114 FERRAJOLI, La logica del diritto. Dieci aporie nell'opera di Hans Kelsen, cit., 45. 115 Ibid., 50 (corsivo aggiunto).
116 Ibid., 45.
117 L’immagine è di PINTORE, Note intorno all’attuazione dei diritti, in Stato, Chiese e pluralismo confessionale, 2016, 18. 118 Ibid., 26; già in Id., La democrazia attraverso i diritti, Roma-Bari, Laterza, 2013, 50-6.
43
Questo capitolo introduttivo è servito a fissare i punti cardinali dell’analisi di un oggetto intrinsecamente sfuggente come l’effettività, per la cui comprensione servirebbe una
conoscenza e una forma mentis non da dizionario, ma da enciclopedia119.
Dapprima si è individuato il più ampio contesto che fa da sfondo allo studio, tratteggiando i contorni di un discorso à la page ma fumoso, criticandone la mancanza di
rigore argomentativo in sé e per sé considerata e per le possibili disfunzioni di cui potrebbe essere foriera. Si è intrapresa la ricerca indagando il concetto attraverso le lenti della filosofia analitica, individuando i caratteri che inducono a definire l’effettività come la sintesi di un giudizio sulla realizzazione di aspetti qualificanti dell’oggetto di cui viene predicata. Si è poi evidenziato come tali caratteristiche (l’essere un simbolo incompleto dal significato indeterminato) plasmino la portata comunicativa del concetto, permettendo un proliferare di usi linguistici, connessi tra loro per il comune richiamo alla dimensione fattuale nel fenomeno giuridico, così che i riflessi tra i discorsi in cui tali usi prendono forma sono lo specchio di una medesima modalità di interpretare la coppia diritto-fatto. L’impossibilità di individuare un riferimento ontologico corrispondente al segno linguistico ha portato a indagare il significato e le finalità degli usi dell’effettività da parte degli operatori giuridici.
Una volta riconosciuto come non sarebbe possibile comprendere i significati dell’effettività al di fuori di questi usi e dalla loro attinenza a una determinata tipologia di discorsi, ci si è
cimentati nell’impresa di individuare i più significativi; si è qui cercato di rappresentare la spinta centripeta dei diversi nodi tematici, nonché la tendenza del concetto a svilupparsi come una corda composta da numerose fibre intrecciate e la cui tenuta «non è data dal fatto che una fibra corre per tutta la sua lunghezza, ma dal sovrapporsi di molte fibre una sull’altra»120.
L’idea alla base del presente lavoro è che tale metodologia sia necessaria per adeguatamente comprendere i richiami all’effettività presenti nel panorama giuridico attuale. In particolare, non si può capire quale sia la portata giuridica del richiamo all’effettività se non attraverso il filtro concettuale di una tassonomia di significati, capaci di isolare gli aspetti semantico-funzionali tipicamente ascrivibili alla tipologia di usi in questione e ai contesti discorsivi in cui essi si collocano. In conformità con gli obbiettivi fissati nell’introduzione – contribuire a una teoria che chiarisca e permetta di regolare l’effettività come canone normativo nel diritto privato europeo, nonché la sua recezione a livello nazionale – il metodo così elaborato servirà a guidare lo studio sui significati e la portata dell’effettività nella giurisprudenza della Corte di giustizia121.
119 Prendendo in prestito un’espressione utilizzata nel descrive lo studio, non a caso, dei termini vaghi: LUZZATI, La vaghezza delle norme, cit.
120 WITTGENSTEIN, Philosophische Untersuchungen, cit., 67 .
121 La divisione del lavoro su base ordinamentale, non deve far presumere una Weltanschauung «separatista», quasi che
avesse ancora senso parlare di un diritto nazionale – e, per quello che ci interessa, di un diritto privato nazionale – distinto e isolabile dall’intervento europeo. La scelta di rinviare l’indagine sull’ordinamento nazionale a un momento successivo si spiega su un piano diverso. Non si tratta di fotografare il processo di adattamento reciproco delle norme
44
L’ipotesi di partenza è che nella giurisprudenza della Corte l’effettività sia predicata in relazione a tre distinti oggetti. Poiché infatti si tratta di un simbolo incompleto – che non
perde la natura di attributo, anche quando si presenta sotto le spoglie di nome – i suoi usi, individuati in base ai referenti nominali, si riducono a una delle seguenti formule: i) effettività delle norme di diritto dell’Unione, ii) effettività della tutela giurisdizionale, iii) effettività del diritto dell’Unione complessivamente considerato. L’individuazione di queste tre declinazioni riflette indubbiamente la dicotomia, generalmente accettata in forma più o meno esplicita, tra effettività «in senso oggettivo», relativa all’ordinamento comunitario nel suo complesso o alla singola norma, ed effettività «in senso soggettivo», relativa alla tutela delle situazioni giuridiche derivanti dal diritto comunitario122. Secondo alcuni Autori, il
crescente richiamo all’effettività della tutela come autonomo e fondamentale diritto
soggettivo, di cui l’art. 47 CDFUE sarebbe espressione, non solo rappresenta un progressivo allontanamento dalla dimensione esclusivamente mercantilistica propria dell’effettività in senso oggettivo, ma sarebbe effetto e allo stesso tempo causa di un processo di costituzionalizzazione – una rights revolution – che dovrebbe i propri natali anche
allo spiccato attivismo della Corte Europea di Giustizia. Ciò posto, se la scelta di individuare gli usi dell’effettività in base al referente nominale appare coerente rispetto a tale dicotomia, proprio tale compatibilità permetterà di istituire un confronto critico tra la tesi che si è appena esposta, e una diversa lettura. La comunione di concetti ed espressioni con il linguaggio diffuso nel discorso giuridico non serve a legittimare la ricerca, confermandone le aspettative: al contrario, spetta alla seconda saggiare l’adeguatezza del primo.
I capitoli II e III serviranno a indagare le modalità concrete con cui la CGUE fa riferimento all’effettività, così da mettere in risalto il ruolo che quest’ultima svolge nella costruzione delle diverse dottrine che hanno alimentato la judicial construction del diritto
europeo. In particolare, mi occuperò dell’effettività delle norme di diritto europeo e
dell’effettività della tutela giurisdizionale. Non ci sarà invece una sezione esplicitamente dedicata all’effettività del diritto dell’Unione, dal momento che questo uso sembra porsi in
un rapporto di genus a species rispetto agli altri due. Come ogni ordinamento evoluto, infatti,
l’ordinamento unitario comprende sia norme di diritto sostanziale, sia meccanismi, sostanziali e processuali, finalizzati alla tutela delle situazioni giuridiche soggettive che ne dipendono, per cui l’analisi dell’effettività del diritto europeo nel suo complesso non può prescindere dallo studio dell’effettività delle singole norme e della relativa tutela giurisdizionale. Se dunque il riferimento al diritto dell’Unione comprende i significati e le
prodotte da diverse fonti, ma di analizzare separatamente l’apporto delle diverse istituzioni, sull’assunto che ciascuna di esse abbia una «voce» specifica e non fungibile, quasi si trattasse dei singoli strumenti di un’orchestra, al fine di valutare se, e come, uno stesso argomento subisca, per così dire, degli adattamenti in relazione a contesti istituzionali diversi.
122 A titolo esemplificativo, adottano questa distinzione: NEBBIA, The Double Life of Effectiveness, in Cambridge Yearbook of European Legal Studies, 2007/8, 287, 288; LECZYKIEWICZ, Effectiveness of EU Law Before National Courts: Direct Effect,
Effective Judicial Protection, and State Liability, in Oxford Handbook of European Union Law, ARNULL-CHALMERS (a cura di), Oxford, 2015, 212, 214; PAGLIANTINI, Principio di effettività e clausole generali, cit., passim.
45
funzioni ascrivibili ai primi due usi, allo stesso tempo esso esprime un valore aggiunto che lo proietta sul piano di una Rechtslehre e fa sì che le considerazioni legate alle specificità di
un discorso sull’ordinamento europeo in sé e per sé considerato, siano rinviate a uno stadio più avanzato della ricerca.
Così terminata la fase ricognitiva, il capitolo IV sarà dedicato alla sistematizzazione e valutazione critica del materiale elaborato. In quella sede gli usi dell’effettività rinvenibili prima facie nella realtà giuridica europea saranno messi a confronto con le diverse tipologie
di discorsi relativi all’effettività che ho individuato in questo primo capitolo. Anticipando in certa misura gli esiti dell’operazione, si può osservare come proprio l’impossibilità di istituire una relazione di corrispondenza univoca tra queste categorie, rivelata dalla presenza di usi diversi all’interno di un medesimo riferimento, mostra come la reale portata dell’effettività nella giurisprudenza europea debba essere valutata indagando quale funzione, di volta in volta, la Corte attribuisce al concetto.
In particolare, questa analisi verrà portata avanti per indagare se sia giustificata la tendenza, presente in forme più o meno esplicite nella dottrina nazionale e sovranazionale, a leggere l’effettività in chiave sempre più personalistica, come se fosse possibile tracciare un’evoluzione da una effettività in senso oggettivo, riferita alla singola norma o all’ordinamento comunitario nel suo complesso, orientata alla realizzazione del mercato concorrenziale, a una effettività in senso soggettivo, incentrata sulla tutela delle situazioni giuridiche aventi fonte nel diritto comunitario e medium per garantire la tutela dei diritti
individuali. Sviluppando l’icastica immagine di una Giurista, si tratta di capire che gioco si nasconda sotto il «velo dell’effettività»123.
Alla luce di questa indagine, il V capitolo della tesi servirà, da un lato, a tirare le fila della ricerca, elaborando una teoria normativa degli usi dell’effettività nella giurisprudenza della Corte di giustizia; dall’altro, a finalizzare gli esiti ottenuti in vista di un coordinamento tra ordinamento europeo e ordinamento nazionale rispetto all’uso del cd. principio di effettività.
46