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P ROPORZIONALITÀ E NECESSITÀ DELL ’ AZIONE COLLETTIVA

DELL ’ UOMO

5.1 P ROPORZIONALITÀ E NECESSITÀ DELL ’ AZIONE COLLETTIVA

Le sentenze Viking e Laval, è stato sostenuto, «a paragone dei principi italiani

di diritto positivo, ma anche in relazione ad una più generale concezione dello sciopero, mostrano una profonda e preoccupante sostanza illiberale»182.

La subalternità dello sciopero rispetto alle libertà economiche si pone come invasiva rispetto ad una tradizione liberale dell’autotutela collettiva sulla quale s’è detto nei capitoli precedenti e rispetto ai quali s’aggiungerà, pur senza cercare di cadere in improprie ripetizioni. Analizzata dalla prospettiva dell’ordinamento italiano, una simile valutazione porterebbe a individuare una vera e propria degradazione del diritto di contrattazione collettiva e del diritto di sciopero (garantiti in Costituzione agli artt. 39 e 40) a livello di meri interessi, che tuttavia meriterebbero una protezione «se non eccedono i limiti stretti imposti al loro

esercizio dai criteri di adeguatezza e di proporzionalità»183.

Oltre al non trascurabile elemento della motivazione che in Italia non assume lo stesso rilievo che ad essa viene attribuito dalla giurisprudenza di Lussemburgo, non pare inoltre essere esente da critiche proprio l’applicazione d’un principio,

182

Così GRAGNOLI, Diritto di sciopero e controllo pubblico secondo il diritto comunitario. a proposito dei

casi Viking e Laval in ANDREONI –VENEZIANI (a cura di), Libertà economiche e diritti sociali nell’Ue, Roma, 2009, 153.

183

GIUBBONI, Dopo Viking, Laval e Rüffert: in cerca di un nuovo equilibrio fra i diritti sociali e mercato,

cit., 124; CARUSO, Diritti sociali e libertà economiche sono compatibili nello spazio europeo? in ANDREONI –VENEZIANI (a cura di), Libertà economiche e diritti sociali nell’Ue, Roma, 2009, 111. Negli stessi termini, da ultimo, GAMBINO, I diritti sociali fra costituzioni nazionali e costituzionalismo europeo in www.federalismi.it, 16.

172 quello di proporzionalità184, entro dinamiche di stretta ed esclusiva considerazione di chi organizza ed autodetermina le modalità più incisive ai fini della buona riuscita del conflitto collettivo sorto185. Si potrebbe considerare che, in rottura coi principi dell’ordinamento sindacale, le conclusioni della Corte di giustizia siano scarsamente condivisibili, anche alla luce della nostra tradizione nazionale, rispetto alla confusione generata tra il piano dell’azione collettiva e quello del contratto collettivo.

Quanto al controllo delle finalità dello sciopero non può mancarsi di segnalare altrettanto problematicamente l’eccessiva invasività del giudice nella valutazione di una certa agitazione sindacale: consentire al giudice di valutare, oltre che l’esercizio di sciopero, i suoi fini oppure il contenuto stesso dell’azione negoziale posta in essere186 altro non significa se non aumentare sensibilmente il rischio di cadere nella stessa trappola della Corte di Lussemburgo, quindi nella funzionalizzazione dei diritti collettivi ad obiettivi scelti da un soggetto terzo187.

In senso più ampio, si consenta di ripercorrere nelle tesi della Corte di Lussemburgo una qualche assonanza con l’approccio utilizzato dalla nostra Corte costituzionale a partire dai primi anni ’60 per spianare la strada alla rimodulazione dello sciopero rispetto alla esigenza di tutelare dal conflitto gli utenti del servizio pubblico essenziale. Insistendo sulle analogie, si potrebbe dire che il conflitto nazionale nei servizi pubblici sta alla tutela degli utenti così come il conflitto europeo sta alla tutela delle libertà economiche. Il procedimento pare identico e, riprendendo i casi Viking e Laval, non parrebbe propriamente fuori luogo adottare anche per la prospettiva comunitaria quella idea di “frontiera impenetrabile” di cui s’è parlato presentando lo stato dell’arte dello sciopero nei servizi pubblici essenziali.

Qualche somiglianza sarebbe da leggersi anche tenendo in debito conto le politiche adottate in grossi gruppi italiani. Riprendendo gli accordi FIAT e l’accordo quadro del 2009 non sarebbe inopportuno anche stavolta tracciare un continuum tra

184

Parla di “obbrobrio giuridico” della giurisprudenza della Corte europea L.ZOPPOLI, Dopo la Corte di

giustizia, quale futuro per il conflitto collettivo nell’Unione europea? in ANDREONI –VENEZIANI (a cura

di), cit., 223. 185

Essa si apre, in tal modo, «ad un controllo penetrante ed inedito del giudice naturale sulle strategie della lotta sindacale». In questo senso GIUBBONI, Dopo Viking, Laval e Rüffert: in cerca di un nuovo equilibrio

fra i diritti sociali e mercato in ANDREONI –VENEZIANI (a cura di), Libertà economiche e diritti sociali

nell’Ue, Roma, 2009, 123. Anche CARUSO, ivi, 112. 186

In questo senso CARUSO, ult. op. cit., 112. 187

Rispetto all'opportunità di affiancare al garantismo della legge e del potere sindacale un autonomo garantismo giudiziale v. DE LUCA TAMAJO, Il sindacato di ragionevolezza nella giurisprudenza, DLM,

2012, III, 402. Nel richiamare i rischi già esposti da Giugni, l'A. considera che “l'autonomia privata non è tenuta al rispetto della logica di relazione tra mezzi e fini: il suo principio caratteristico è quello della libertà, non solo libertà di scegliere gli interessi da perseguire, ma anche libertà di scegliere gli strumenti e le modalità tramite i quali perseguire tali interessi.

173 prospettiva comunitaria ed esperienza regolamentare nazionale: in Europa come in Italia ciò che si vuole trasmettere è l’idea secondo cui lo sciopero è un fenomeno da scongiurare trattandosi d'un evento patologico che nuoce alla “salute” delle relazioni sindacali.

Se le argomentazioni di tali soggetti fossero condivisibili, lo sciopero, fatta salva la peculiare avversione degli accordi FIAT, tanto nel servizio pubblico essenziale quanto altrove, resterebbe allora giustificato e necessario solo dopo aver tentato il ricorso ad altri mezzi, che seppur non di lotta, risultino avere il pregio di non stridere rispettivamente sugli utenti o sulla capacità di reggere il ritmo imposto dalla globalizzazione economica.

Le considerazioni sparse lascerebbero in sostanza aperta una delicatissima questione: dove andrebbe a finire l’art. 39 Cost.? Cosa ne sarebbe, in altri termini, della libertà sindacale? È proprio necessario che le azioni di lotta vengano giustificate solo in caso di pericolo reale di perdita dei posti di lavoro e/o di decurtazione dei trattamenti?188

Se il giudice nazionale dovesse valutare della sussistenza di tutti gli elementi indicati dall’UE, ciò gli comporterebbe una “invasione di campo” in un’area in cui per tradizione è stato sempre preferito non giocare189. Diversamente, si assisterebbe al definitivo passaggio (d’epoca) dall’autodeterminazione delle dinamiche sindacali al governo delle stesse da parte dei giudici190. Cosa ancor più grave, in ossequio della giurisprudenza della CGUE ben disposta ad una drastica compressione della libertà sindacale e ad una mancata accettazione dei suoi scopi e dei suoi valori, si produrrebbe in Italia l’effetto di assegnare a una data trattativa sindacale, in cui fosse impiegata l’arma dello sciopero dove è in re ipsa un tasso di imprevedibilità ed indeterminazione, l’onere di svolgersi secondo modelli di predeterminazione dell’azione collettiva e di rigettare dal sistema nazionale l’ormai nota libertà connessa all’autonomia delle parti sociali dalla Carta Costituzionale191

. Ebbene, non

188

A riguardo meriterebbe qualche attenzione il saggio di GIUGNI, Libertà sindacale, Digesto delle

discipline privatistiche, Sezione Commerciale, IX, 17 s. In particolare, alla facoltà, per i lavoratori, di

coalizzarsi al fine di provvedere alla tutela dei propri interessi, liberamente scegliendo, nell'esercizio della propria autonomia, i mezzi a tale fine più congrui (p. 19).

189

Sulla difficoltà del Giudice a intervenire a dirimere la controversia v. ANDREONI, Sciopero, contratto

collettivo e diritti dell’economia: la svolta politica della Corte di giustizia, in ANDREONI –VENEZIANI (a cura di), Libertà economiche e diritti sociali nell’Unione Europea, cit., 90.

190

ROMAGNOLI, ult. op. cit., p. 15.

191

ANDREONI, ult. op. cit., 87. L’A. rileva in proposito, la considerevole distanza della CGUE dal precedente Albany, in cui venne affermato che la libertà sindacale è un cardine anche dell’ordinamento comunitario.

174 si è da più parti sostenuto che parlando di sciopero e diritti sindacali ci si riferisce a fenomeni fondamentalmente dinamici192?

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