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Kafka sionista? La generazione di ebrei a cui appartiene Franz Kafka

“Universo Kafka”

2.4 Il mondo di Franz Kafka

2.4.6. Kafka sionista? La generazione di ebrei a cui appartiene Franz Kafka

contesta fortemente il modello di assimilazione borghese e liberale che i genitori avevano accettato più o meno senza opporre resistenza. Del resto, la monarchia asburgica si era sforzata di integrare e rendere omogenee le diverse popolazioni dell’impero e, anche se solo in parte, era riuscita nel suo intento.

Come abbiamo già osservato in precedenza, tuttavia, gli ebrei si trovano ancora imprigionati nel pregiudizio antisemita nutrito tanto dalla maggior parte dei tedeschi di Boemia quanto, dopo l’ampia adesione degli ebrei alla cultura tedesca, anche da molti cechi, che continuano a lottare per ottenere una maggiore autonomia politica e culturale.

Nel Brief an den Vater, Kafka rinfaccia al padre il suo atteggiamento ambiguo nei confronti dell’Ebraismo:

Durch meine Vermittlung wurde Dir das Judentum abscheulich, jüdische

Schriften unlesbar, sie »ekelten Dich an«. Das konnte bedeuten, daß Du darauf bestandest, nur gerade das Judentum, wie Du es mir in meiner Kinderzeit gezeigt hattest, sei das einzig Richtige, darüber hinaus gebe es nichts. Aber daß Du darauf bestehen solltest, war doch kaum denkbar. Dann aber konnte der »Ekel« […] nur bedeuten, daß Du unbewußt die Schwäche Deines Judentums und meiner jüdischen Erziehung anerkanntest, auf keine Weise daran erinnert werden wolltest und auf alle Erinnerungen mit offenem Hasse antwortetest.

Nella mia mediazione anche l’ebraismo diventava per te ripugnante, e gli scritti ebraici illeggibili, «ti davano la nausea». Questo poteva significare che tu insistevi sul fatto che solo l’ebraismo come me lo avevi mostrato nella mia infanzia era giusto; oltre a quello non c’era niente. Ma che tu volessi insistere su questo non era pensabile. Allora però la «nausea» […] poteva significare soltanto che tu inconsciamente riconoscevi la debolezza del tuo ebraismo e della mia

57 educazione ebraica, non volevi assolutamente che ti fosse ricordata e rispondevi a tutti i ricordi con un odio aperto.17

Per tutta la vita, Kafka attraverserà fasi di grande interesse per le “cose ebraiche”, cercando sempre vie alternative al modello di assimilazione liberal-borghese. Uno dei periodi di maggiore interesse per quanto riguarda il rapporto tra Kafka e l’Ebraismo coincide con l’autunno e l’inverno a cavallo tra il 1911 e il 1912: Franz assiste a diverse rappresentazioni teatrali di un gruppo di ebrei galiziani al Café Savoy di Praga. Agli attori è legato da amicizia, soprattutto nel caso del primattore Yitzchack Löwy (1887-1942). Nei diari scriverà:

Bei manchen Liedern, der Ansprache «jüdische Kinderlach», manchem Anblick dieser Frau, die auf dem Podium, weil sie Jüdin ist, uns Zuhörer, weil wir Juden sind, an sich zieht, ohne Verlangen oder Neugier nach Christen, ging mir ein Zittern über die Wangen.

A certe canzoni, a certi aspetti di questa donna che sul palco perché è ebrea attira noi dell’uditorio perché siamo ebrei, senza il desiderio o la curiosità di vedere cristiani, un tremito mi passò sulle guance. 18

Una sera, in occasione di un altro spettacolo di Löwy, Kafka tiene un discorso sulla lingua yiddish, definendola come una lingua per sua natura diasporica, che assorbe in continuazione termini da altre lingue senza mai creare un sistema semantico stabile o una grammatica.19

Un altro ambito “ebraico” che Kafka segue per tutta la vita è quello del Sionismo, il movimento che mira all’autodeterminazione del popolo ebraico mediante la

17 FRANZ KAFKA, Hochzeitsvorbereitungen auf dem Lande, und andere Prosa aus dem Nachlaß, op. cit., p. 147

(traduzione italiana di Francesca Ricci da: -, Lettera al padre, Newton Compton, Roma 2014, p. 21).

18 FRANZ KAFKA, Tagebücher 1910-1923, Fischer, Frankfurt am Main 1993, p. 61, (traduzione italiana di Ervino

Pocar in Diari, Mondadori, Milano 2001, p. 172). Si noti che Pocar tralascia di tradurre l’espressione “der Ansprache «jüdische Kinderlach»”.

19 A tal proposito si veda: CLAUDIA VITALE, Il «Discorso sulla lingua yiddish» di Franz Kafka: nomadismo e vitalità

della lingua, in: GIOVANNI SAMPAOLO (a cura di), Kafka: ibridismi. Multilinguismo, trasposizioni, trasgressioni, Quodlibet, Macerata 2010, pp. 61-74.

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costruzione di un proprio stato. Kafka si avvicina per la prima volta ai sionisti grazie all’ex compagno di scuola Hugo Bergmann (1883-1975), che lo presenta

all’associazione sionista degli studenti ebrei di Praga. Dal 1911 fino alla fine dei suoi giorni Kafka legge regolarmente la rivista sionista praghese “Selbstwehr”, che tra l’altro pubblicherà o recensirà molte delle sue brevi prose. Legge anche la rivista di Martin Buber “Der Jude” (“L’ebreo”) e, nel 1917, vi pubblica due testi: Schakale und

Araber e Ein Bericht für eine Akademie. La testimonianza del suo grande interesse

per la storia ebraica è costituita anche dalla lettura del saggio Volkstümliche

Geschichte der Juden di Heinrich Graetz (Storia popolare degli Ebrei, 1888, mai

tradotto in italiano)20 e Die neueste Geschichte des jüdischen Volkes di Semen

Markovic Dubnov (1920, versione italiana Breve storia di Israele dalle origini ai nostri

giorni, titolo originale Новейшая история еврейского народа).21

Durante la Prima guerra mondiale, Kafka partecipa alle attività dei sionisti, soprattutto per quanto riguarda la beneficenza nei confronti dei rifugiati ebrei provenienti dall’Est Europa. Dal 1917, seppur in maniera irregolare, prende lezioni di ebraico e comincia a pensare a un trasferimento in Palestina, progetto che gli verrà impedito soltanto dall’aggravarsi della tubercolosi.

La definizione di “Kafka sionista” viene soprattutto da Max Brod e Felix Weltsch, che tuttavia non tengono conto del carattere “speciale” del sionismo praghese, che può essere identificato con il “Sionismo culturale” formulato dal saggista ebreo Ahad Ha’am, movimento che mira a stabilire un centro spirituale ebraico in Palestina. Diversamente dal Sionismo politico, tale corrente non ritiene necessaria la

fondazione di uno stato, ma si propone di dare nuova vita alla cultura ebraica, proprio dalla Palestina. A influenzare Kafka sono soprattutto i discorsi di Martin Mordechai Buber (1878-1965), che prospettano una rinascita culturale ebraica e che, grazie al linguaggio molto metaforico, conquistano tutti gli ebrei di Praga. Un’altra differenza, nel nostro caso fondamentale, consiste nel fatto che i sionisti politici ritengano

l’yiddish come una sorta di “lingua da ghetto” e propongano l’ebraico come lingua del nuovo stato, mentre il circolo ebraico di Praga promuove molte iniziative sulla

letteratura in lingua yiddish (una delle quali, nel 1912, introdotta addirittura dallo stesso Franz Kafka).

20 HEINRICH GRAETZ, Vokstümliche Geschichte der Juden, Leiner, Leipzig 1888.

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Anche nei confronti del Sionismo, l’atteggiamento di Kafka è sempre altalenante: va notato che nei suoi testi letterari non c’è alcun accenno agli ebrei e all’Ebraismo, mentre tali questioni emergono in maniera molto più rilevante nei diari e nelle lettere.

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