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L’«incoraggiamento» di Sartre In Che cos’è la letteratura, Jean Paul Sartre

Sulle spalle del gigante: i “kafkiani” dopo Kafka

3.2. La “lunga ombra” di Franz Kafka

3.2.1. L’«incoraggiamento» di Sartre In Che cos’è la letteratura, Jean Paul Sartre

(1905-1980) afferma che Kafka utilizza un nuovo modo di scrittura e di narrazione, «[…] pour rendre la vérité irréductible des apparences et pour faire pressentir, au-

17 Marechiarofilm.it, Il signor Rotpeter, https://www.marechiarofilm.it/it/il-signor-rotpeter/, ultima

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delà d'elles, une autre vérité, qui nous sera toujours refusée. On n'imite pas Kafka, on ne le refait pas: il fallait puiser dans ses livres un encouragement précieux […]».18

Qualche anno prima, in una recensione al romanzo di Maurice Blanchot Aminadab, Sartre aveva definito Kafka utilizzando la dimensione del fantastico, individuando come “caratterizzante” della narrativa del boemo la rivolta dei mezzi contro i fini. Sartre fa notare che, per essere davvero fantastica, questa rivolta deve apparire normale e il lettore deve assumere il punto di vista del protagonista che appartiene egli stesso al fantastico, e quindi non si sorprende mai. Gregor Samsa e K. non si sorprendono mai perché sono all’interno del fantastico, all’interno del “sogno”.19

Uno dei romanzi più noti di Sartre, La nausée (Nausea)20 risente di influenze

kafkiane pur non essendo senz’altro ascrivibile alla categoria del romanzo fantastico. È il diario di un personaggio tormentato dalla malinconia esistenziale, che tuttavia subisce numerose “metamorfosi”. Nel romanzo si legge il passo:

Sabato i ragazzini giuocavano a far rimbalzare i ciottoli sul mare ed io avrei voluto imitarli, ma d’un tratto mi sono arrestato, ho lasciato cadere il ciottolo e me ne sono andato. Dovevo avere un’aria smarrita, probabilmente, poiché i ragazzini mi hanno riso dietro. Questo esteriormente. Ciò che è avvenuto in me non ha lasciato chiare tracce. Debbo aver visto qualcosa che mi ha disgustato ma non so più se guardavo il mare o il ciottolo. Il ciottolo era piatto, asciutto da una parte, umido e fangoso dall’altra. Lo stringevo ai bordi, con le dita molto allargate per evitare di insudiciarmi.21

La scena e il brano presenta una marcata analogia con il racconto brevissimo di Kafka intitolato Der Kreisel (La trottola):

18 JEAN-PAUL SARTRE, Qu’est-ce que la litterature?, Gallimard, Paris 1948, p. 227. “[…] per rappresentare la verità

irriducibile delle apparenze e per far sentire, al di là di esse, un’altra verità, che ci verrà sempre negata. Non imitiamo Kafka, non lo facciamo più: abbiamo dovuto trarre dai sui libri un prezioso incoraggiamento […]”. Mia traduzione.

19 Cfr. JEAN-PAUL SARTRE, Literary and Philosophical Essays, Collier, New York 1962, pp. 60-77. 20 JEAN-PAUL SARTRE, La nausea, Einaudi, Torino 1948.

112 Ein Philosoph trieb sich immer dort herum, wo Kinder spielten. Und sah er einen

Jungen, der einen Kreisel hatte, so lauerte er schon. Kaum war der Kreisel in Drehung, verfolgte ihn der Philosoph, um ihn zu fangen. Dass die Kinder lärmten und ihn von ihrem Spielzeug abzuhalten suchten, kümmerte ihn nicht, hatte er den Kreisel, solange er sich noch drehte, gefangen, war er glücklich, aber nur einen Augenblick, dann warf er ihn zu Boden und ging fort. Er glaubte nämlich, die Erkenntnis jeder Kleinigkeit, also zum Beispiel auch eines sich drehenden Kreisels, genüge zur Erkenntnis des Allgemeinen. Darum beschäftigte er sich nicht mit den großen Problemen, das schien ihm unökonomisch. War die kleinste Kleinigkeit wirklich erkannt, dann war alles erkannt, deshalb beschäftigte er sich nur mit dem sich drehenden Kreisel. Und immer wenn die Vorbereitungen zum Drehen des Kreisels gemacht wurden, hatte er Hoffnung, nun werde es gelingen, und drehte sich der Kreisel, wurde ihm im atemlosen Laufen nach ihm die

Hoffnung zur Gewissheit, hielt er aber dann das dumme Holzstück in der Hand, wurde ihm übel und das Geschrei der Kinder, das er bisher nicht gehört hatte und das ihm jetzt plötzlich in die Ohren fuhr, jagte ihn fort, er taumelte wie ein Kreisel unter einer ungeschickten Peitsche.

Un filosofo girovagava sempre là dove giocavano i bambini. E, quando vedeva un fanciullo con una trottola, subito si appostava. Non appena la trottola cominciava a girare, il filosofo la inseguiva per prenderla. Non si preoccupava che i bambini facessero chiasso e cercassero di allontanarlo dal loro giocattolo; se riusciva ad afferrare la trottola mentre ancora girava, era felice, ma solo per un attimo, poi la gettava a terra e andava via. Egli credeva che la conoscenza di ogni piccola cosa, quindi ad esempio anche di una trottola che gira, fosse sufficiente per la conoscenza dell’universale. Per questo non si interessava dei grandi problemi, gli sembrava antieconomico. Chi conosce realmente la più piccola cosa, conosce tutto. Perciò si interessava soltanto della trottola che gira. E ogni volta che venivano fatti i preparativi per far girare la trottola, aveva la speranza di riuscire e, quando la trottola girava, nella corsa affannosa la speranza in lui diveniva certezza, ma poi, quando teneva nelle mani quello stupido pezzo di legno, stava male e le grida dei bambini, che fino ad allora non aveva sentito e che ora all’improvviso gli giungevano alle orecchie, lo

113 scacciavano, ed egli barcollava come una trottola che barcolla per un avvio

maldestro.22

In entrambi i casi, gli oggetti sono utilizzati come mezzi, prima i ciottoli, poi la trottola. Ad un tratto, secondo Sandbank, questi assumono un’esistenza autonoma. A un certo punto, però, il ciottolo diventa «umido e fangoso», la trottola uno «stupido pezzo di legno». E tanto Roquentin quanto il filosofo di Kafka si sentono nauseati. Tra gli altri punti di contatto tra Sartre e Kafka, Sandbank individua anche la sensazione di nausea che, nel libro del francese, colpisce Roquentin e quella che prova il lettore di Die Verwandlung. Ma non basta. In un passo di La nausea si legge:

Traverso la sala in mezzo al silenzio. Non mangiano più, mi guardano, il loro appetito è stato mozzato di colpo […] Me ne vado. Ora le loro guance

riprenderanno colore, e tutti si rimetteranno a chiacchierare […] guardano la mia schiena con sorpresa e disgusto; credevano ch’io fossi come loro, che fossi un uomo ed io li ho ingannati. D’un tratto, ho perduto la mia apparenza d’uomo ed hanno visto un granchio che fuggiva a ritroso da quella sala così umana. Ora, l’intruso smascherato è fuggito; la seduta continua.23

Sandbank suggerisce di sostituire la parola “granchio” con la parola “insetto” e si potrebbe avere uno dei monologhi interiori di Gregor Samsa dopo uno dei suoi tentativi di tornare nel mondo dei “normali”. È ovvio che quella di Roquentin sia una sorta di costruzione mentale, mentre Kafka scrive chiaramente: «Es war kein

Traum».

Ciononostante l’immagine dell’animale alienato dal mondo circostante torna di nuovo, in Sartre:

Vedo la mia mano che si schiude sul tavolo. Essa vive - sono io. Si apre, le dita si spiegano e si tendono. È posata sul dorso. Mi mostra il suo ventre grasso.

22 FRANZ KAFKA, Beschreibung eines Kampfes, op. cit., p. 90 (traduzione italiana di Giulio Raio in Kafka. Tutti i

romanzi, i racconti, pensieri e aforismi, op. cit., p. 729).

114 Sembra una bestia rovesciata. Le dita sono le zampe. Mi diverto a muoverle, in

fretta, come le zampe d’un granchio caduto sul dorso. Il granchio è morto, le zampe si rattrappiscono, si richiudono sul ventre della mia mano. […] La mia mano si rivolta, si stende pancia a terra, adesso mi presenta il dorso. Un dorso argentato, un po’ brillante - sembrerebbe un pesce, se non avesse dei peli rossi al principio delle falangi. Sento la mia mano. Sono io, queste due bestie che s’agitano all’estremità delle mie braccia. La mia mano si gratta una zampa con l’unghia d’un’altra zampa.24

Qui l’elemento ulteriore che accomuna Sartre a Kafka è la postura: la caduta sul dorso, e il gesto di grattarsi con la zampa, che ricorda il primo tentativo di toccarsi il ventre da parte di Gregor Samsa.

Un ultimo, rilevante punto di incontro tra La nausée e Die Verwandlung è il significato “salvifico” della musica. In un passo di La nausea, il protagonista sente la sua

canzone preferita, Some of these days, e immagina che sia stata composta da un ebreo e cantata da una donna di colore (riferendosi probabilmente a Ethel Waters). A questo punto, verbalizzando i pensieri di Roquentin, Sartre scrive: «Eccone due che si son salvati: l’ebreo e la negra. Salvati. Magari si saran creduti perduti fino alla fine, annegati nell’esistenza […] Per me sono un po’ come morti, un po’ come eroi da romanzo; si son lavati del peccato d’esistere».25 Il potere redimente della musica,

descritto in queste righe, seppure fatte le dovute distinzioni, riecheggia senz’altro la pur meno filosofica considerazione di Kafka, riferita a Gregor: «War er ein Tier, da

ihn Musik so ergriff?».

La conclusione di La nausea è comunque molto differente da quella della

Metamorfosi: Roquentin scriverà un libro sulla vita e tutte le dimensioni fantastiche si

riducono a un atto di coscienza che rimette ordine a tutto quanto: Sartre, in Che cos’è

la letteratura, scrive che lo scrittore è un uomo libero che si rivolge a uomini liberi e

può avere soltanto un tema: la libertà.26 Sandbank conclude il parallelo con

un’analogia: Kafka, in questo caso, è un uomo condannato che si rivolge a uomini

24 Ivi, p. 151 25 Ivi, p. 274.

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condannati, e la sua storia può avere un solo tema: l’essere condannati. Nel suo caso, alla fine non può esserci la “redenzione” di un atto di libera volontà.

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