte anche altre sostanze come la caffeina [che] […] possono avere un effetto eccitante, talvolta perfino euforizzante che il paziente impara inconsapevolmente ad apprezzare3.

Conclusioni

In prima analisi, sarebbe opportuno che il paziente sviluppasse un senso autocritico nei confronti dei propri sintomi e che eventualmente riconoscesse la necessità di affrontare i propri disturbi d’ansia con uno specialista, evitando il sopravvento di quest’ultimi. Sebbene Internet costituisca una vasta e utile risorsa di conoscenza, sarebbe altresì indispensabile che, per evitare una sconsiderata navigazione sul web, ve- nisse verificata l’attendibilità delle fonti. A questo proposito, la Fondazione Health on The Net, ovvero un

Gli elaborati di Informatica Biomedica prodotti dagli studenti 73

ente internazionale che, attraverso segni di riconoscimento, certifica l’affidabilità di quei siti internet che si occupano di trattare tutto ciò che concerne la salute e la medicina, propone delle linee guida a favore della consapevolezza del paziente4. A sostegno di ciò sarebbe anche proficuo che venissero fornite corrette

traduzioni, nelle varie lingue, delle fonti reperibili in portali quali PubMed o MedLine, che godono di una certa credibilità, così da rendere l’informazione più accessibile alla molteplicità della popolazione. In ulti- ma analisi, ma non meno importante, è necessario porre l’attenzione sulla figura del medico. Quest’ultimo, essendo a conoscenza della storia clinica del paziente può certamente formulare un’anamnesi corretta, una diagnosi più accurata e quindi somministrare terapie più appropriate. È fondamentale pertanto che si ven- ga a creare un rapporto tra paziente e medico basato sulla fiducia dell’uno nei confronti della competenza dell’altro.

Bibliografia

1 Ryen W., Horvitz E. (2008) Cyberchondria: Studies of the Escalation of Medical Concerns in Web Search. Microsoft Research, <research.microsoft.com/pubs/76529/TR-2008-178.pdf> (ultimo accesso: 02/2019). 2 Fergus T.A. (2013) Cyberchondria and intolerance of uncertainty: examining when individuals experi-

ence health anxiety in response to Internet searches for medical information, <www.ncbi.nlm.nih.gov/ pubmed/23992476> (ultimo accesso: 02/2019).

3 Schmidt K., Zerbst M. (1997) Aspirin, mehr als nur ein Kopfschmerzmittel. Stoccarda: Trias, 59-60.

4 Health on the Net Foundation, <https://www.healthonnet.org/HONcode/Italian/> (ultimo accesso: 02/2019).

1.4 Qualità dell’informazione sanitaria in rete: il movimento antivaccinale

Il tema è particolarmente importante in questo periodo storico in cui stiamo assisten- do a una riduzione della pratica vaccinale a seguito di un aumento del numero di geni- tori che scelgono di non sottoporre a tale pratica i propri figli. Questo comportamento è favorito dalla presenza di medici e pediatri che sconsigliano le usuali pratiche vaccinali con una riduzione dell’immunità di gregge nella popolazione, un fattore di protezione dalla diffusione di malattie infettive che con maggiore facilità potrebbero colpire soggetti immunodepressi. Per cercare di contrastare il problema la FNOMCeO è scesa in campo recentemente contro i medici che sconsigliano la pratica vaccinale con un documento che sancisce l’intenzione della Federazione di sanzionare, fino alla radiazione, i camici bianchi che propongono processi di diagnosi e cura che non rispettano le evidenze scientifiche.

Per questi motivi ai docenti dell’insegnamento di Informatica è sembrato importante proporre agli studenti questo tema per sensibilizzarli al problema e guidarli verso comportamenti vaccinali corretti fin dal I anno del Corso di Laurea in Medicina e Chirurgia.

Il tema dei vaccini è stato particolarmente apprezzato ed è stato scelto da un elevato numero di studenti. A giudizio dei docenti gli elaborati prodotti su questa tematica hanno raggiunto un livello medio particolarmente alto, indicando una buona assimilazione dei concetti presenti in letteratura sull’argomento. È stato pertanto difficile scegliere quali ela- borati inserire nel volume, poiché molti lo avrebbero meritato.

Relativamente all’argomento vaccini, sono stati selezionati i seguenti elaborati: • Marta Sardi, Il web e la pratica della vaccinazione: disinformazione e informazione; • Irene Romiti, Vaccine hesitancy: il limbo tra antivaccinisti e sostenitori;

• Irene Matteucci, Antivax nel web 1.0 e 2.0.

Il web e la pratica della vaccinazione: disinformazione e

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