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L' "UOMO STRANIERO"

Nel documento Il ritorno dello gnosticismo (pdf) (pagine 112-115)

Immagini e simboli gnostici LO "STRANIERO"

L' "UOMO STRANIERO"

La chiamata è stata proferita da colui che è stato mandato nel mondo a tale scopo e nella cui persona la Vita trascendente ha preso ancora una volta su di sé il destino dello straniero: egli è il Messaggero o l'Inviato - in relazione al mondo, egli è l'Uomo

Straniero. Ruha, la Madre dei Sette Pianeti, lo spirito completamente malvagio, dice ad essi:

"L'uomo non appartiene a noi, e il suo parlare non è il vostro parlare. Egli non ha nessun rapporto con voi ... Il suo parlare viene dal di fuori" (Ginza 258).

Il nome "lo Straniero" indica i vari generi di accoglienza che egli trova quaggiù: l'esultante "benvenuto" di coloro che si sentono forestieri ed esiliati quaggiù ("Adamo provò amore per l'Uomo Straniero la cui parola è straniera, estraniata dal

mondo", Ginza 244); la malevola sorpresa delle potenze cosmiche che non

comprendono ciò che succede in mezzo a loro ("Che cosa ha fatto lo Straniero nella casa, perché possa trovare adesione là dentro?", Ginza 122); infine la banda ostile dei figli della casa contro l'intruso ("Uccideremo lo Straniero ... Distruggeremo i suoi aderenti, cosicché non possa avere alcuna parte nel mondo. Tutta la casa sarà soltanto nostra", Ginza 121 s.). L'effetto immediato della sua apparizione quaggiù è

potentemente descritto nel Vangelo della Verità:

"Quando la Parola apparve, la Parola che è nei cuori di coloro che La pronunziano - ed Essa non era soltanto un suono, ma aveva anche assunto un corpo - una grande confusione regnò tra i vasi perché alcuni erano stati svuotati, altri riempiti; alcuni furono riforniti, altri

rovesciati; alcuni furono santificati, altri ridotti in pezzi. Tutti gli spazi (?) furono scossi e confusi, perché non avevano fissità né stabilità. "Errore" si agitò, non sapendo che cosa fare. Era afflitto e si lamentava e si tormentava perché non sapeva nulla. Dal momento che la Gnosi, che è la rovina di "Errore" e di tutte le sue Emanazioni, gli si avvicinò, Errore divenne vuoto, perché non vi era più niente in lui" (Vangelo della Verità 26,4-27).

Così la Vita, per ricuperare ciò che è suo, intraprende ancora una volta nella persona di un suo membro non decaduto la discesa nella prigione del mondo, "per rivestirsi delle afflizioni del mondo" e per assumersi il destino dell'esilio lontano dal regno della luce. Questa può essere chiamata la seconda discesa del divino, distinta da quella precedente, tragica, che ha portato alla condizione che deve appunto essere redenta. Mentre in passato la Vita, ora impigliata nel mondo, vi giunse per via di "caduta", di

"affondamento", "gettata", "presa prigioniera", questa volta il suo ingresso è di natura diversa: mandato dalla Grande Vita e investito di autorità, l'Uomo Straniero non è ca- duto, ma si è portato nel mondo.

"Una chiamata viene per istruire su tutte le chiamate. Una parola viene per istruire su tutte le parole. Un Figlio viene, che era stato formato dalla matrice dello splendore ... La sua

immagine è conservata intatta al suo posto. Egli viene con l'illuminazione della vita, con il comando che suo Padre impartisce. Egli viene rivestito di fuoco vivo e si porta nel tuo [di Ruha] mondo" (Ginza 90).

"Sono Yokabar-Kushta, uscita dalla casa di mio Padre e venuto qua. Sono venuto qua con splendore nascosto e con luce senza fine" (Ginza 318).

L'uscir fuori e il venire qua devono essere presi letteralmente nel loro significato spaziale: essi conducono realmente, nel senso di una "via" vera, dal di fuori nella cerchia del mondo, e nel passaggio bisogna penetrare attraverso tutte le orbite concentriche, ossia le molteplici sfere e eoni o mondi, per giungere allo spazio più interno dove l'uomo è imprigionato.

"Per la sua salvezza mandami, Padre. In possesso dei sigilli io scenderò, attraverso gli Eoni mi aprirò la via, aprirò tutti i misteri,

renderò manifeste le forme degli dèi, i segreti della Via sacra,

conosciuti come Conoscenza, io trasmetterò". (Salmo dell'Anima, naasseno)

Questo passaggio attraverso il sistema cosmico ha il carattere di un irrompere ed è perciò già una vittoria sulle potenze cosmiche stesse.

"Nel nome di colui che è venuto, nel nome di colui che viene, nel nome di colui che sta per nascere. Nel nome di quell'Uomo Straniero che si è aperto un passaggio attraverso i mondi, è venuto, ha scisso il firmamento ed ha rivelato se stesso" (Ginza 197).

Abbiamo qui la ragione del perché una semplice chiamata di risveglio dall'esterno non è sufficiente: gli uomini non soltanto devono essere risvegliati e chiamati a ritornare, ma se le loro anime debbono sfuggire al mondo, una vera breccia deve essere aperta nel

"muro di ferro" del firmamento, il quale sbarra il passaggio sia verso l'esterno che verso l'interno. Solamente un atto della divinità stessa, penetrante il sistema, può operare tale breccia: "Egli ruppe le loro torri di guardia e fece una breccia nella loro compattezza" (Il Libro Mandeo di Giovanni, 69). "Essendo penetrato negli spazi vuoti del terrore, Egli mise Se stesso alla testa di coloro che furono spogliati dall'Oblio" (Vangelo della Verità, p. 20, 34-38). Così già col semplice fatto della sua discesa il Messaggero prepara la via per le anime che ascendono.

Tuttavia, a seconda del grado di spiritualizzazione nei differenti sistemi, l'accento può spostarsi sempre di più da questa funzione mitologica a quella puramente religiosa, racchiusa nella chiamata come tale e nell'insegnamento che essa deve trasmettere, e quindi anche alla risposta individuale alla chiamata come contributo umano alla salvezza. Tale è la funzione di Gesù nell'Evangelium Veritatis valentiniano:

"Per mezzo di Lui Egli illuminò coloro che erano nelle tenebre a causa dell'''Oblio''. Egli li illuminò e indicò loro un cammino; e quel cammino è la Verità che Egli insegnò loro. Fu a causa di ciò che "Errore" si adirò con Lui, Lo perseguitò, Lo oppresse e Lo annientò" (Vangelo della Verità 18, 16-24).

Troviamo qui, incidentalmente, l'interpretazione che gli Gnostici cristiani possono dare alla Passione di Cristo e della ragione di essa: essa è dovuta all'inimicizia delle potenze della erezione inferiore (il principio cosmico "Errore", generalmente personificato negli Arconti), minacciate nel loro dominio e nella stessa esistenza dalla sua missione; e molto spesso la sofferenza e la morte che esse gli infliggono non sono affatto reali.

Ora in ultima analisi colui che viene è identico a colui dal quale egli va: la Vita

Salvatrice è identica alla vita che deve essere salvata. Lo Straniero viene dal di fuori a colui che è straniero nel mondo, e gli stessi termini descrittivi possono essere attribuiti alternativamente, in una maniera che colpisce, sia all'uno che all'altro. Nella sofferenza come nel trionfo è spesso impossibile distinguere quale dei due stia parlando o a quale dei due un' affermazione si riferisca. Il prigioniero è qui chiamato anche lui "l'uomo straniero" (in altri testi il nome è riferito all'uomo che deve essere salvato), ed egli riacquista, per così dire, tale qualità per mezzo dell'incontro con lo Straniero mandato dal di fuori:

"lo sono un uomo straniero ... Guardai la Vita e la Vita guardò me. Le mie provviste per il viaggio vengono dall'Uomo Straniero che la Vita ha voluto e piantato. Verrò in mezzo al bene che l'Uomo Straniero ha amato" (Ginza 273).

C'è un inconfondibile accenno ad una doppia funzione, attiva e passiva, dell'unica e medesima entità. In ultima analisi, lo Straniero che discende redime se stesso, cioè quella parte di sé (l'Anima) persa un tempo nel mondo e per lei egli stesso diviene straniero nella terra delle tenebre ed è infine un "salvatore salvato". "La Vita ha sostenuto la Vita, la Vita ha trovato ciò che era suo" (Liturgia Mandea, p. 111). Tale ricerca, ritrovamento e raccolta di ciò che era proprio è un processo a lunga scadenza, in quanto è legato alla forma spazio-temporale dell'esistenza cosmica. "Ho girovagato attraverso mondi e generazioni finché sono giunto alla porta di

Gerusalemme" (J 243). Ciò conduce all'idea che il salvatore non viene una sola volta nel mondo, ma che dall'inizio del tempo egli si aggira in forme differenti attraverso la

storia, egli stesso esiliato nel mondo, che sempre di nuovo rivela se stesso finché, quando la raccolta sarà completata, egli potrà essere liberato dalla sua missione cosmica (la dottrina è presentata in modo più completo nelle Omelie pseudo-clementine: cfr. Omelia

III, 20, p. 246).

Prescindendo dalle incarnazioni umane mutevoli, la forma costante della sua presenza è precisamente la chiamata dell' altro mondo, che risuona nel mondo e rappresenta ciò che è forestiero in mezzo ad esso; e tra una manifestazione e l'altra egli cammina invisibile attraverso il tempo.

"Dal luogo della luce sono uscito, da te, abitazione luminosa.

Vengo a esaminare i cuori,

a misurare e provare tutte le menti, a vedere in quale cuore dimoro, in quale mente riposo.

Chi pensa a me, io penso a lui; chi invoca il mio nome, io lo chiamo. Chi prega la mia preghiera da laggiù,

io prego la sua preghiera dal luogo della luce ... Sono venuto e ho trovato

i cuori sinceri e credenti.

Quando non dimoravo in mezzo ad essi, pure il mio nome era sulle loro labbra.

Li ho presi e Ii ho guidati su nel mondo della luce" (Ginza 389 s.).

Nel documento Il ritorno dello gnosticismo (pdf) (pagine 112-115)

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