DELL ’ UOMO
4.2 G LI SPUNTI DELLE C ORTI NAZIONALI E DEL DIBATTITO DOTTRINALE
4.2.1 LA TEORIA DEI CONTRO LIMITI: LA SECCA RISPOSTA DELLA CORTE COSTITUZIONALE TEDESCA
In un labirinto in cui è ora facile smarrirsi, non può comunque non segnalarsi che un primo tassello a favore d’una lettura rigorosa delle norme e dei principi europei e nazionali che privilegi l’adesione ad una maggiore considerazione alla tradizione ed al peso dei diritti sociali, è stato operato dalla Corte Costituzionale tedesca163. È in questa sede ultima che s’è tentato il recupero di quella tendenza giurisprudenziale basata sulla teoria dei contro limiti164. Senza mezzi termini, ha asserito il Giudice delle leggi tedesche, «il contenuto essenziale dei diritti
fondamentali, estrapolato dalla norma interna, è considerato come un controlimite immanente, a priori e inviolabile rispetto a qualunque operazione di integrazione e di bilanciamento esterno»165.
Stante una delineazione dei vincoli nel rispetto dei quali la Repubblica tedesca può partecipare al processo d’integrazione della Unione, un’impostazione giurisprudenziale di tal fatta permetterebbe, in ipotesi, di mettere al riparo dalla possibilità che lo stato di cose esistenti in Italia possa essere sovvertito dall’Unione Europea e nella specie dalla Corte di Giustizia Europea. Se s’insistesse su una
163
Per una ripresa del percorso argomentativo della Corte costituzionale tedesca, tra la dottrina italiana, FERRARA, In difesa della sentenza del Bundesvergfassungsgericht del 30 giugno 2009 sul Trattato di
Lisbona, DLM, 2009, 626-627. L’intervento tedesco riprende le conclusioni di CORTI, Le decisioni ITF e
Laval della Corte di giustizia: un passo avanti e due indietro per l’Europa sociale, RIDL, 2008, II, 257.
Secondo l’A., all’indomani delle due sentenze della CGUE era auspicato l’intervento di una Corte nazionale, il cui obiettivo fosse quello di avvertire le Corti europee della necessità di adottare il linguaggio dei diritti fondamentali.
164
In proposito v. CARTABIA –WEILER, L’Italia in Europa. Profili istituzionali e costituzionali, Bologna, 2000, 167 s. e ANGIOLINI, I principi fondamentali della Costituzione italiana corrono (non senza pericoli)
sul filo del diritto comunitario, RIDPubblComun, 1991, 138 s.
165
Così MILITELLO, La Costituzione sociale europea in cammino in CARUSO –MILITELLO (a cura di),
diritti sociali tra ordinamento comunitario e Costituzione italiana: il contributo della giurisprudenza multilivello, CDSLE, n. 8/2011, 11, in richiamo della sentenza del Bundesverfassungsgevicht (BVeqfG)
del 30 giugno 2009 sulla conformità del Trattato di Lisbona alla Carta costituzionale tedesca. Precedentemente il medesimo procedimento argomentativo era stato utilizzato per il caso Gorgulu, n. 1481/04 per un commento del quale v. DI MARTINO, Il tribunale costituzionale tedesco delimita gli effetti
nel diritto interno delle sentenze della Corte Europea dei diritti dell’uomo in www.associazionedeicostituzionalisti.it
167 operazione giuridica come quella utilizzata dalla Corte tedesca166, in Italia e in sistemi giuridici organizzati sulla falsariga di quello nostrano, si potrebbe confidare in un valido riparo dagli effetti dirompenti delle sentenze Viking e Laval167. Ciò tenuto conto del fatto che «la soluzione data al conflitto tra diritti sociali
fondamentali e libertà economiche (dalla Corte di giustizia europea) confligge in modo radicale con quella che nell’ordinamento italiano è imposta dalla presenza di norme costituzionali fondanti principi cardine del sistema interno»168.
Se lo sciopero ed il conflitto si considerano strumenti attraverso i quali addivenire alla difesa dei principi fondamentali dell’ordinamento interno, anche la tradizione della nostra Corte costituzionale potrebbe consentire di giungere alle stesse conclusioni avanzate dal giudice delle leggi tedesco. E quindi, stimolare una pronuncia d’illegittimità costituzionale di una legge italiana in esecuzione del TFUE, nella misura in cui venga consentito ad una disposizione europea di spiegare i propri effetti nell’ordinamento italiano, per tradizione attento alla tutela dei lavoratori e dei relativi diritti169 e alla considerazione del conflitto come elemento essenziale del sistema economico, sociale e politico interno dell’ordine democratico dello Stato italiano170.
In assenza di un coinvolgimento diretto dell’Italia in vicende come quella Viking o Laval, i discorsi restano semplicemente un esercizio di studio. È per tale ragione che la “minaccia” del ricorso alla teoria dei contro limiti, più che un reale fattore di crisi di cooperazione giurisdizionale, pare oggi rappresentare quella
166
Su di essa nutre serie perplessità INGRAVALLO, ult. op. cit., 238 giacchè “porta a differenziare la
situazione dei diversi stati membri in relazione a una disposizione del diritto dell’UE, a seconda dell’accoglimento o meno della teoria dei contro limiti nei diversi ordinamenti interni e della differente rilevanza che i valori da tutelare hanno in quegli ordinamenti”.
167
Prima della costituzionalizzazione dei diritti fondamentali, la Corte costituzionale italiana aveva fatto ricorso alla teoria dei contro limiti per la sentenza Granital. In tale occasione, il Giudice delle leggi nostrano ha affermato la primazia del diritto dell’UE ma ha valorizzato i diritti inalienabili della persona e i principi costituzionali fondamentali della Costituzione italiana come contro limiti all’applicazione delle leggi europee. Contrario a questo approccio, per il freno che comporta all’integrazione europea, da sempre RUGGERI, Tradizioni costituzionali comuni e contro limiti, tra teoria delle fonti e teoria
dell’interpretazione in AA. VV., La Corte costituzionale e le Corti d’Europa, Torino, 2003, 505.
168
In questi termini CARABELLI, Il contrasto tra le libertà economiche fondamentali … cit., 1431.
169
Spingono per l’applicazione, anche in Italia, della teoria dei contro-limiti: INGRAVALLO, ult. op. cit., 237 e CARABELLI, Il contrasto tra libertà economiche fondamentali e i diritti …, cit., 1433-1434 e diritti ed in precedenza SERRANO, ult. op. cit., 175; VILLANI, I contro-limiti nei rapporti tra diritto comunitario e
diritto italiano in Studi in onore di Vincenzo Sturace, Napoli, 2008; PALLINI, Law shopping e autotutela
sindacale nell’Unione Europea, RGL, 2008, II, 6; CORTI, Le decisioni ITF e Laval della Corte di
giustizia, cit., 249.
170
Così CARABELLI, Europa dei mercati e conflitto sociale, cit., 162. Nello stesso senso ANDREONI,
Sciopero, contratto collettivo e diritti dell’economia: la svolta politica della Corte di giustizia, in
168 «pistola sul tavolo», capace di “invitare” le Corti a comprendersi reciprocamente per il bene di un multilevel system171.
4.2.2L’APPREZZAMENTO “DELL’IDENTITÀ NAZIONALE” NELLE FONTI DEL DIRITTO EUROPEO: UN’OPZIONE INTERPRETATIVA “TEMPERATA”
Ad evitare «un pericoloso stravolgimento sostanziale degli equilibri sottesi
alla costruzione dell’Unione europea»172
approda una linea interpretativa meno rigorosa della tensione perenne risultante da quanto appena esaminato nel paragrafo precedente. Tale declinazione dell’opzione viene suggerita dal fatto che più che barricarsi entro la teoria nazionalistica dei contro – limiti, una lettura sistematica delle norme europee dovrebbe invitare a tenere maggiormente in conto la possibilità di costruire l’Europa attraverso un più idoneo coinvolgimento delle variegate esperienze e tradizioni facenti capo ad ogni singolo Stato membro dell’Unione. Ciò porterebbe in sostanza a rileggere le norme europee non come un’indebita sovrapposizione rispetto al diritto nazionale, quanto piuttosto nell’ottica di una compenetrazione tra sistemi giuridici che - più che vivere “l’uno contro l’altro armato” – prediligano l’adozione del metodo simbiotico.
Considerando alcune delle principali fonti del diritto europeo, un certo spazio di valorizzazione delle tradizioni nazionali173 viene anzitutto riconosciuto dalla Carta di Nizza174 e da un numero nutrito di norme sparse nei Trattati. Si richiami in proposito l’art. 140 del Trattato di Lisbona, il quale enuncia la preminenza del diritto del lavoro nazionale rispetto al diritto dei Trattati e della politica sociale dell’Unione175
, limitando i poteri della Commissione ad una mera azione di incoraggiamento della cooperazione e di facilitazione del coordinamento nella materia riguardante il diritto del lavoro e delle condizioni di lavoro. Nella stessa ottica si pone l’art. 137 della medesima fonte che, per il conseguimento degli
171
L’affermazione è di PANUNZIO, I diritti fondamentali e le Corti in Europa in PANUNZIO (a cura di), I diritti fondamentali e le Corti in Europa, Napoli, 2005, 3 s.
172
Così L.ZOPPOLI, Dopo la Corte di giustizia, quale futuro per il conflitto collettivo nell’Unione Europea inANDREONI –VENEZIANI (a cura di), cit., 223.
173
Pur se per altro contesto, così la CGUE aveva deciso in: Konle, C- 302/97; Omega, C- 36/02; Azores, c- 88/03, Portugal Commission e Dynamic Medien, C- 244/06. Per un commento su tale impostazione della CGUE, ALEMANNO, A la recherche d’un juste equilibre entre libertès fondameentales et droits
fondamentaux dans le cadre du marchè interieur. Quelques reflexions à propos des arrets Schmidberger et Omega, Revue du droit de l’Union Europeenne, 2004, 709. Alter volte la sensibilità verso la Costituzione
nazionale si è costruita sulla specificità storico-culturale. Cfr. all’uopo, C- 220/98, Estee Lauder. 174
WEILER, La democrazia europea e il principio della tolleranza costituzionale in CERUTTI –RUDOLPH
(a cura di), Un’anima per l’Europa, Pisa, ETS, 2002, 57 s. 175
GRANDI, Diritto del lavoro europeo. Le sfide del XXI secolo in MONTUSCHI (a cura di), Un diritto in
169 obiettivi di politica sociale di cui all’art. 136, limita l’azione dell’Unione a interventi di sostegno e completamento, tramite direttive, dell’azione degli Stati membri.
A confermare la stessa “sensibilità” per le esperienze nazionali giunge l’art. 4 del Trattato di Lisbona. Questa norma prevede l’impegno della Unione «al
mantenimento e allo sviluppo dei valori comuni, nel rispetto della diversità delle culture e delle tradizioni dei popoli europei, dell'identità nazionale degli Stati membri e dell'ordinamento dei loro pubblici poteri a livello nazionale, regionale e locale». A ciò, va ad aggiungersi l’affermazione di principio inserita nel Preambolo
al Trattato: è impegno dell’Unione garantire «nel rispetto delle competenze e dei
compiti della Comunità e dell'Unione e del principio di sussidiarietà, i diritti derivanti in particolare dalle tradizioni costituzionali e dagli obblighi internazionali comuni agli Stati membri (…)». La chiusura del cerchio non giunga tuttavia prima di
ricordare che una forte considerazione del piano nazionale emerge proprio in considerazione di quanto è stato evidenziato in proposito dell’art. 28 della Carta di Nizza e più recentemente da alcune proposte formulate dalle istituzioni europee, tra cui va sicuramente annoverata la Risoluzione del Parlamento europeo del 2008, all’interno della quale viene riconosciuto un riferimento essenziale alle Carte fondamentali dei singoli Paesi dell’UE.
A non rompere infine la coerenza dell’assetto appena descritto, per l’interpretazione a suo tempo fornita in proposito dell’art. 28 della Carta di Nizza verrebbe incontro il successivo art. 53, secondo cui il legislatore comunitario, attraverso una clausola di protezione, statuisce che nessuna disposizione della Carta (di Nizza) deve essere considerata limitativa o lesiva dei diritti fondamentali riconosciuti dalle Costituzioni degli Stati membri.
Pare proprio questa l’interpretazione da privilegiare per evitare che uno stravolgimento dei nostri assetti, costituzionali e sindacali, in primis si produca. D’altronde, soltanto una opportuna preservazione della tradizione statuale si rende compatibile con il quadro normativo di riferimento e con il riparto di competenze tra Unione e Stati membri.176.
176
170 5.DAL “VENTO DEL NORD” UN ALIQUID NOVUM PER IL GIUDICE ITALIANO?
In ultima analisi, vale soffermarsi sull’impatto che i limiti tracciati dalla Corte di Lussemburgo in tema di conflitto collettivo, possono produrre rispetto all’ordinamento giuridico italiano177
.178.
Richiamando brevemente lo schema formulato in seno alle sentenze Viking e Laval risulta quanto segue. Se un giudice italiano, dovesse applicare l’accennata giurisprudenza della CGUE, dovrebbe verificare in primis se il sindacato abbia attivato strumenti alternativi all’azione collettiva (con quanti e quali livelli di conciliazione preventiva?) atteso che lo sciopero va utilizzato solo come estrema
ratio e in modi non eccessivi179. In questo modo, finirebbe per escludere quelle cc. dd. azioni sleali di sciopero che prima degli anni ‘70 la giurisprudenza aveva considerato illegittime. Potrebbero essere in contrasto con le indicazioni fornite dalla Corte di giustizia gli scioperi a scacchiera e a singhiozzo180. Minori difficoltà deriverebbero invece per il blocco delle merci e dei cantieri181, nonché per lo sciopero ad oltranza, atteso che proprio queste ultime, più di altre forme di lotta, avrebbero maggiore predisposizione ad intaccare la produttività aziendale, sulla quale è intervenuta prontamente la Corte di Cassazione con l’oramai famosa sentenza n. 711/1980.
In secondo luogo al Giudice incomberebbe l’onere di verificare se tutti gli strumenti siano stati azionati secondo correttezza e buona fede (contrattuale o extra-
177
In maniera sarcastica ROMAGNOLI, Ricordo di Giorgio Ghezzi in ANDREONI –VENEZIANI (a cura di),
Libertà economiche e diritti sociali nell’Unione Europea. Dopo le sentenze Laval, Viking, Ruffert e Lussemburgo, 2009, in part. 14-15. L’A. rileva: “non sapevamo che un’interpretazione del diritto
comunitario potesse persuadere la Corte ad esprimere l’avviso che l’ordinamento configura il diritto di sciopero a stregua di un diritto strutturalmente prevaricante, inaffidabile, portato agli eccessi e perciò bisognoso di essere condizionato, controllato, incanalato, presumendo così che ogni titolare del diritto di azione collettiva non sarebbe capace, da solo, di misurare sulla realtà l’uso che decide di farne”. Al
riguardo è stata sostenuta l’assenza di giustificazione di tali limiti «nell’ordinamento italiano perché
funzionali a tutelare interessi economici dell’impresa» Così ORLANDINI, Il recepimento della direttiva sul
distacco transnazionale in Italia. L’impatto del caso Laval, GDLRI, 2011, 131, 3, 405.
178
Così ORLANDINI, Il recepimento della direttiva sul distacco transnazionale in Italia. L’impatto del caso
Laval, GDLRI, 2011, 131, 3, 405.
179
In questo senso la sentenza Laval, p. 87 della decisione. 180
Di questo avviso ANDREONI, Sciopero, contratto collettivo e diritti dell’economia: la svolta politica
della Corte di giustizia, in ANDREONI – VENEZIANI (a cura di), Libertà economiche e diritti sociali
nell’Unione Europea, cit, 90. Nel contributo l’A. oltre ad ipotizzare le difficoltà probatorie in capo al
sindacato, dal momento che non è chiaro se la prova della giustificazione del conflitto debba essere mediata da un consulente tecnico di nomina del giudice oppure desunte dall’escussione delle prove testimoniali e dalle documentazioni relative alla situazione economico-finanziaria della società, mette in rilievo come alla lue della Corte di giustizia l’unica azione collettiva praticabile resti con molta probabilità lo sciopero concertato.
181
In questi casi valga richiamare P. Desio 24/12/1980 in base alla quale il blocco merci intrapreso per impedire, in occasione di sciopero l’uscita del prodotto finito dallo stabilimento, “costituisce una forma
illecita di azione sindacale ed è fonte di responsabilità per danni a carico degli organismi sindacali che lo hanno organizzato e sostenuto”.
171 contrattuale?). Ma in una sospensione dall’attività lavorativa restano vigenti i principi appena richiamati?
Ciò assunto, la necessità del conflitto, la ragionevolezza della piattaforma sindacale e la proporzionalità delle forme di lotta finirebbero per mettersi in gioco in un giudizio di bilanciamento esterno rispetto alla libera valutazione che i protagonisti del conflitto pongono in essere.
Segue un’ipotesi di “mera esercitazione” in base alla quale si tenterà di prospettare gli effetti che potrebbero derivare dal ragionamento fatto dalla Corte di giustizia europea per i due casi scandinavi succitati e parimenti per considerare nei fatti la trasferibilità dei fatti controversi entro un sistema di relazioni sindacali che dall’entrata in vigore della Costituzione, fatta salva l’eccezione dei servizi pubblici essenziali, ha lasciato alle parti sindacali il governo e la responsabilità del conflitto collettivo.