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Il Libro di Enoch, il Libro dei Vigilanti, il Libro dei Giubile

Nel documento Il ritorno dello gnosticismo (pdf) (pagine 90-95)

Il Libro di Enoch, il Libro dei Vigilanti e il Libro dei Giubilei non fanno in realtà parte della letteratura gnostica, ma di quella legata alla corrente apocalittica-essena del giudaismo. Molti tuttavia confondono i due tipi di apocrifi, e quindi è parso opportuno chiarire l'equivoco parlando brevemente di queste opere.

Nella letteratura ebraica dei tempi immediatamente precedenti la nascita di Cristo il fervore profetico non era affatto scomparso, benché dovesse adottare lo schermo degli pseudonimi per farsi ascoltare. Del massimo interesse, sotto questo aspetto, è il Libro di Enoch, opera complessa, dovuta a vari autori, il più antico dei quali è di poco

precedente all'epoca dei Maccabei, ed il più recente è del 64 a.C. circa. Il libro vuol riferire, per lo più, le visioni apocalittiche del patriarca Enoch. f: molto importante per la comprensione di quel lato del giudaismo che dette origine al Cristianesimo. Gli autori del Nuovo Testamento hanno familiarità con questo libro; Giuda il Santo lo considera effettivamente opera di Enoch. I primi Padri cristiani, per esempio Clemente di

Alessandria e Tertulliano, lo trattano come un libro canonico, ma Girolamo e Agostino lo respingono. Poi cadde nell'oblio, e andò disperso, finché, al principio del XIX secolo, ne furono trovati in Abissinia tre manoscritti in lingua etiopica. Più tardi, manoscritti di alcune parti del libro sono stati trovati in versioni greche e latine. Sembra che sia stato scritto originariamente parte in ebraico e parte in aramaico. I suoi autori erano membri dell'Hasidim o farisei, loro successori. Nel libro si denunciano re e prìncipi, riferendosi alla dinastia asmodea e ai sadducei. Ne fu influenzata la dottrina del Nuovo Testamento, in particolare per quel che riguarda il Messia, l'inferno e la demonologia. Il libro è composto principalmente di « parabole », di carattere cosmico più marcato rispetto a quelle del N uovo Testamento. Ci sono visioni del Paradiso, dell'Inferno, del Giudizio Universale e così via; tornano alla mente i primi due libri del Paradiso Perduto, là dove la qualità letteraria è buona, e i Libri Profeticidi Blake, là dove è inferiore.

C'è un curioso ampliamento della Genesi (VI, 2, 4) che ricorda il mito di Prometeo. Gli angeli, che erano anche cannibali, insegnarono agli uomini la metallurgia e furono puniti per aver rivelato «eterni segreti ». Gli angeli che avevano peccato divennero dèi pagani e le loro donne sirene; ma infine furono puniti con eterni tormenti.

Ci sono delle descrizioni del Paradiso e dell'Inferno di notevole valore letterario. Il Giudizio Finale è tenuto dal « Figlio dell'Uomo, che fu giusto », il quale siede sul trono della sua gloria. Alcuni gentili, all'ultimo momento, si pentiranno e saranno perdonati; ma la maggior parte dei gentili e tutti gli ebrei ellenizzati subiranno la dannazione eterna, perché i giusti chiederanno vendetta e le loro preghiere saranno ascoltate . C'è un capitolo sull'astronomia, dove impariamo che il sole e la luna sono carri guidati dal vento, che l'anno consiste di 364 giorni, che il peccato dell'uomo fa sì che i corpi celesti si allontanino dalla loro orbita, e che soltanto il virtuoso può conoscere l'astronomia. Le stelle cadenti sono angeli che cadono, puniti dai sette Arcangeli. Viene poi la storia sacra. Fino ai Maccabei, questa segue la narrazione già nota

attraverso i precedenti libri della Bibbia e, nelle parti più recenti, attraverso la storia. Poi l'autore procede verso il futuro: la Nuova Gerusalemme, la conversione dei gentili, la resurrezione dei giusti, il Messia.

Un lungo brano è dedicato alla punizione dei peccatori e alla ricompensa dei giusti, che non mostrano mai, a dire il vero, un atteggiamento di .perdono cristiano verso i

peccatori. «Che cosa farete, o peccatori, e quanto piangerete nel giorno del giudizio, quando udrete la voce della preghiera dei giusti? » « Il peccato non è stato mandato sulla terra, ma l'uomo stesso lo ha creato ». I peccati vengono segnati io cielo. « Voi peccatori sarete perseguitati per sempre e non avrete pace ». I peccatori possono esser felici per tutta la loro vita e anche alla morte, ma le loro anime discenderanno

nell'inferno dove soffriranno « buio, catene e fiamme ardenti ». Quanto ai giusti, « io e mio figlio saremo uniti a loro per sempre »,

Le ultime parole del libro sono: «Ai fedeli mostrerà la sua fede, nelle abitazioni celesti. Ed essi vedranno coloro che sono nati nel buio finire nel buio, mentre i giusti

risplenderanno. E i peccatori grideranno forte a vederli risplendere, ed andranno dove i giorni e le stagioni sono adatti a loro ».

Le storie apocrife e pseudoepigrafiche sugli angeli caduti esercitarono una notevole influenza negli ambienti ebraici e cristiani del I secolo, e meritano di essere riprese in dettaglio. Come il Libro di Enoch, che è una di esse, narrano che la concupiscenza fece precipitare a terra gli angelici «figli di Dio». Tali storie si basano sull'affermazione criptica all'inizio di Genesi 6: «Quando gli uomini cominciarono a moltiplicarsi sulla terra e nacquero loro figlie, i figli di Dio videro che le figlie degli uomini erano belle ... », Alcuni di questi angeli, violando i limiti che Dio aveva stabilito tra cielo e terra, si unirono a donne umane e generarono figli che erano metà angeli, metà uomini. Secondo il Genesi, tali ibridi divennero «i giganti ... sono questi gli eroi dell'antichità, uomini famosi» (Gen6,4). Altri narratori, probabilmente più tardi, affermano che da tale progenie mostruosa derivarono i demoni che sconvolsero la terra e la deturparono. Infine, una versione apocrifa della vita di Adamo ed Eva fornisce una terza descrizione della ribellione angelica. In principio, Dio, dopo aver creato Adamo, chiamò gli angeli a raccolta perché ammirassero la sua opera, e ordinò loro di prostrarsi davanti al giovane fratello umano. Michele obbedì, mentre Satana si rifiutò di farlo, dicendo: «Perché mi costringi? Non adorerò uno inferiore a me, perché vengo prima di ogni creatura e prima ch' egli fosse creato io ero già stato creato; è lui che deve adorare me, e non vìceversa»." Dunque il problema del male comincia con una rivalità tra fratelli. A prima vista può sembrare che queste storie su Satana abbiano poco in comune. Tuttavia collimano su un fatto: che il nemico peggiore e più pericoloso, in origine, non è,

come ci si potrebbe aspettare, un estraneo, un forestiero, uno straniero. Satana non è il nemico distante, ma quello vicino: il collega fidato di ciascuno, il socio, il fratello. È il genere di persona dalla cui lealtà e buona volontà dipende il benessere della famiglia e della società, ma che diventa all'improvviso gelosa e ostile. Qualsiasi versione si scelga sulla sua genesi - e ce ne sono molte - si scopre sempre che Satana è un

nemico vicino, attributo in virtù del quale esso riesce a esprimere assai bene il conflitto tra fazioni ebraiche. Quelli che domandavano: «Come potrebbe un angelo di Dio diventare suo nemico?», chiedevano in realtà: «Come potrebbe uno di noi diventare uno di loro!». Storie di Satana e di altri angeli caduti proliferarono in questi tempi turbolenti, soprattutto all'interno di quei gruppi radicali che si erano volti contro il resto della comunità ebraica e, di conseguenza, concludevano che gli altri si erano posti contro di loro, o (come essi interpretavano) contro Dio.

All'epoca della guerra dei Maccabei, un autore anonimo, sconvolto dai conflitti intestini tra gruppi ebraici, raccolse e rielaborò alcune storie sugli angeli caduti. Nel Libro dei

Vigilanti, uno dei testi apocrifi destinati a diventare famosi e a esercitare grande

influenza, soprattutto tra i cristiani, perché introduceva l'idea di una divisione nei cieli, egli adombrava la divisione in fazioni che si era avuta nella sua realtà storica. Il Libro

dei Vigilanti, un'antologia di storie visionarie, è in realtà inserito, a sua volta, proprio

nel Libro di Enoch, e racconta come gli angeli custodi, «vigilanti», che Dio prepose a sorvegliare l'universo, caddero dai cieli. Prendendo spunto dall'episodio di Genesi 6, in cui i «figli di Dio» erano attratti dalle donne umane, questo autore fonde due differenti versioni sul modo in cui i vigilanti persero la gloria celeste. In base alla prima,

Semeyaza, capo dei vigilanti, costrinse altri duecento angeli a stringere con lui un patto per violare l'ordine divino, unendosi a donne umane. Questi cattivi matrimoni

produssero «una razza di bastardi, i giganti, conosciuti come i Nefilim [«i caduti»] da cui dovevano discendere spiriti demoniaci», che portarono violenza sulla terra e uccisero degli uomini. Intrecciata con questa storia, c'è una versione alternativa, secondo la quale l'arcangelo Azazel peccò svelando agli esseri umani i segreti della metallurgia, una dannosa rivelazione che spinse gli uomini a fabbricare armi e le donne a ornarsi con oro, argento e cosmetici: così gli angeli caduti e i demoni, loro progenie, stimolarono in entrambi i sessi violenza, cupidigia e concupiscenza.

Siccome queste vicende sottintendono una satira sociopolitica legata alle polemiche religiose, di recente alcuni storici si sono domandati a quali specifiche circostanze storiche si riferiscano. Sono dunque gli ebrei a colorire l'episodio degli angeli che si unirono a esseri umani mettendo velatamente in ridicolo le pretese dei loro dominatori ellenistici? George Nickelsburg precisa che a partire dall' epoca di Alessandro Magno i sovrani greci avevano affermato di discendere da divinità e da donne umane; e i greci chiamavano «eroi» questi esseri ibridi. Con la favola ironica di Semeyaza, i loro sudditi ebrei possono quindi aver utilizzato simili asserzioni sulla loro ascendenza divina contro gli usurpa tori stranieri. Nel Libro dei Vigilanti si dice esplicitamente che questi avidi mostri «mangiavano tutto il frutto della fatica degli uomini fino a non poterli, gli uomini, più sostentare»; allora essi si volsero direttamente a "mangiare gli uomini". Oppure la storia esprime il disprezzo di un popolo pio verso un particolare gruppo di nemici ebrei, ad esempio verso determinati membri della classe sacerdotale di Ge- rusalemme? David Suter sostiene invece che è mirata a certi sacerdoti che, come i «figli di Dio» nella favola, tradiscono la condizione e le responsabilità che hanno ricevuto dal Signore poiché consentono che la concupiscenza li trascini nell'impurità, in particolare sposando donne estranee alloro mondo, gentili.

Entrambe le interpretazioni sono possibili. Come rileva John Collins, l'autore del Libro

dominatori greci o dei sacerdoti corrotti, offre «un esempio che non è limitato a

un'unica circostanza storica, ma può essere utilizzato ogni volta che si presenta una si- tuazione analoga" e La medesima cosa vale per tutta la letteratura apocalittica e giustifica in larga misura la sua suggestione. Ancora oggi molti lettori si stupiscono da- vanti a libri che basano la propria autorità sulla rivelazione angelica, dal biblico Daniele agli stessi Vangeli del Nuovo Testamento, perché trovano nelle circostanze che essi stessi vivono nuove applicazioni per questi testi evocativi ed enigmatici.

Il principale interrogativo apocalittico è: qual è il popolo di Dio? Per la maggior parte dei lettori del Libro dei Vigilanti la risposta sarà stata ovvia: Israele. Ma l'autore del Libro dei Vigilanti, senza tralasciare l'identità etnica, insiste su quella etica. Non è sufficiente essere ebrei. Si deve anche essere ebrei che agiscono moralmente. Qui si profila con chiarezza una svolta storica, svolta che i cristiani seguiranno e porteranno ancora più avanti e che, da allora in poi, li distinguerà dagli altri gruppi ebraici. L'autore del Libro dei Vigilanti non intendeva prendere una posizione radicale come quella assunta dai seguaci di Gesù quando abbandonarono Israele per formare la loro tradizione religiosa. Egli dà per scontata la superiorità di Israele sul resto delle nazioni, poiché cita sempre Israele per primo. Tuttavia compie un passo decisivo, distinguendo l'identità etnica da quella morale e affermando che tra esse sussiste un contrasto. Questo autore prende spunto dai capitoli iniziali del Genesi, ma sceglie come proprio portavoce l'uomo santo Enoch, che visse molto prima di Abramo e dell' elezione di Israele e che, secondo il primo libro della Bibbia, non appartiene a Israele ma alla storia primordiale della razza umana. Egli non fa alcun accenno alla legge consegnata a Mosè sul Sinai, ma loda quella universale che Dio scrisse al momento della creazione dell'universo e diede a tutto il genere umano senza differenze: la legge che governa i mari, la terra e le stelle. Rivolgendo il suo messaggio «agli eletti e ai giusti» in tutto il genere umano, dimostra non solamente, come osserva George Nickelsburg, «un'insolita apertura ai gentili», ma anche una visione singolarmente negativa di Israele o, con maggior precisione, di molta - forse della maggioranza - della gente di Israele. Il Libro dei Vigilanti presenta la storia di Semeyaza e Azazel quale avvertimento morale: se persino gli arcangeli, «figli del cielo», sono soggetti a peccare e possono esse- re fatti cadere, quanto più di loro sono suscettibili di peccato e di dannazione i semplici esseri umani, anche quelli che appartengono al popolo eletto da Dio! Nel Libro dei Vi- gilanti, quando Enoch, mosso a compassione per i vigilanti caduti, tenta di intercedere per loro presso Dio, uno degli angeli gli ordina invece di riferire loro il giudizio del Signore: «Voi stavate in cielo, spiriti dotati di vita eterna; ma ora vi siete macchiati». Simili brani inducono a pensare che il Libro dei Vigilanti esprima l'opinione che deter- minati ebrei avevano di altri, e in particolare di alcuni che occupavano posizioni che in genere conferiscono grande autorità.

Nel 160 a.C., dopo la vittoria dei Maccabei, un gruppo che si considerava moderato riconquistò le cariche sacerdotali al Tempio e, temporaneamente, cacciò il partito dei Maccabei. Richiamandosi a tale avvenimento, uno dei Maccabei aggiunge alla raccolta intitolata Libro di Enoch un' altra versione della storia dei vigilanti, rivolta contro coloro che avevano usurpato il controllo del Tempio. Egli afferma che, cadendo come stelle dal cielo, i vigilanti generarono i nemici stranieri di Israele - qui descritti nelle sembianze di predatori feroci, leoni, leopardi, lupi e serpenti -, determinati a

distruggere Israele, rappresentato invece come un gregge di pecore. Ma, continua, la nazione eletta da Dio è divisa; alcuni sono «pecore cieche», mentre altri hanno gli occhi aperti. Quando arriverà il giorno del giudizio, egli avverte, Dio sterminerà gli ebrei che sono in errore, queste «pecore cieche», insieme ai tradizionali antagonisti di Israele. Inoltre, il Signore alla fine radunerà nella sua dimora eterna non solamente i giusti di

Israele, ma anche quelli delle altre nazioni (tuttavia costoro rimarranno sempre inferiori rispetto al popolo prediletto).

Un terzo autore anonimo, la cui opera è compresa nel Libro di Enoch, è talmente preoccupato dai conflitti intestini che praticamente ignora i nemici esterni di Israele. Egli fa profetizzare a Enoch l'ascesa di «una generazione perversa» e avverte che «tutte le sue azioni saranno perversità». Accusando molti - forse la maggior parte - dei suoi contemporanei, come sottolinea George Nickelsburg, analogamente a numerosi profeti biblici, egli parla a nome dei poveri, denuncia i ricchi e i potenti e predice la loro distruzione. Inoltre sostiene che la schiavitù, insieme ad altre iniquità sociali ed economiche, non è decretata da Dio, come affermano alcuni, ma «nasce dall' oppressione», cioè dal peccato umano.

La storia dei vigilanti, poi, in alcune delle sue molte versioni, rivelava uno spostamento del tradizionale discrimen che distingueva gli ebrei dai gentili. L'ultima parte del Libro

di Enoch, composta circa all'epoca di Gesù, contrappone nettamente coloro che sono

giusti, che stanno dalla parte degli angeli, a quelli, sia ebrei sia gentili, che vengono sedotti dai satana. Testi come questo avrebbero aperto la strada ai cristiani nel processo di abbandono dell'identità etnica e di ridefinizione, invece, della comunità umana in termini di qualità morale, o di appartenenza alla comunità degli eletti, di ciascun individuo.

Un altro patriota devoto, che operò intorno al 160 a.C. e si schierò con il primo partito dei Maccabei, scrisse uno strano libro apocrifo intitolato Libro dei Giubilei per esortare la sua gente a mantenersi lontana dai luoghi frequentati dai gentili. Ciò che preoccupa questo autore è: come è possibile che tanti israeliti, popolo di Dio, siano diventati apostati? Come possono tanti ebrei «andare appresso ai gentili?». Se pure egli dà per scontata la tradizionale contrapposizione tra gli israeliti e i «loro nemici, i gentili», anche qui tale conflitto ha un'importanza solo marginale. L'autore del Libro dei

Giubilei è interessato invece ai conflitti per l'assimilazione che spaccano internamente le

comunità ebraiche, e li attribuisce al più intimo dei nemici, che chiama con molti nomi, ma più frequentemente Mastema ("Odio"), Satana o Belial.

La storia della caduta degli angeli nel Libro dei Giubilei, come quella nel Libro di

Enoch, esprime un avvertimento morale: se persino gli angeli, quando peccano, si

trascinano addosso la collera e la devastante punizione di Dio, come possono i semplici esseri umani aspettarsi di venire risparmiati? Nel Libro dei Giubilei viene sottolineato che tutte le creature, sia angeli sia uomini, sia israeliti sia gentili, saranno giudicate in base alle loro azioni, cioè in base a un criterio etico.

Secondo il Libro dei Giubilei, la caduta degli angeli generò i giganti, che seminano violenza e male, e gli spiriti maligni che «sono malvagi, e sono stati creati per corrom- pere». Da allora, la loro presenza ha dominato il nostro mondo come un' ombra scura ed esprime l'ambivalenza morale e la vulnerabilità di ogni essere umano. Come alcuni profeti, l'autore di questo libro ammonisce che l'elezione non porta con sé la salvezza e certamente non l'immunità; il destino di Israele non dipende soltanto dal fatto di essere stato eletto, ma dalla sua condotta morale o, in mancanza di essa, dal pentimento e dal perdono divino.

Tuttavia, ebrei e gentili non affrontano la malevolenza demoniaca ad armi pari. Secondo il Libro dei Giubilei Dio assegnò a ciascuna nazione un angelo o uno spirito guida così che «Egli dette agli spiriti il potere di farli errare da dietro a lui»; è per questo motivo che le nazioni venerano i demoni (che il Libro dei Giubilei identifica con le divinità straniere). Ma su Israele predomina Dio stesso con una falange di angeli e di spiriti deputati a sorvegliarlo e a benedirlo.

Giubilei, echeggiando gli ammonimenti di Isaia e di altri profeti, sostiene che l'apparte-

nenza al popolo di Israele non garantisce la liberazione dal male. Trasmette in eredità un impegno di lotta morale, lotta in cui però assicura l'aiuto divino.

Nel Libro dei Giubilei viene descritto Mastema, mentre sottopone Abramo alla prova estrema. Infatti, secondo questo autore revisionista, è Mastema - non il Signore - che ordina ad Abramo di uccidere il figlio Isacco. Più tardi Abramo manifesta la sua inquietudine per il timore di essere fatto schiavo dagli spiriti maligni «che dominano i pensieri dei cuori umani»; e implora Dio: «Salvami dalle mani degli spiriti malvagi che dominano nel pensiero della mente dell'uomo e che essi non mi facciano errare da dietro a Te». Anche Mosè sa che lui stesso e il suo popolo sono vulnerabili. Quando prega che Dio liberi Israele dai nemici esterni, «i gentili», nel contempo prega anche che lo liberi dal nemico interno che minaccia di prenderne il controllo dal suo stesso seno e di sterminarlo: «Non abbia lo spirito di Beliar su di esso il potere». Nel Libro dei Giubilei questo senso di pericolo inquietante e onnipresente mostra in quale misura l'autore consideri il suo popolo corruttibile e, entro ampi limiti, già corrotto. Come il Libro dei Vigilanti, quello dei Giubilei avverte che coloro che non rispettano il patto con Dio sono esseri sedotti dalle forze del male, angeli caduti.

Immagini e simboli gnostici

Nel documento Il ritorno dello gnosticismo (pdf) (pagine 90-95)

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