La legge istitutiva dei probiviri nasceva dunque deficitaria. Mal si adattava al sistema del diritto italiano, di cui scardinava pure alcuni principi. E tuttavia, nel tentativo di non creare una falla troppo ampia, i meccanismi procedurali ivi previsti non risultavano comunque idonei a risolvere compiutamente le questioni per le quali erano stati istituiti.
205 Sul punto cfr. Consiglio superiore del lavoro, in “Bollettino dell’Ufficio del lavoro”, vol. X, luglio-dicembre
1908, pp. 217-227. La sessione del giugno 1908 del Consiglio superiore del lavoro aveva tratto spunto dai conflitti agrari che si erano verificati in quei giorni nel Parmense; e in questo quadro si cercavano adeguate soluzioni per lo scontro fra capitale e lavoro. Nella seduta antimeridiana del 14 giugno, il consigliere Vezzani presentò il seguente ordina del giorno, che però non venne approvato: “Il consiglio considerato che l’arbitrato obbligatorio, per le sanzioni che dovrebbero accompagnarlo, potrebbe compromettere i più fondamentali principi dell’organizzazione di classe, e che ad ogni modo, allo stato delle cose in Italia, esso è prematuro in quanto non risponde alla coscienza delle classi in conflitto, specialmente nelle campagne; considerando che il maggior numero degli scioperi agricoli hanno la loro prima origine nella riluttanza di una gran parte dei proprietari rurali a trattare colla rappresentanza dei lavoratori; considerando quindi che molti di detti scioperi potrebbero essere evitati qualora fosse resa obbligatoria una discussione fra i rappresentanti delle due parti, e che d’altronde una tale obbligatorietà non lederebbe affatto la libertà delle parti, in quanto queste potrebbero sempre, dopo la discussione, adottare la linea di condotta che ritenessero più idonea alla tutela dei propri interessi; esprime il parere che i collegi probivirali obbligatoriamente chiamati a promuovere la conciliazione, ogni qualvolta insorga una controversia collettiva, abbiano potestà di chiamare dinanzi a sè pel tentativo di conciliazione, anche, ove occorra, con mandato di comparizione a mezzo del pretore, i rappresentanti delle due parti”.
206 Vedi § 14.
207 G. Messina, I contratti collettivi in agricoltura nelle discussioni di Ginevra, estratto da “Politica sociale”,
Alcuni e rilevanti correttivi alla legge furono quelli scaturenti dalla stessa prassi della giurisprudenza probivirale. Accanto ai quali si collocano i tentativi per così dire istituzionali, ossia proposte di riforma legislativa. Prima fra tutte in ordine cronologico la proposta di legge sul contratto di lavoro, il cui capo sesto era dedicato alla conciliazione e all’arbitrato208.
Il disegno di legge si connota per lo scopo, nemmeno tanto celato, di riportare la questione lavoro nell’alveo degli schemi del diritto civile codicistico. Se per le controversie individuali veniva ribadito in una legge di diritto sostanziale l’opportunità di un arbitrato, appare innovativo – soprattutto nelle argomentazioni – il sistema prescelto per le controversie collettive. L’arbitrato nei conflitti collettivi, anche per mezzo di istituti liberi, viene innestato sui preesistenti collegi probivirali. La proposta del Porro, non accolta dalla Commissione col compito di esaminare il disegno di legge sul contratto di lavoro, era stata di quella di istituire un vero e proprio arbitrato obbligatorio sulla scia dell’applicazione che dell’articolo 12 della legge avevano fatto i collegi milanesi. Ma tale proposta venne ritenuta troppo radicale e contraria al principio di libertà contrattuale; in suo luogo sarebbe stata più consona la creazione di una magistratura speciale per la risoluzione dei conflitti collettivi209.
La linea guida doveva essere invece la seguente: “la libertà volontà creatrice del rapporto è pur sempre l’arbitra degli effetti che la legge intende di ottenere col trattamento più severo.
In sostanza, il legislatore nello studiare e nel combinare nuovi meccanismi procedurali deve attenersi allo stesso criterio che serve di guida nella creazione e nel
208 Sul contratto di lavoro. Disegno di legge presentato dal ministro di grazia e giustizia e dei culti Cocco-
Ortu di concerto col Ministro di agricoltura industria e commercio Baccelli. Seduta del 26.11.1902, in Atti Parlamentari. Camera dei deputati. XXI Legislatura. II Sessione 1902. Disegni di legge e relazioni, doc. n. 205. Il disegno di legge concerneva in particolare il contratto di lavoro che si esplica nell’azienda e cioè tra imprenditore e operaio, senza trascurare però altre categorie di soggetti che erano alle dipendenze di un padrone: lavoratori a domicilio, domestici e contadini. Al riguardo, la Commissione permanente provinciale era composta di due sezioni, l’una per il lavoro industriale, l’altra per l’agricoltura (art. 55). Alcune norme del progetto erano poi applicabili agli impiegati commerciali, salve modificazioni per la loro particolare condizione. Merita rilievo lo sforzo di disciplinare l’arbitrato nelle controversie attinenti a servizi pubblici assunti da imprese private. Il disegno di legge si apriva con disposizioni generali concernenti il contratto di lavoro, cui seguivano un secondo capo “Della forma e della prova del contratto di lavoro” ed un terzo sulle “Obbligazioni delle parti”, la cui seconda sezione era dedicata a speciali disposizioni sulla retribuzione. Il capo quarto aveva ad oggetto la fine e la risoluzione del contratto, il quinto conteneva disposizioni comuni ai capi precedenti (tra cui la nullità di patti contrari e il termine di prescrizione delle azioni), mentre il settimo riguardava gli impiegati di commercio. Infine l’ottavo capo, contenente soltanto l’articolo 69 autorizzava il Governo ad emanare eventuali regolamenti di attuazione della legge.
209 Sul contratto di lavoro. Disegno di legge presentato dal ministro di grazia e giustizia e dei culti Cocco-
Ortu di concerto col Ministro di agricoltura industria e commercio Baccelli. Seduta del 26.11.1902, cit., p. 40.
funzionamento dei meccanismi applicati alla produzione. Calcolare l’azione complessiva di tutti, anzichè l’azione particolare dei singoli”210.
Tale criterio doveva allora essere realizzato attraverso la bipartizione tra fase conciliativa e fase arbitrale, secondo lo schema probivirale211.
La nuova “magistratura speciale” risultava formata dai collegi probivirali, dalla commissione permanente provinciale e dai cosiddetti istituti liberi di arbitrato. Si trattava di una “giurisdizione sui generis, un po’ contenziosa, un po’ volontaria, facoltativa ed obbligatoria ad un tempo”. Ma è soprattutto un “processo contrattuale” riferibile “sempre alla funzione giuridica ed economica del contratto di lavoro e alla sua relazione coi fenomeni e coi rapporti circostanti.
È un processo contrattuale sempre in azione, in continuo divenire che si svolge non a sè, come un fenomeno isolato, ma sempre come un atto, un riflesso della collettività in quell’ambiente tutto moderno dell’azienda mercantile”. Viene infatti assimilato ad una forma di amministrazione della comunione212.
Dunque contrattualità dell’intero procedimento e degli organi giurisdizionali, pur con delle incongruenze, se si considera in primis l’ossimoro concettuale tra magistratura e contratto e, da un altro punto di vista, l’attenzione posta alla nozione di azienda come complesso di beni, di soggetti, di funzioni e di atti – quasi un preludio del
210 Sul contratto di lavoro. Disegno di legge presentato dal ministro di grazia e giustizia e dei culti Cocco-
Ortu di concerto col Ministro di agricoltura industria e commercio Baccelli. Seduta del 26.11.1902, cit., p. 56.
211 Quanto al procedimento, anzitutto è obbligatoria la conciliazione per i conflitti che “possano dar luogo
ad abbandono o sospensione generale o parziale di lavoro, chiusura di fabbrica, boicottaggio e simili” (art. 50). “Se le controversie e i conflitti di cui nel precedente articolo, sorgono tra lavoratori imprenditori o padroni nella giurisdizione di un collegio di probiviri, dev’essere adita per la conciliazione la giuria del collegio.
Qualora questo manchi si fa istanza al Presidente della Commissione permanete provinciale di cui all’articolo 54, perché sia designato per la conciliazione uno dei collegi della provincia, avuto riguardo alle condizioni di luogo e di industria e al numero dei lavoratori.
Se nella provincia non vi sono collegi di probiviri, la Commissione designa uno degli istituti indicati nell’articolo 61 o nomina un arbitro. Questo provvede per la conciliazione assistito da altri quattro arbitri eletti due dagli imprenditori o padroni e due dai lavoratori.
Non possono essere chiamati a far parte del Collegio arbitrale coloro che non siano eleggibili all’Ufficio di probiviri” (art. 51). La Commissione permanente provinciale (istituita in ogni capoluogo di provincia e composta: di un presidente, di un presidente supplente e di sei membri metà industriali e metà operai, eletti ogni anno dai collegi di probiviri della provincia) deve essere adita quando un conflitto collettivo rientri nella giurisdizione di più collegi probivirali, tra i quali verrà individuato quello competente per la conciliazione (art. 52). Se la conciliazione avviene se ne redige processo verbale, altrimenti la controversia dovrà essere risolta arbitralmente dalla stessa giuria o da altro collegio arbitrale (art. 53). “Il presidente della Giuria o della Commissione permanente o l’Arbitro devono adoperarsi a che le parti si obblighino di non cessare il lavoro, di non chiudere la fabbrica, di non licenziare i lavoratori, di non sospendere o ridurre la retribuzione o di non compiere fatti simili, durante la procedura di conciliazione e di arbitrato.
Possono inoltre dare durante la detta procedura i provvedimenti temporanei urgenti nell’interesse delle parti e del lavoro” (art. 57).
212 Sul contratto di lavoro. Disegno di legge presentato dal ministro di grazia e giustizia e dei culti Cocco-
Ortu di concerto col Ministro di agricoltura industria e commercio Baccelli. Seduta del 26.11.1902, cit., pp. 58-59.
corporativismo economico – difficilmente conciliabile con la libertà contrattuale di matrice liberale213.
In ogni caso, il tentativo di rimettere alle parti la risoluzione delle controversie collettive, con la minima ingerenza statale, può essere valutato secondo un duplice angolo visuale.
Organo centrale del proposto complesso istituzionale giurisdizionale era la Commissione permanente provinciale, la quale è composta di membri eletti in secondo grado dalle stesse parti sociali. Ed il suo presidente, nonchè il presidente supplente, venivano scelti dai medesimi collegi provinciali e non erano nominati dal Governo, se non in caso di vacua elezione.
La Commissione doveva funzionare, inoltre, da anello di raccordo tra i collegi di probiviri (arbitri istituzionalizzati) e gli organismi arbitramentali scelti dalle parti o istituiti presso le Camere di commercio, del lavoro, associazioni sindacali, etc. Tali corpi, però, dovevano essere inscritti presso l’Ufficio del lavoro; registrazione che equivaleva all’attestazione del possesso di determinati requisiti di affidabilità (artt. 9- 10)214.
L’istituto attraverso il quale si cercò di realizzare il principio di libertà contrattuale nell’ambito delle controversie collettive fu la sanzione della risoluzione del contratto nel caso di violazione del lodo arbitrale o dell’atto di conciliazione o ancora dei provvedimenti interinali temporanei adottati nelle more della procedura (art. 60)215,
insieme alla norma che sanciva l’efficacia retroattiva del giudicato arbitrale nei confronti di chi non aveva sospeso il lavoro (art. 59). Norma – quest’ultima – “di indubbia efficacia”, in quanto “favorisce le composizioni amichevoli, agendo con lo stimolo spontaneo e naturale dell’interesse personale, e vale quale mezzo utile e pratico a fin di ottenere, che, durante la procedura della controversia, non sia sospeso il lavoro per l’abbandono dei lavoratori o perchè i padroni chiudano la fabbrica o licenzino gli operai”216.
213 L’esercizio dell’impresa costituiva, per il codice civile liberale, esercizio di un atto di commercio; v. G.
Cazzetta, Società industriale e silenzio del codice. lavoro e impresa, in Id., Scienza giuridica e trasformazioni sociali.
Diritto e lavoro in Italia tra Otto e Novecento, cit., p. 8 e ss..
214 Ed infatti, nel disegno di legge in esame si attribuisce alle associazioni dei lavoratori e degli industriali la
facoltà di concludere accordi nell’interesse dei propri associati, secondo lo schema del mandato. Cfr. le acute osservazioni e critiche al disegno di legge di G. Messina, I contratti collettivi ed il disegno di legge sul
contratto di lavoro, Unione cattolica tipografica, Macerata, 1905, ora in Scritti giuridici, cit., pp. 57-81 e lo
studio di P. Marchetti, L’essere collettivo. L’emersione della nozione di collettivo nella scienza giuridica italiana tra
contratto di lavoro e stato sindacale, Milano, Giuffrè, 2006, pp. 36-54.
215 “Tale sanzione, di carattere puramente civile, si presenta la sola ovvia e giusta, ed è in armonia con le
regole di diritto comune che governano le obbligazioni e le cause di rottura e scioglimento del contratto di lavoro”; cfr. Sul contratto di lavoro. Disegno di legge presentato dal ministro di grazia e giustizia e dei culti Cocco-Ortu
di concerto col Ministro di agricoltura industria e commercio Baccelli. Seduta del 26.11.1902, cit., p. 62.
216 Sul contratto di lavoro. Disegno di legge presentato dal ministro di grazia e giustizia e dei culti Cocco-
Ortu di concerto col Ministro di agricoltura industria e commercio Baccelli. Seduta del 26.11.1902, cit., p. 62. Un’eccezione alla libertà delle parti di risolvere da sé i conflitti, giustificata dall’interesse pubblico, è la
Quanto invece alla sanzione della risoluzione contrattuale, appare di estremo interesse il ragionamento esplicitato nella relazione al disegno di legge: l’equivalenza delle conseguenze dell’inadempimento agli esiti della conciliazione e dell’arbitrato da un lato e ai provvedimenti interinali dall’altro viene giustificata alla luce degli articoli 1124 e 1165 del codice civile (disposizioni che riguardano l’uno il contenuto e l’esecuzione del contratto, l’altro la condizione risolutiva)217. “Ora la norma
dell’articolo 58, che accorda alle autorità arbitrali di emettere quei provvedimenti interinali, stabilisce una vera obbligazione legale, da ritenersi, come è infatti, per la sua stessa natura e pertinenza, quale una conseguenza del contratto di lavoro, nel quale è caduto l’incidente dello sciopero, che non lo ha troncato, ma lo ha soltanto sospeso, o per meglio dire, lo ha fatto entrare in un’altra fase di elaborazione e di esecuzione”. Siamo quindi in presenza di una condizione risolutiva ai sensi dell’articolo 1165 del codice civile e di un inadempimento che è giusto motivo di risoluzione del contratto218.
La legge sul contratto di lavoro, dopo varie analisi e discussioni anche in seno al Consiglio superiore del lavoro, non fu mai emanata. Nel frattempo erano state presentate nuove proposte di riforma del sistema di giurisdizione del lavoro in generale e, in particolare, della legge istitutiva dei collegi di probiviri219.