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e) Il licenziamento straordinario: criteri di scelta dei lavoratori ed obbligo di repechage

4. La stabilità del rapporto di lavoro a) Il preavviso di licenziamento ed il risarcimento del danno.

4.4 e) Il licenziamento straordinario: criteri di scelta dei lavoratori ed obbligo di repechage

Nel pronunciarsi in materia di licenziamento del lavoratore, i collegi di probiviri distinsero un licenziamento ordinario, giustificato da ragioni di tipo soggettivo, e un licenziamento straordinario, quando il licenziamento fosse stato causato da riduzione del lavoro. In queste ipotesi, bisognava che le regole del preavviso, del risarcimento e in generale le obbligazioni delle parti connesse alla rescissione del contratto fossero rimodellate sulla situazione fattuale.

In tema di preavviso i collegi si limitarono ad applicare le consuetudini vigenti o ad avallare il buon esempio di quelle imprese che, nei casi di licenziamento per riduzione del lavoro, davano un preavviso più ampio dell’ordinario395.

Quanto al risarcimento diverse erano le ragioni del suo riconoscimento. Si può dire infatti che il licenziamento straordinario comportasse oneri e attenzioni maggiori da ambo le parti. Esso veniva visto più che come un’interruzione del lavoro come una sospensione, per cui, cessate le cause della compressione della produzione, il lavoratore licenziato aveva diritto a riprendere il proprio posto di lavoro. Pertanto, “la sospensione per asserita mancanza di lavoro, senza determinazione dell’epoca della riammissione secondo la giurisprudenza probivirale ora prevalente, equivale al

di probiviri Milano, Industrie alimentari, 31 dicembre 1902, Gerli c. Patrini, in “Monitore dei tribunali”, 1904, p. 195).

394 “Osserva la Giuria che il diritto al periodo di prova è in genere consacrato dall’uso, ma che allorquando

un operaio chiede una mercede fissa, fino dal primo giorno, deve ritenersi abbia l’attitudine di sapersela ben meritare e quindi devesi distinguere l’operaio che possiede certificati degni di fede che attestino i suoi meriti personali, da colui che, facendo pompa di speciale competenza, non sia munito di certificati atti a confortare un tale asserto. In quest’ultimo caso e non essendo convenuto un periodo di prova, il principale, che è buon giudice del merito dell’operaio, ha il diritto al suo licenziamento se rileva l’inettitudine di questo a conseguire la mercede chiesta e promessagli salvo esame. Nell’altro caso, cioè in quello in cui l’operaio è munito di certificati, ha diritto a speciale considerazione. I certificati costituiscono il suo patrimonio morale e potrebbe dirsi anche finanziario, e male si appone colui che a priori mette in non cale tali attestazioni, specie se riguardano il merito personale” (Giuria dei collegi di probiviri Milano, Industria del legno, 27 aprile 1904, Trezzi c. Tagliabue, in “Monitore dei tribunali”, 1904, p. 414).

395 Giuria dei collegi di probiviri Firenze, Industrie poligrafiche, 30 giugno 1903, Allodi c. Spinelli, in

“Monitore dei tribunali”, 1904, p. 657; Giuria dei collegi di probiviri Firenze, Industrie poligrafiche, 18 aprile 1903, Becherini c. Bianchi, in “Monitore dei tribunali”, 1904, pp. 657-658; Tribunale di Milano, 26 gennaio 1903, Rancati c. Rossanigo, in “Monitore dei tribunali”, 1903, p. 178 (si tratta di impugnazione per eccesso di potere contro una decisione probivirale); Giuria dei collegi di probiviri Milano, Industrie alimentari, 3 maggio 1902, Calvi c. Società Italiana degli Alcools, in “Monitore dei tribunali”, 1902, pp. 656- 657.

licenziamento”. In questi casi il lavoratore aveva il diritto ad essere risarcito del danno commisurato alla durata del preavviso396.

La configurazione del rapporto di lavoro oscilla qui, nelle sentenze delle giurie, tra la sospensione nell’esecuzione delle obbligazioni principali, a fronte di una maggiore attenzione verso gli obblighi di correttezza comportamentale, e l’imposizione di una sorta di obbligo di repechage in capo al datore. Quest’ultimo certo non come una regola assoluta, ma applicato con temperamenti determinati dalle circostanze del caso concreto.

In una controversia nella quale l’operaio, licenziato per mancanza di lavoro, aveva adito la giuria dei probiviri per ottenere l’indennità di licenziamento, lamentando che al suo posto era stato assunto un nuovo lavoratore, il collegio ha escluso l’esistenza di un dovere dell’imprenditore di riprendere il lavoratore licenziato in luogo di nuovo personale. Sebbene, però, la giuria sembrava escludere in termini assoluti la sussistenza di una tale obbligo – e correlativo diritto dell’operaio –, dalla motivazione in fatto emerge quanto meno il riconoscimento dell’esistenza di una siffatta consuetudine. Precisamente di un onere del principale di verificare se il lavoratore licenziato fosse ancora in cerca di occupazione, e di quest’ultimo di comunicare l’eventuale provvisorietà della nuova occupazione e il desiderio di ritornare al vecchio lavoro397.

La maggiore attenzione prestata alle esigenze di stabilità del rapporto in materia di licenziamento straordinario, sia in capo alle parti del rapporto sia in capo ai probiviri, si comprende se si tien conto della circostanza che, in queste ipotesi, non era intervenuto alcun elemento atto a inficiare la fiducia delle parti. Ma era stata la dura legge del mercato a ingenerare necessari cambiamenti nell’organizzazione aziendale.

396 Giuria dei collegi di probiviri Firenze, Industrie poligrafiche, 30 giugno 1903, Allodi c. Spinelli, cit., p.

657; in questo caso l’Allodi doveva essere considerato un operaio fisso poiché assunto per circa tre mesi e mezzo in lavori ordinari di tipografia, senza che gli fosse stato ricordato il carattere avventizio dell’impiego, e senza che all’assunzione fosse stato pattuito un termine del rapporto. Sicché egli aveva il diritto ad essere avvisato preventivamente del licenziamento ed essere così messo nelle condizioni di cercare altro impiego o dichiararsi disoccupato della Federazione del libro.

397 “Ora tale lagnanza non ha fondamento né in fatto né in diritto.

Non in diritto perché qui in sostanza, bon si verrebbe più a sindacare il licenziamento che lo stesso attore riconosceva occasionato dalla mancanza di lavoro (e quindi legittimo) – ma ad affermare un diritto nuovo, l’obbligo cioè di riassumere in servizio il medesimo operaio che fosse stato – sia pure legittimamente – licenziato. Ora tale obbligo – che non potrebbe trovarsi consacrato se non in un patto del contratto di lavoro o in una equivalente consuetudine – non esiste affatto. Una volta rotto il rapporto di lavoro, e rotto senza violazione dei diritti delle parti, non può pretendersi la sopravvivenza di un diritto a riavere il posto. In fatto la domanda è anche meno giustificata essendosi assodato che il Testa cercò al capo se il Ghezzi fosse ancora libero; che il capo rispose che era occupato presso quella medesima tipografia che aveva già richieste e avute informazioni dal Testa dell’operaio medesimo; altro indizio che confermava essere esso occupato. Ed è risultato poi che il Ghezzi non si curò mai di far sapere che questa sua occupazione fosse provvisoria mostrando il desiderio e l’interesse di tornare all’antico principale”. Così Giuria dei collegi di probiviri Milano, Industrie poligrafiche, 25 marzo 1909, Ghezzi c. Ditta Testa & C., in “Monitore dei tribunali”, 1909, p. 337.

Nel licenziamento per riduzione del lavoro al lavoratore era assicurata comunque una maggior tutela, sia che si considerasse l’obbligo di riassunzione, sia che si riconoscesse l’indennità di preavviso una volta accertata l’insussistenza del motivo oggettivo del licenziamento, poiché il recesso del datore di lavoro in questo caso veniva ad assumere la forma del licenziamento tout court398.

Un’altra delle regole tacite concerneva i criteri di scelta dei lavoratori da licenziare. Era diffusa la consuetudine di salvare i lavoratori più anziani, pena il risarcimento del danno anche in misura maggiore del preavviso consuetudinario di licenziamento, secondo alcuni collegi in ossequio alla stabilità del rapporto399.

Secondo una sentenza della giuria dei probiviri per le industrie alimentari di Milano, il criterio di anzianità era determinato da ragioni di umanità e non valeva come regola assoluta, bensì come indice di preferenza a parità di altre condizioni. Occorreva salvaguardare infatti la libertà gestionale dell’industriale e l’organizzazione del lavoro all’interno dell’impresa, in modo da mantenere costante l’andamento dell’azienda e proporzionate le diverse mansioni400. “Pertanto il riguardo all’anzianità anzi che da

regola categorica è consigliato da ragioni di umanità commesse all’impresa, alla quale esclusivamente deve riservarsi di coonestarle con gli altri criteri che devono concorrere a decidere del licenziamento dell’operaio in caso di riduzione forzata del personale. Con questo non viene riconosciuto all’impresa un’autorità, un diritto di imperio assoluto, contro cui sia preclusa ogni tutela della mano d’opera; resta sempre il ricorso al giudice affinché indaghi con serena critica per conoscere se il criterio dell’imprenditore sia fondato, od altro non ne celi meno che onesto”. E ciò a fronte della maggior tutela assicurata al lavoratore poiché, nel licenziamento per riduzione di personale, è inclusa “la clausola sospensiva, che ha virtù di riservare al dimesso il diritto di riassunzione come siano riprese le opere nelle normali proporzioni”401.

398 Giuria dei collegi di probiviri Roma, Industrie meccaniche, 22 dicembre 1903, Mineri c. Jenari, cit., pp.

837-838.

399 Giuria dei collegi di probiviri Firenze, Industrie poligrafiche, 18 aprile 1903, Becherini c. Bianchi, cit., pp.

657-658; Tribunale di Milano, 26 gennaio 1903, Rancati c. Rossanigo, cit., p. 178; Giuria dei collegi di probiviri Firenze, Industrie poligrafiche, 28 marzo 1903, Bertolozzi c. Ducci, in “Monitore dei tribunali”, 1904, p. 658. Secondo il Redenti, si tratta di questione controversa che pare abbia fondamento soltanto negli usi e nelle tariffe locali; E. Redenti, Massimario della giurisprudenza dei probiviri, cit., p. 232.

400 “La mano d’opera di un’azienda bene assettata deve equilibrarsi agli atti trasformatori delle materie

prime, per modo che questi si concatenino e si succedano senza incagli, con ordine, e colla più assennata economia di forze. Gli aumenti e le diminuzioni di produzione, teoricamente, dovrebbero quindi esser secondati da assoldamenti e da diminuzioni di altrettante braccia quante necessitano per non sovraccaricare quelle già impegnate, o per non lasciarle inoperose”.

401 Giuria dei collegi di probiviri Milano, Industrie alimentari, 3 maggio 1902, Calvi c. Società Italiana degli

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