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TORPORE, SONNO, EBBREZZA

Nel documento Il ritorno dello gnosticismo (pdf) (pagine 107-110)

Immagini e simboli gnostici LO "STRANIERO"

TORPORE, SONNO, EBBREZZA

Si può dire che le categorie emotive espresse nell'ultima parte riflettano una generale esperienza umana che può sorgere e trovare espressione ovunque, sebbene raramente in forma così enfatica. Un' altra serie di metafore che si riferiscono alla condizione umana nel mondo è più esclusivamente gnostica e ricorre con grande regolarità attraverso tutto l'ordine di formulazioni gnostiche, senza considerazione per i confini linguistici. L'esistenza terrena, come abbiamo visto, è caratterizzata, da una parte, dai sentimenti di abbandono, paura, nostalgia, dall' altra è descritta anche come "torpore", "sonno", "ubriachezza" e "oblio": cioè ha assunto (ad eccezione dell'ubriachezza) tutte le caratteristiche che un periodo precedente attribuiva allo stato di morte nel mondo sotterraneo. In realtà, troveremo che nel pensiero gnostico il mondo prende il posto del tradizionale mondo sotterraneo ed è esso stesso già il regno della morte, cioè di coloro che devono essere chiamati di nuovo alla vita. Sotto certi aspetti questa serie di

metafore contraddice la precedente: l'incoscienza esclude il timore. Il che non è

trascurato nella narrativa particolareggiata dei miti: è soltanto il risveglio dallo stato di incoscienza ("ignoranza"), effettuato dal di fuori, che rivela all'uomo la sua condizione, precedentemente a lui nascosta, e provoca uno scoppio di paura e disperazione; tuttavia queste in certo modo dovevano essere all'opera già nello stato precedente di ignoranza, al quale la vita mostra una tendenza ad aggrapparsi e a resistere al risveglio.

In che modo sopraggiunse lo stato di incoscienza e in quali termini concreti lo si descrive? Il "gettare" come tale potrebbe spiegare il torpore dell' anima caduta: ma il mezzo estraneo stesso, il mondo come entità demoniaca, vi ha una parte attiva. Nella cosmogonia maniche a riferita da Teodoro bar Konai leggiamo:

Primordiale, e la sostanza di tutte le anime disperse in seguito nel mondo] vennero privati di intelletto e per mezzo del veleno dei Figli delle Tenebre divennero simili ad un uomo che è stato morso da un cane arrabbiato o da un serpente"

L'incoscienza è perciò una vera infezione portata dal veleno delle tenebre. Si tratta qui, come in tutto il gruppo delle metafore del sonno, non di un particolare mitologico, semplice episodio nella narrativa, ma di una caratteristica fondamentale dell'esistenza nel mondo alla quale si collega tutta l'attività redentiva della divinità extramondana. Il mondo da parte sua fa ogni sforzo per creare e mantenere tale stato nelle sue vittime e contrastare l'operazione di risveglio: il suo potere e persino la sua esistenza è in gioco.

"Nella loro astuzia mi versarono una bevanda e mi diedero da gustare della loro carne. Dimenticai che ero figlio di re e servii il loro re. Dimenticai la Perla per la quale i miei genitori mi avevano inviato. Per la pesantezza del loro nutrimento caddi in un sonno profondo" ("Inno della Perla" in Acta Thomae).

L'immagine di "sonno" è probabilmente quella di uso più costante e più ampio. L'Anima è assopita nella Materia. Adamo, il "capo" della razza e nello stesso tempo simbolo dell'umanità, giace in sonno profondo, di un genere molto diverso da quello dell'Adamo biblico: gli uomini in genere sono "addormentati" nel mondo. La metafora esprime il totale abbandono dell'uomo al mondo. Talune figure del linguaggio

sottolineano questo aspetto spirituale e morale. Gli uomini non sono soltanto

addormentati, ma "amano" il sonno ["Perché amate il sonno e peccate con coloro che peccano?" (Ginza 181); essi si abbandonano al sonno come pure all'ubriachezza

(Corpus Hermeticum I, 27). Pur comprendendo che il sonno è il più grande pericolo dell' esistenza nel mondo, ciò non basta a tener sveglio, ma suggerisce la preghiera:

"Secondo quello che tu, Grande Vita, mi hai detto, mi giunge ogni giorno una voce per tenermi desto, perché io non inciampi. Se tu mi chiami, i mondi malvagi non mi inganneranno e non cadrò preda degli Eoni" (Ginza 485).

La metafora del sonno può servire ugualmente a far deprezzare le sensazioni di "vita qui" come pure illusioni e sogni, sebbene pieni di incubi, che noi siamo impotenti a controllare; e le similitudini di "sonno" si uniscono a quelle di "traviamento" e "paura":

"Che cosa, allora, Egli desidera che l'uomo pensi? Questo: "Sono come le ombre e i fantasmi della Notte". Quando appare la luce dell' alba, allora l'uomo comprende che il Terrore che lo ha investito, non era niente ... Finché l'Ignoranza ispirava in loro terrore e confusione, e li lasciava incerti, tormentati e divisi, vi erano molte illusioni dalle quali essi erano molestati, e vuote finzioni, come se fossero sprofondati nel sonno e si ritrovassero preda di sogni

affannosi. O essi fuggono da qualche parte, oppure sono trascinati inutilmente ad inseguire altri; o si trovano coinvolti in risse, dando o ricevendo colpi; oppure cadono da grandi altezze ... [ecc., ecc.]: fino al momento in cui coloro che stanno attraversando tutte queste cose, si svegliano. Allora quelli che avevano sperimentato tutte queste confusioni,

(Vangelo della Verità 28,24 - 29, 32).

Siccome il messaggio gnostico si considera un movimento in direzione opposta al disegno del mondo, in quanto chiamata intesa a romperne l'incanto, la metafora del sonno, o i suoi equivalenti, sono una componente costante dei caratteristici appelli gnostici all'uomo, che di conseguenza si presentano come chiamate di "risveglio". Ritroveremo perciò di continuo queste metafore quando tratteremo della "chiamata". La metafora dell'ubriachezza richiede un particolare commento. L'"ubriachezza" del mondo è un fenomeno caratteristico dell' aspetto spirituale di ciò che gli Gnostici intendevano col termine "mondo", Essa è portata dal "vino dell'ignoranza" (Corpus

Hermeticum VII, 1), che il mondo offre all'uomo ovunque. La metafora mette in

evidenza che l'ignoranza non è uno stato neutro, la semplice assenza di conoscenza, ma è una positiva condizione contrastante con quella di conoscenza, attivamente provocata e mantenuta per impedire quest'ultima. L'ignoranza da ubriachezza è l'ignoranza dell' anima, dimentica di se stessa, della sua origine e della sua condizione nel mondo

forestiero: è precisamente la consapevolezza di estraneità che l'intossicazione tende a sopprimere; l'uomo attirato nel vortice e fatto dimentico del suo vero essere può diventare uno dei figli del mondo. Tale è lo scopo confessato dei poteri del mondo nell' offrire il loro vino e nel tenere il loro "banchetto". All'ubriachezza di ignoranza si oppone la "sobrietà" di conoscenza, formula religiosa spinta talvolta fino al paradosso di "sobria ebbrezza". Così nelle Odi di Salomone leggiamo:

"Dalla sorgente del Signore venne in abbondanza alle mie labbra un'acqua parlante. lo bevvi e fui ebbro con l'acqua di vita eterna, tuttavia la mia ebbrezza non era quella di ignoranza, ma abbandonai ogni vanità" (Ode XI, 6-8).

"Colui che così possiede conoscenza ... [è come] una persona che, essendo stata inebriata, diventa sobria e tornata in se stessa riafferma quello che è essenzialmente suo proprio" (Vangelo della Verità 22, 13-20).

Negli scritti mandei ci sono scene molto estese nelle quali viene descritto con frequenza il banchetto orgiastico preparato dal mondo per la seduzione dell'uomo, o più

generalmente della Vita straniera dell'al di là. L'esempio seguente occupa molte pagine nell'originale ed è stato qui notevolmente abbreviato. Per il lettore che non sia familiare con la mitologia mandea è necessario spiegare che Ruha è la madre demoniaca dei Pianeti e, come spirito malvagio, è il principale avversario dei figli della luce.

"Ruha e i Pianeti incominciarono a formare piani e dissero: "Inganneremo Adamo e lo prenderemo e lo tratterremo con noi nel Tibil. Mentre egli mangia e beve, noi inganneremo il mondo. Ci daremo agli abbracci nel mondo e fonderemo una comunità nel mondo. Lo

inganneremo con corni e flauti, in modo che non possa allontanarsi da noi... Sedurremo la tribù della Vita e la intercetteremo con noi nel mondo ... (Ginza 13 s.). Sorgi, facciamo una celebrazione: sorgi, facciamo un banchetto. Pratichiamo i misteri di amore e seduciamo il mondo intero!. .. Faremo tacere il richiamo della Vita, porteremo contese nella casa, che non si calmeranno per tutta l'eternità. Uccideremo lo Straniero. Renderemo Adamo nostro

fazione che lo Straniero ha fondato, cosicché non abbia più alcuna parte nel mondo. Tuttavia la casa sarà soltanto nostra ... Che cosa ha fatto lo Straniero nella casa, da potervi fondare una fazione?". Essi presero l'acqua viva e vi versarono [acque] torbide. Presero il capo della tribù e consumarono su di lui il mistero di amore e di concupiscenza, per il quale tutti i mondi sono infiammati. Esercitarono su di lui la seduzione, dalla quale tutti i mondi sono sedotti.

Esercitarono su di lui il mistero dell'ebbrezza, del quale tutti i mondi sono fatti ebbri... I mondi sono fatti ebbri da esso e voltarono le loro facce al Mar Rosso" (Ginza 120 ss.). Non abbiamo che poche osservazioni da aggiungere a questa scena così efficace. La principale arma del mondo nella sua grande seduzione è "amore". Troviamo qui un tema generale del pensiero gnostico: la diffidenza nei riguardi dell' amore sessuale e del piacere sensuale in genere. È considerato come la forma principale per prendere l'uomo allaccio per mezzo del mondo: "L'uomo spirituale si riconoscerà come immortale, e l'amore come causa di morte" (Corpus Hermeticum I, 17); "Colui che ha accarezzato il suo corpo, sorto dall'errore di amore, rimane nelle tenebre errando e soffrendo nei suoi sensi i servizi di morte" (ibid. 19). Più che di amore sessuale si tratta qui di eros come principio di mortalità (per Platone esso era invece il principio della ricerca

dell'immortalità). La concupiscenza per le cose di questo mondo può assumere in genere molte forme e da tutte queste l'anima è distolta dal suo vero fine e trattenuta sotto l'incanto della sua dimora forestiera.

"Non amate il mondo, né le cose che sono nel mondo. Se qualcuno ama il mondo, la carità del Padre non è in lui, perché tutto quello che è nel mondo è concupiscenza della carne,

concupiscenza degli occhi e superbia della vita, le quali cose non sono dal Padre, ma dal mondo" (1 lo. 2, 15-16).

Le tre inclinazioni qui ricordate, "la concupiscenza della carne", "la concupiscenza degli occhi" e "la superbia della vita" sono riprese più tardi da Agostino come categorie principali della tentazione esercitata dal mondo (cfr. Confesso X, 41 ss.). Il "mistero di amore" nel testo mandeo è la versione mitologica della stessa idea.

Nel documento Il ritorno dello gnosticismo (pdf) (pagine 107-110)

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