10. Il contratto collettivo: l’autonomia privata entro l’ordine costituito
10.2 Il contratto collettivo tra “teoria” e “prassi”
Lo stesso schema di ragionamento è riscontrabile in altre decisioni del collegio per le industrie alimentari in relazione al concordato del 31 ottobre 1901 tra i panettieri e i
528 Vedi supra cap. I, § 7.
529 Giuria dei collegi di probiviri Milano, Industrie alimentari, 29 ottobre 1901, Bisnari c. Pirovano, in
“Monitore dei tribunali”, 1901, pp. 977-978.
530 La giuria prosegue col notare l’esistenza di pronunciamenti arbitrali adempiuti spontaneamente dalle
parti, in assenza del deposito nella cancelleria della pretura e delle successive notificazioni.
531 Il Messina, preso atto di tale costume, però avvertiva circa la necessità di “chiedere i criteri direttivi per
l’affermazione delle regole d’equità al diritto comune, se si vuole ch’esse assurgano a norme generali e non si esauriscano in decisioni di specie”; cfr. G. Messina, I concordati di tariffe nell’ordinamento giuridico del lavoro, in “Rivista di diritto commerciale”, 1904, parte I, pp. 458-514, ora in Id., Scritti giuridici, Milano, Giuffrè, 1948, vol. IV, p. 47.
proprietari di forni di Milano, tra le cui clausole stava quella sul diritto al riposo532.
Anche qui l’obbligatorietà della tariffa poggiava su un generale dovere di solidarietà sul quale venivano modellate le prime costruzioni teoriche di contratto collettivo da parte dei collegi533. Nel caso Ranzoni e Vai contro Gadda venne ad esempio proposto
lo schema del duplice accordo o del concordato come atto complesso, teorizzato poi dal Messina534. Mentre la relazione tra i membri di una classe – nel caso specifico in
relazione ad uno sciopero, ma logicamente riferibile anche alla contrattazione collettiva ed alla sua portata soggettiva – fu vista come un contratto continuativo, assimilabile all’istituto della società cooperativa che “ammette l’estensione degli obblighi sociali a chi vi consenta in momenti successivi e distanti dalla costituzione”535.
L’accento sugli obblighi di solidarietà tra gli appartenenti alla medesima classe, ulteriormente sviluppato, ha permesso ai collegi di individuare la relazione concreta
532 Vedi supra § 9.
533 Giuria dei collegi di probiviri Milano, Industrie alimentari, 18 dicembre 1901, Robbiato c. Corbellini, in
“Monitore dei tribunali”, 1902, pp. 216-217; Giuria dei collegi di probiviri Milano, Industrie alimentari, 29 febbraio 1902, Ranzoni e Vai c. Gadda, cit., pp. 696-698; Giuria dei collegi di probiviri Milano, Industrie alimentari, 29 aprile 1902, Belvisi c. Gargantini, cit., pp. 775-776.
534 La giuria ha considerato “il concordato 31 ottobre come un contratto complesso che da una parte
compendia i diritti ed i doveri fra operai e imprenditori e dall’altra quelli fra operai ed operai. Il diritto al riposo mensile non solo comporta il dovere del rispetto da parte dell’imprenditore che ha da consentirlo ed una responsabilità dove lo contrasti, ma anche quello dell’operaio, occupato, di cedere il suo turno al disoccupato, o di risarcirlo se vi rinunci, per non ledere un compagno di lui meno avventurato. Questo desumesi dallo spirito del concordato, e costituisce la doverosa prosecuzione del patto di solidarietà”. Per la dottrina v. G. Messina, I concordati di tariffe nell’ordinamento giuridico del lavoro, cit., sul punto pp. 38-42 (cito dagli Scritti giuridici) ed anche A. Galizia, Il contratto collettivo di lavoro, Napoli, Luigi Pierro editore, 1907, pp. 84-89. Cito dall’edizione (Kluwer Ipsoa, 2000) con Presentazione di M. Napoli, il quale evidenzia il legame tra l’approccio r del Galizia e quello del Messina, del Lotmar e della giurisprudenza dei probiviri (p. X). Per uno studio sulle ricostruzioni dottrinali in materia di contratto collettivo v. P. Passaniti, Storia del diritto del
lavoro. La questione del contratto di lavoro nell’Italia liberale (1865-1920), cit., pp. 415-477; P. Marchetti, L’essere collettivo. L’emersione della nozione di collettivo nella scienza giuridica italiana tra contratto di lavoro e Stato sindacale, cit., pp. 81-117; B. Veneziani, G. Vardaro, La rivista di diritto commerciale e la dottrina giuslavorista delle origini, cit., pp. 452-459; B. Veneziani, I conflitti collettivi e la loro composizione nel periodo precorporativo,
cit., pp. 242-252. Per un raffronto delle ricostruzioni dottrinali nell’ordinamento italiano (Messina e Galizia) con elaborazioni dottrinali tedesche (Bretano, Lotmar, Sinzheimer) v. G. Vardaro, L’inderogabilità
del contratto collettivo e le origini del pensiero giuridico-sindacale, in “Giornale di diritto del lavoro e delle
relazioni industriali”, 1979, pp. 537-584. Per qualche notizia sul ruolo di Messina come esperto di stato per le riforme, in seno al Consiglio superiore del lavoro, alla Conferenza internazionale del lavoro e in Parlamento v. U. Romagnoli, I «concordati» di Giuseppe Messina: nota introduttiva, in “Giornale di diritto del lavoro e di relazioni industriali”, 1986, pp. 107-112.
535 Giuria dei collegi di probiviri Milano, Industrie alimentari, 29 aprile 1902, Belvisi c. Gargantini, cit., p.
776, che prosegue: “L’obbligazione derivante dal contratto in discorso non si estingue cessato che sia lo sciopero, quando questi abbia portato risultati positivi, che ne sono il corollario. Dura infatti nei lavoranti l’interesse di conservare il frutto del loro movimento, vuoi per compensare i sacrifici derivati dall’astensione dal lavoro, vuoi per alto e più generale scopo di miglioramento collettivo della classe. Anche quegli altri individui che in prosieguo entrano nelle file della classe operaia, le si stringono, per virtù di un cotal contratto, allorquando s’avvantaggiano delle tariffe, delle limitazioni di orari, e dei nuovi usi che siano conseguenza dell’azione dei primi autori”.
tra concordato di tariffa ed associazione sindacale e di dare a quest’ultima alta considerazione. Passaggio necessario al fine di “spostare il centro di gravità della funzione del concordato dalla rimozione attuale di divergenze attuali al mantenimento della pace futura”536. I negoziatori delle parti, sia in caso di sciopero o
serrata sia nelle trattative per dar vita al concordato, dovevano “ritenersi investiti, non solo del mandato espresso di coloro che li delegavano, ma anche da quello tacito di coloro che, interessati, non abbiano con tempestiva ed esplicita dichiarazione palesemente negato il loro consenso”. Ciò sebbene ancora nessuna legge fosse intervenuta a dare assetto e regolare i gruppi tra cittadini accomunati da un interesse omogeneo537. L’estensione del giudicato prescindeva però dalla struttura giuridica
degli interessi dedotti in giudizio e, tanto più, dallo svolgimento di un processo del lavoro collettivo, al quale partecipassero le associazioni sindacali, ma era espressione di un’esigenza speciale della materia del giudicato medesimo538.
Partendo sempre dalla immanenza degli obblighi di classe, il collegio per le industrie alimentari ha ancorato il contratto collettivo al codice civile, ora alla figura del mandato, ora al contratto in favore di terzo di cui all’articolo 1128, II comma. Ed allora: “O quelle Commissioni stipulatrici avevano veste di «rappresentare le classi», come affermavano, e in tal caso la legge contrattuale del concordato coinvolge occupati e disoccupati, ossia anche per gli operai turnari importa un impegno della parte imprenditrice. Od esse avevano più limitato mandato, ed in allora, per virtù della loro dichiarazione nel concordato, si incontra pertanto la figura contemplata dal codice civile, per la quale «ciascuno può stipulare a vantaggio di un terzo quando ciò formi condizione di una stipulazione che fa per se stesso» (art. 1128)”539. La decisione
536 U. Romagnoli, Per uno studio sul contratto collettivo: il contributo del Consiglio superiore del lavoro, in “Rivista
trimestrale di diritto e procedura civile”, 1969, p. 457; in realtà la citazione del Romagnoli si riferisce alla dottrina del Messina e agli studi realizzati in seno alla nona sessione del Consiglio superiore del lavoro nel giugno 1907. Cfr. pure P. Marchetti, L’essere collettivo. L’emersione della nozione di collettivo nella scienza
giuridica italiana tra contratto di lavoro e Stato sindacale, cit., pp. 117-136¸ B. Veneziani, I conflitti collettivi e la loro composizione nel periodo precorporativo, cit., pp. 252-258. Per una cronaca dell’attività del Consiglio vedi il
“Bollettino dell’Ufficio del Lavoro”, ogni numero del quale conteneva una sessione dedicata.
537 Giuria dei collegi di probiviri Milano, Industrie alimentari, 13 novembre 1902, Carnevali c. Guelfi, in
“Monitore dei tribunali”, 1903, p. 116. Si è detto sopra come il Redenti negasse l’esistenza di un interesse professionale delle collettività operaie. In Italia, un riconoscimento giuridico delle associazioni degli industriali si avrà con il decreto luogotenenziale 27 ottobre 1918 n. 1728; cfr. per una prima valutazione del decreto U. Gobbi, Il riconoscimento giuridico delle associazioni professionali, in “Monitore dei tribunali”, 1919, pp. 3-4. Tuttavia, qualche anno prima il Cao rilevava come “in Italia si è lasciato più largo campo allo svolgimento spontaneo del fatto. Ma nulla vi è nella nostra legge che vieta di riconoscere capacità di attività giuridica sistematica alle unioni operaie. Abbiamo anzi nella nostra legislazione positiva a loro favore un esempio classico nel R.D. 11 agosto 1904, là dove conferisce la scelta dei rappresentanti delle varie categorie di lavoratori nel Consiglio Superiore del lavoro, alle federazioni, associazioni professionali, segretariato dei lavoratori, ecc.”; v. U. Cao, Per la riforma del processo civile in Italia. Ricerche di sistema e tentativi di applicazione, cit., p. 124.
538 Cfr. U. Romagnoli, Le associazioni sindacali nel processo, Milano, Giuffrè, 1969, p. 13 e ss..
539 Giuria dei collegi di probiviri Milano, Industrie alimentari, 24 febbraio 1903, Marinoni c. Ghezzi, in
è importante anche perché postula la nascita del rapporto di lavoro, e dunque la qualifica di operaio e imprenditore, a prescindere dalla stipulazione di un contratto individuale di lavoro, grazie alla pratica dei contratti collettivi540.
Certamente un primo germe verso il progressivo attecchimento di un contratto collettivo potenzialmente capace di regolare tutti i rapporti di lavoro oltre le singole pattuizioni tra le parti. A ciò si ricollega l’inderogabilità della tariffa deliberata più volte dalle giurie di probiviri, con il solo limite che l’unica tutela assicurata era quella risarcitoria541.
Chiaramente ha motivato, in proposito, la giuria del collegio dei probiviri per le industrie poligrafiche di Milano, per la quale era irrilevante che l’operaio avesse accettato una tariffa più bassa o che l’industriale non avesse firmato il concordato, in quanto “la obbligatorietà deriva non dalla accettazione espressa che una parte possa
di terzo non era per il Messina – per il quale la conclusione del concordato di tariffa poteva avvenire o tra le parti direttamente o per mezzo di rappresentanti a ciò incaricati dalle coalizioni – di poco conto. Infatti, “la configurazione del contratto a favore di terzi lascerebbe non solo inapprezzati e la nomina dei delegati ed il conferimento di poteri, effettuati magari dopo laboriose discussioni; ma cozzerebbe contro questi atti medesimi. I quali escludono l’iniziativa dello stipulante e danno così al preteso contratto a favore di terzi un atteggiamento ch’è lontano assai da quello che si attribuisce a siffatta figura giuridica quando la si ammette in via generale. […] In ogni caso è implicito alla figura qui respinta che lo stipulante non sia rappresentante del beneficiario, che questi cioè sia terzo in senso giuridico di fronte a quello. Onde, pur esistendo come persona giuridica il sindacato di una o dell’altra delle parti concordatarie, occorrerebbe sempre dimostrare per fare ricorso all’articolo 1128 c. civ. ch’esso non abbia agito come rappresentante delle parti – ciò che è
prima facie naturale –, ed abbia contratto una stipulazione in proprio nome” (G. Messina, I concordati di tariffa nell’ordinamento giuridico del lavoro, cit., pp. 26-28). Il Nicotra (Id., Il contratto collettivo di lavoro, Napoli,
Tipografia Angelo Trani, 1906) invece – nel premettere che due erano le teorie dominanti circa la natura giuridica del contratto collettivo: quella “del Lotmar, seguita in Italia dal Messina, dal Montessori e recentemente anche dal Rundstein; e l’altra esplicata dal Rayneaud, accettata oggi in Francia dalla dottrina e dalla giurisprudenza” (p. 51) – affermava come antrambe fossero in realtà assimilabili, anzi che la teoria del contratto in favore di terzo fosse un corollario di quella del Lotmar. “Se questi terzi sono gli stessi operai, che attualmente costituiscono la coalizione e quelli che in avvenire vi aderiranno, se il sindacato contrattò per conto dei suoi membri e ciò è nella sua finalità, sparisce la figura del terzo” (p. 85). Il Nicotra, con le parole del Marchetti (op. cit., p. 108), ha affrontato il ragionamento sul contratto collettivo “in chiave sindacalista”. Per il Nicotra, l’operaio che entra nell’unione professionale, abbia o meno questa personalità giuridica, “obbliga la sua volontà a volere in avvenire in conformità e nel modo come vuole la maggioranza dei suoi compagni di associazione, e quindi la volontà dell’ente deve considerarsi come la volontà di tutti i singoli individui, i quali non vogliono né potrebbero volere diversamente; e i diritti e gli obblighi assunti non possono trovare la loro estrinsecazione che per mezzo di quell’ente, cioè per mezzo della volontà di tutti” (p. 108).
540 Ivi, p. 475. Per il Passaniti il limite della giurisprudenza probivirale era il suo “pragmatismo
autoreferenziale”. Inoltre, “il contratto si riduce, quindi, a norma contrattuale immediatamente applicabile al rapporto, che non richiede alcuna defatigante indagine circa l’efficacia del sistema tariffario. Tuttavia questa facilità applicativa nasconde delle insidie. Se emerge, infatti, una tendenza espansiva dei probiviri nell’applicazione dei concordati alle controversie individuali, appare anche indubbio come, per i probiviri, contratto collettivo e contratto di lavoro siano completamente sovrapponibili e intercambiabili”; cfr. P. Passaniti, Storia del diritto del lavoro. La questione del contratto di lavoro nell’Italia liberale (1865-1920), cit., p. 422.
541 Giuria dei collegi di probiviri Milano, Pelli, 30 giugno 1903, Bioni c. Pozzoni, in Monitore dei tribunali”,
1904, p. 357; Giuria dei collegi di probiviri Milano, Panificazione, 4 ottobre 1911, Robbiati c. Colombo, in Monitore dei tribunali”, 1911, pp. 914-915.
farne, ma dalla natura giuridica del vincolo creato fra parte operaia e industriale”. Il concordato, infatti, dava forma solenne alle consuetudini locali da tempo rispettate dalle parti sociali, al fine di evitare arbitrarie sperequazioni542.
Si può quindi affermare che i probiviri abbiano configurato un contratto collettivo locale vincolante per tutti gli operatori del settore. Un risultato certamente all’avanguardia ed in qualche modo anticipatore delle più avanzate elaborazioni dottrinali. Non tutti i collegi furono però così preveggenti: ancora alla vigilia della legge sindacale del ’26, il collegio dell’arte bianca di Genova negava che i concordati di tariffa fossero vincolanti per chi non avesse preso parte al negoziato543.