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Se Giuda Iscariota Aveva Dio al fianco

Nel documento Il ritorno dello gnosticismo (pdf) (pagine 87-89)

Il Giuda Iscariota del Vangelo di Giuda è bensì il traditore di Gesù, ma è al contempo l'eroe del Vangelo stesso. Egli dice a Gesù: "So chi tu sei e d'onde tu vieni. Tu giungi dal reame immortale di Barbelo. E io non son degno di pronunciare il nome di colui che ti ha inviato". Nel cosmo spirituale del Vangelo di Giuda, il confessare che Gesù proviene "dal reame immortale di Barbelo" equivale ad ammettere che è un essere divino, così come dichiarare l'ineffabilità del nome di colui che l'ha inviato è come professare che il Dio vero è lo spirito infinito dell'universo. A differenza degli altri discepoli, che

fraintendono Gesù e non riescono a resistere di fronte al suo volto, Giuda capisce chi Gesù è, prende posto di fronte a lui, apprende da lui.

Alla fine del suo vangelo Giuda tradisce il Maestro, ma lo fa consapevolmente, oltreché dietro una sua diretta richiesta. Gesù, riferendosi agli altri discepoli, gli dice: "Tu sarai maggiore tra loro. Poiché sacrificherai l'uomo che mi riveste". Nel Vangelo di Giuda Gesù è un salvatore non per la carne mortale che porta su di sé, ma perché può rivelare l'anima o la persona spirituale che sta all'interno; la vera dimora di Gesù non è questo mondo terreno, imperfetto, ma il mondo divino della luce e della vita. Per Gesù, nel Vangelo di Giuda, la morte non è una tragedia, né è un male necessario per guadagnare il perdono dei peccati. Qui, diversamente dal Nuovo Testamento, Gesù ride spesso. Ride delle debolezze dei discepoli e delle assurdità della vita umana. La morte, in quanto abbandono di questa insensata esistenza fisica, non deve essere motivo di paura né di timore. Lungi dall'essere un'occasione di tristezza, la morte è il mezzo attraverso il quale Gesù viene liberato dalla carne, al fine di poter fare ritorno alla sua dimora celeste e Giuda, tradendolo, aiuta l'amico a sbarazzarsi del corpo e a liberare l'intimo se stesso, il sé divino.

Tale prospettiva del Vangelo di Giuda differisce per molti aspetti da quella dei vangeli del Nuovo Testamento. Durante il periodo formativo della Chiesa cristiana, oltre alle

narrazioni neotestamentarie "canoniche" di Matteo, Marco, Luca e Giovanni, furono composte molte altre "Buone Novelle". Tra quelle superstiti, interamente o in parte, si contano i vangeli della Verità, di Tommaso, di Pietro, di Filippo, di Maria, degli

Ebioniti, dei Nazorei, degli Ebrei e degli Egiziani, per citarne solo alcuni, e tutti dimostrano l'ampia differenza di vedute all'interno della prima cristianità. Quello di Giuda fu uno dei tanti vangeli che i primi cristiani scrissero nel tentativo di esprimere chiaramente, in un modo o nell'altro, chi Gesù fosse e come lo si debba seguire.

Il Vangelo di Giuda può essere classificato come uno di quelli che si sogliono definire "vangeli gnostici". Composto probabilmente verso la metà del II secolo, molto verosimilmente sulla base d'idee e fonti precedenti, il testo è rappresentativo di una forma primitiva di spiritualità che enfatizza la gnosis, ossia la "conoscenza", la conoscenza mistica, quella di Dio e dell'essenziale unicità del sé con Dio. Tale spiritua- lità viene comunemente definita appunto "gnostica", ma nel mondo antico l'uso di questo termine fu dibattuto e, tra gli studiosi, lo è tuttora. Un approccio così diretto a Dio, come quello che si ritrova nella spiritualità gnostica, non richiede intermediari di sorta - Dio, dopo tutto, è lo spirito e la luce interiore -, sicché non sorprende venire a sapere, dalla Chiesa primitiva e dagli eresiologi (i "cacciatori di eresie") in seno alla Chiesa stessa, che sacerdoti e vescovi non vedessero di buon occhio dei liberi pensatori come gli gnostici. Gli scritti degli eresiologi accusano continuamente gli gnostici di nutrire cattivi pensieri e di immischiarsi in attività illecite. Ma la polemica non è un buon approccio e i documenti con intenti polemici, come quelli degli eresiologi, tentano spesso di screditare gli oppositori, sollevando sospetti sul loro pensiero e sulla loro vita. E il vangelo gnostico di Giuda restituisce il colpo, accusando i capi e i membri della nascente Chiesa ortodossa di ogni genere di comportamenti ripugnanti. Per il Vangelo di Giuda, questi cristiani rivali non sono altro che lacchè del Dio che governa il mondo terreno, servi la cui esistenza rispecchia i loro modi disgustosi.

Il Vangelo di Giuda fa menzione di Seth, personaggio ben noto dal libro biblico della Genesi, e conclude che gli esseri umani con la nozione di Dio appartengono alla sua ge- nerazione. Questa forma particolare di pensiero gnostico è spesso definita dagli studiosi come "sethiana". Nella narrazione della Genesi, Seth, terzo figlio di Adamo ed Eva, nacque dopo la tragica violenza che aveva afflitto la prima, difettosa famiglia, lasciando Abele morto e Caino bandito. Seth, si suggerisce, rappresenta un nuovo inizio per l'umanità. Il fatto di appartenere alla sua generazione, dunque, nel Vangelo di Giuda e in libri sethiani dello stesso tipo equivale a far parte dell'umanità illuminata. Tale è la Buona Novella di salvezza nei testi sethiani come il Vangelo di Giuda.

Nella parte centrale del testo, Gesù insegna a Giuda i misteri dell'universo. Nel suo vangelo, come in altri vangeli gnostici, Gesù è prima di tutto un maestro e un rivelatore di sapienza e conoscenza, non un salvatore che muore per i peccati del mondo. Per gli gnostici, il problema fondamentale della vita umana non è il peccato, ma l'ignoranza, e la via migliore per affrontarlo non è quella della fede, ma quella della conoscenza. Nel Vangelo di Giuda, Gesù impartisce a quest'ultimo - e al lettore - la nozione che può sradicare l'ignoranza e condurre alla coscienza di sé e di Dio.

Questa parte rivelatoria del testo, d'altra parte, può riservare delle difficoltà per il lettore moderno. Il problema sorge soprattutto perché il punto di vista della rivelazione gnostica sethiana differisce sostanzialmente dalla filosofia, dalla teologia e dalla

cosmologia che abbiamo ereditato in seno alla tradizione occidentale. Roma e la cristianità ortodossa finirono con il vincere la disputa; tuttavia, come notò Borges una volta a proposito delle narrazioni gnostiche di cui stava trattando, "Se Alessandria, e non Roma, avesse vinto, le storie stravaganti e confuse che ho raccolto qui sarebbero coerenti, grandiose, e perfettamente normali". Nelle guerre teologiche che infuriarono

nel II, III e IV secolo, tuttavia, gli gnostici di Alessandria e d'Egitto non trionfarono, né lo fece il Vangelo di Giuda: di conseguenza, i testi come quello che leggerete, con i loro diversi punti di vista, contengono idee oggi inaudite.

Cionondimeno, la rivelazione che Gesù impartisce a Giuda in questo vangelo illustra una teologia e una cosmologia ancora piuttosto complesse. La rivelazione in sé contiene pochi elementi cristiani. E se l'idea che gli studiosi hanno circa lo sviluppo delle

tradizioni gnostiche è nel giusto, le radici di tali idee potrebbero risalire al I secolo o anche a prima, nate in seno a quei circoli filosofici e gnostici ebraici, che erano aperti alle idee greco-romane. Gesù dice a Giuda che all'inizio v'era una divinità infinita e completamente trascendente e che, attraverso una serie complessa di emanazioni e creazioni, i cieli si sono colmati di luce e gloria divine. Questa divinità infinita è elevata al punto che nessun termine finito la può descrivere adeguatamente; persino la parola "Dio", si avverte, è inadeguata e inappropriata per farlo. Il mondo terreno, invece, è dominio di un governante inferiore, di un dio creatore chiamato Nebro ("Ribelle") o Yaldabaoth, maligno e abietto ... di qui i problemi del nostro mondo, e di qui la

necessità di ascoltare parole di sapienza, diventando consci della divina luce interiore. Per questi credenti, il mistero più profondo dell'universo sta nel fatto che, nel cuore di alcuni esseri umani, alberghi lo spirito del divino. Per quanto viviamo in un mondo imperfetto, che è troppo spesso dominio di tenebra e morte, possiamo trascendere l'oscurità e abbracciare la vita. Siamo migliori di questo mondo, spiega Gesù, perché apparteniamo al mondo del divino. Se Gesù è il figlio del divino, allora anche tutti noi ne siamo figli. Tutto quel che dobbiamo fare è vivere basandoci su questa cognizione del divino, e saremo illuminati.

In contrasto con i vangeli del Nuovo Testamento, Giuda Iscariota è qui presentato come una figura interamente positiva, un modello di comportamento per tutti coloro che aspirano a essere discepoli di Gesù. È probabilmente per questo motivo che il Vangelo di Giuda finisce con la narrazione del tradimento di Gesù e non con la sua crocifissione. Il punto, qui, è la facoltà di comprensione e la lealtà di Giuda, visto come paradigma della condizione di discepolo. Alla fin fine, egli compie esattamente ciò che Gesù vuole. Nella tradizione biblica, invece, Giuda - il cui nome è stato collegato ai termini

"Giudeo" e "Giudaismo" - è spesso dipinto come il cattivo giudeo che consegnò Gesù all'arresto e alla morte: ecco perché la figura biblica di Giuda il Traditore ha

alimentato la fiamma dell'antisemitismo. In questo vangelo, Giuda può

controbilanciare questa tendenza. Non fa nulla che Gesù non gli chieda, lo ascolta e gli resta fedele. Qui si rivela amato discepolo e caro amico di Gesù. In più, i misteri che ascolta da lui sono impregnati d'erudizione gnostica ebraica e l'estensore di tali misteri, Gesù, è il maestro, è il rabbi. Il vangelo cristiano di Giuda è perfettamente il linea con l'ottica ebraica - un'ottica alternativa, naturalmente - del pensiero gnostico ... e il pensiero gnostico ebraico ha ricevuto il nome di pensiero gnostico cristiano . In questo libro, Giuda riecheggia la convinzione platonica secondo la quale ogni persona ha la sua stella e che il destino di ciascuno è legato al proprio astro. Anche Giuda, dice Gesù, ha la sua. Verso la fine del testo, poco prima che Giuda si trasfiguri e riceva l'illuminazione in un nembo lucente, Gesù gli chiede di guardare al cielo,

osservando le stelle e la disposizione delle loro luci. Lassù se ne contano molte, ma la sua è speciale: come Gesù gli dice, "La stella che indica la via è la tua stella".

Nel documento Il ritorno dello gnosticismo (pdf) (pagine 87-89)

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