L’esame della formulazione probivirale di un diritto al riposo è un angolo visuale perfetto per acclarare il ruolo dei collegi di regolazione di un complesso fenomeno
preavviso nello sciopero “una larva di sperimento di conciliazione” ( F. Carnelutti, Il diritto di sciopero e il
contratto di lavoro, cit., p. 99).
498 Giuria dei collegi di probiviri Milano, Industrie tessili, 13 settembre 1912, Ferioli e altri c. Coliva, cit., pp.
34-35.
499 Giuria dei collegi di probiviri Milano, Industrie alimentari, 18 febbraio 1902, Marchetti c. Veronelli, cit.,
p. 557.
500 Giuria dei collegi di probiviri Milano, Pelli, 30 giugno 1903, Luisetti c. Bartoli, in “Monitore dei
sociale, ma anche di collegamento tra le istanze sociali e i poteri statuali; aspetti sui quali si è giuocata la costruzione stessa dell’istituto nei disegni di legge prodromici e finalmente nella legge 295/1893, nonché nelle proposte di modifica.
Le sentenze esaminate hanno la peculiarità di essere state decise partendo dall’applicazione di un concordato concluso tra gli industriali e gli operai del pane della piazza di Milano e dal quale erano sorte alcune controversie.
L’articolo 8 del concordato 31 ottobre 1901 sanciva: “È stabilita una giornata di riposo mensile per ogni operaio addetto alla lavorazione della farina. La giornata è a carico del lavorante che si rende responsabile di chi lo sostituisce”. Come disposto dall’articolo 14, veniva istituito un ufficio di collocamento presso la Camera del lavoro con il compito di regolare la turnazione ed inviare gli operai disoccupati a sostituire quelli stabili nei giorni di riposo. Si è già discorso sopra della problematica del lavoro in sostituzione dal punto di vista delle relazioni contrattuali, adesso è giunto il momento di capire su quali fondamenta sia stato formulato il diritto al riposo.
Il collegio di probiviri per le industrie alimentari di Milano ha utilizzato più argomenti. Il primo di natura fisiologica: gli studi scientifici – vengono citati, al riguardo, il Mosso e il Liesse – hanno dimostrato che il riposo è un bisogno corporeo e che bisogna “equilibrare il dispendio della forza colla sistematica alternazione di pause giornaliere, e con soste periodiche di maggior durata”501. Trattasi di “un
principio d’igiene” riconosciuto da tutte le società civili502.
Inoltre, la sostituzione dell’operaio avente diritto al riposo con altro senza lavoro poteva costituire un primo rimedio alla “piaga della disoccupazione”, piuttosto elevata tra i panettieri503. Non è stato un caso che l’esigenza di regolare il riposo degli operai
sia sorto proprio nell’industria del pane che esigeva continuità nella produzione, esercitata manualmente senza l’ausilio di macchine. Il concordato di cui sopra, in particolare, ha permesso di soddisfare due esigenze contrapposte: non aggravare il rischio d’impresa dell’imprenditore e garantire allo stesso tempo il periodico indispensabile ristoro dell’operaio504. Per di più, la “sostituzione di nuove braccia a
quelle dell’operaio in ferie, avrebbe permesso ai numerosi disoccupati di prender parte a qualche lavoro, riscattandosi almeno in parte dalla forzata inerzia e dalle sue dolorose conseguenze”. E così, “nell’ipotesi che nei panifici Milanesi siano normalmente occupati 2500 lavoranti, e 500 siano quelli disoccupati, mercé del
501 Giuria dei collegi di probiviri Milano, Industrie alimentari, 30 marzo 1902, Negri c. Musazzi, in
“Monitore dei tribunali”, 1902, p. 685.
502 Giuria dei collegi di probiviri Milano, Industrie alimentari, 29 febbraio 1902, Ranzoni e Vai c. Gadda, in
“Monitore dei tribunali”, 1902, p. 696.
503 Giuria dei collegi di probiviri Milano, Industrie alimentari, 18 dicembre 1901, Robbiato c. Corbellini, in
“Monitore dei tribunali”, 1902, p. 216.
riposo mensile dei primi si avrebbe una disponibilità di trentamila giornate nel periodo di un anno, convertibili in due mesate di lavoro per ciascun disoccupato”505.
Queste le spiegazioni dell’opportunità del riconoscimento di un diritto al riposo. Ma come si è giunti alla sua proclamazione? Attribuendo forza vincolante a quanto stabilito col concordato506. Alla domanda se fosse possibile rinunciare al diritto al
riposo doveva pertanto rispondersi negativamente: “Il diritto al riposo mensile non solo comporta il dovere del rispetto da parte dell’imprenditore che ha da consentirlo, ed una responsabilità dove lo contrasti, ma anche quello dell’operaio, occupato, di cedere il suo turno al disoccupato, o di risarcirlo se vi rinunci, per non ledere un compagno di lui meno avventurato”507. È stato anche giudicato che i turni di riposo
già determinati potessero essere modificati soltanto con un nuovo accordo tra capitale e lavoro, al fine di non ridurre in facoltà un diritto508.
L’importanza dell’operazione dei probiviri sta allora nell’aver ritenuto legge applicabile le clausole contenute in un contratto collettivo di lavoro e nel creare un ponte tra l’attività di regolazione delle parti in conflitto e quella del legislatore. Nel più volte citato caso Negri contro Musazzi, accanto alla motivazioni di ordine scientifico ed etico, viene rammentato che nei progetti di legge sul contratto di lavoro era inserita non solo la limitazione giornaliera dell’orario di lavoro, ma anche l’obbligatorietà del riposo settimanale509. Per il riconoscimento di queste tutele dovrà
attendersi l’epoca fascista, non per l’assenza di progetti di legge in proposito, ma per il conservatorismo della classe politica. Nella seduta del 12 marzo 1904 veniva infatti respinto, in votazione segreta, con 152 voti contro gli 87 favorevoli, il progetto di legge sul riposo settimanale e festivo, i cui articoli erano stati precedentemente approvati alla Camera dei deputati510.