• Non ci sono risultati.

“Universo Kafka”

2.7 La lingua di Kafka: quale tedesco?

Attorno all’inizio del Novecento, il tedesco parlato nei territori “non tedeschi”

dell’Impero Austro-Ungarico attraversa una fase di trasformazione: si pensi che nelle città, senz’altro periferiche, di Czernowitz, in Bucovina (l’odierna città ucraina di Černivci), e Temeswar (l’odierna città romena di Timişoara), il tedesco che si parla presenta nella pronuncia, nella morfologia e nel lessico tratti molto affini al

Wienerisch o comunque al Bavarese meridionale. Nello stesso tempo, nei territori e

nei piccoli centri circostanti, le forme del tedesco tendevano ad essere più simili allo

Svevo e al cosiddetto Rheinfränkisch.70

Nel complesso, le tendenze linguistiche si spiegano con la “importazione” del tedesco da parte dei colonizzatori austriaci, in maggioranza viennesi, a costante contatto con la lingua ufficiale. A poco a poco, il Wienerisch sarebbe stato sostituito da varietà linguistiche derivanti dal Medio Bavarese e dall’Austriaco, che a loro volta si sarebbero arricchite di prestiti, grazie al contatto con lingue diverse, tra cui il ceco. Per quanto riguarda Praga, a partire dal 1526, quando la città finisce sotto il dominio degli Asburgo, il tedesco torna a essere la lingua parlata dall’amministrazione dello Stato, inoltre si assiste a un intenso movimento migratorio proveniente dalle regioni germanofone meridionali. Dal XVI al XIX secolo, oltre alla lingua

dell’amministrazione, il tedesco diviene anche la lingua del commercio e delle armi, della scienza, della scuola e dell’istruzione più in generale. Peraltro, l’ascesa sociale dei cittadini cechi è strettamente legata alla loro conoscenza del tedesco.

Come abbiamo già visto, all’inizio dell’Ottocento si innesca un processo che porterà, alla fine del secolo, a una Praga prevalentemente di lingua ceca: a questo fenomeno contribuiscono soprattutto l’industrializzazione e un massiccio movimento migratorio che impoveriscono le comunità di lingua tedesca e accrescono quelle di lingua ceca. Tutto ciò porta, nel 1861, al primo consiglio cittadino di lingua ceca. Nel 1880, tre

70 RUDOLF HOLLINGER, Die deutsche Umgangssprache von Alt-Temeswar, in Omagiu lui Iorgu Iordan cu prilejul

implinirii a 70 de ani, Editura Academiei Republicii Populare Romîne, Bucarest 1958, pp. 381-387 citato in BORIS

BLAHAK, Franz Kafkas Literatursprache, Böhlau, Köln 2015, p. 67; JOHANN SCHUTH, Wechselbeziehungen zwischen

Bauernmundart und Stadtdialekt in Südungarn, in “Beiträge zur Volkskunde der Ungarndeutschen” 6, 1986, pp.

151-171; SORIN GADEANU, Sprache auf der Suche. Zur Identitätsfrage des Deutschen in Rumänien am Beispiel der

78

anni prima della nascita di Franz Kafka, i tedeschi di Praga rappresentano il 15,3 per

cento della popolazione, un dato che vent’anni dopo si sarebbe dimezzato.71

Nel 1890 circa tre quarti degli ebrei di Praga indicavano il tedesco come propria lingua, nel 1900 gli ebrei di lingua tedesca non arriveranno al 50 per cento. Tuttavia le differenze permangono soprattutto dal punto di vista sociale: tra la popolazione di lingua ceca, infatti, soltanto il 40 per cento ha un lavoro autonomo, e il resto svolge lavori più umili, mentre tra la minoranza tedesca la percentuale sale al 70 per cento. Tutto ciò indica che, nell’epoca in cui Kafka si trova a vivere, il Prager Deutsch, il “tedesco di Praga”, si trova nella sua fase finale: ma in cosa consiste il “tedesco di Praga”? La lingua parlata nella città boema non può essere classificata come un’unica variante ma, secondo Boris Blahak, va vista come un idioma differenziato diastraticamente e diacronicamente.

Dal punto di vista diastratico abbiamo il gergo diffuso nelle classi sociali più basse, il cosiddetto Mauscheldeutsch e quello delle classi più elevate, che conservava

tendenze più marcate verso il purismo linguistico. Dal punto di vista diacronico abbiamo il tedesco di Praga più datato (quello del XIX secolo) e il “tedesco di Praga tardo”, utilizzato a cavallo tra i secoli, la lingua degli scrittori praghesi di lingua tedesca.

Non sembra corretto, in realtà, parlare di “tedesco di Praga”, dato che la

differenziazione sociale amplifica le differenze diastratiche dando vita a una varietà di tedesco con elementi derivanti dal Bavarese e dall’Austriaco parlato dalle classi elevate e un’altra, con interferenze provenienti dalla lingua ceca (maggioritaria, in città), presso quelle più basse.

Spostando l’attenzione su Franz Kafka, è diffusa la convinzione che, nell’ambiente in cui si trova a vivere, avesse maturato una conoscenza perfetta tanto del tedesco quanto del ceco, e fosse perfettamente bilingue. In realtà tale concezione è pressoché priva di fondamento. È chiaro che la famiglia Kafka avesse contatti

continui con la lingua ceca, vista l’attività commerciale del padre, tuttavia per Franz il ceco rimane sempre una seconda lingua, al punto che Čermak individua nelle lettere

71 GARY B.COHEN, The Politics of Ethnic Survival: Germans in Prague 1861-1914, Princeton University Press,

79

scritte da Kafka in ceco alcuni schemi linguistici che derivano dal tedesco.72 Inoltre,

come scrive Marek Nekula:

Kafkas passive Kenntnis des Tschechischen “in Wort und Schrift” war außerordentlich gut, seine aktive Fähigkeit, Tschechisch zu schreiben [war] beschränkt und wesentlich vom Deutschen beeinflußt. Es ist außerdem offensichtlich, daß Tschechisch für ihn nur eine Zweitsprache war, für die er höchstwahrscheinlich über keine generative, sondern nur eine translative Kompetenz verfügte und so kein vollkommen zweisprachiger Sprecher des Tschechischen und des Deutschen sein konnte.

La conoscenza passiva “orale e scritta” del ceco da parte di Kafka era straordinariamente buona, la sua capacità attiva di scrivere in ceco limitata e notevolmente influenzata dal tedesco. Inoltre è evidente che il ceco era per lui soltanto una seconda lingua per cui, con tutta probabilità, non aveva una competenza generativa, ma soltanto una capacità traduttiva, non potendo per questo essere un parlante bilingue perfetto di ceco e tedesco. 73

Ad aver esercitato su Kafka un’influenza linguistica può essere stato anche l’yiddish occidentale, che tuttavia nel 1910 era ormai ridotta a puro “gergo”, in considerazione delle riforme di Giuseppe II che, dal 1784, obbligavano gli ebrei a utilizzare la lingua tedesca. In realtà, lo yiddish occidentale sopravvive fino alla Praga di Kafka nel cosiddetto Mauscheldeutsch (i materiali indicano la sua sopravvivenza fino al 1945), soprattutto nelle campagne (il padre di Julie, madre di Kafka, era un birraio e

commerciava in luppolo). In realtà, analizzando la corrispondenza di Hermann Kafka, emergono tracce di yiddish, così come negli scritti della madre Julie, e appare certo che Franz conoscesse alcune delle espressioni “cristallizzate” nell’ambito della sua

72 JOSEF ČERMAK, Franz Kafkas Sorgen mit der tschechischen Sprache, in: KURT KROLOP,HANS DIETER ZIMMERMANN (a

cura di), Kafka und Prag. Colloquium im Goethe-Institut Prag 24.-27. November 1992, de Gruyter, Berlin/New York 1994, pp. 64-66.

73 MAREK NEKULA, Franz Kafka und die tschechische Sprache, in: KLAAS-HINRICH EHLERS,STEFFEN HÖHNE,VÁCLAV MAIDL,

MAREK NEKULA (a cura di), Brücken nach Prag. Deutschsprachige Literatur im kulturellen Kontext der

Donaumonarchie und der Tschechoslowakei. Festschrift für Kurt Krolop zum 70. Geburtstag, Lang, Frankfurt am

80

famiglia, quindi «sedimenti di yiddish all’interno del tedesco parlato negli ambienti ebraico-tedeschi».74

Quanto al tedesco lo scrittore avverte un’inadeguatezza legata a quattro fattori di incertezza: il primo lo illustra bene Friedrich Schmidt:

Kafkas Verhältnis zur Sprache war nicht auf Vertrauen gegründet. Wenn

überhaupt etwas in der Deutung seiner Schriften als sicher und verlässlich gelten kann, so ist es immerhin dies. Die tiefgreifende Skepsis gegenüber den

Möglichkeiten sprachlicher Verständigung, die bei Kafka stets prekäre Beziehung zwischen Wort und Bedeutung können in Anbetracht der zahllosen

sprachkritischen Äußerungen in Korrespondenz und Tagebuch sowie der

vielfältigen Formen des Missverstehens und verbalen Scheiterns, von denen das Erzählwerk handelt, kaum ernstlich bezweifelt werden.

Il rapporto di Kafka con la lingua non era basato sulla fiducia. Se c’è qualcosa, nell’interpretazione dei suoi scritti, che appare certo e affidabile è proprio questo. Il profondo scetticismo nei confronti delle possibilità di comunicazione linguistica e il rapporto sempre precario tra parola e significato non possono mai essere messe seriamente in discussione in considerazione delle innumerevoli

esternazioni critiche verso la lingua nella corrispondenza e nel diario, oltre che delle molteplici forme di incomprensione e di fallimento della lingua tematizzate dai suoi lavori narrativi.75

La scrittura di Kafka dubita di ogni parola. A testimoniarlo sono i Tagebücher:

Kein Wort fast das ich schreibe paßt zum andern, ich höre wie sich die Konsonanten blechern an einander reiben und die Vokale singen dazu

Ausstellungsneger. Meine Zweifel stehn um jedes Wort im Kreis herum, ich sehe

74 MAREK NEKULA, Franz Kafkas Sprachen und Sprachlosigkeit, in “brücken. Germanistisches Jahrbuch Tschechien

– Slowakei. Neue Folge” 15 (2007), pp. 99-130.

75 FRIEDRICH SCHMIDT, Sprache, Medien und Kritik. Kafkas Sprachskepsis im Kontext ihrer Zeit, in: MAREK NEKULA,

INGRID FLEISCHMANN,ALBERCHT GREULE (a cura di), Franz Kafka im sprachnationalen Kontext seiner Zeit. Sprache

und nationale Identität in öffentlichen Institutionen der böhmischen Länder, Böhlau, Köln/Weimar/Wien 2007,

81 sie früher als das Wort, aber was denn! Ich sehe das Wort überhaupt nicht, das

erfinde ich.

Quasi nessuna delle parole che scrivo è adatta alle altre, sento come le

consonanti stridono tra di loro con suono di latta e le vocali le accompagnano col canto come negri all’esposizione. I miei dubbi stanno in cerchio intorno a ogni parola e li vedo prima della parola, ma che dico? Non vedo affatto la parola, la invento. 76

Dubbi analoghi ritornano anche in una lettera indirizzata a Max Brod e datata 12 dicembre 1910:

Mein ganzer Körper warnt mich vor jedem Wort; jedes Wort, ehe es sich von mir niederschreiben lässt, schaut sich zuerst nach allen Seiten um; die Sätze

zerbrechen mir förmlich, ich sehe ihr Inneres und muß dann aber rasch aufhören.

Tutto il mio corpo mi mette in guardia da ogni parola, ogni parola prima di

lasciarsi scrivere da me si guarda in giro da tutte le parti; i periodi mi si spezzano, per così dire, ne vedo l’interno e allora devo smettere subito. 77

Oltre al proprio pessimismo concernente la capacità di scrivere, Kafka, che vorrebbe essere letto in tutte le terre di lingua tedesca, avverte la divergenza tra alcune norme della propria lingua e quelle riconosciute da tutti i parlanti della lingua tedesca, e ciò rappresenta un secondo motivo di incertezza. Sente di non avere un codice

linguistico “sovraregionale”. Uno degli esempi più palesi è quello dell’uso che Kafka fa della particella temporale bis: Felice Bauer (percepita da Kafka come in possesso di una competenza linguistica “sovraregionale” maggiore, perché berlinese) gli

rimprovera di utilizzare erroneamente bis in luogo di sobald o wenn. Kafka scrive che Felice lo corregge quando dice al cameriere: «Bringen Sie die Zeitung, bis sie

76 KAFKA, Tagebücher, op. cit., p. 22 (traduzione italiana di Ervino Pocar in: -, Diari, op. cit., pp. 20-21).

77 FRANZ KAFKA, Briefe 1902-1924, Fischer, Frankfurt am Main 1993, p. 85 (traduzione italiana di Ervino Pocar e

82

ausgelesen ist».78 I dubbi di Kafka sono tali che, in una lettera del 22 settembre 1917

a Felix Weltsch, chiede all’amico:

Wegen F. habe ich eine bibliothekarische Bitte. Du kennst unsern alten “bis”- Streit. Nun habe ich sie mißverstanden. Sie meint, “bis” könne zwar als Konjunktion verwendet werden, aber nur in der Bedeutung “solange bis”. Man könne deshalb z.B. nicht sagen: “Bis Du herkommst, werde ich Dir fünfhundert Kilogramm Mehl geben”. (Still, es ist nur ein grammatikalisches Beispiel). Willst Du bitte nach dem Grimm (ich habe die Beispiele schon vergessen) oder nach andern Büchern entscheiden, ob F. Recht hat.

A proposito di F. avrei una preghiera di ricerche in biblioteca. Tu sei al corrente della nostra vecchia lite intorno al bis. Ora io la ho fraintesa; lei dice infatti che bis si può usare come congiunzione ma soltanto nel significato di solange bis. Dice che pertanto non si può dire, p. e.: Bis du herkommst, werde ich Dir fünfhundert

Kilogramm Mehl geben. (Zitto, è soltanto un esempio grammaticale). Fammi il

favore di decidere, in base al Grimm (ho dimenticato gli esempi) o secondo altri libri, se F. ha ragione. 79

L’11 ottobre 1917, Kafka risponde a Weltsch:

Dank für die “bis”-Erklärung. Brauchbar ist für mich nur das Beispiel: “Borge mir, bis wir wieder zusammenkommen” vorausgesetzt, daß es bedeutet: “Du sollst mir

erst dann borgen, bis wir zusammenkommen” und nicht etwa: “Du sollst mir für

so lange Zeit borgen, bis wir…” das ist aus der bloßen Anführung nicht ersichtlich.

Grazie della spiegazione del bis. A me serve soltanto l’esempio: Borge mir, bis

wir wieder zusammenkommen presupposto che significhi: Du sollst mir erst dann

78 “Porti il giornale quando avranno terminato di leggerlo” (mia traduzione).

79 KAFKA, Briefe, op. cit., p. 169 (traduzione italiana di Ervino Pocar e Anita Rho in: -, Epistolario, op. cit., pp. 200-

83

borgen, bis wir zusammenkommen e non già: Du sollst mir für so lange Zeit borgen, bis wir… che non appare dalla pura citazione. 80

Un terzo fattore di incertezza deriva dalla sua situazione di ebreo di seconda generazione nella Praga di inizio Novecento: la lingua nazionale si sta spostando lentamente dal tedesco al ceco ma la sua prima lingua non è il ceco e, come se non bastasse, non è nemmeno tedesco perché ebreo, ma molto meno ebreo dei suoi genitori, e tutta questa discrepanza Kafka la avverte anche a livello linguistico:

Gestern fiel mir ein, daß ich die Mutter nur deshalb nicht immer so geliebt habe, wie sie es verdiente und wie ich es könnte, weil mich die deutsche Sprache daran gehindert hat. Die jüdische Mutter ist keine “Mutter”, die

Mutterbezeichnung macht sie ein wenig komisch (nicht sich selbst, weil wir in Deutschland sind), wir geben einer jüdischen Frau den Namen deutsche Mutter, vergessen aber den Widerspruch, der desto schwerer sich ins Gefühl einsenkt, “Mutter” ist für den Juden besonders deutsch, es enthält unbewußt neben dem christlichen Glanz auch christliche Kälte, die mit Mutter benannte jüdische Frau wird daher nicht nur komisch sondern auch fremd.

Ieri mi venne in mente che non ho sempre amato mia madre come meritava, e come potrei amarla, soltanto perché ne fui impedito dalla lingua tedesca. La madre ebraica non è “madre”, la definizione di madre la rende un po’ comica (non a sé stessa, perché viviamo in Germania), a una donna ebrea diamo il nome di madre tedesca, ma dimentichiamo la contraddizione che si insinua tanto più addentro nel sentimento. “Mutter” è per l’ebreo una definizione

particolarmente tedesca che inconsciamente contiene accanto allo splendore cristiano anche la freddezza cristiana, e perciò la donna ebrea chiamata madre diventa non solo comica, ma estranea. 81

80 KAFKA, Briefe, op. cit., p. 180 (traduzione italiana di Ervino Pocar e Anita Rho in: -, Epistolario, Tomo 1, op. cit.,

p. 241).

84

La quarta fonte di incertezza linguistica, per Kafka, deriva proprio dal multilinguismo della città di Praga. È il timore delle contaminazioni che, nella città boema, il tedesco subisce dal ceco. E il tedesco “contaminato” ha una brutta reputazione. Il 10 aprile 1920, dopo pochi giorni a Merano, nella pensione dove soggiorna, Kafka fa la conoscenza di un generale e di un colonnello. Ecco come descrive l’incontro con le due figure a Max Brod e Felix Weltsch:

Nach den ersten Worten kam hervor, daß ich aus Prag bin, beide, der General (dem ich gegenüber saß) und der Oberst kannten Prag. Ein Tscheche? Nein. Erkläre nun in diese treuen deutschen militärischen Augen, was du eigentlich bist. Irgendwer sagt: “Deutschböhme”, ein anderer “Kleinseite”. Dann legt sich das Ganze und man ißt weiter, aber der General mit seinem scharfen, im

österreichischen Heer philologisch geschulten Ohr, ist nicht zufrieden, nach dem Essen fängt er wieder den Klang meines Deutsch zu bezweifeln an, vielleicht zweifelt übrigens mehr das Auge als das Ohr. Nun kann ich das mit meinem Judentum zu erklären versuchen. Wissenschaftlich ist er jetzt zwar

zufriedengestellt, aber menschlich nicht.

Dopo le prime parole si seppe che venivo da Praga; entrambi, il generale (seduto di fronte a me) e il colonnello conoscono Praga. Ceco? No. Spiega ora a questi occhi militari fedeli e tedeschi chi sono veramente! Qualcuno dice: “boemo- tedesco”, un altro: “Kleinseite”. Poi si smette di parlare e si mangia, ma il generale col suo orecchio acuto, filologicamente addestrato nell’esercito

austriaco, non è soddisfatto, dopo la colazione riprende a dubitare del mio timbro tedesco, e forse dubita più l’occhio che l’orecchio. Posso tentare di spiegarlo col fatto che sono ebreo. Lui si dichiara bensì soddisfatto sul piano scientifico, ma non lo è sul piano umano. 82

L’instabilità indotta da questi fattori di incertezza spinge Kafka, seppure molto consapevole dell’importante mezzo rappresentato dalla lingua parlata, a una selezione spietata (in senso esclusivo) delle varietà “regionali” del tedesco,

82 KAFKA, Briefe, op. cit., pp. 270-271 (traduzione italiana di Ervino Pocar e Anita Rho in: -, Epistolario, Tomo 1,

85

soprattutto in base alla loro comprensibilità. E tendenzialmente non le ritiene adeguate alle alte necessità della scrittura letteraria, preferendo con decisione la “lingua di Goethe” e rifiutando tutte le inclinazioni “dialettizzanti”.

Lo studio molto accurato di Boris Blahak, che peraltro va a individuare tutti i

regionalismi presenti nell’opera di Kafka, analizza anche l’influenza del processo di scrittura da parte dell’autore sulla lingua e sulla forma testuale, rilevando dai

manoscritti l’elevata tendenza alle sviste ortografiche (cosa che succede in misura molto minore nelle lettere e nei diari), che Kafka subito si affretta a correggere. È altamente probabile, per Blahak, che il fenomeno si debba a condizioni legate

all’organizzazione della scrittura (frammentaria, rapida, discontinua, lineare e spesso su più testi), alle condizioni ambientali (Kafka era abituato a scrivere di notte, in totale solitudine) e psicologiche (si tratta di una scrittura spontanea, intuitiva, a volte onirica, estatica e molto legata alle condizioni psichiche del soggetto). Kafka tende a

commettere sviste ortografiche sotto l’influenza del tedesco orale, parlato a Praga e in famiglia. Considerando la scelta netta, da parte di Kafka, del tedesco più letterario, si assiste a una sorta di commutazione di codice, di una “regressione” linguistica a una lingua più bassa.

Outline

Documenti correlati