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CAPITOLO III – L’effettività della tutela giurisdizionale

5. La retorica dei diritti fondamentali e della loro tutela Verso un’autonomizzazione dell’art 47 CDFUE nel diritto privato europeo?

2.3.2. Pars construens ?

È possibile dunque indicare come la Corte dovrebbe usare l’effettività? Sì, ma tale operazione non sembra potersi spingere oltre il prescrivere un uso il più possibile corretto dell’argomentazione. Una tesi che offra una soluzione predefinita di cosa si possa o non possa fare con l’effettività sembra invece di difficile costruzione perché quest’ultima, nella prospettiva della Corte di giustizia, è vuota di ogni significato normativo74. Essa è essenzialmente un argomento, un topos con cui la Corte, da un lato,

esercita la propria funzione normativa in vista dell’integrazione e, dall’altro, cerca di ottenere il consenso dei suo interlocutori nazionali in un sistema dove il precario equilibrio tra diverse fonti di giuridicità tende a far convergere legittimazione e accettazione.

Mi sembra dunque che anche la pars construens di uno studio critico sull’uso

dell’effettività nella giurisprudenza della Corte di giustizia debba procede ab externo: non

cercare di attribuire una portata normativa autonoma a un argomento bon à tout faire,

plasmato in funzione delle precomprensioni interpretative della Corte (il cd. bias

integrazionista) ed elaborato in funzione della sua capacità di persuadere – piuttosto che convincere – i partecipanti del discorso giuridico.

73 La distinzione tra convincere e persuadere è fondante nel pensiero di PERELMAN-OLBERECHTS-TYTECA, Traité

de l’argumentation. La nouvelle rhétorique, cit., 26 ss.

74 Cfr. anche LECZYKIEWICZ, The Constitutional Dimension of Private Law Liability Rules in the EU, cit., 212, già

riportato supra: «The principle that underpins most of EU law’s involvement in many legal spheres, including the

involvement of the Court of Justice in private law disputes, is the judge-made principle of effectiveness. […] It could be argued also that effectiveness is devoid of any normative content. It follows that is this rule or policy which should be invoked by the Court as a justification for an intrusion». Nonostante qualifichi espressamente l’effettività come un principio costituzionale europeo, sembrano spingere in questa direzione anche alcune considerazioni sviluppate da ROSS, Effectiveness in the European legal order(s), cit., nel momento in cui descrive l’effettività come una «valvola» che si apre e si chiude in funzione di esigenze di affermazione o mediazione politica tra Unione e Stati Membri, secondo un modello simile a quello della proporzionalità, lasciando l’impressione che il significato del principio sia più politico che giuridico.

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Ecco perché è più che mai necessario elaborare precisi argini all’espansione del fenomeno: individuando, ad esempio, le condizioni di compatibilità assiologica tra ordinamento europeo e ordinamento nazionale che giustificano, almeno in prima battuta, l’espansione delle libertà fondamentali; oppure costruendo, a fronte di un rischio di affermazione di un regime generale di responsabilità, sul modello Courage e Manfredi,

le condizioni in presenza delle quali è possibile configurare un obbligo in capo al singolo di riparare il danno inferto a un altro privato, in conseguenza di una violazione del diritto europeo (ad es. individuando chiari diritti e obblighi in capo ai soggetti in questione,

sufficient breach, ecc.); nonché, su un piano più generale, la necessità di rispettare il

principio di legalità e di allocare la responsabilità sul piano – verticale75 – cui

eventualmente compete76.

75 LECZYKIEWICZ, The Constitutional Dimension of Private Law Liability Rules in the EU, cit., 204-5: «If we look at

liability as a civil law sanction, rather than merely as a mechanism for providing remedy, it becomes apparent that the principle of legality, so fundamental to criminal liability, should also be considered in the context of private law. Individuals are entitled to expect their rights and obligations are defined by the law, duties by case law is kept to minimal, stems from consistently applied concepts and principles, and makes the liability outcomes of disputes foreseeable and the whole process normatively justified. The safeguards demanded by the principle of legality play a fundamental role in the protection of private autonomy. It follows that separation of powers, unless interferences with these safeguards is justified by a legitimate concern, private autonomy should be regarded as unduly restricted».

76 Le considerazioni fino a qui sviluppate potrebbero forse essere interpretate come volte a sostenere da un lato,

che le decisioni giudiziali caratterizzate da un (ab)uso dell’effettività sarebbero invalide perché illegittime, e dall’altro, che gli artt. 19 TUE e 47 CDFUE sarebbero privi di uno stringente valore normativo. Sicché, il problema dell’attuazione nazionale del cd. principio di effettività dovrebbe essere liquidato come essenzialmente mal posto, se non privo di senso. Tale impostazione – ça va sans dire – è assolutamente insostenibile, sia per gli artt. 19 TUE e

47 CDFUE, che fanno a pieno titolo parte di Trattati con valore para-costituzionale, sia per quelle stesse decisioni che abbiamo definito come viziate da un abuso dell’effettività come canone decisionale, interpretativo e giustificativo. Non si può infatti traslare l’esito di giudizio sulla correttezza e legittimità dell’interpretazione (sia attività che risultato) sul giudizio di vincolatività delle decisioni giudiziali che su tale interpretazione si basano. Altri (LOMBARDI VALLAURI, Saggio sul diritto giurisprudenziale, cit.) hanno già chiarito come la giurisprudenza sia sempre, almeno in parte, fonte del diritto: ove concretamente accettate e trattate come vincolanti in virtù della loro autorità, le decisioni giurisprudenziali rappresentano norme effettive anche quando adottate in assenza o con un cattivo esercizio di una qualsiasi delega normativa. Se questa ricostruzione può essere condivisa per il diritto giurisprudenziale in generale, sembra particolarmente appropriata per descrivere il funzionamento della Corte di giustizia. Sfruttando il peculiare contesto in cui si trova ad operare, la Corte si è posta come detentrice di un monopolio interpretativo del diritto europeo, ha definito le forme e le modalità della propria attività giudiziale e ha affermato la vincolatività erga omnes delle proprie decisioni (per una giustificazione normativa del ruolo della Corte

di giustizia nel diritto europeo, si veda MARTINICO, L'integrazione silente, cit.; MARTINICO, Le sentenze interpretative della

Corte di Giustizia come forma di produzione normativa, in Rivista di diritto costituzionale, 2004, 249). Dal punto di vista del

giudice nazionale dunque, l’effettività è un canone normativo e, pertanto, l’interrogativo su come il giudice debba darvi applicazione deve essere affrontato. Se, infatti, la vincolatività delle sentenze della Corte e del principio di effettività è fuori questione, ciò non significa che – a seguito delle critiche sopra sviluppate – non possa essere formulata una critica sull’opportunità politica di una loro recezione per così dire entusiastica, e quindi aprioristicamente volta a massimizzarne l’attuazione, o anche solo recessiva, cioè ab origine rinunciataria ad

impostare un dialogo «forte» tra Corti. Ancora una volta, l’insegnamento di Vallauri si presta, sul piano teorico, ad offrire un piano teorico di azione: ché nel diritto giurisprudenziale, per forza di cose, la determinazione del significato di una norma è sempre «dialogica» (sulla necessità di «interpretare l’esito dell’interpretazione», si veda LUCIANI, Interpretazione conforme a Costituzione, cit., 403).

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Dall’Europa agli Stati membri. Come interpretare l’effettività nel diritto privato italiano?

L’effettività nel diritto privato nazionale: il contesto

Prima di affrontare direttamente la questione di come il giudice nazionale sia tenuto a dare applicazione al cd. principio di effettività di derivazione comunitaria, è opportuno un breve excursus, tale da offrire – sulla falsa riga di quanto fatto per il diritto europeo –

un quadro degli usi dell’effettività riscontrabili nel panorama giuridico attuale.

Nell’orizzonte privatistico il discorso sull’effettività si è infatti sviluppato dall’incontro di almeno cinque matrici distinte, tre autoctone e due allogene.

Tra le prime, figurano le riflessioni dei cd. neo-costituzionalisti, per i quali i diritti non attuati o non tutelati sono diritti di carta, segno di un vizio o di una lacuna nel sistema, e gli studi dei processualisti, secondo i quali il processo deve garantire «tutto e proprio quello» che spetta al titolare del diritto soggettivo. L’incontro di queste due matrici spiega perché il tema dell’effettività della tutela sia strettamente connesso al ruolo e all’interpretazione dell’art. 24 Cost. Sebbene infatti questo faccia esplicito riferimento solo al cd. «diritto al giudice», la scienza giuridica più attenta da tempo vede nell’effettività della tutela una componente essenziale della garanzia costituzionale, intesa appunto come possibilità, seria ed effettiva, di ottenere un provvedimento pienamente satisfattivo del bisogno di tutela di chi agisce in giudizio77. Procedendo lungo le orme di Chiovenda,

il significato ulteriore dell’effettività si modella su una visione dei rapporti tra diritto sostanziale e diritto processuale per cui quest’ultimo avrebbe la funzione di garantire «tutto e proprio quello» che è disposto sul piano sostanziale78. In linea con questa chiave

di lettura c’è l’eredità, ancor viva, di quella parte della dottrina privatistica per cui l’immagine dell’effettività e dei rimedi è il simbolo di un metodo in cui «l’indagine mira a conoscere quale soluzione concretamente l’ordinamento offre ad un singolo di fonte alla violazione del suo interesse»79.

Oltre i confini nazionali, il dovere degli Stati di garantire l’effettività della tutela è

espressamente previsto nella maggior parte dei trattati internazionali sui diritti umani e

77 ORIANI, Il principio di effettività della tutela giurisdizionale, cit..

78 CHIOVENDA, Saggi di diritto processuale civile (1900-1930), Roma, 1930, in particolare Dell’azione nascente dal contratto preliminare, 110); COMPOGLIO, Giurisdizione e processo nel quadro delle garanzie costituzionali, in Rivista Trimestrale di Diritto

e Procedura Civile, 1994, 1063; PROTO PISANI, Le tutele giurisdizionali dei diritti, Napoli, 2003,1 e PROTO PISANI, Il

principio di effettività nel processo civile italiano, cit.; ORIANI, Il principio di effettività della tutela giurisdizionale, cit.; PAGNI,

Tutela specifica e tutela per equivalente: situazioni soggettive e rimedi nelle dinamiche dell'impresa, del mercato, del rapporto di lavoro e dell'attività amministrativa, Milano, 2004.

79 Già a partire dagli anni settanta del secolo scorso la letteratura privatistica italiana aveva attraversato una

stagione di interesse per il tema dell’effettività, incentrato prevalentemente sulla direttrice tematica del nesso funzionale tra diritto sostanziale e processo: MAZZAMUTO, L'attuazione degli obblighi di fare, Napoli, 1978; DI MAJO,

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trova una duplice formulazione nel sistema CEDU80: non solo la Carta dei diritti umani

prevede specifiche disposizioni a tutela del giusto processo (art. 681), ma dispone anche

che il titolare di un diritto fondamentale protetto dalla Convenzione che non abbia ottenuto una tutela effettiva dinanzi alle istanze nazionali possa (previo esaurimento dei ricorsi interni) chiedere alla Corte EDU di condannare lo Stato al risarcimento del danno (art. 1382). Il diritto a una tutela giurisdizionale e a un rimedio effettivi rappresenta

dunque un entitlement ulteriore, logicamente distinto ma strutturalmente dipendente dal

diritto leso. Per quanto riguarda la definizione di ciò che costituisce un rimedio effettivo ai sensi dell’art. 13 CEDU, la Corte ha stabilito che il rapporto tra mezzi di tutela interni e le posizioni sostanziali riconosciute dalla Convenzione deve essere di «efficacia e adeguatezza»: gli Stati, pur vantando un margine di discrezionalità, hanno l’obbligo positivo di predisporre strumenti tali da prevenire o interrompere la violazione dei diritti consacrati dalla CEDU o, da ultimo, a ripararne le eventuali violazioni, sempre in relazione alla concreta esigenza di tutela riscontrabile nel caso concreto. In questo senso, il diritto al risarcimento del danno da parte dello Stato risponde alla duplice necessità di costringere gli Stati membri al rispetto della Convenzione e garantire una forma di tutela

in extremis al titolare del diritto leso.

Come ampliamente esposto nel corso dell’indagine, anche nel diritto dell’Unione il tema dell’effettività si è sviluppato sul duplice livello della predisposizione e della realizzazione delle garanzie primarie e secondarie83, per cui gli Stati membri hanno

l’obbligo di dare corretta e tempestiva attuazione alle disposizioni del diritto dell’Unione e di non introdurre o mantenere assetti regolativi che ne costituiscano un ostacolo, di

80 Sul punto, estensivamente, IMBRUGLIA, Effettività della tutela, cit.., 76 e CAPORUSSO, Effettività e ragionevolezza della tutela giurisdizionale nel canone dell’art. 6, par. 1, CEDU, in Persona e mercato, 2014, 118.

81 Art. 6 CEDU: «Ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente ed entro

un termine ragionevole da un tribunale indipendente e imparziale, costituito per legge, il quale sia chiamato a pronunciarsi sulle controversie sui suoi diritti e doveri di carattere civile o sulla fondatezza di ogni accusa penale formulata nei suoi confronti. La sentenza deve essere resa pubblicamente, ma l’accesso alla sala d’udienza può essere vietato alla stampa e al pubblico durante tutto o parte del processo nell’interesse della morale, dell’ordine pubblico o della sicurezza nazionale in una società democratica, quando lo esigono gli interessi dei minori o la protezione della vita privata delle parti in causa, o, nella misura giudicata strettamente necessaria dal tribunale, quando in circostanze speciali la pubblicità possa portare pregiudizio agli interessi della giustizia. 2. Ogni persona accusata di un reato è presunta innocente no a quando la sua colpevolezza non sia stata legalmente accertata. 3. In particolare, ogni accusato ha diritto di: (a) essere informato, nel più breve tempo possibile, in una lingua a lui comprensibile e in modo dettagliato, della natura e dei motivi dell’accusa formulata a suo carico; (b) disporre del tempo e delle facilitazioni necessarie a preparare la sua difesa; (c) difendersi personalmente o avere l’assistenza di un difensore di sua scelta e, se non ha i mezzi per retribuire un difensore, poter essere assistito gratuitamente da un avvocato d’ufficio, quando lo esigono gli interessi della giustizia; (d) esaminare o far esaminare i testimoni a carico e ottenere la convocazione e l’esame dei testimoni a discarico nelle stesse condizioni dei testimoni a carico; (e) farsi assistere gratuitamente da un interprete se non comprende o non parla la lingua usata in udienza.».

82 Art. 13 CEDU: «Ogni persona i cui diritti e le cui libertà riconosciuti nella presente Convenzione siano stati

violati, ha diritto ad un ricorso effettivo davanti ad un’istanza nazionale, anche quando la violazione sia stata commessa da persone che agiscono nell’esercizio delle loro funzioni ufficiali.».

83 Si fa qui riferimento alla distinzione coniata da FERRAJOLI, Diritti fondamentali. Un dibattito teorico, Roma-Bari,

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«stabili[re] i rimedi giurisdizionali necessari per assicurare una tutela giurisdizionale effettiva nei settori disciplinati dal diritto dell’Unione», e di garantire il diritto fondamentale a un ricorso e un rimedio effettivi di cui all’art. 47 della carta di Nizza.

Da una simile matassa di prospettive l’effettività è ora declamata come segno di insofferenza verso lo sterile formalismo, motore di una visione del diritto immediatamente «a ridosso» dell’interesse, capace di piegare la struttura alle esigenze della funzione attraverso un piano mobile di rimedi concessi dal giudice per rispondere appunto a un irresistibile bisogno di tutela84. L’interprete è così portato a valutare se gli

istituti di diritto privato sostanziale e processuale che è chiamato a utilizzare siano compatibili con la garanzia di un’efficace realizzazione dell’impianto giurisdizionale. Questo potrebbe non indurre solo sporadiche rimodulazioni di istituti specifici, ma addirittura veicolare un ripensamento di interi settori del diritto privato, come quello dei contratti dei consumatori e della responsabilità civile; una nuova «fuga» nelle clausole generali, nei rimedi, nell’anti-formalismo, mossa dalla volontà di raggiungere, a ogni costo, di una soluzione la cui giustizia (o giustezza85) è parametrata alla stregua di un più

o meno esplicitato principio di effettività.

Un interessantissimo studio sull’effettività delle tutele nel diritto civile offre proprio un’attenta ricognizione delle decisioni giurisprudenziali in cui il riferimento all’effettività ha orientato in modo determinate la soluzione delle questioni giuridiche controverse86.

Essa ha costituito un vero e proprio standard di legittimità costituzionale nella sentenza 238/2014, dove la Corte Costituzionale ha riconosciuto che «in virtù della tutela giurisdizionale effettiva dei diritti dei singoli, non può essere esclusa da una norma

consuetudinaria di diritto internazionale sull’immunità dello Stato straniero, per la cui operatività rappresenta dunque un limite massimo di utilizzabilità interna»87. Come base

di un’opinabile Drittwirkung dei principi costituzionali nelle regole contrattuali,

l’effettività rappresenta la prospettiva ermeneutica fondamentale con cui la Corte Costituzionale ha rigettato le questioni di legittimità dell’art. 1385 c.c., riconoscendo al giudice il potere di rilevare d’ufficio «la nullità (totale o parziale) della clausola stessa ex art. 1418 c.c., per contrasto con il precetto dell’art. 2 Cost. (per il profilo dell’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà), che entra direttamente nel

84 L’immagine del piano mobile dei rimedi, diventata un vero e proprio topos letterario, è stata coniata da DI MAJO, Il linguaggio dei rimedi, cit., 354.

85 Distingue tra le due PAGLIANTINI, Diritto giurisprudenziale, riconcettualizzazione del contratto e principio di effettività,

cit., 48, supra.

86 VETTORI, Effettività delle tutele civili (diritto civile), cit.

87 Corte Cost., sentenza del 22.10.2014, n. 238, rel. Pres. Tesauro, in Foro it., 2015, I, 1152, con nota di SANDULLI, All’estremo limite dei controlimiti: la Corte costituzionale e l’ordine legale internazionale. Sul punto, IMBRUGLIA, Effettività della

tutela, cit., ed estensivamente in IMBRUGLIA, L’azione di risarcimento per fatti illeciti degli Stati e il principio di effettività della

tutela giurisdizionale. Note a margine della sentenza n° 238/2014 della Corte Costituzionale, in Persona e mercato, 2014, 163;

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contratto, in combinato contesto con il canone della buona fede, cui attribuisce vis

normativa, funzionalizzando così il rapporto obbligatorio alla tutela anche dell’interesse del partner negoziale nella misura in cui non collida con l’interesse proprio dell’obbligato»88. Da parte sua, la Cassazione ha ammesso il risarcimento del danno in

caso di sentenza frutto di dolo del giudice, pur in assenza di revocazione (che, nel caso di specie, sarebbe stata inutiliter data), poiché, appunto, «il principio di effettività, rettamente

inteso, nella sua innegabile dimensione di regola-cardine dell’ordinamento costituzionale, come diritto ad un rimedio adeguato al soddisfacimento del bisogno di tutela di quella specifica, unica, talvolta irripetibile situazione sostanziale di interesse giuridicamente tutelato […] anche alla luce del moltiplicarsi di accenni sul diritto al rimedio effettivo che emerge dalla lettura degli artt. 8 della Dichiarazione universale dei diritti dell’Uomo, 13 della Convenzione dei diritti dell’Uomo (stante l’interpretazione offertane dalla Corte di giustizia già a far data della sentenza Johnston del 1986) e 47 della Carta dei diritti

fondamentali dell’Unione e oggi del Trattato di Costituzione Europea […]»89.

Similmente, la possibilità per il giudice di rilevare ex officio la nullità negoziale,

indipendentemente dalla domanda proposta, è da ancorare alla considerazione per cui «[l]’indagine volta alla corretta individuazione dell’oggetto del processo, da condursi secondo i consueti canoni ermeneutici di analisi delle fattispecie giuridiche nel loro duplice aspetto di struttura e funzione, postula, in questa sede, la necessità di una

88 L’orientamento sopra descritto non ha trovato l’approvazione della Corte di legittimità che, a pochi mesi di

distanza, si è pronunciata secondo il suo orientamento costante (Cass. n. 153912000; 1312097; 120987; 405278; 485677; 639479; 114382; 564495), senza fare riferimento alcuno alle pronunce costituzionali immediatamente precedenti. Con la sentenza n. 14776, del 30.06.2014, la sez. III della Corte di Cassazione (in Foro it., 2015, I, 1044,

con nota critica di MACARIO, La (ir)riducibilità della caparra (eccessiva) e il (mancato) dialogo tra le corti) – chiamata a sindacare l’operatività di una caparra confirmatoria «eccessiva» prevista in un contratto preliminare di compravendita rimasto inadempiuto – ha accolto il ricorso principale con cui era stata dedotta la violazione dell’art. 1385 2° comma c.c. e la falsa applicazione dell’art. 1384 c.c., nella parte in cui la Corte d’Appello di Roma aveva ritenuto estensibile alla caparra confirmatoria il potere giudiziale di ridurre equitativamente, ex officio, la clausola

penale manifestamente eccessiva, di fatto condannando la parte non inadempiente trattenere solo 10.000 € dei 180 milioni di £ ricevuti. La Corte basa la propria decisione sulle «chiare differenze, sia sul piano strutturale che funzionale» che intercorrono fra le due figure: la clausola penale «viene tradizionalmente considerata come patto accessorio di un contratto con funzione, insieme, di coercizione all’adempimento e di predeterminazione del risarcimento dovuto, in caso di inadempimento»; mentre la caparra confirmatoria, «pur assolvendo anch’essa una funzione di preventiva liquidazione del danno, per il caso di altrui inadempimento, svolge altresì la funzione di anticipato parziale pagamento per l’ipotesi di adempimento». Non sarebbe dunque possibile un’applicazione analogica dell’art. 1384 c.c. 2°comma: questo, «contemplando l’attribuzione al giudice di un potere di incidere in

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