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Nietzsche e il nichilismo

Nel documento Il ritorno dello gnosticismo (pdf) (pagine 188-190)

Ma è nell’opera di Nietzsche – specialmente nella riflessione degli anni Ottanta e nelle pagine de La volontà di potenza (Der Wille zur Macht), pubblicata in prima edizione nel 1901 e in una seconda, più che raddoppiata, nel 1906 – che il nichilismo è fatto oggetto di una esplicita riflessione filosofica. Con lui l’analisi del fenomeno raggiunge il suo culmine, maturando una consapevolezza storica circa le sue più lontane radici, nel platonismo e nel cristianesimo, e alimentando nel contempo l’esigenza critica di un superamento dei mali in esso proliferatisi. Non è dunque una iperbole considerare Nietzsche come il massimo profeta e teorico del nichilismo, come colui che diagnostica per tempo la «malattia» che affliggerà il secolo e di cui egli offre una terapia.

Decisiva è l'influenza del pensiero di Arthur Schopenhauer e di Philipp Mainländer sul problema del noumeno kantiano. Per Schopenhauer esso è da identificare con "volontà di vita", principio universale, superindividuale oltre il tempo e lo spazio che lo rifrangono nella molteplicità degli individui. La volontà è, negli esseri

essenzialmente dolore, perché volere è desiderare, e, come spiega la filosofia indiana, il desiderio è la radice della sofferenza. La missione del saggio è di eradicare in sé questa radice di sofferenza karmica. Con ciò l'uomo diviene libero, si rigenera ed entra in quello stato che i cristiani chiamano stato di grazia. Il termine, nel quale egli può allora posarsi e quietarsi, è il nulla, il puro nulla, l'eliminazione totale di tutto ciò che è, in quanto è vita e volontà di vita. "Quel che rimane dopo la soppressione completa della volontà, dice Schopenhauer alla fine della sua opera, è certamente il nulla per tutti coloro che sono ancora pieni della volontà. Ma per gli altri, in cui la volontà si è distolta da se stessa e rinnegata, questo nostro universo tanto reale, con tutti i suoi soli e le sue vie lattee è, esso, il nulla".

A Mainländer si deve la famosa espressione "Dio è morto", che sarà resa famosa da Nietzsche.

Egli non identifica la «cosa in sé» con la schopenhaueriana «volontà di vita» bensì con la "volontà di morte" che ha indotto un dio assolutamente trascendente, che sta "oltre l'essere", come quello degli Gnostici, a passare super-essere (Über-Sein) al nulla (Nicht-Sein) dell'immanenza. Il mondo è generato quindi da una "volontà di

autoannullamento", da una "autocadaverizzazione di Dio", e ciascuna creatura reca in sé traccia di questo impulso di morte. La sua etica sostiene la massima gnostica della verginità e raccomanda il suicidio come radicale negazione della volontà. Nella sua analisi, Nietzsche esordirà insistendo sul medesimo tema: "Il più grande avvenimento recente – che 'Dio è morto', che la fede nel Dio cristiano è divenuta inaccettabile – comincia già a gettare le sue prime ombre sull’Europa". La morte di Dio, immagine che simboleggia il venire meno dei valori tradizionali, diventa il filo conduttore per interpretare la storia occidentale come decadenza e fornire una diagnosi critica del presente.

Secondo Nietzsche il processo della svalutazione dei valori è il tratto più profondo che caratterizza lo svolgimento della storia del pensiero europeo, che è quindi la storia di una decadenza: l’atto originario di tale decadenza è già presente nella dottrina

platonica, che ponendo un mondo ideale e perfetto al disopra del mondo materiale che ne è il puro riflesso, getta le basi del nichilismo: "il nichilista è colui che, del mondo qual è, giudica che non dovrebbe essere e, del mondo quale dovrebbe essere, giudica che non esiste".

Nel Crepuscolo degli idoli (1888) Nietzsche offre un celebre compendio della storia del nichilismo-platonismo in sei capitoli. Vediamoli concisamente.

1. Nella prima fase del platonismo si afferma che il sapiente è ancora in grado di raggiungere con l'intelletto il mondo ideale, che quindi per gli uomini illuminati ha ancora una effettiva realtà

2. Il platonismo si trasforma in "platonismo per il popolo", ovvero in cristianesimo: il soprasensibile comincia ad allontanarsi irrimediabilmente dall'uomo: ora non è più sperimentabile durante la vita, ma per il saggio rimane ancora una possibilità oltremondana.

3. Il pensiero di Kant sbarra la via al mondo vero, soprasensibile e noumenico, che viene dichiarato al di là di ogni possibile esperienza. Ormai sopravvive solo nella ragion pratica, come un mero postulato volontaristico della morale kantiana: "devo comportarmi come se esistesse un Dio, come se esistesse un aldilà, un'anima" 4. Il positivismo segna l'avvento della definitiva incredulità metafisica. "Incredulità" significa dichiarazione che non si può arrivare ad alcuna conclusione, con il che viene liquidata la rilevanza morale-religiosa che il soprasensibile aveva ancora in quanto postulato della ragion pratica.

5. Il filosofo (qui Nietzsche pensa a se stesso) riconosce l'assoluta inutilità del concetto di "mondo vero" platonico, e lo abolisce definitivamente

6. All'abolizione del mondo vero deve seguire, ad opera del filosofo dell'epoca nuova, l'abolizione del mondo apparente come tale, del mondo sensibile pensato

immancabilmente in riferimento ad una realtà trascendente. Con ciò siamo

all'incipit di Così parlò Zarathustra: all'accettazione da parte della volontà dell'uomo superiore del mondo, dell'unica realtà del suo fluire e divenire che non mira a nulla se non al suo eterno ripetersi e riaffermarsi. Il mondo dello Zarathustra nietzschiano non ha un senso, una meta, sia essa l'"ordine morale" o l'"accrescimento dell'amore e dell'armonia" o l'"avvicinamento ad uno stato universale di felicità". La tragicità dell'esistenza risiede nel fatto che l'uomo "non sopporta questo mondo che pure non vuole più negare", perché è ai suoi occhi privo di senso.

Nietzsche rivendica a se stesso il titolo di "primo perfetto nichilista d'Europa", che professa un nichilismo che non è passivo e paralizzante, ma l'atteggiamento di chi pensa l'esistenza così com’è, senza senso e scopo, ma inevitabilmente ritornante, senza un finale nel nulla: il compimento del nichilismo richiede il pensiero dell’eterno

ritorno. Ciò significa che non dobbiamo pensare soltanto che la vita non si prefigga nulla e che, come il volgere dei pianeti, nulla insegua nella sua corsa se non se stessa Ma dobbiamo pensare inoltre che tutto questo ritorni eternamente. Il carattere complessivo del mondo è caos per tutta l’eternità (parole di Nietzsche).

Ma chi è in grado di sopportare questo terribile pensiero che sembra rendere

insostenibile l’esistenza? È il "superuomo". Questa figura – come è stato spiegato da Heidegger, non va intesa nel senso di un essere prodigioso che abbia potenziato a dismisura le facoltà dell’uomo normale, ma come colui che "supera" l’uomo tradizionale in quanto smette gli atteggiamenti, le credenze e i valori propri di

quest’ultimo e ha la forza per crearne di nuovi. La trasvalutazione di tutti i valori è il movimento che si oppone al nichilismo e che lo supera: essa alleva il "super-uomo" come colui che esprime la massima concentrazione di volontà di potenza e che accetta l’eterno ritorno delle cose.

Merita qui di essere riportato il brano, divenuto giustamente famoso, con cui egli esprime in forma potentemente immaginativa questa dottrina:

Che accadrebbe se, un giorno o una notte, un demone strisciasse furtivo nella più solitaria delle tue solitudini e ti dicesse: "Questa vita, come tu ora la vivi e l’hai vissuta, dovrai viverla ancora una volta e ancora innumerevoli volte, e non ci sarà in essa mai niente di nuovo, ma ogni dolore e ogni piacere e ogni pensiero e sospiro, e ogni cosa indicibilmente piccola e grande della tua vita dovrà fare ritorno a te, e tutte nella stessa sequenza e

successione – e così pure questo ragno e questo chiaro di luna tra i rami e così pure questo attimo e io stesso. L’eterno orologio a polvere dell’esistenza viene sempre di nuovo

capovolto – e tu con esso, granello di polvere dalla polvere venuto!» (...) Se quel pensiero ti prendesse in suo potere, a te, quale sei ora, farebbe subire una metamorfosi, e forse ti stritolerebbe; la domanda che ti porresti ogni volta e in ogni caso: «Vuoi tu questo ancora una volta e ancora innumerevoli volte?" graverebbe sul tuo agire come il peso più grande! Oppure, quanto dovresti volere bene a te stesso e alla vita, per non desiderare

più alcun’altra cosa che questa ultima eterna sanzione, questo suggello? (La Gaia Scienza,

V, ii, 236-37).

Nel documento Il ritorno dello gnosticismo (pdf) (pagine 188-190)

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