CAPITOLO II – L’effettività delle norme di diritto europeo
2. L’affermazione della dottrina degli effetti diretti e del primato del diritto comunitario
3.2. La tipologia dei rapporti interessati: l’efficacia orizzontale
3.2.4. Lo strano caso dell’efficacia orizzontale delle direttive 1 La Marshall rule
La questione relativa all’efficacia diretta delle direttive ha notoriamente rappresentato un
97 Estensivamente sul punto: GUAZZAROTTI, L'autoapplicabilità delle norme. Un percorso costituzionale, Napoli, 2011. 98 C-43/71, Politi S.a.s, di Robecco sul Naviglio contro Ministero delle Finanze della Repubblica italiana, sentenza 14.1.2.1971
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grosso scoglio nella giurisprudenza della Corte. Da un lato, essa ha negato l’idoneità della direttive ad avere di per sé efficacia diretta nei rapporti tra privati; dall’altro ha sviluppato una serie di correttivi per realizzare le stesse esigenze di effettività che stanno alla base dell’espansione orizzontale della dottrina egli effetti diretti, senza però fornire una giustificazione idonea a legittimare tale operazione; così facendo, ha frustrato la coerenza delle proprie decisioni e determinato una situazione di grave incertezza nei rapporti giuridici tutt’altro che funzionale agli interessi del mercato che il diritto europeo si propone invece di tutelare99.
L’impossibilità di configurare l’efficacia diretta orizzontale è stata fissata nella storica sentenza Marshall100, relativa all’interpretazione della direttiva 76/207101 in materia di parità
di trattamento tra donne e uomini in ambito lavorativo. Con le parole della Corte, «in base all’art. 189 del Trattato, la natura cogente della direttiva sulla quale è basata la possibilità di farla valere dinanzi al giudice nazionale, esiste solo nei confronti dello Stato membro cui è rivolta. Ne consegue che la direttiva non può creare di per sé obblighi a carico di un singolo e che una
disposizione d’una direttiva non può quindi essere fatta valere in quanto tale nei confronti dello stesso»102.
Nonostante la statuizione di principio, la fragilità della regola è significativamente segnata dalla previsione, nella stessa sentenza, di quella che potrebbe apparire una prima forma di eccezione: se è vero che una direttiva non può vincolare soggetti privati, ma solo gli Stati a cui è indirizzata, è altrettanto vero che «quando [i titolari dei diritti stabiliti nella direttiva] siano in grado di far valere una direttiva nei confronti dello Stato, possono farlo indipendentemente dalla qualità nella quale questo agisce come datore di lavoro o come pubblica autorità», perché in entrambi i casi è infatti opportuno evitare che esso possa trarre vantaggio dalla sua trasgressione del diritto comunitario103. La portata di questa
precisazione, fondamentale per la risoluzione della causa, non è incoerente con l’assunto iniziale per cui le direttive avrebbero un effetto diretto meramente verticale; piuttosto, esso è il risultato della combinazione del principio con un’accezione sostanzialistica del concetto di organo pubblico, identificabile come quell’organismo al quale, indipendentemente dalla sua forma legale, lo Stato ha riservato il compito di fornire un servizio pubblico,
99 Le limitazioni rispetto all’efficacia orizzontale delle direttive sono state fortemente criticate dalla dottrina; in
particolare, le conseguenze negative dell’incertezza e instabilità della situazione giuridica dei privati a seguito della giurisprudenza «schizofrenica» della Corte è denunciato dettagliatamente in CRAIG, The Legal Effect of Directives: Policy,
Rules and Exceptions, in European Law Review, 34, 2009, 349.
100 C-152/84, Marshall contro Southampton and South West Hampshire Area Health Authority (Teaching), sentenza del
26.02.1986 [1986] ECR 723, ECLI:EU:C:1986:84.
101 Direttiva 762/07 del Consiglio del 9 febbraio 1976, relativa all'attuazione del principio della parità di trattamento
fra uomini e donne per quanto concerne l'accesso al lavoro alla preparazione ed alla promozione professionali, e le condizioni di lavoro (GU L 39, pag. 40).
102 Ibid., par. 48 (corsivo aggiunto). 103 Ibid., par. 49
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attribuendogli poteri speciali rispetto a quelli che si esplicano nelle relazioni tra privati104.
Se già questa precisazione, la Corte ha di fatto mosso un primo timido passo verso l’estensione dell’efficacia delle direttive, con la casistica successiva essa è andata bene oltre il cd. «quasi horizontal effect», investendo le relazioni private in senso stretto, che era rimaste immuni dall’interferenza delle direttive non trasposte inaugurata con Marshall.
3.2.4.2. … e i suoi correttivi105
L’obbligo di interpretazione conforme
Il primo meccanismo elaborato dalla Corte di giustizia per bilanciare la mancanza di efficacia orizzontale diretta delle direttive è l’obbligo di interpretazione conforme, introdotto con il seminale caso Sabine Von Colson e Elisabeth Kamann contro Land Nordrhein- Westfalen106. Nel caso di specie, le due ricorrenti si erano rivolte al giudice nazionale in
quanto pregiudicate dalla condotta discriminatoria della controparte (un istituto penitenziario operante in qualità di soggetto privato) che aveva preferito due candidati di sesso maschile per il posto di lavoro a cui esse avevano fatto domanda. Il giudice aveva ritenuto che, in base al §611bis BGB, poteva essere risarcito solo l’interesse negativo
quantificabile nella misura delle spese di viaggio sostenute per partecipare al colloquio e, pertanto, aveva sollevato alcune questioni di pregiudizialità relative all’interpretazione della direttiva 76/20/CEE sulla parità di accesso al lavoro tra donne e uomini. In particolare, egli chiedeva se gli Stati membri avessero l’obbligo di contemplare rimedi particolari in caso di discriminazione nell’accesso al lavoro107, e se i singoli potessero far valere in giudizio la
direttiva stessa in caso di mancata o non corretta trasposizione.
Relativamente alla prima domanda, la CGUE si pronunciò nel senso che l’art. 6 della direttiva, richiedendo che le vittime di un comportamento discriminatorio potessero «far
104 C-188/89 Foster, cit., par. 20.
105 La terminologia qui adottata è, tuttavia, tutt’altro che pacifica. HARTKAMP, European Law and National Private Law,
cit., 18 ss., per esempio, definisce i «correttivi» alla Marshall rule, come ipotesi di «indirect direct effect», a loro volta specificati come «interpretation of national law» (qui indicata come l’obbligo di interpretazione conforme), «positive obbligations» (corrispondente alla responsabilità dello Stato per violazione degli obblighi positivi derivanti dal diritto comunitario, di cui al cap. III, §3.1) e «review of compatibility with EU laws in proceeding between individuals» (categoria che abbraccia, ma non esaurisce, quella degli effetti diretti incidentali, da Hartkamp implicitamente criticata perché inadatta a esprimere che «if the national rule is found incompatible with EU law it must be disapplied, irrespective of the consequences for the relationships governed by the rule» (21). Tale impostazione pare criticabile perché cerca, con una forzata razionalizzazione della casistica, di legittimare l’operato della Corte; una prospettiva più funzionalistica, al contrario, permette di cogliere la sostanziale equivalenze tra strumenti normativi e, dunque, l’assenza di sistematici e coerenza nella giurisprudenza della CGUE.
106 C-14/83, Sabine Von Colson e Elisabeth Kamann contro Land Nordrhein-Westfalen, sentenza del 10.04.1984 [1984] ECR
1981, ECLI:EU:C:1984:153.
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valere i propri diritti per via giudiziaria», lasciava gli Stati membri liberi di scegliere tra le possibili sanzioni atte a conseguire lo scopo108, senza imporre l’adozione di rimedi
particolari. Tuttavia, tale margine di discrezionalità non poteva tradursi nell’ostacolare il raggiungimento degli obiettivi fissati, in quanto: «il principio di efficace trasposizione della direttiva
esige che le sanzioni siano concepite in modo da costituire per il candidato discriminato un risarcimento adeguato, e per il datore di lavoro un mezzo di pressione da prendere in seria considerazione e che lo induca ad osservare il principio di parità di trattamento»109.
La risposta alla seconda questione pregiudiziale – che in questa sede ci interessa maggiormente – è derivata precisamente dalla soluzione sopra prospettata: se è vero che, in base alla regola dettata in Marshall, la direttiva non poteva avere di per sé effetto nei
confronti dei singoli,
«l’obbligo degli Stati membri, derivante da una direttiva, di conseguire il risultato da questa contemplato, come pure l’obbligo loro imposto dall’art. 5 del Trattato di adottare tutti i provvedimenti generali o particolari atti a garantire l’adempimento di tale obbligo, valgono per tutti gli organi degli Stati membri ivi compresi, nell’ambito di loro competenza, quelli giurisdizionali. Ne consegue che nell’applicare il diritto nazionale, e in particolare la legge nazionale espressamente adottata per l’attuazione della direttiva n. 76/207, il giudice nazionale deve interpretare il proprio diritto nazionale alla luce della lettera e dello scopo della direttiva onde conseguire il risultato contemplato dall’art. 189, 3°comma.»110
La questione posta dal giudice nazionale è così risolta in via indiretta. Il soggetto interessato a far valere la normativa comunitaria non adeguatamente trasposta non vanterebbe un diritto vis a vis un altro privato, corrispondente all’obbligo di adempiere
quanto prescritto nella direttiva; egli avrebbe il distinto potere di rivolgersi al giudice perché questi adempia il proprio obbligo di implementazione interpretando il diritto nazionale in modo tale da realizzare l’effetto utile della direttiva. Ciò può avere il risultato pratico di configurare in capo ai singoli diritti e doveri di portata identica a quelli sarebbero stati ottenuti riconoscendo alla direttiva efficacia orizzontale diretta.
La dottrina dell’interpretazione conforme ha avuto seguito anche nel celebre Faccini Dori,111 caso attinente all’interpretazione della Direttiva 855/77/CEE sui contratti di
consumo negoziati fuori dei locali commerciali112, direttiva che l’Italia, all’epoca dei fatti,
non aveva trasposto, pur essendo spirato il termine previsto per l’attuazione. Riconoscendo
108 Ibid., parr. 18-9.
109 Ibid., parr. 14-5 (corsivo aggiunto).
110 Ibid., par. 26 (corsivo aggiunto). Interpretazione che, nel caso di specie, si sarebbe dovuta concretare nel ricorso
al regime generale del risarcimento previsto al §823 n. 2 del BGB.
111 C-91/92, Paola faccini Dori co Recreb Srl, sentenza 14.7.1994 [1994] ECR I-3325, ECLI:EU:C:1994:292.
112 Direttiva del Consiglio 20.12.1985, 855/77/CEE, per la tutela dei consumatori in caso di contratti negoziati fuori
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il carattere preciso e incondizionato della normativa in questione113, la CGUE confermò la
tesi per cui, non potendo la direttiva di per sé avere effetto nei rapporti tra privati114, il
singolo avrebbe dovuto far valere il proprio diritto solo indirettamente, ovvero tramite la responsabilità dello Stato (dottrina nel frattempo introdotta con Francovich, su cui infra)115
oppure per mezzo dell’obbligo, previsto a carico del giudice nazionale, di interpretare la propria legislazione in maniera da garantire l’effetto utile della direttiva116. In Pfeiffer117, caso
vertente sull’interpretazione di alcuni articoli delle direttive 89/391/CEE sul miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori e 93/104/CEE sull’organizzazione dell’orario di lavoro aventi effetto diretto118, la Corte specificò ulteriormente il contenuto di tale obbligo,
affermando che:
«[l]’esigenza di un’interpretazione conforme del diritto nazionale è inerente al sistema del Trattato, in quanto permette al giudice nazionale di assicurare, nel contesto delle sue competenze, la piena efficacia delle norme comunitarie quando risolve la controversia ad esso sottoposta […].
Se è vero che il principio […] riguarda in primo luogo le norme interne introdotte per recepire la direttiva in questione, esso non si limita, tuttavia, all’esegesi di tali norme, bensì esige che il giudice nazionale prenda in considerazione tutto il diritto nazionale per valutare in quale misura possa essere applicato in modo tale da non
addivenire ad un risultato contrario a quello cui mira la direttiva […] e faccia tutto ciò che rientra nella sua competenza [per ottenere tale risultato].»119
L’importanza dell’obbligo di interpretazione conforme come strumento di penetrazione del diritto europeo nel diritto nazionale è dimostrata dall’ampiezza della casistica che ha dato applicazione alla dottrina, ulteriormente sviluppandola e specificandola120. Qualsiasi
113 C-91/92, Paola faccini Dori., parr. 16-8. 114 Ibid., parr. 25-6.
115 Ibid., parr. 27-9. 116 Ibid., par. 30.
117 Cause riunite da C-397/01 a C-403/01, Bernhard Pfeiffer, Wilhelm Roith, Albert Süss, Michale Winter, Klaus Nestvogel, Roswitha Zeller, Matthias Doebele co Deutsches Rotes Kreuz, Kreisverband Waldshut eV, sentenza del 05.10.2004 [2004] ECR I-
8835, ECLI:EU:C:2004:584.
118 Direttiva del Consiglio 12.06.1989, 893/91/CEE, concernente l’attuazione di misure volte a promuovere il
miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro (GU L 183, 1), e direttiva del Consiglio 23.11.1993, 931/04/CE, concernente taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro (GU L 307, 18).
119 Ibid., parr. 114-5, 118 (corsivo aggiunto).
120 Si richiamano, inter alia: C-106/89, Marleasing SA co La Comercial International de Alimentaciòn SA, sentenza 13.11.1990
[1990] ECR I-04135 ECLI:EU:C:1990:395; C-334/92, Teodoro Wagner Miret co Fondo de garantìa salarial, sentenza
16.12.1993 [1993] ECR I-6911, ECLI:EU:C:1993:945; C-105/03, Procedimento penale contro Maria Pupino, sentenza del
16.06.2005 [2005] ECR I-5285, ECLI:EU:C:2005:386; C-129/96, Inter-Environnement Wallonie ASBL contro Région wallonne, sentenza 18.12.1997 [1997] ECR I-7411, ECLI:EU:C:1997:628; C-14/02, ATRAL contro Belgium, sentenza
08.05.2003 (Sesta Sezione) [2003] ECR-4431, ECLI:EU:C:2003:265; C-212/04, Konstantinos Adeneler et al. co Ellinikos Organismos Galaktos (ELOG), sentenza 04.07.2006 (Grande Sezione) ECR I-06057, ECLI:EU:C:2006:443; C-168/95, Procedimento penale contro Luciano Arcaro, sentenza 28.09.1996 (Quarta Sezione) [1996] ECR I-4705,
ECLI:EU:C:1996:363; C-441/14, Dansk Industri (DI) contro Successione Karsten Eigil Rasmussen, sentenza del 19.04.2016
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tentativo di fornire una trattazione esaustiva sarebbe qui non solo impossibile ma anche inopportuna, perché metterebbe in secondo piano l’aspetto che invece preme maggiormente evidenziare, ovvero il ruolo che il riferimento all’effettività ha rivestito nella costruzione di questo strumento interpretativo. Piuttosto, è possibile ricordare come il giudice nazionale chiamato ad applicare il diritto interno, sia anteriore che posteriore alla direttiva di cui trattasi, debba interpretarlo per quanto possibile alla luce del testo e dello scopo di questa, per raggiungere il risultato da essa perseguito. Tale obbligo però «trova i suoi limiti nel rispetto dei principi generali del diritto, in particolare quelli di certezza del diritto e di non retroattività, e non può servire da fondamento per mantenere un’interpretazione contra legem del diritto nazionale»121. Inoltre, nel caso di tardiva attuazione
di una direttiva, l’obbligo di interpretazione conforme esiste solamente a partire dalla scadenza del termine di attuazione di quest’ultima, ma, in pendenza del termine di attuazione, gli Stati membri devono astenersi dall’adottare disposizioni che possono compromettere gravemente la realizzazione del risultato prescritto da tale direttiva122, così
che «dalla data in cui una direttiva è entrata in vigore i giudici degli Stati membri devono astenersi per quanto possibile dall’interpretare il diritto interno in un modo che rischierebbe di compromettere gravemente, dopo la scadenza del termine di attuazione, la realizzazione del risultato perseguito da questa direttiva»123.
Un importante limite alla dottrina dell’interpretazione è stato poi elaborato in Arcaro124:
l’obbligo di interpretazione incontrerebbe infatti un limite, ove esso comporti che «ad un singolo venga opposto un obbligo previsto da una direttiva non trasposta ovvero, a maggior
ragione, qualora abbia l’effetto di determinare o aggravare, in forza della direttiva e in mancanza di una legge emanata per la sua attuazione, la responsabilità penale di coloro che ne trasgrediscono le disposizioni»125. Nonostante l’affermazione di principio fosse stata
formulata in termini generali, la giurisprudenza successiva sembra aver relegato il principio del divieto di creazione o aggravamento della responsabilità al solo diritto penale. Eppure, la problematicità insita nella dottrina dell’interpretazione conforme è connessa proprio alla sua idoneità a introdurre nuovi diritti e nuovi obblighi in capo alle parti attraverso il medium
dell’intervento giudiziale. Questo meccanismo di realizzazione indiretta non è stato arginato nella successiva giurisprudenza della Corte, come dimostra il silente overruling di Arcaro; al
contrario, ha ricavato un parallelo spazio operativo attraverso il secondo strumento con cui la CGUE ha corretto la cd. Marshall rule, ovvero il riconoscimento di una serie di side effects
dell’efficacia verticale delle direttive.
121 Per tutti, C-105/03 Pupino, cit., parr. 44-7.
122 C-129/96, Inter-Environnement Wallonie, cit., par. 45; C-14/02, ATRAL, cit., par. 58. 123 C-212/04, Adeneler, cit., par. 123.
124 C-168/95, Arcaro, cit. 125 Ibid., par. 42.
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Gli effetti diretti orizzontali incidentali
La particolare declinazione della direct effect doctrine denominata «effetti diretti orizzontali
incidentali» è stata per la prima volta affermata in nel caso CIA Security126, dove la Corte era
stata chiamata a pronunciarsi in via pregiudiziale sull’interpretazione dell’art. 30 del TCE127
e della direttiva 831/89/CEE128, la c.d. Direttiva Notificazioni, che prevedeva l’obbligo a
carico degli Stati membri di informare la Commissione prima di introdurre disposizioni volte a fissare parametri e regolamentazioni tecniche che potessero rappresentare misure aventi effetto equivalente a una restrizione alla libera circolazione delle merci, come definite dalla giurisprudenza in Dassonville e Cassis de Dijon129. Il caso di specie riguardava la
controversia tra la CIA Security, produttrice e venditrice di sistemi e centrali d’allarme, e due imprese concorrenti che lamentavano la non conformità dei prodotti della rivale alla normativa nazionale, secondo la quale era vietato commercializzare sul territorio belga nuovo materiale non preventivamente omologato da un’apposita commissione. In sede di contenzioso, la CIA Security si era difesa eccependo che la normativa nazionale era a sua volta in contrasto con il diritto dell’Unione perché adottata in violazione dell’obbligo di notifica di cui alla direttiva 831/89. Chiamata a pronunciarsi in via pregiudiziale, la CGUE decretò che gli artt. 8 e 9 della direttiva potevano essere invocati dai singoli dinanzi ai giudici nazionali perché, dal punto di vista sostanziale, erano sufficientemente chiari precisi e incondizionati da avere efficacia diretta nei confronti dello Stato in questione. Poiché la direttiva era finalizzata a tutelare la libera circolazione delle merci mediante un controllo preventivo130, essa doveva essere interpretata nel senso che l’inadempimento dell’obbligo
126 C-194/94, CIA Security International SA e Signalson SA, Securitel SPRL, sentenza del 30.04.1996 [1996] ECR I-2201,
ECLI:EU:C:1996:172.
127 Art. 30 TCE: «Senza pregiudizio delle disposizioni che seguono, sono vietate fra gli Stati membri le restrizioni
quantitative all’importazione nonché qualsiasi misura di effetto equivalente».
128 Direttiva 89/391/CEE del Consiglio, del 12 giugno 1989, concernente l'attuazione di misure volte a promuovere
il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro, OJ L 183, 29.6.1989, p. 1, come modificata dalla direttiva del Consiglio 22.03.1988, 881/82/CEE (GU L 81, 75).
129 Per la giurisprudenza relativa all’individuazione di cosa costituisca una «barrier to trade» per l’applicazione di
quello che è ora l’art. 34 TFUE, si vedano i fondamentali: C-8/74, Dassonville, cit., par. 5; C-120/78, Rewe-Zentral AG contro Bundesmonopolverwaltung für Branntwein (Cassis de Dijon), sentenza del 10.02.1979 [1979] ECR 649,
ECLI:EU:C:1979:42 e C-268/91, Procedimento penale contro Bernard Keck e Daniel Mithouard, sentenza del 24.11.1993 [1993]
ECR I-6097, ECLI:EU:C:1993:905. Grande rilevanza al ruolo dei privati nella determinazione di tali ostacoli (anche se la dimensione della lite rimane fondamentalmente verticale) si ha in C-265/95, Commissione delle Comunità europee contro repubblica francese, sentenza del 09.12.1997 [1997] ECR I-6959, ECLI:EU:C:1997:595 e il già ricordato C-112/00, Schidberger, cit.
130 La strumentalità della dottrina degli effetti diretti incidentali rispetto alla massima realizzazione del diritto
comunitario ben si coglie confrontando la decisione sopra analizzata con il caso C-226/97, Procedimento penale contro Johannes Martinus Lemmens, sentenza 16.06.1998 [1998] ECR I-03711, ECLI:EU:C:1998:296, in cui la Corte decise per
l’impossibilità di rendere inopponibile al privato la prova ottenuta per mezzo di un etilometro autorizzato secondo regole tecniche non comunicate alla Commissione secondo la direttiva 831/89. Tale soluzione fu determinata dalla considerazione per cui l’obbiettivo della suddetta direttiva è quello di evitare ostacolo alla libera circolazione delle merci, e – poiché l’utilizzazione di un etilometro da parte delle pubbliche autorità non è atta a creare un ostacolo per
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di notifica comportava l’inapplicabilità delle regole tecniche di cui trattasi, che pertanto non potevano essere opposte ai singoli131, in quanto «[l]’efficacia di tale controllo sarebbe ancora
maggiore se la direttiva [fosse] interpretata nel senso che l’inadempimento dell’obbligo di notifica costituisce un vizio procedurale sostanziale atto a comportare l’inapplicabilità ai singoli delle regole tecniche di cui è causa»132.
Se il profilo funzionalistico alla base della dottrina in questione è massimamente espresso nella decisione in CIA, la sentenza non affronta minimamente la dimensione orizzontale
della controversia, quasi che essa fosse non solo incidentale, ma addirittura giuridicamente irrilevante. Il profilo è stato invece oggetto di specifica analisi nella casistica successiva, in particolare in Unilever133, e Wells134. Nel primo caso la Central Food, partner contrattuale
della Unilever, aveva rifiutato di pagare la controparte adducendo la mancata conformità della partita di olio extra vergine d’oliva, oggetto del contratto, con la normativa italiana in materia di etichettatura relativa alla provenienza geografica del prodotto agroalimentare. La Unilever aveva invece contestato il rifiuto di pagamento perché basato su una eccezione di non conformità che non poteva essere accolta: in base a quanto deciso in CIA, la legge
richiamata dalla Central Food non doveva essere applicata, perché nell’ambito della procedura di notifica ed esame dei progetti di regole tecniche istituita dalla direttiva 831/89, la Commissione aveva ingiunto alla Repubblica italiana di astenersi dal legiferare in materia di etichettatura dell’olio fino al 5 maggio 1999, mentre questa aveva promulgato la legge in data antecedente, contravvenendo così all’obbligo di rinvio previsto all’art. 9 della direttiva. Generalizzando la soluzione adottata in CIA, la Corte risolse la questione pregiudiziale
affermando che, alla luce dell’obiettivo della direttiva 831/89, anche l’inosservanza degli obblighi di rinvio doveva essere considerata «vizio procedurale e sostanziale atto a