Sulle spalle del gigante: i “kafkiani” dopo Kafka
3.2. La “lunga ombra” di Franz Kafka
3.2.9. Un’ombra lunghissima Una panoramica sulle influenze esercitate dalle
opere di Kafka sulla produzione letteraria successiva meriterebbe senz’altro una ricerca molto più approfondita della ricostruzione che ho tentato di fare in questo lavoro. Ho dovuto pertanto omettere molte altre sue manifestazioni, alcune recentissime, che tenterò ora di riassumere.
Per esigenze di spazio ho tralasciato le influenze di Kafka sulla produzione musicale: il primo “traduttore” di Kafka è proprio Max Brod, che già nel 1911 mette in musica la poesia Kleine Seele – springst im Tanz. Seguono altre realizzazioni più celebri, tra cui le Sechs Motetten nach Worten von Franz Kafka für Singstimme und Klavier di Ernst Krenek (1900-1991), a fine anni Cinquanta, nel 1951 e nel 1964 (in una seconda versione) il monodramma Ein Landarzt del compositore tedesco Hans
Werner Henze (1926-2012)72, l’opera lirica Der Prozeß (1953) dell’austriaco Gottfried
von Einem (1918-1996) e i Kafka-Fragmente op. 24 (1986) per soprano e violino dell’ungherese György Kurtág (1926). Gli influssi kafkiani sono molti anche nella musica leggera, basti pensare alla canzone di Bob Dylan Love minus zero, contenuta nell’album Bringing It All Back Home (1965), in cui il verso «the country doctor
rambles» rappresenta un espresso riferimento al racconto di Kafka Ein Landarzt.
Quanto al cinema, di cui ho già parlato in apertura, non ho citato la trasposizione di
Der Proceß del 1993, intitolata The Trial, del regista inglese David Hugh Jones
(1934-2008) con Anthony Hopkins, basato su una sceneggiatura firmata dal Premio Nobel Harold Pinter (1930-2008). L’influsso di Kafka si fa sentire anche in alcuni film del regista canadese David Cronenberg (1943): si pensi a Videodrome (Videodrome,
71 A tal proposito cfr. PETER SCHARER VON AURAU, Zur psychischen Strategie des schwachen Heldes: Italo Svevo im
Vergleich mit Kafka, Broch und Musil, Buchdruckerei Werner Roth, Thusis 1978, pp. 114-124.
72 In merito a quest’opera cfr. GABRIELE MUSCOLINO, Kafka come opera radiofonica. A proposito di “Un medico di
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1983), The Fly (La mosca, 1986) e Naked Lunch (Il pasto nudo, 1991, basato sull’omonimo romanzo di William S. Burroughs). Un ulteriore “utilizzo” del materiale kafkiano, stavolta in chiave parodistica, quello di Woody Allen (1935) in Shadows and
Fog (Ombre e nebbia, 1992): il fine di Allen è quello di evocare i mondi letterari creati
da Kafka (e il cinema espressionista) per passare criticamente in rassegna il Novecento dei fascismi e della bomba atomica.
Anche in ambito teatrale, le opere di Kafka hanno subìto diverse trasposizioni: la più rilevante è senza dubbio Le Procès del 1947, di André Gide e Jean-Louis Barrault,
con la musica di Pierre Boulez.73 Meritano inoltre una menzione i due adattamenti
teatrali di Der Proceß da parte di Peter Weiss (1916-1982), intitolati Der Prozeß (1974) e Der neue Prozeß: Stück in drei Akten (1982):74 in quest’ultimo il
drammaturgo tedesco ricorda Kafka criticando aspramente il capitalismo moderno. Del tutto differente la farsa di Alan Bennett (1934) Kafka’s Dick, del 1986, una satira sui biografi dello scrittore boemo e sugli studi accademici a lui dedicati. The Trial of
Judith K. (1985)75 della commediografa canadese Sally Clark (1953) trasforma il
Processo kafkiano in una lotta comica e assurda per la conquista dell’autonomia da
parte delle donne.
Per quanto concerne la produzione letteraria, avendo scelto di concentrarmi su filoni ben precisi, ho tralasciato di citare le influenze kafkiane su autori giapponesi come Kōbō Abe (1924-1993) e Haruki Murakami (1949). Nel romanzo di Abe Suna no onna (La donna di sabbia, 1962)76 il protagonista è un entomologo che torna, per così dire,
alla condizione di insetto, tanto da sviluppare una dipendenza per la vita nelle dune di sabbia, come una formica. I motivi kafkiani percorrono gran parte della produzione letteraria di Abe, e anche il suo ultimo romanzo, intitolato Kangarū nōto (Il quaderno
canguro, 1991)77 è incentrato sulla figura di un narratore che una mattina si risveglia,
un po’ come Gregor Samsa, ricoperto da germogli di daikon, il ravanello giapponese, che spuntano proprio dalla sua pelle.
73 ANDRÉ GIDE,JEAN-LOUIS BARRAULT, Il processo di Franz Kafka, Einaudi, Torino 1997.
74 PETER WEISS, Trotzki im Exil; Hölderlin; Der Prozess; Der neue Prozess, Suhrkamp, Berlin 2016. 75 SALLY CLARK, The Trial of Judith K., Talon Books, Vancouver 1985.
76 KŌBŌ ABE, La donna di sabbia, Longanesi, Milano 1962. 77 KŌBŌ ABE, Il quaderno canguro, Atmosphere Libri, Roma 2016.
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Nel romanzo di Haruki Murakami Umibe no Kafuka (Kafka sulla spiaggia, 2002)78
uno dei due protagonisti (chiamato “Kafka”!) scappa di casa per sfuggire alla maledizione lanciatagli da suo padre (si pensi a Das Urteil). La vicenda vede i personaggi principali impegnati in una continua ricerca, che ricorda quella di K. in
Das Schloß.
Nei paesi di lingua tedesca, da ricordare è il romanzo Suche nach M. (Alla ricerca di
M., 1997) del viennese Doron Rabinovici (1961)79, in cui un avvocato ebreo si
trasforma in «Mullemann», una creatura simile al Golem, avvolta in bende, che confessa ai tedeschi e agli austriaci del Dopoguerra tutti i crimini commessi durante il conflitto mondiale.
In Sudafrica, Nadine Gordimer (1923-2014), premio Nobel per la letteratura 1991, si ispira a Brief an den Vater nel suo attacco all’apartheid in Letter from His Father, del
1984.80 Poco più di un decennio dopo, Achmat Dangor (1948) pubblica il romanzo
Kafka’s Curse (La maledizione di Kafka, 1997)81 in cui il protagonista, nel Sudafrica
post-apartheid, si trasforma in un albero.
Restando tra gli autori di lingua inglese, recentissimamente la scrittrice americana di origini ebraiche ed est-europee Nicole Krauss (1974) ha pubblicato il romanzo Forest
Dark (Selva oscura, 2017),82 che immagina un Kafka condotto segretamente in
Palestina per vivere là il resto della sua vita in incognito, viaggiando di località in località fino alla morte a Tel Aviv.
Per quanto riguarda l’ambito letterario sudamericano, va considerata l’influenza che Kafka ha su Mario Vargas Llosa (1936), Premio Nobel per la letteratura 2010: nel suo romanzo El hablador (Il narratore ambulante, 1987) una tribù nomade amazzonica, la tribù dei Machiguenga, ha al suo interno delle figure, i cosiddetti “parlatori”, che raccontano i miti del luogo. Il romanzo può essere letto come una continuazione di
Die Verwandlung: Saùl, il personaggio che poi si rivelerà come il “parlatore”, è un
grande lettore di Kafka, tanto da conoscere quasi a memoria la Metamorfosi. E
78 HARUKI MURAKAMI, Kafka sulla spiaggia, Einaudi, Torino 2008.
79 DORON RABINOVICI, Suche nach M., Suhrkamp, Frankfurt am Main 1997 (traduzione italiana Alla ricerca di M.,
Giuntina, Firenze 2015).
80 NADINE GORDIMER, Something Out There, Penguin, Harmondsworth 1985, pp. 39-56.
81 ACHMAT DANGOR, Kafka’s Curse, Pantheon, New York 1999 (traduzione italiana La maledizione di Kafka,
Frassinelli, Milano 2006, traduzione italiana di Ettore Capriolo).
82 NICOLE KRAUSS, Forest Dark, HarperCollins, New York 2017 (traduzione italiana di Federica Oddera in: -, Selva
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subisce anche lui, a sua volta, una metamorfosi. Ha persino chiamato il suo pappagallo Gregor Samsa, e ai nomadi, alla fine del romanzo, racconta tre storie ebraiche: la storia di Gregor Samsa, la storia di Gesù Cristo e la Diaspora degli ebrei. Un altro ambito narrativo in cui la presenza di Kafka si fa sentire è quella del graphic
novel: i tentativi più riusciti sono essenzialmente tre: La Métamorphose/Die Verwandlung (2009, versione tedesca 2013) di Eric Corbeyran (1964) e Richard
Horne83, The Metamorphosis di Peter Kuper (La metamorfosi, 2003)84 e Kafka
(Kafka, 1993) di David Zane Mairowitz (1943) e Robert Crumb (1943).85 I graphic
novel sono fondamentalmente un tentativo di “superare l’inquietudine” data
dall’incertezza di cui Kafka cosparge le proprie narrazioni: le immagini sono un mezzo per avere “sicurezza”, per cui la “traduzione visiva” si configura come un mezzo per addomesticare i perturbanti racconti kafkiani. I graphic novel
rappresentano inoltre un mezzo per testare l’atteggiamento interpretativo del lettore odierno: l’elemento comune ai tre lavori, infatti, è la tendenza a “demitizzare” Kafka e ad aggiungere particolari macabri, fantasie sinistre, ignorando il complesso umorismo di matrice ebraica che percorre tutta la narrativa del praghese. Un Kafka un po’ superficiale, quindi, ma sicuramente di grande attrazione, un canale di ricezione comunque importante nei confronti dei lettori giovani.
Perché Kafka, seppure in concezioni approssimative e molto semplificate, torna ancora nella nostra vita di tutti i giorni, nei libri, nei fumetti che leggiamo, nella musica che ascoltiamo, a teatro, alla radio, al cinema. In televisione. Tanto che il settimo episodio della terza stagione di Breaking Bad (nella versione italiana intitolato
Atmosfere) in inglese ha il titolo Kakfaesque, e Jesse Pinkman (uno dei due
protagonisti, interpretato da Aaron Paul), parlando con un operatore del centro dove sta curando la sua dipendenza dalle droghe, descrive così l’ambiente della
lavanderia a gettoni dove dice di aver trovato lavoro:
Jesse: «Ci sono mille regole assurde, il capo è uno stronzo, il padrone è un superstronzo. Non sono mai stato degno di vederlo, sono tutti terrorizzati da lui.
83 FRANZ KAFKA, La Métamorphose, Guy Delcourt Productions, Paris 2009; FRANZ KAFKA, Die Verwandlung,
Knesebeck, München 2013.
84 FRANZ KAFKA,PETER KUPER, Metamorphosis, Crown Pub, New York 2003 (trad. it. La metamorfosi, Guanda,
Parma 2008).
144 Ci lavorano solo degli imbecilli con lo sguardo fisso nel vuoto che non sanno
nemmeno come si chiamano, perciò…» Operatore: «C’è un’atmosfera kafkiana…» Jesse: «Sì, proprio un’atmosfera kafkiana!»86
86 Breaking Bad, terza stagione, settimo episodio, Kafkaesque, diretto da Michael Slovis, scritto da Peter Gould
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