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Vaccine hesitancy: il limbo tra antivaccinisti e sostenitori Irene Romit

abstract – Questo lavoro si propone di analizzare quell’attitudine di molti genitori nei confronti della pratica vaccinale che può essere inglobata nel concetto di vaccine hesitancy. Sarà inquadrato e conte- stualizzato il concetto, esponendone il grado di diffusione nella società e le cause. Saranno infine presi in esame aspetti che possono contribuire al cambiamento di tale mentalità.

Keywords – vaccini, genitori, vaccine-hesitancy, dubbio, sfiducia, professionisti sanitari. Introduzione: il concetto di vaccine hesitancy

L’affermarsi della pratica vaccinale è iniziata nel 1796 per opera del medico E. Jenner: non fu il primo a scoprirla, ma gli conferì validità scientifica, eseguendo il primo tentativo scientificamente provato di controllare una malattia con il deliberato uso della vaccinazione1. Sin dal principio essa

è stata il bersaglio di controversie e paure, a vari livelli e in vari contesti, che hanno visto col tem- po la formazione di due schieramenti: antivaccinisti e sostenitori, la cui separazione però, non è del tutto netta. Un clima di dubbio e paura porta infatti a definire una sorta di limbo: il concetto della cosiddetta vaccine hesitancy, definita come (con vari dibattiti nella letteratura) un insieme di cre- denze, attitudini, comportamenti, mostrati da persone laiche o talvolta da personale sanitario, che mostrano vari gradi e motivi di indecisione nei confronti della pratica vaccinale. Essi si inseriscono quindi a metà di un range continuo teso tra coloro che supportano completamente la pratica e colo- ro che vi si oppongono radicalmente. Il SAGE (Strategic Advisory Group of Experts of immuisation dell’OMS) parla di «ritardo nell’accettazione o rifiuto dei vaccini nonostante la disponibilità dei ser- vizi sanitari»2.

I numeri: studi a confronto

Nel 2003 ha avuto inizio un sondaggio, conclusosi l’anno successivo, condotto negli USA con gli obiettivi di stimare la percentuale di genitori insicuri nel somministrare vaccini ai propri figli, esami- nare i fattori associati a tale scelta, relativamente ai diversi tipi di vaccini e descrivere perché genitori prima sfiduciosi hanno cambiato idea: quest’ultimo punto sarà analizzato in seguito.

Dei 3920 genitori partecipanti al sondaggio, il 28,3% ha affermato di avere dubbi circa la sommini- strazione di vaccini3. Il grafico sotto riportato (Fig. 1) mostra la percentuale esatta di coloro che hanno:

• accettato comunque la vaccinazione pur essendo insicuri (Unsure); • ritardato la vaccinazione (Delayed);

• rifiutato la vaccinazione (Refused).

Uno studio simile condotto in Canada nell’aprile 2014 ha esaminato in modo esaustivo le cause del ritardo o rifiuto delle vaccinazioni. Le classi in cui sono stati suddivisi i 601 genitori partecipanti sono analoghe alle precedenti. Lo studio ha mostrato che circa un terzo (218) di questi hanno dimostrato avere dubbi, classificandoli come vaccine-hesitant parents. Di questi:

• 99 hanno accettato tutti i vaccini al momento opportuno; • 27 li hanno somministrati in ritardo;

• 87 li hanno accettati alcuni ma rifiutati altri; • 5 li hanno rifiutati tutti.

Gli elaborati di Informatica Biomedica prodotti dagli studenti 79

La tabella 1, che conclude bene questa prima parte dell’analisi, mostra le ragioni principali che hanno spinto a prendere tali decisioni4.

Tabella 1 – Ragioni principali per cui i 218 vaccine-hesitant parents hanno avuto dubbi. [Tratto da Dubé et al. 20164]

Reasons n. Weighted%

Fear of adverse events 69 36.0

Low perception of vulnerability/severity of

the disease 60 30.3

Doubts about vaccines 39 14.3

Influence of information on vaccination 19 7.0

Mistrust in general 7 4.5

Preference for other modes of prevention 9 2.8

Lack of knowledge/information 6 1.1

Other 9 4.2

Le radici della vaccine hesitancy (VH)

Prima di discutere più ampiamente le ragioni introdotte dalla tabella 1, è doveroso fare due precisazioni:

1. Fattori che si sono rilevati influenti sono anche di carattere socio-demografico o, per esempio, riguar- danti l’età della madre, il suo status sociale o il numero e l’età dei figli3. Ruolo decisivo in alcuni casi è

svolto da convinzioni religiose, secondo le quali l’idea della vaccinazione non è congruente con quella che taluni popoli, come gli Amish, hanno circa l’origine delle malattie5.

2. La VH è associata maggiormente ad alcuni vaccini piuttosto che ad altri: in particolare, spiccano l’in- fluenza e la varicella (che ha il primato anche nello studio statunitense). Tali malattie sono percepite come troppo deboli, quindi non varrebbe la pena esporre i figli a rischi inutili.

I genitori ritengono infatti che numerosissimi e infondati rischi siano associati ai vaccini: sostengo- no che quelli più recenti non siano sicuri come i precedenti e che l’esposizione dei figli ad un numero eccessivo di vaccinazioni possa indebolire irrimediabilmente il loro sistema immunitario4. A questo si

aggiunge la paura di eventuali malattie neurologiche infondatamente associate ai vaccini come sclerosi multipla o autismo, che continua a diffondersi con facilità grazie al web, da cui ha avuto origine. Inter- net ha offerto l’opportunità agli antivaccinisti di diffondere le loro idee, presentandosi come autorità scientificamente credibili, narrando testimonianze personali e ritraendo i medici come cospiratori che

nascondono la verità, attaccando la medicina convenzionale a favore della cosiddetta medicina alter- nativa6. Sebbene i professionisti sanitari siano ancor frequentemente consultati dalla maggior parte

degli individui interessati a questioni di salute, il web è diventato un’essenziale fonte di informazioni. È stato visto che i genitori che ritardano o rifiutano i vaccini sono molto più propensi a cercare notizie su Internet al riguardo rispetto agli altri, che invece hanno maggior fiducia nei consigli dei professionisti sanitari. Tuttavia, c’è differenza tra ‘essere più propensi a cercare in Internet’ e affermare che è proprio il web la causa primaria della vaccine hesitancy. Senza dubbio tale aspetto è sempre più radicato nella società, ma serviranno altre ricerche per chiarirne definitivamente il ruolo5. Questo ci porta ancora

più a monte del problema: ormai caduto il concetto del medico come unica autorità in grado di de- cidere le sorti dei pazienti, oggi questi desiderano essere coinvolti e attivi partecipanti nel processo di decision-making riguardante la loro salute e quella dei propri figli. In questo contesto si esprime il cosiddetto trust issue: secondo il sociologo Giddens, a sua volta ispiratosi ad E. Erikson, gli individui desiderano essere interpreneurs della loro vita, ma devono farlo in un contesto in cui molti aspetti di essa dipendono da sistemi lontani dagli individui, da organizzazioni il cui funzionamento non può essere conosciuto a fondo. Questa ‘non conoscenza’ genera ansietà: non resta che fidarsi del sistema e degli esperti1. Una revisione condotta nel 2014 ha ben presentato il problema: sono stati esaminati

1187 articoli, dai quali è emerso che la mancanza di informazioni o la disinformazione stessa non so- no tra le ragioni più citate nel rifiuto delle vaccinazioni, costituite invece proprio dalla mancanza di fiducia nei confronti di medici, istituzioni e case farmaceutiche. L’atteggiamento verso la vaccinazione dipende infatti da numerose fonti informative che i pazienti giudicano soggettivamente come affidabili o meno e si comportano di conseguenza. La letteratura conferma che i professionisti sanitari sono la fonte consultata dal 65% dei pazienti, quindi quella più influente. Tuttavia non è il vaccino in sé il pro- blema, quanto le istituzioni dalle quali provengono le informazioni al riguardo a non avere credibilità, screditando anche le informazioni stesse. Uno studio olandese ha confermato che l’83% dei genitori di bambini non vaccinati è convinto che il governo sia influenzato dai produttori di vaccini e il 56% ritiene che esso non fermerebbe le vaccinazioni nonostante la prova di gravi effetti collaterali7. In uno

scenario simile non sorprende che tentativi fondamentali della società per aumentare la copertura vac- cinale alimentino la diffidenza: alcune nazioni hanno reso obbligatorie le vaccinazioni per far entrare i bambini a scuola, decisione che paradossalmente aumenta la pressione sociale sui genitori e il loro sentimento di opposizione5. Infine, anche gli stessi medici finiscono con l’essere malvisti, accusati di

essere finanziariamente legati alle industrie farmaceutiche e persino la loro preparazione viene messa in discussione7, spianando la strada alle teorie alternative sostenute dagli antivaccinisti. Una riflessione

è necessaria per completare il discorso: talvolta sono anche gli stessi professionisti sanitari ad alimen- tare i dubbi, nonostante la gran parte sia assolutamente favorevole. Un esempio è fornito da uno studio effettuato il Canada: su 540 operatori sanitari, il 37% è convinto che i bambini ricevano troppe vacci- nazioni e il 36% che uno stile di vita sano possa diminuire la necessità di somministrarle5.

Conclusioni: verso il cambiamento

Nello scenario presentato appare evidente come l’instaurarsi di un buon rapporto medico-paziente sia determinante nel guidare le scelte dei genitori. Riprendiamo lo studio effettuato in USA nel 2003: la maggior parte dei genitori che hanno cambiato idea riguardo ai vaccini ha riferito come ragione princi- pale consigli e informazioni ricevute dai professionisti sanitari2. Questo è dunque il rovescio della me-

daglia e sottolinea come i medici, principale e più influente sorgente di informazioni sulla vaccinazione, siano un punto cruciale: ricerche hanno dimostrato che la capacità di comunicare con efficacia e rispetto con i pazienti influenza positivamente la loro attitudine. Del resto però, non sono i soli medici a doversi mobilitare, ma il supporto del governo e delle istituzioni sanitarie è fondamentale. Le campagne di sen- sibilizzazione dovranno rimanere una priorità e le istituzioni dovrebbero prendere nota dei sempre più influenti social network, facendo sentire la loro online social presence, e sfruttare gli strumenti del web

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2.0, tanto usati dagli antivaccinisti e potenzialmente decisivi per affermare il movimento contrario. Seb- bene questi accorgimenti sembrino rimanere comunque legati al grado di fiducia che i pazienti hanno a priori del sistema, tali sforzi uniti ad un attivo dialogo con i pazienti esitanti dovranno essere mantenuti e incrementati per modificare tale mentalità6.

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Antivax nel web 1.0 e 2.0

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